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Il nucleo originario di Secondigliano corrisponde all’attuale area delimitata da Piazza Zanardelli, via dell’Arco, via Gaetano Enrico e via Vittorio Emanuele III. Sin dall’epoca della dominazione spagnola, il borgo è ricordato come un centro agricolo florido, caratterizzato da estese coltivazioni di frutteti e vigneti, sebbene la produzione vinicola fosse di qualità modesta. Questo borgo agricolo, che ha mantenuto tale vocazione fino agli anni ‘50 del XX secolo, rappresentava anche una meta di villeggiatura per quanti, soprattutto dall’antica Napoli, vi si recavano per trascorrere periodi di riposo o per beneficiare delle sue qualità climatiche.
 
 
=== Fino al 1500 ===
Durante le dominazioni normanna, sveva, angioina e aragonese, Secondigliano, pur essendo classificato come Casale, non presentava ancora quelle caratteristiche architettoniche e urbanistiche tipiche di un Casale regio. Fu solo in epoca vicereale, tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, che il borgo assunse una configurazione più definita, in seguito alla realizzazione della strada di Capodichino, la quale ne facilitò l’accesso anche dalla pianura, contribuendo così al suo sviluppo.<ref> https://web.tiscali.it/cirodaponte/origini.htm</ref>
 
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1500
 
Prima di acquisire la fisionomia di casale, un termine che ha lasciato un segno profondo nella storia di Secondigliano, il luogo era conosciuto come ‘caseggiato’. Questa denominazione evidenziava la sua origine comune con quella dei casali, ovvero insediamenti sorti per esigenze economiche e caratterizzati da un numero limitato di abitazioni, disposte in maniera apparentemente irregolare sul territorio, tra le quali spiccavano alcune dimore signorili. Fu soltanto attraverso una riorganizzazione amministrativa che il caseggiato assunse ufficialmente lo status di casale. In entrambe le fasi della sua evoluzione, la popolazione di Secondigliano era costituita prevalentemente da artigiani e contadini, vincolati da rapporti di servitù nei confronti della corte o dei notabili del regno.
 
Il passaggio da caseggiato a casale fu sancito formalmente dall’esenzione dal pagamento della tassa del focatico, un’imposta che gravava su ogni focolare domestico, ossia su ogni unità abitativa occupata da un singolo nucleo familiare o da più gruppi familiari, nel caso in cui condividessero la stessa dimora. Tale esenzione, avviata durante il periodo aragonese e completata nel 1505 per volere di Ferdinando il Cattolico, rappresentò un momento cruciale per la crescita e lo sviluppo di Secondigliano.
 
L’abolizione di questa imposizione fiscale determinò un notevole incremento demografico. Pur continuando a vivere in una condizione di sostanziale dipendenza economica, gli abitanti seppero trarre vantaggio dalle risorse disponibili, ottenendo terreni coltivabili e costruendo le proprie abitazioni. Questo cambiamento ebbe un impatto significativo sul sistema agricolo locale, favorendo una nuova fase di sviluppo economico e sociale. L’economia dell’antico Casale si basava soprattutto sull’agricoltura e la vita quotidiana era regolata da rapporti di tipo feudale. https://unavocepersecondigliano.blogspot.com/2023/12/secondigliano-prima-del-cinquecento-la-trasformazione-da-caseggiato-a-casale.html?m=1
 
 
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A Secondigliano questo sistema era già consolidato nel XII secolo, il che spiega le caratteristiche della sua morfologia urbanistica e della tipologia architettonica ancora oggi riscontrabili. Tuttavia, come già accennato, il vero e proprio casale si sviluppò solo a partire dalla fine del XVI secolo, e comunque non prima dell’apertura della strada di Capodichino nel 1585.
 
