Dialetto tergestino: differenze tra le versioni
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{{lingua|nome=Tergestino
|colore = #ABCDEF
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|regione =
|periodo = Estinto nel 1889
|tipologia = {{SVO}} [[Lingua flessiva|flessiva]] - [[Lingua sillabica|sillabica]]
|fam1 = [[Lingue indoeuropee|Indoeuropee]]
|fam2 = [[Lingue italiche|Italiche]]
|fam3 = [[lingue romanze|Romanze]]
|fam4 = [[Lingue retoromanze|Retoromanze]]
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|iso2=fur |sil=fur |codice=fur
|titoloestratto = Parabola del figliol prodigo
|estratto = Un òmis l'hau bù dò fiòi. El fi plùi zòuem um di el ghàu dit a sòu pare: missiòr pare uòi che me dèi la mèja part de l'eredità che me uèm: e sòu pare hàu sparti la roba in dòi, e 'l ghàu dà la sòua part che ghe tocheua. Chel fi plui zouem, dopò poch dì l'hau ingrumàda la sòua roba, e 'l xe zù uia intùm pajès lontàm, lontàm, e inlò l'hau magna dut el sòu colis femenis chiatiuis.
}}
Il '''tergestino''' era il dialetto{{ISO 639}} romanzo parlato a [[Trieste]] fino all'[[XIX secolo|Ottocento]], estintosi in favore dell'attuale [[dialetto triestino]] di tipo [[dialetto veneto|veneto]]. Il tergestino era un idioma di tipo [[lingue retoromanze|retoromanzo]] con una forte correlazione col [[Lingua friulana|friulano]], specie con le varietà [[Friulano occidentale|friulane occidentali]], e ancor più con il vicino [[dialetto muglisano]]<ref>{{Cita libro|nome = Sabine|cognome = Heinemann|nome2 = Luca|cognome2 = Melchior|titolo = Manuale di linguistica friulana|url = https://books.google.com/books?id=zm3yCQAAQBAJ|accesso = 28 gennaio 2016|data = 16 giugno 2015|editore = Walter de Gruyter GmbH & Co KG|ISBN = 978-3-11-031077-1}}</ref>. Il tergestino, ridotto a lingua di una chiusa aristocrazia, si è estinto prima del muglisano, che non ha avuto questa rigida specializzazione di classe<ref>{{Cita libro|nome = Günter|cognome = Holtus|titolo = Die einzelnen romanischen Sprachen und Sprachgebiete von der Renaissance bis zur Gegenwart: Rumänisch, Dalmatisch / Istroromanisch, Friaulisch, Ladinisch, Bündnerromanisch|url = https://books.google.com/books?id=oQmqFUqTyi0C|accesso = 28 gennaio 2016|data = 1º gennaio 1989|editore = Walter de Gruyter|lingua = de|ISBN = 978-3-11-096611-4}}</ref>.
== Storia ==
Il tergestino era parlato a Trieste dalla maggior parte della popolazione fino alla fine del [[XVIII secolo|Settecento]]. A partire
Muovendosi nel solco di una tradizione inaugurata da Pier Gabriele Goidanich<ref name="ReferenceA">{{cita pubblicazione | autore= P. G. Goidànich |titolo= Intorno alle reliquie del dialetto tergestino-muglisano |rivista= Atti della Accademia scientifica veneto-trentino-istriana. Classe di scienze storiche, filologiche e filosofiche | volume= I| anno= 1903 | pp= 39-52}}</ref> e ripresa più di recente da Mario Doria<ref>{{cita libro | autore= Mario Doria |titolo= Introduzione a “I dialoghi piacevoli in dialetto vernacolo triestino, edizione critica a cura di Mario Doria” |editore= Italo Svevo |città=Trieste|anno= 1972 | pp=VII-XII}}</ref>, nella storia del
=== Fase antica ===
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=== Fase moderna ===
La seconda fase inizia con il periodo in cui la città, in seguito alla concessione della prerogativa di porto franco da parte dell'imperatore d'
Si potrebbe in qualche modo parlare quindi di una fase caratterizzata all'inizio da resistenza della parlata originaria (fino a fine ‘700) e poi da un rapido cedimento (primi decenni dell'800).
