Fabio Albergati: differenze tra le versioni

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Figlio di Filippo, del potente casato degli [[Albergati (famiglia)|Albergati]], e di Giulia Bargellini, dopo aver studiato diritto, fu alla corte di [[Urbino]] al servizio di [[Guidobaldo II della Rovere]]. In seguito, si trasferì a [[Roma]], al servizio del duca di Sora [[Giacomo Boncompagni (politico)|Giacomo Boncompagni]], figlio del neoeletto [[papa Gregorio XIII]]. Presso questo pontefice, Fabio Albergati iniziò a svolgere una costante attività diplomatica, che proseguì anche dopo la morte di Gregorio XIII, avvenuta nel [[1585]]. [[Papa Sisto V]] lo inviò come ambasciatore ad Urbino presso il duca [[Francesco Maria II]], del quale Albergati era stato precettore anni addietro. [[Innocenzo IX]] nel [[1591]] lo nominò castellano della fortezza di [[Perugia]]. Pur rimanendo legato anche ai successivi pontefici, Fabio Albergati tornò più costantemente ad Urbino, dove [[Francesco Maria II]] lo aveva in grande considerazione, tanto da affidargli missioni diplomatiche presso i veneziani ed i sabaudi e ricorrendo ai suoi consigli per redigere gli Statuti dei propri possedimenti.
 
Fabio Albergati morì nel [[1606]]: aveva nel frattempo avuto diversi figli dalla moglie Flaminia Bentivoglio, tra cui Antonio, futuro vescovo di [[Bisceglie]], e Lavinia, madre del futuro cardinale [[Ludovico Ludovisi]].
 
Albergati fu il più importante oppositore delle teorie politiche di [[Jean Bodin]]. Contro Bodin, che sostiene aver avuto lo [[Stato]] origine per violenza in una [[Patriarcato (antropologia)|società patriarcale]], Albergati afferma che esso sorge “per necessità e inclinazione naturale” e che il principe, quale suprema autorità dello stato, è “vera immagine di Dio”. Alla distinzione delle [[Forma di governo|forme di governo]] esclusivamente fondata sul numero di coloro che detengono il potere, oppone l'ulteriore distinzione, in base “ai vizi e alle virtù”, di [[monarchia]] e [[Tiranno|tirannia]], [[aristocrazia]] e [[oligarchia]], [[democrazia]] e [[demagogia]], e sebbene sostenga, in polemica col francese, l'esistenza dello “Stato misto”, rivendica la superiorità assoluta della forma monarchica pura, che è “simile al governo divino e regola di ogni altra”. Infine, ripropone la concezione secondo cui l'imperatore gode di una suprema autorità politica, ma deve al [[papa]] un “tributo di adorazione”, quale “principe inferiore” verso “maestà superiore” e condanna violentemente le posizioni di Bodin sulla [[tolleranza]], contrapponendo alla “libertà naturale”, la ”libertà ferma” (libertà di credere quello che si vuole).