Questi rapporti di infeudamento influenzarono anche la conformazione delle masserie, che non si limitavano a strutture residenziali, edifici rurali o all’insieme delle due componenti, come potrebbe apparire oggi sulla base delle tracce ancora esistenti, ma erano costituite dall’insieme delle terre coltivabili e degli edifici annessi. Se il primo livello del rapporto di infeudamento, ovvero il passaggio dai proprietari ai fittuari, riguardava l’intera estensione della masseria, il secondo passaggio, dai fittuari ai contadini, si riferiva solo a una porzione della masseria, comprendendo il terreno, alcuni vani abitativi e le attrezzature agricole.TISCALI[[File:Bank owned by Luigi di Nocera.jpg|miniatura|Un'azione della Banca Popolare di Secondigliano]]
 
1600
 
Ecco il testo rielaborato in un linguaggio più formale e enciclopedico:
 
Nel XVII secolo, l’intero territorio di Secondigliano era caratterizzato dalla presenza di numerose masserie, le cui strutture, integrate con quelle di primaria importanza, costituivano il casale. L’economia locale si fondava prevalentemente sull’agricoltura, favorita dalla straordinaria fertilità del suolo. Il Casale di Secondigliano, successivamente evolutosi in Universitas, ospitava uno dei mercati agroalimentari più dinamici dell’area napoletana, situato nell’attuale Piazza Di Nocera. Da questo centro giungevano a Napoli prodotti agricoli di eccellente qualità, tra cui frutta, grano, piselli, fragole, orzo, vino e gelso.
 
Di particolare rilievo era la coltivazione del gelso lungo l’antica via Appia, che collegava Secondigliano a Melito. Tale coltivazione favoriva una fiorente produzione serica, la cui seta, rinomata per la sua eccellenza, era considerata tra le migliori del Regno di Napoli. Un altro settore produttivo rilevante era la lavorazione del lino, un’attività artigianale svolta principalmente dalle donne del luogo, mentre gli uomini si occupavano della commercializzazione e dell’esportazione di tali beni al di fuori del casale.
 
Nel corso del XVII secolo, Secondigliano si distinse anche per l’industria della macellazione delle carni suine, con particolare riferimento alla produzione del celebre salame di Secondigliano, che godeva di una reputazione consolidata a livello internazionale.
 
Tuttavia, la popolazione del casale subì una drastica riduzione a seguito di una carestia che colpì l’intera area napoletana a partire dal 1656. Le conseguenze furono devastanti, determinando una riduzione demografica fino a un terzo rispetto all’inizio del secolo. Fortunatamente, le abbondanti piogge autunnali registrarono un calo significativo del tasso di mortalità, fino a un sostanziale miglioramento della situazione nel dicembre dello stesso anno.
 
Le difficoltà non si limitarono alla carestia: già nel 1631, per far fronte alle esigenze belliche legate alla guerra di Messina, il viceré, su ordine del sovrano, mise in vendita il casale di Secondigliano, insieme ad altri insediamenti. Molti di questi furono ceduti a privati, ma la popolazione di Secondigliano si oppose fermamente alla vendita, preferendo contrarre ingenti debiti pur di preservare l’autonomia del proprio territorio e scongiurare il rischio di un’amministrazione feudale.
 
Grazie a una sottoscrizione popolare promossa dagli ambienti ecclesiastici e al contributo economico decisivo di Cosma Piscopo, venne raccolta la somma di circa 2.300 ducati, che fu versata al governo spagnolo per riscattare il casale. Nel 1642, a seguito di tale operazione, Secondigliano ottenne il riconoscimento ufficiale come Universitas, un’istituzione amministrativa e giudiziaria del sistema feudale dotata di autonomia e governata da assemblee popolari.
 
Il casale continuava a rifornire gran parte della città di Napoli con un’ampia varietà di prodotti agricoli, tra cui frutta, vino, grano e ortaggi, grazie alla fertilità dei suoi terreni, situati a circa 150 metri di altitudine. Particolarmente prospera era la coltivazione del gelso, da cui si ricavava una seta di qualità eccelsa.
 
Nel 1656, Secondigliano fu nuovamente colpita da una grave crisi demografica a causa di una pestilenza che dimezzò la popolazione dell’intero Viceregno di Napoli. La situazione si aggravò ulteriormente con due disastrosi terremoti: il primo, avvenuto nel 1688, causò la morte di circa 10.000 persone nel Sannio, mentre il secondo, nel 1694, provocò oltre 6.000 vittime tra Irpinia e Basilicata.https://unavocepersecondigliano.blogspot.com/2024/02/la-terribile-carestia-e-i-due-devastanti-terremoti-che-colpirono-secondigliano-nel-seicento.html?m=1
 
A seguito di tali eventi calamitosi, nel 1695 il parlamento popolare deliberò la costruzione di una nuova chiesa parrocchiale, poiché quella preesistente, edificata nei primi anni del Cinquecento, risultava gravemente danneggiata dai sismi. L’intera comunità fu coinvolta nel finanziamento dell’opera, con il contributo della congregazione del Santissimo Sacramento e delle offerte popolari. I lavori ebbero inizio nel 1703 e si conclusero l’anno successivo.
 