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A questi testi si possono aggiungere diverse testimonianze indirette, che coprono un periodo piuttosto ampio e, partendo dalla metà del '700, arrivano fino alle soglie della sistematizzazione scientifica inaugurata dall'Ascoli.
Nella relazione allegata al rapporto del console Hamilton a Maria Teresa del 25 luglio 1761<ref>{{cita pubblicazione | autore= P.Marz |titolo= Dalla nascita e fortificazioni del porto teresiano di Trieste alla guerra dei sette anni. Sulla questione della difesa del Litorale austriaco alla metà del secolo XVIII | rivista= Archeografo triestino| volume= LVI| anno= 1996 |
In una nota ad un sonetto scritto in italiano da Pietro Bachiocco (''All'ingresso della Milizia imperiale regia in Muggia – Castello distante cinque miglia da Trieste'') nel 1797, compare la frase: ''"La vernacola favella triestina e muglense si assomigliano moltissimo"''<ref>{{cita pubblicazione | autore=Baccio Ziliotto |titolo= Tergestino e muglisano : noterelle storiche |rivista= Ce Fastu?| volume= 20 | anno= 1944 |
Antonio Cratey nella “Perigrafia di Trieste”<ref>{{cita libro | autore= Antonio Cratey |titolo= Perigrafia dell' origine dei nomi imposti alle androne, contrade e piazze di Trieste, che puo servir d'aggionta alla "cronica" del P. Ireneo Della Croce |editore= Tipografia di G. Weis |città=Trieste|anno= 1808 |
Nella nota sui dialetti italiani aggiunta da Francesco Cherubini alla traduzione del “Prospetto nominativo di tutte le lingue note e dei loro dialetti” di Federico Adelung, pubblicata nel 1824, si legge ''“Anche nel triestino (Illiria) parlasi un dialetto italiano che trae al friulano”''.
Sempre nel 1824 Girolamo Agapito nella "Compiuta e distesa descrizione della fedelissima
''"un dialetto italiano il quale originariamente aveva molte sue proprietà e si scostava alquanto dal dialetto veneto a cui però e andato a poco a poco avvicinandosi, di modo che, al presente, si può dire che sia il medesimo vernacolo veneziano"''<ref>{{cita libro | autore= Diomiro Zudini|autore2= Pierpaolo Dorsi |titolo= Dizionario del dialetto muglisano |editore= Casamassima |città=Udine|anno= 1981 | pp= XIV}}</ref>.
Il 22 giugno del 1845 la rivista “Il Caleidoscopio”<ref>{{cita pubblicazione | autore=G.M.B. |titolo=Sonetto |rivista= Il Caleidoscopio | volume= 4 | numero=XXVI| anno= 1845|
Un'attenzione particolare merita la posizione di [[Pietro Kandler]], sia per l'autorevolezza del personaggio che per l'evoluzione nel tempo della sua opinione sul
Nel 1859 [[Jacopo Pirona]], nelle sue “Attenenze della lingua friulana date per chiosa ad una iscrizione del MCIII” scrive<ref>{{cita libro | autore= Jacopo Pirona | titolo= Attenenze della lingua friulana date per chiosa ad una iscrizione del MCIII |editore=Vendrame|anno= 1859|città=Udine| p= 8}}</ref>: ''Parrà strano alla massima parte degli abitatori di Trieste il trovarsi compresi sotto l'aspetto etnografico nella regione del Friuli. Egli è però certo che a memoria nostra nelle famiglie triestine originarie si parlava il Friulano; e chi nol creda vegga il libro del triestino Mainati "Dialoghi piacevoli in dialetto vernacolo triestino", Trieste 1828. Gli abitatori originarj però sono ormai pochi e i non originarj usando la comune lingua italiana, non si accorgono pure di essere in terra friulana''.
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Nel 1867 Michele Leicht, nella "Terza centuria di canti popolari friulani",<ref>{{cita libro | autore= Michele Leicht | titolo= Terza centuria di canti popolari friulani. Saggi di dialetto |editore=Naratovich |anno= 1867| città=Venezia| pp= 78-80}}</ref> pubblica l'intero quarto dialogo del Mainati.
