Germano Nicolini: differenze tra le versioni
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Il 18 giugno 1946 nei pressi della parrocchia di San Martino Piccolo, una frazione di Correggio, venne ucciso sulla porta della canonica con due colpi di pistola don [[Umberto Pessina]].<ref name=italiagialloenera/><ref name=ilgiornale>{{Cita web |url = http://www.ilgiornale.it/news/storia-comandante-diavolo-47-anni-innocente-all-inferno-844731.html|titolo = Storia del Comandante Diavolo: 47 anni da innocente all'inferno |autore = Stefano Zurlo |sito = [[il Giornale]]|data =8 ottobre 2012|accesso = 9 ottobre 2010 |urlmorto = no}}</ref><ref name=impuniti4>{{Cita libro |titolo = Impuniti: Quando la giustizia è complice |autore = AA. VV. |url = https://books.google.it/books?id=OMD13n-D4kYC&printsec=frontcover#v=onepage&q&f=false|editore = L'Europeo|anno = 2011 |p = [https://books.google.it/books?id=OMD13n-D4kYC&pg=PT4#v=onepage&q&f=false 4]|ISBN = 978-88-7632-140-5|accesso = 19 ottobre 2016|cid=impuniti}}</ref><ref name=repubblica94>{{Cita news|autore = Alvaro Fiorucci|url = http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/06/09/delitto-di-don-pessina-giustizia-45-anni.html |titolo = Delitto di don Pessina, giustizia 45 anni dopo |pubblicazione = la Repubblica |data = 9 giugno 1994|accesso = 9 ottobre 2016 |urlmorto = no }}</ref> Dopo due arresti errati di persone che avevano avuto dei dissapori col prete,<ref name=europeo/> del delitto, che si unisce alle altre esecuzioni sommarie eseguite dopo la [[Guerra di liberazione italiana|liberazione]],<ref name=impuniti4/> vennero accusati Germano Nicolini, Ello Ferretti e Antonio Prodi (detto ''Negus'')<ref name=europeo/>, tre partigiani,<ref name=repubblica94/> i quali vennero arrestati nel 1947.<ref name=ilgiornale/> Nicolini venne arrestato il 14 marzo 1947, tre giorni prima della nascita della primogenita Riccarda. I sospetti si concentrarono su Nicolini in seguito alla rivelazione di una donna, Ida Lazzaretti,<ref name=agi92>{{Cita news|url = http://archivio.agi.it/articolo/7ef15f5bb00cef847b738eb385d0e4db_19920320_forse-ha-mentito-la-teste-chiave-dell-omicidio-don-pessina|titolo = Forse ha mentito la teste chiave dell'omicidio don Pessina|pubblicazione = [[Agenzia Giornalistica Italia|AGI]]|data = 20 marzo 1992|accesso = 8 febbraio 2022|urlarchivio = https://archive.today/20161027160423/http://archivio.agi.it/articolo/7ef15f5bb00cef847b738eb385d0e4db_19920320_forse-ha-mentito-la-teste-chiave-dell-omicidio-don-pessina/|dataarchivio = 27 ottobre 2016}}</ref> che testimoniò di averlo sentito pronunciare la sera precedente il delitto le seguenti parole: «Quel prete bisogna subito toglierlo dal mondo».<ref name=europeo/> Nel 1992, quando venne riaperto il caso, la nipote di Lazzaretti affermò che la donna aveva confessato a suo figlio di avere mentito al processo, spinta a fare ciò dal parroco di Correggio, don Enzo Neviani, mediante una ricompensa economica.<ref name=agi92/><ref name=falsoteste>{{Cita news|url = http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/03/21/spunta-un-falso-teste-nel-delitto-don.html|titolo = Spunta un falso teste nel delitto don Pessina |pubblicazione = la Repubblica |data = 21 marzo 1992|accesso = 25 ottobre 2016 |urlmorto = no }}</ref>
Ma i veri responsabili erano Cesarino Catellani, Ero Righi e William Gaiti, anch'essi partigiani;<ref name=vanityfair/><ref name=repubblica94/> i primi due, nel gennaio 1948,<ref name=europeo/> un anno e mezzo dopo il delitto, dopo essere fuggiti in Jugoslavia<ref name=repubblica91/> confessarono addirittura spontaneamente il crimine, che commisero per errore,<ref name=europeo/> ma non furono creduti e vennero condannati per autocalunnia.<ref name=italiagialloenera/><ref name=ilgiornale/><ref name=repubblica94/> Le confessioni di Catellani e Righi vennero interpretate come un tentativo di salvare il sindaco di Correggio dall'accusa infamante di omicidio per ragioni di partito fissate da Ottavio