Nel 1721, il vecchio campanile venne abbattuto per far posto a una nuova struttura, che è rimasta intatta sino ai giorni nostri.[[File:Bank owned by Luigi di Nocera.jpg|miniatura|Un'azione della Banca Popolare di Secondigliano]]1700
 
Secondigliano è stato teatro di numerose esecuzioni capitali, particolarmente frequenti nei primi decenni del XVIII secolo, come attestato dai registri matrimoniali e di morte dell’epoca. Le esecuzioni venivano eseguite tramite impiccagione nel piazzale di Capodichino, area ancora esistente e attuale punto di snodo, nonché linea di confine tra il territorio di Secondigliano e quello dell’odierno quartiere di San Carlo all’Arena.
 
Le strutture destinate a tali esecuzioni venivano allestite nel luogo dove, nel XIX secolo, sarebbe sorto il cosiddetto Tempietto di Marte. Quest’ultimo, danneggiato durante il secondo conflitto mondiale, fu successivamente sostituito da un pilone in marmo bianco, recante incisi i nomi di alcuni caduti. Le condanne a morte venivano decretate da un commissario della campagna, che risiedeva alternativamente a Capua o a Napoli. I crimini per cui si applicava la pena capitale includevano furti in luoghi pubblici, incendi dolosi, estorsioni e qualsiasi atto di pirateria.
 
Nel 1784, il maestro di scuola elementare Russo, figura di spicco della cultura locale, descriveva Secondigliano come un luogo ameno e pittoresco, tradizionalmente frequentato per villeggiatura e cure termali sin dall’antichità. Situato nelle immediate vicinanze di Napoli, il casale rappresentava un rifugio ideale dalla frenesia della città, immerso in un contesto naturale rigoglioso e sereno.
 
Secondigliano era altresì celebre per la fertilità delle sue terre, irrigate da fiumi e torrenti che attraversavano le valli circostanti. Numerose ville nobiliari, circondate da giardini ben curati e ampie terrazze, ospitavano l’élite napoletana, composta da nobili e facoltosi mercanti, i quali vi trascorrevano i mesi estivi per sottrarsi al caldo opprimente e alle insalubrità urbane. Le residenze erano spesso circondate da agrumeti e vigneti, e i contadini, impegnati nella coltivazione dei campi, contribuivano al sostentamento della città di Napoli.
 
La rivoluzione partenopea del 1799 e le ripercussioni a Secondigliano
 
La rivoluzione della Repubblica Partenopea del 1799 scatenò a Secondigliano un’ondata di agitazioni popolari, provocando divisioni all’interno delle famiglie e trasformazioni nel tessuto sociale, i cui effetti si protrassero per diversi decenni. Il casale partecipò attivamente agli eventi, con manifestazioni di sostegno ai nuovi ideali rivoluzionari. Sui muri comparvero scritte giacobine inneggianti alla libertà e all’uguaglianza, tra cui il motto “Viva la libertà e l’uguaglianza”.
 
Contestualmente, sorsero anche nuove formazioni politiche ispirate ai principi francesi, sebbene queste abbiano avuto vita breve e siano rapidamente scomparse.
 
Durante il XVIII secolo, l’amministrazione dei casali seguiva le stesse normative in vigore a Napoli, pur conservando un margine di autonomia gestionale. Nel tempo, tuttavia, si perse progressivamente l’obbligo per i cittadini del casale di prestare servizio per le necessità della città, un’imposizione che risaliva al periodo del ducato.
 
 
1800
 
<mark>Agli inizi del 1800 le Universitas, istituzioni ormai obsolete, furono abolite e convertite in comuni autonomi</mark>.
 