Nel 1869 il capodistriano Carlo Combi, in una missiva diretta a Jacopo Cavalli<ref>Lettera datata Venezia, 7 luglio 1869 e pubblicata in {{cita pubblicazione | autore= Piero Sticotti |titolo= Il carteggio di Jacopo Cavalli |rivista= Archeografo Triestino | serie=IV |volume= XX| anno= 1955-1956 |
=== Gli ultimi tergestini ===
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Emerge inoltre che, sorprendentemente, il tergestino sopravviveva ancora nella seconda metà dell'800, in anni in cui anche l'Ascoli lo dava per estinto: l'ultimo parlante, Giuseppe de Jurco, che lo aveva utilizzato correntemente in famiglia fino al 1833 e ne aveva trasmesso la memoria ai propri figli, è infatti deceduto nel 1889. Emblematico è anche il caso di Stefano de Conti (detto Sciefin), podestà di Trieste dal 1861 al 1863 e deceduto nel 1872, che lo parlava abitualmente con il fratello Giusto (morto nel 1876) e con i vecchi triestini. Stando ad una delle testimonianze raccolte dal Cavalli lo aveva utilizzato con i suoi interlocutori friulani in occasione di una visita a Cormons come podestà di Trieste, suscitando stupore fra i presenti.
A queste testimonianze si può aggiungere una lettera inviata da Roma il 18 dicembre 1893 a Jacopo Cavalli dall'archeologo [[Dante Vaglieri]] (1865-1913), in cui si legge “''Posso dire ancora che nelle nostre famiglie, presso tutti i parenti, si possedeva il Mainati e a nessuno è venuto in mente di chiamarlo – per l'opera sul dialetto – un falsario. Un esemplare, poi sparitoci, se ne possedeva pure noi ed era una delle mie letture nella mia fanciullezza''”<ref name="ref_A">{{Cita pubblicazione | autore= Piero Sticotti |titolo= Il carteggio di Jacopo Cavalli |rivista= Archeografo Triestino | serie=IV |volume= XXI| anno= 1957-1958 |
In realtà le ultime tracce del tergestino potrebbero essere ancora più recenti: nel 2008 il linguista [[Pavle Merkù]] ha riferito di aver scoperto che una singola famiglia contadina alla periferia della città ha continuato ad utilizzare l'antico dialetto fino alle soglie della prima guerra mondiale<ref>Pavle Merkù ha citato questo fatto in più occasioni durante le presentazioni pubbliche del libro di poesie in tergestino “D'Arzent zu” di Ivan Crico, si veda ad esempio: {{cita web|url= http://ricerca.gelocal.it/messaggeroveneto/archivio/messaggeroveneto/2008/08/18/GO_16_SPEA21.html|titolo= Messaggero Veneto – 18 agosto 2008, pagina 11}}.</ref>. Inoltre, sempre secondo Merkù, alla fine dell'Ottocento ci sarebbero state, oltre a quelle censite da Cavalli, altre persone che in città continuavano ad utilizzare l'antico dialetto, tra cui la baronessa Economo.
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Nel XXI secolo c'è stato un tentativo di rivitalizzazione del tergestino, con scopi puramente poetico-letterari, da parte di [[Ivan Crico]], che ha composto alcune liriche in tergestino raccolte nel 2008 nel volume ''De arzént zù'' ("D'argento scomparso") edito dall'[[Istituto Giuliano di Storia, Cultura e Documentazione]] con contributi di Gianfranco Scialino e [[Pavle Merkù]].
== Gli studi sul
Il termine
In una lettera del 6 ottobre 1877<ref>{{cita web|url= http://schuchardt.uni-graz.at/
Sempre nel 1877 esce “La storia di Trieste raccontata ai giovanetti” di Jacopo Cavalli, con una sezione dedicata agli aspetti linguistici<ref>{{cita libro | autore= Jacopo Cavalli | titolo= La storia di Trieste raccontata ai giovanetti |editore= B. Appolonio – Municipio di Trieste | città=Trieste | anno= 1877 | pp= 155-162}}</ref> in cui vengono riportati alcuni estratti degli Archivi Comunali. Gli spogli vanno dal XIV al XVI secolo e mostrano diverse forme riconducibili a un dialetto di tipo ladino. Il Cavalli in precedenza si era mostrato piuttosto scettico sul testo del Mainati al punto da scrivere, sulla Provincia dell'Istria del 16 aprile 1873, “''Comunque sia, e lasciando stare, per ora, se nel 1828 si parlasse davvero a Trieste quel dialetto che è nel Mainati, di che, in verità, abbiamo forti motivi a dubitare, e su cui ritorneremo quandochessia;''”<ref>{{cita pubblicazione | autore= Jacopo Cavalli |titolo= Bibliografia. Il Cicerone Satirico, Considerazioni umoristiche di Giuseppe Rota. |rivista= La provincia dell’Istria | città= Capodistria | giorno= 16 | mese = 4 | anno= 1873 | pp= 11-12 | url= http://www.dlib.si/details/URN:NBN:SI:DOC-7WDCJYZO}}</ref> e anche nella "Storia di Trieste" sembra in qualche modo situare il declino del tergestino alla fine del XVI secolo: “''Venezia, che portò e diffuse sulle coste orientali del Mediterraneo la lingua italiana, modificò e trasformò a poco a poco il volgare triestino; e già dai documenti della seconda metà del 1500 si vede, come fin d'allora egli avesse ceduto non poco a quel dialetto veneto, che lo soppiantò, e che è dell'uso presente.''”.
