Pietro Fumel: differenze tra le versioni

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Biografia
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|Attività = militare
|Nazionalità = italiano
}} Piemontese eddi nascita, Fumel è bisnonno materno di [[Carlo De Benedetti]] e ad oggi è ritenuto il più feroce macellaio in divisa nella guerra che, tra il 1861 e il 1870, l’esercito piemontese combatte nel meridione contro il brigantaggio. <ref>{{Cita web|lingua=it-IT|url=https://www.ilfattoquotidiano.it/millennium/2025/03/08/i-sabaudi-contro-i-briganti-il-macellaio-fumel/7907654/|titolo=I sabaudi contro “i briganti”: il macellaio Fumel|sito=Il Fatto Quotidiano|accesso=2025-06-03}}</ref>
 
==Biografia==
Compiuti gli studi militari, nel [[1848]]-[[1849]] col grado di [[Tenente]] d'[[Artiglieria]] prese parte alla [[Prima guerra d'indipendenza italiana]], in cui si schierò con le truppe del Re [[Carlo Alberto di Savoia]]. Dopo una rapida carriera che lo portò ai vertici dell'Esercito Sabaudo, nel [[1859]] organizzò la difesa armata di Ivrea in previsione di un attacco austriaco.<ref name="Cantu">{{cita libro|nome=Cesare |cognome=Cantù|wkautore=Cesare Cantù|data=1897|titolo=Storia degli Italiani|editore=Lauriel & Marghieri|p=114}}</ref> L'anno seguente fu nominato [[Maggiore]] della Milizia Mobile della città e venne inviato a [[Bologna]], dove appoggiò la popolazione che si ribellava allo [[Stato Pontificio]] ed organizzò il plebiscito che sancì l'unione dell'[[Emilia-Romagna]] con il [[Regno di Sardegna]].
 
Successivamente all'unità d'Italia, dopo l'arrivo della [[Spedizione di Borjes|spedizione]] di [[José Borjes]] fu mandato in [[Calabria]] (precisamente nel [[provincia di Cosenza|Cosentino]]) con il Grado di Colonnello per domare il [[brigantaggio postunitario|brigantaggio]]. La repressione attuata da Fumel fu spietata e sanguinaria, usando i metodi più estremi per eliminare i briganti e colpire anche persone inermi e innocenti, ricorrendo alla tortura e al terrore, senza distinzioni tra briganti e manutengoli o presunti tali e a prescindere dall'osservanza di qualsiasi garanzia legale.<ref>Franco Molfese, ''Storia del brigantaggio dopo l'Unità'', Feltrinelli, 1966, p.152</ref> Egli decimò le bande di Palma, Schipani, Ferrigno, Morrone, Franzese, Rosacozza, Molinari, Bellusci e Pinnolo.
 
Le esecuzioni ordinate da Fumel avvenivano in pubblica piazza e lungo le strade. Le vittime venivano decapitate, e le loro teste impalate come monito per chi aderiva o appoggiava le bande brigantesche; altri cadaveri, invece, venivano gettati nei fiumi.<ref>Gennaro Sinimarco, Pasqualino Magno, ''Fagnano Castello: La Storia dal 989 al 2009'', 2009, p. 105.</ref>
L'episodio più noto della sua attività antibrigantaggio avvenne a [[Fagnano Castello]], quando ordinò la fucilazione di cento contadini inermiinnocenti.<ref>Giuseppe Rizzo, Antonio La Rocca, ''La banda di Antonio Franco'', Il coscile, 2002, p.114</ref>
 
A [[Cirò]] il 12 febbraio del [[1862]], Fumel scrisse un proclama sulla risoluzione del problema del Brigantaggio:
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L'eco di questo bando arrivò anche a [[Londra]], dove il parlamentare lord [[Alexander Baillie-Cochrane]] affermò nella ''House of Commons'' che «un proclama più infame non aveva mai disonorato i giorni peggiori del regno del terrore in Francia».<ref>{{cita libro|nome=Patrick|cognome= Keyes O'Clery|titolo= The making of Italy|editore= Regan Paul, Trench, Trübner|data= 1892|lingua=en|url=https://archive.org/details/makingofitaly00ocleuoft/page/300/mode/2up|p=301}}</ref> Il deputato [[Giuseppe Ricciardi (1808)|Giuseppe Ricciardi]] disse alla Camera il 18 aprile [[1863]]: «Questo colonnello Fumel si vanta d'aver fatto fucilare circa trecento briganti e non briganti».<ref>[[Giacomo Margotti]], ''[http://books.google.it/books?id=QGIvAAAAYAAJ&printsec=frontcover#v=onepage&q&f=false Memorie per la storia de' nostri tempi dal Congresso di Parigi nel 1856 ai primi giorni del 1863, Vol. 3]'', Stamperia dell'Unione tipografico-editrice, 1865, p.188.</ref> Anche [[Nino Bixio]], così come molti altri comandanti dell'esercito, presero le distanze dalle decisioni di Fumel. Il generale Bixio protestò contro l'azione repressiva di Fumel in varie occasioni, tra cui in parlamento nella tornata del 18 aprile 1863.
 
RicevetteMalgrado i suoi efferati crimini verso la popolazione innocente, ricevette la Cittadinanza Onoraria da più comuni calabresi:Cosenza, Bisignano, [[Roseto Capo Spulico]] e [[Amendolara]] nel 1862, [[San Marco Argentano]]<ref>{{cita web|url=http://www.sanmarcoargentano.it/ottocento/DEL8563.htm|titolo= Trascrizione integrale della cittadinanza onoraria di San Marco Argentano a Pietro Fumel}}</ref> l'anno successivo. Allontanato una prima volta dalla provincia di Cosenza per aver incriminato il barone Campagna di San Marco Argentano con l'accusa di favoreggiamento<ref>{{cita web|url=http://www.sanmarcoargentano.it/ottocento/cognomi_a_f/campagna.htm|titolo= La famiglia Campagna di San Marco Argentano}}</ref>, sollevato dall'incarico e richiamato dal governo, si ritirò a Ivrea e sarebbe stato lo stesso re Vittorio Emanuele II a fargli avere l'impiego di magazziniere di generi di privativa (sale e tabacchi), prima a Livorno e poi a Milano. Nel frattempo in Calabria venne di nuovo richiesto il suo intervento. Fumel ritornò ai primi di agosto del 1866 come Maggior Generale Ispettore con base a [[Rogliano (Italia)|Rogliano]]<ref>Riccardo Giraldi, ''Il popolo cosentino e il suo territorio: da ieri a oggi'', Pellegrini Editore, 2003</ref>. I suoi poteri erano però fortemente limitati ed ebbe forti contrasti con i Prefetti tanto che si dimise e, nel gennaio del 1867, tornò a lavorare a Milano, sempre come magazziniere di generi di privativa e morì in questa città l'11 agosto 1886.
 
==Note==