Ecco il testo rielaborato in uno stile più enciclopedico:
 
L’espansione economica e urbana di Secondigliano tra XIX e XX secolo
 
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, il Comune di Secondigliano attraversò una fase di significativa crescita, sia sotto il profilo economico che urbanistico. L’incremento dello sviluppo industriale fu favorito dalla nascita di numerosi opifici, dotati di macchinari a vapore, che impiegavano una vasta forza lavoro composta da decine di operai. Contestualmente, si affermò un fiorente settore artigianale, con particolare rilievo nella produzione e nel commercio tessile. La prosperità economica incentivò i commercianti locali a espandere le proprie attività oltre i confini nazionali, rafforzando il ruolo di Secondigliano nel panorama economico dell’epoca.
 
Questo periodo di crescita si rifletté anche nell’ambito edilizio, con la realizzazione di costruzioni di pregio lungo l’asse viario principale, inizialmente denominato corso Napoli, successivamente corso Umberto I e oggi noto come corso Secondigliano.
 
La borghesia emergente, composta da proprietari terrieri, imprenditori, commercianti e intellettuali, nonché da una parte della borghesia napoletana che si era trasferita dalle zone centrali della città verso la periferia, promosse la costruzione di edifici in stile neoclassico e neorinascimentale. Tali palazzi, sobri ed eleganti, erano spesso arricchiti da giardini rigogliosi con elementi decorativi quali statue e fontane.
 
Tra gli esempi più rappresentativi di questa architettura figurano il palazzo sito al civico 148, edificato nel 1890, quello al numero 165, risalente al 1889, e il palazzo situato al civico 264, realizzato nel 1870. Quest’ultimo, caratterizzato da richiami stilistici all’opera dell’architetto Ferdinando Sanfelice, fu scelto nel 1883 come sede della Banca Cooperativa Popolare di Secondigliano, a testimonianza del prestigio e della solidità economica raggiunti dalla comunità locale.
 
https://unavocepersecondigliano.blogspot.com/2023/11/blog-post_30.html?m=1
 
 
1900
 
Dopo la restaurazione i casali non ancora inclusi nella cittadina diventarono comuni suburbani. Secondigliano resterà tale fino al settimo anno dell’era fascista (1929), quando entra a far parte del comune di Napoli.  FONTE TISCALI)
 
=== Dal 1800 al 1900 ===
 
 
 
Nel corso del [[XIX secolo]] ed agli inizi del [[XX secolo]], il comune di Secondigliano crebbe notevolmente demograficamente ed economicamente. La presenza di numerosi [[Opificio|opifici]], in concomitanza all'avvento delle nuove macchine a vapore atte alla lavorazione di tessuti, non solo generò maggiore occupazione, ma ne plasmò significativamente il panorama architettonico. Al fervore economico, dovuto soprattutto all'attività industriale di cotonifici, pastifici e stabilimenti di vario genere, infatti, conseguì una pregevole espansione edilizia lungo il corso, un tempo noto come corso Napoli, poi ribattezzato corso [[Umberto I di Savoia|Umberto I]], e oggi denominato corso Secondigliano. Tra le maggiori industrie secondiglianesi figuravano i pastifici [[Improta (famiglia)|Improta]], Barbato, la ditta di formaggi dei Baroni Carbonelli di Letino, il cui provolone "Carbonelli IGP" viene tuttora prodotto e commercializzato dall'azienda Zanetti, le vetrerie Simonetti ed i cotonifici di proprietà della famiglia [[di Nocera]]. Ad opera di quest’ultima fu la nascita di una delle prime [[Banca Popolare di Secondigliano|banche popolari italiane]], nel 1883, con sede in Secondigliano, per combattere l'usura e dare un ulteriore impulso all’economia cittadina.<ref>{{Cita web|url=https://www.zanetti-spa.it/it/azienda/la-storia/|titolo=La Storia Zanetti|sito=www.zanetti-spa.it|lingua=it|accesso=2024-04-22}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.foodweb.it/2020/07/italiani-gli-imprenditori-di-un-secolo-fa/|titolo=Gli imprenditori italiani di un secolo fa - L'Opinione di Paolo Dalcò|autore=mbergamaschi|sito=Food|data=2020-07-11|lingua=it-IT|accesso=2024-04-22}}</ref>