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L'intervento di Ascoli, per quanto autorevole, non chiude tuttavia la polemica (si veda ad esempio la Provincia d'Istria del 16 settembre 1889)<ref>{{cita pubblicazione | autore= Paolo Tedeschi |titolo= Il dialetto tergestino |rivista= La provincia dell’Istria | città= Capodistria | giorno= 16 | mese = 9 | anno= 1889 | pp= 137-140 | url= http://www.dlib.si/details/URN:NBN:SI:DOC-19JUTFUD}}</ref> che prosegue anche negli anni successivi: non a caso nel volumetto ''“Avanzi dell'antico dialetto triestino cioè i sette dialoghi piacevoli pubblicati dal Mainati: un sonetto ed altri cimeli linguistici con prefazione”'' pubblicato nel 1891 da Emilio Schatzmayr, compare anche, accanto ad un sunto dell'articolo di Ascoli, uno scritto di Giovanni Loser in cui vengono riprese le posizioni di Zenatti.
Nel 1893 Jacopo Cavalli, in appendice alle ''Reliquie ladine raccolte a Muggia d'Istria''<ref>{{cita pubblicazione | autore= J. Cavalli |titolo= Reliquie ladine raccolte a Muggia d’Istria con un’appendice sul dialetto tergestino |rivista= Archeografo Triestino (estratto dall’Archivio Glottologico Italiano vol. XII 1893 con aggiunta) | volume= XIX| anno= 1894 | pp= 5-208}}</ref> pubblica una nuova serie di spogli documentali, avuti da Attilio Hortis, che coprono il periodo compreso fra il 1550 (epoca a cui giungevano i cimeli del 1878) e il 1796 (anno di pubblicazione del sonetto). Cavalli ha inoltre la fortuna di poter raccogliere alcune preziose testimonianze di persone viventi che avevano ancora memoria del tergestino e che forniscono, oltre alla conferma del fatto che il
Gli studi degli anni successivi, che danno ormai per assodata la veridicità dei Dialoghi del Mainati e degli altri reperti, si muoveranno in due direzioni: la ricerca di ulteriori prove documentali, dirette o indirette, e una sistematizzazione degli elementi noti.
Nel primo filone si muove [[Giuseppe Vidossi]] che nei suoi studi sul dialetto triestino del 1899<ref>{{cita pubblicazione | autore= G. Vidossich |titolo= Studi sul dialetto triestino |rivista= Archeografo Triestino | volume= XXIII| anno= 1899-1900 | pp= 239-304}}</ref> riepiloga brevemente le testimonianze citate dal Cavalli e aggiunge alcuni elementi nuovi tra cui una citazione del 1824 dovuta al dialettologo [[Francesco Cherubini]] che, nella sua traduzione del “Prospetto nominativo di tutte le lingue note e dei loro dialetti” di [[Friedrich Adelung]]<ref>{{cita libro | autore1= F.Adelung | autore2= F.Cherubini |titolo= Prospetto nominativo di tutte le lingue note e dei loro dialetti. Opera del Federico Adelung tradotta e corredata di una nota sui dialetti italiani di Francesco Cherubini |editore= G.B. Bianchi|città=Milano|anno= 1824 |
Al secondo filone appartiene invece il lavoro di [[Pier Gabriele Goidanich]] che nel 1903 pubblica ''Intorno alle reliquie del dialetto tergestino-muglisano''<ref name="ReferenceA"/>, in cui si tenta per la prima volta di tracciare la storia del tergestino e del contiguo muglisano (il termine viene introdotto per la prima volta in questo articolo per distinguerlo dal muggese, di stampo veneto), distinguendo fra una fase antica, testimoniata dai frammenti raccolti negli archivi, e una moderna delineata dai Dialoghi di Mainati e dal sonetto del 1796. Goidanich analizza anche i rapporti fra queste due varietà, il friulano e le altre parlate ladine.