Non venne dato il giusto valore alle testimonianze che asserivano che Nicolini giocava a bocce in un paese vicino.<ref name=ilgiornale/> Il 26 febbraio 1949 la Corte d'Assise di Perugia lo condannò come mandante<ref name=repubblica94/> di omicidio volontario premeditato a 22 anni di carcere<ref name=repubblica91/> e alla perdita di ogni diritto civile e militare<ref name=gazzettareggio/><ref name=ngv>{{Cita web |url = http://www.ngvision.org/mediabase/531|titolo = Il ritorno del diavolo|sito = ngvision.org|data = 14 dicembre 2005 |accesso = 9 ottobre 2010 |urlmorto = no}}</ref>; ne scontò effettivamente dieci – Ferretti e Prodi, condannati come esecutori, ne espiarono invece sette –<ref name=repubblica91/><ref name=repubblica94/><ref name=pansa/> grazie all'indulto per gli ex appartenenti alle formazioni partigiane, uscendo di prigione alla fine del 1956.<ref name=anpi/><ref name=ngv/> Inutilmente Nicolini cercò di dimostrare la sua innocenza.<ref name=anpi/> Nel 1990 il caso venne riaperto su invito dell'onorevole comunista [[Otello Montanari]],<ref name=italiagialloenera/> che incitò la popolazione, con un articolo ribattezzato ''[[Otello Montanari#Chi sa parli|Chi sa parli]]'', a rivelare informazioni riguardo ai delitti avvenuti nel [[Triangolo della morte (Emilia)|Triangolo della morte]] durante gli anni quaranta.<ref>{{Cita news|url = http://archivio.agi.it/articolo/57da4110b2318101bbc56a26d23c2428_19910910_reggio-emilia-ho-ucciso-don-pessina-confessa-gaiti|titolo = Reggio emilia: "ho ucciso don Pessina", confessa Gaiti|pubblicazione = [[Agenzia Giornalistica Italia|AGI]]|data = 10 settembre 1991|accesso = 8 febbraio 2022|urlarchivio = https://archive.today/20161027160424/http://archivio.agi.it/articolo/57da4110b2318101bbc56a26d23c2428_19910910_reggio-emilia-ho-ucciso-don-pessina-confessa-gaiti/|dataarchivio = 27 ottobre 2016}}</ref> Il cosiddetto "terzo uomo" che era stato citato da diverse testimonianze all'epoca del delitto, William Gaiti, che a differenza di Righi e Catellani si era rifiutato di confessare e poi espatriare clandestinamente in [[Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia|Jugoslavia]],<ref name=europeo/><ref name=repubblica91/> confessò il 10 settembre 1991 al procuratore di Reggio Emilia Elio Bevilacqua di aver preso parte all'omicidio insieme a Catellani e Righi<ref name=impuniti4/> e di avere sparato a don Pessina.<ref name="ilgiornale" /><ref name="repubblica94" /><ref name="agi94" /> I figli di Gaiti e Nicolini erano stretti amici e forse è stato proprio questo rapporto confidenziale a spingere il vero colpevole a confessare l'accaduto.<ref name="agifigli">{{Cita news|url = http://archivio.agi.it/articolo/067d117dc630352222db04dfd48675f2_19910911_omicidio-don-pessina-parla-l-innocente-nicolini|titolo = Omicidio don Pessina: parla l'innocente Nicolini|pubblicazione = [[Agenzia Giornalistica Italia|AGI]]|data = 11 settembre 1991|accesso = 8 febbraio 2022|urlarchivio = https://archive.today/20161027160420/http://archivio.agi.it/articolo/067d117dc630352222db04dfd48675f2_19910911_omicidio-don-pessina-parla-l-innocente-nicolini/|dataarchivio = 27 ottobre 2016}}</ref> Ferretti, Prodi e Nicolini furono definitivamente «assolti per non aver commesso il fatto» solamente l'8 giugno 1994<ref name="ilgiornale" /><ref name="agi94">{{Cita news|url = http://archivio.agi.it/articolo/d78cb3cee98751c91d4c9c0c6247839c_19940608_processo-omicidio-don-pessina-assoluzione-ex-partigiani|titolo = Processo omicidio don Pessina: assoluzione ex partigiani|pubblicazione = AGI|data = 8 giugno 1994|accesso = 8 febbraio 2022|urlarchivio = https://archive.today/20161027160442/http://archivio.agi.it/articolo/d78cb3cee98751c91d4c9c0c6247839c_19940608_processo-omicidio-don-pessina-assoluzione-ex-partigiani/|dataarchivio = 27 ottobre 2016}}</ref> (45 anni dopo il delitto)<ref name="gazzettareggio" /> quando, assistiti dagli avvocati [[Giuliano Pisapia]] e [[Dino Felisetti]], vennero scagionati nel processo di revisione dalla Corte d'appello di Perugia.