Nel 1908 i Rendiconti dell'Istituto Lombardo di Scienza e Letteratura ospitano un breve scritto di [[Carlo Salvioni]]: ''Nuovi documenti per le parlate muglisana e tergestina''<ref>{{cita pubblicazione | autore= C. Salvioni |titolo= Nuovi documenti per le parlate muglisana e tergestina |rivista= Rendiconti dell’Istituto Lombardo di Scienza e Letteratura | volume= XLI| anno= 1908 |
Qualche anno dopo, nel 1911, [[Giuseppe Vidossi]] pubblica un nuovo documento<ref>{{cita pubblicazione | autore= G.Vidossich |titolo= Un nuovo cimelio tergestino illustrato da Giuseppe Vidossich |rivista= Studi letterari e linguistici, dedicati a Pio Rajna nel quarantesimo anno del suo insegnamento | editore=Hoepli | città= Milano | anno= 1911 | pp= 389-394}}</ref> da lui ritrovato due anni prima: è un componimento in versi che racconta lo stesso evento narrato dal ''Sonet del ver triestin'' e che quindi risale al 1796. Anche questo testo, l'ultimo ad essere stato trovato finora, riporta coerentemente gli elementi peculiari del tergestino rilevabili dai dialoghi e presenta tutti i caratteri tipici delle parlate ladine.
Dopo un periodo di pausa piuttosto lungo, gli studi sul tergestino riprendono vigore nel secondo dopoguerra con un lavoro di Baccio Ziliotto pubblicato nel 1944 su "Ce Fastu"<ref>{{cita pubblicazione |autore=Baccio Ziliotto |titolo= Tergestino e muglisano: noterelle storiche |rivista= Ce Fastu? |volume= 20 |anno= 1944 |
L'anno successivo vede la pubblicazione dell'importante testo di geografia linguistica "Alle porte orientali d'Italia" di Matteo Bartoli e Giuseppe Vidossi, che analizza in modo approfondito la situazione dialettale e linguistica di Venezia Giulia, Friuli e Istria e ipotizza, in una fase antica, l'estensione dell'area friulana fino a Capodistria<ref>"le varietà di tipo friulano sono documentate ampiamente per Trieste e Muggia. Meno evidentemente per la vicina Capodistria" {{cita libro | autore1= M.Bartoli |autore2= G.Vidossi |titolo= Alle porte orientali d'Italia, dialetti e lingue della Venezia Giulia, Friuli e Istria, e stratificazioni linguistiche in Istria, con un'appendice di testi dialettali. |editore=Gheroni |città=Torino |anno=1945 |
Gli anni '60 segneranno un'ulteriore crescita dell'interesse verso questa parlata, che attrae l'attenzione di tre linguisti di rango come [[Giovan Battista Pellegrini]], [[Mario Doria]] e [[Carlo Battisti]]. Pellegrini rivolge la propria attenzione principalmente all'analisi di alcuni tratti morfologici e grammaticali peculiari (ad esempio il –to enclitico nella seconda persona dei verbi), mentre Mario Doria si dedica
Originale la posizione di [[Carlo Battisti]], noto per aver sostenuto l'evoluzione indipendente delle lingue ladine in opposizione alla teoria unitaria dell'Ascoli, che in alcuni scritti usciti tra il 1963 e il 1964<ref>{{cita pubblicazione |autore=Carlo Battisti |titolo=Per la storia linguistica di Trieste |rivista=Atti del 41º congresso della Società Filologica Friulana |editore =Società filologica friulana |volume=unico | anno= 1964 |pp=105-108}}</ref> afferma che tergestino e muglisano, malgrado le somiglianze col friulano, costituiscono uno sviluppo autoctono di un “latino altomedievale” e vanno eventualmente collegati con le forme romanze preveneziane diffuse lungo la costa istriana. La principale motivazione addotta da Battisti è la precoce interruzione della continuità linguistica tra il Friuli e l'area triestina, dovuta al formarsi di un cuneo veneto-sloveno sul Carso. Mario Doria interverrà sull'argomento nel 1969 con uno studio sulla toponomastica del Carso<ref>{{cita pubblicazione |autore=Mario Doria |titolo= Alla ricerca di tracce di friulanità nella toponomastica del Carso Triestino |rivista= Studi Linguistici Friulani | anno= 1969 |pp=223-256}}</ref>, in cui dimostra che in realtà tergestino e muglisano si saldavano con il friulano della zona monfalconese attraverso la fascia più occidentale dell'altipiano carsico.
A partire dagli anni ‘70 gli studi sul
== Classificazione ==
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=== Fonetica e fonologia ===
Il vocalismo di base del
Per quanto riguarda il trattamento delle consonanti si nota la presenza regolare di una delle principali caratteristiche delle lingue retoromanze, e del friulano in particolare: la palatalizzazione delle velari (c e g) davanti ad a (da tener presente che, come segnala Mario Doria nella sua edizione critica dei Dialoghi<ref>{{cita libro | autore= Mario Doria | autore2= Giuseppe Mainati |titolo= I dialoghi piacevoli in dialetto vernacolo triestino, edizione critica a cura di Mario Doria |editore= Italo Svevo |città= Trieste|anno= 1972 | pp= XII-XIII}}</ref> nella forma –chia- la c va pronunciata come palatale [tʃa], interpretazione avvalorata anche dalla trascrizione fonetica del Cavalli nelle Reliquie). Il trattamento palatale di GA è in realtà scarsamente attestato e sembra evidenziare un'ulteriore evoluzione della consonante palatale come approssimante [dʒ]>[j] (''jata''=gatta, presente sia nei Dialoghi che nelle testimonianze raccolte dal Cavalli).
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Per quanto riguarda la morfologia nominale si può notare che il tratto più caratteristico del friulano, la terminazione in –s del plurale (plurale sigmatico), si conserva solo al femminile (terminazione in –is) mentre scompare quasi completamente nel maschile (con l'eccezione dei nomi che terminano in –n per cui sono attestate nei frammenti più antichi diverse forme –ns). In generale il plurale maschile è privo di desinenza con alcuni casi di terminazione in –i (non necessariamente per influsso veneto, come per esempio in ''anemai''=animali o ''chei''=quelli, dove anche il friulano ha un –i finale derivato da una palatalizzazione). In generale il numero può essere desunto solo dall'articolo o, in mancanza di questo, dal contesto.
Nell'ambito della morfologia verbale troviamo diversi fenomeni interessanti, ad esempio la terminazione consonantica della prima persona singolare dell'indicativo: è noto che in friulano la caduta della –o finale ha portato
Un altro tratto caratteristico è la aggiunta del –to finale (enclisi) nella seconda persona singolare dell'indicativo presente e futuro (''disto bem''=dici bene, ''savarasto''=saprai). Questo fenomeno non è legato, come accade in friulano, all'inversione della forma interrogativa (''ce fastu?'') che in
Un'ulteriore peculiarità, evidenziata già da Ascoli nei Saggi Ladini, è l'estensione, nel congiuntivo presente, della terminazione in -s dalla seconda alla prima e terza persona (''che el'seis''=che egli sia, ''che possis uiue''=che io possa vivere). In quest'ultimo esempio si nota anche la conservazione di –e negli infiniti sdruccioli dove il friulano ha l'innalzamento ad –i (''vivi'').