<ref name="anpi" /><ref name="repubblica94" /><ref name="gazzettaGrasselli">{{Cita news|autore=Mauro Grasselli|url = http://quotidianiespresso.repubblica.it/gazzettareggio/speciali/speciale20anni/1994/h7501.htm|titolo = Tutti assolti, dopo 45 anni|pubblicazione =Gazzetta di Reggio|accesso = 25 ottobre 2016 |urlmorto = no }}</ref> I veri responsabili dell'omicidio rimasero liberi e furono prosciolti il 7 dicembre 1993<ref name="gazzettaGrasselli" /> in applicazione dell'[[amnistia]] emanata dal [[Governo Pella]] nel [[1953]]<ref name="italiagialloenera" /> per tutti i reati politici (venne quindi esclusa la premeditazione dell'atto)<ref name="repubblica94" /><ref name="gazzettaGrasselli" /> commessi entro il 18 giugno [[1948]].<ref name="gazzettareggio" /> Furono stabiliti per Nicolini 2 miliardi e mezzo di [[Lira italiana|lire]] come risarcimento.<ref>{{Cita news|url = http://archivio.agi.it/articolo/42b94e3823e54bddbe448a3afd16578a_19960522_omicidio-don-pessina-per-ingiusto-carcere-risarcimento-1-5-mld|titolo = Omicidio don Pessina: per ingiusto carcere risarcimento 1.5 mld|pubblicazione = [[Agenzia Giornalistica Italia|AGI]]|data = 22 maggio 1996|accesso = 8 febbraio 2022|urlarchivio = https://archive.today/20161027160442/http://archivio.agi.it/articolo/42b94e3823e54bddbe448a3afd16578a_19960522_omicidio-don-pessina-per-ingiusto-carcere-risarcimento-1-5-mld/|dataarchivio = 27 ottobre 2016}}</ref>
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Le interferenze esterne sui magistrati, la scomparsa di verbali, le firme sui verbali estorte con la violenza fisica e psicologica,<ref name=repubblica94voto>{{Cita news|url = http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/06/09/delitto-di-don-pessina-giustizia-45-anni.html |titolo = "Faremo di tutto per assicurare il diritto di voto a Nicolini" |pubblicazione = la Repubblica |data = 10 giugno 1994|accesso = 9 ottobre 2016 |urlmorto = no }}</ref> le palesi contraddizioni, falsità, amnesie e reticenze di alcuni testimoni dell'accusa,<ref name=repubblica94voto/> la costante intimidazione dei testi della difesa, l'omissione e la falsità in atti d'ufficio da parte degli inquirenti, l'insabbiamento di prove fondamentali a favore dell'accusato (tra cui una fondamentale perizia dattiloscopica che venne poi eseguita dopo quasi mezzo secolo su Antenore Valla nel processo a carico di William Gaiti) dimostrano come la sentenza sarebbe stata fortemente influenzata.<ref name=ilgiornale/><ref name=vanityfair/><ref name=agi93>{{Cita news|url = http://archivio.agi.it/articolo/97f184a9d4cf5a9dec6e8f67749371ff_19931118_omicidio-don-pessina-interrogatori-e-perizie|titolo = Omicidio don Pessina: interrogatori e perizie|pubblicazione = AGI|data = 18 novembre 1993|accesso = 8 febbraio 2022|urlarchivio = https://archive.today/20161027160416/http://archivio.agi.it/articolo/97f184a9d4cf5a9dec6e8f67749371ff_19931118_omicidio-don-pessina-interrogatori-e-perizie/|dataarchivio = 27 ottobre 2016}}</ref> Le diverse anomalie che caratterizzarono il processo sono rintracciabili negli atti giudiziari, in gran parte pubblicati nel memoriale di Nicolini ''Nessuno vuole la verità''<ref name=agi94/>.