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=== Paràbula del fi prodigh (G. Mainati, 1841) ===
Pubblicato per la prima volta da Carlo Salvioni<ref>Carlo
Nota dell'autore:
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Nota: sono evidenziati in corsivo alcuni fra i friulanismi più evidenti, tra cui la presenza di diverse forme bicomposte (s'habù impensà, hauendo bù inteso ecc.):
Digo donca che ''in toi'' tempi del primo Re de Zipro ''despò'' il uadagno fatto della Terra Santa de Gottofreddo de i Baioi, fo intravegnù ch'una zentildonna de Vascogna fo ''zuda'' in peligrazo al Sepurchio. Do la tornando in drio, zonta in Ziprio, de no se quanti scelerai homi fo con gran vellania suergognada. Donde che ella senza consolation niguna lementandose ''s'habù impensà'' de uoler cigar dananzi lo Re. Ma a ghe fo ditto de un, che indarno ''le se averes'' fatigà; Perché lui rieua d'una uita tanto minchiona, e de poco, che no solamente l'inzurie de' altri con zustizia fadeva uendetta, ma pur assè che ghe riera fatte a lui con gran uergogna padiva. Donde che, quando calcun haueua calche dolor, lui, con farghe ualguna inzuria o despresio, se sborava l'animo so! E cusì ''hauendo bù inteso'' la femena, desperada de far la so uendetta, per calche consolation del so trauaio, ''s'habù impensà'' de voler soiar le sturdità de sto Re. E ''zuda'' pianzendo alla so presenzia ''g'abù ditto'':
''Testo tratto: da Opere del Cavalier Leonardo Salviati. Volume terzo pag. 337. Milano Società Tipografica dei classici italiani. 1810''
== Reliquie ==
Il termine reliquie viene utilizzato dai glottologi per indicare i frammenti lessicali di una lingua estinta, raccolti dalla bocca delle ultime persone che ne serbano una memoria diretta o indiretta. Come spesso avviene per le lingue estinte, anche nel caso del
=== Jacopo Cavalli ===
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'''Lettera di Ascoli a Oddone Zenatti (Milano, 6 ottobre 1888)'''
Un mio vecchio zio p.e., il quale non era mai uscito da Trieste e punto punto non sapeva del friulano del Friuli, diceva, per significar la ‘vecchia nobiltà
'''Nota di Cavalli nelle Reliquie Ladine (1893)'''
In una nota
=== Pietro Tomasin ===
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'''Proverbi tergestini (1880 circa)'''
Tra le fonti citate da Mario Doria nel lessico-concordanza del dialetto tergestino<ref>{{cita pubblicazione |autore=Mario Doria |titolo= Lessico-concordanza del dialetto tergestino del Mainati (parte prima A-M) |rivista= Archeografo Triestino | volume=LIII | anno= 1993 |
Tra i proverbi ce ne sono tre che in qualche modo sono di origine tergestina e che vengono riportati qui di seguito con la numerazione originale e i commenti dell'autore (in corsivo):
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'''Vecchia Trieste - Granellini di sabbia (1907)'''
Lorenzo Lorenzutti, a lungo presidente della Società Minerva, in un libro sul folklore triestino (Vecchia Trieste, Granellini di Sabbia) pubblicato nel 1907, dedica un capitolo al tergestino, in cui tra l'altro riporta alcuni ricordi personali (in corsivo le parole di origine tergestina)<ref>{{cita libro | autore=Lorenzo Lorenzutti |titolo=Vecchia Trieste - Granellini di sabbia | editore=Tipografia del Lloyd | anno= 1907 |
"Mi ricordo di aver io stesso inteso da mia nonna, da parenti e da coetanee di lei a dire p.e.: ''braida'' per brolo o vigneto, a dir ''olsa'' per azzarda, ''polsa'' per riposa, a dir ''sfanta'' per svanisce, a dire zogar a ''barba jata'' per giuocare a mosca cieca; ora della braida non si ricorda quasi nessuno, ma le altre frasi e l'ultima voce non sono ancora spente. E non abbiamo ancora tra i nostri detti proverbiali questi due: ''Da Santa Luzia a Nadal, el cress un pas de gial'' e: ''febrarut piez de dut?''"
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A sentire questo miscuglio linguistico il pretendente scappa a gambe levate.
La storiella ha l'evidente intento di prendere in giro un vecchio modo di parlare ormai inconsueto e percepito come grezzo e scorretto. L'aneddoto calca volutamente la mano sulla stranezza del linguaggio mescolando elementi di varia provenienza (ad esempio la desinenza in –ene dei verbi o l'assenza dell'articolo determinativo nella seconda frase che richiamano evidentemente lo sloveno), ma è riconoscibile l'impronta del tergestino in almeno tre elementi: il verbo ''clocene'' (da ''clocià'' = scoppiettare, ribollire)
== Note ==
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== Altri progetti ==
{{Interprogetto|s=Categoria:Testi in dialetto tergestino|s_oggetto=testi|s_preposizione=in|s_etichetta=dialetto tergestino}}
{{Dialetti d'Italia}}
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