Valla, testimone chiave dell'accusa,<ref name=cossiga/> non poteva essere attendibile, trovandosi il giorno del delitto in [[Francia]], incarcerato a [[Grenoble]] per espatrio clandestino con il falso nome di Sandro Tontolini.<ref name=ilgiornale/><ref name=agi93/> La conferma veniva dalla perizia sulle impronte digitali contenute nel cartellino segnaletico della polizia francese e da una serie di documenti di associazioni e istituzioni francesi. La perizia dattiloscopica che confermava inequivocabilmente che Valla e Tontolini erano la stessa persona, effettuata da un esperto della Criminalpol e prodotta dalla difesa del Nicolini, non venne ritenuta attendibile dalla Corte e fu quindi respinta<ref name=ilgiornale/> anche a seguito dei riscontri del capitano Vesce, incaricato di un supplemento di indagini. Eppure a distanza di 46 anni la perizia venne nuovamente eseguita (essendo all'epoca Valla ancora vivente) durante il processo a William Gaiti, confermando quanto già era noto nel 1947 alla difesa dell'imputato e colpevolmente ignorato dalla Corte.<ref name=agi93/> Nel processo di revisione emerse un particolare clamoroso: l'allora Vescovo Socche era stato informato da un sacerdote, Don Alfredo Zavaroni, che il Valla era effettivamente in possesso di una carta di identità intestata a Tontolini Sandro, che era stato ospitato dalla famiglia Giovannetti, che era espatriato in Francia perché ricercato e rientrato a Fosdondo a metà luglio. Questo clamoroso documento, reperito nell'Archivio della Curia vescovile di Reggio, era stato pubblicato da uno storico cattolico reggiano in un libro nel 1993 <ref>{{Cita libro|titolo=Sandro Spreafico - I cattolici reggiani dallo stato totalitario alla democrazia: la resistenza come problema. Vol. 5 - Tomo - 1993}}</ref> e non sfuggì alla attenzione della stampa locale<ref>{{Cita news|autore=M. Scullin|titolo=Scrissero a Socche: quel Tontolini è Valla. Il clamoroso documento nell'epistolario inedito. La lettera che avrebbe potuto salvare Nicolini.|pubblicazione=Resto del Carlino - Reggio Emilia|data=17 dicembre 1993}}</ref> . Una rivelazione per certi versi clamorosa che verrà ripresa dettagliatamente nella sentenza di revisione della Corte di Appello di Perugia dell'8 giugno 1994 .
La [[Corte d'appello]] di Perugia nella sentenza di assoluzione scrive: «Pertanto la Corte ritiene, in conformità a quanto sostenuto dalla difesa del Nicolini, che una serie di fattori – indagini di polizia giudiziaria condotte con metodi non del tutto ortodossi; lacune e insufficienze istruttorie; una sorta di "ragion di Stato di partito" che ebbe ad ispirare il comportamento di alcuni uomini del PCI; una pressante quanto legittima domanda di giustizia da parte del clero locale, estrinsecatasi però in iniziative al limite dell'interferenza; interventi di autorità non istituzionali e comunque processualmente non competenti – abbia fatto sì che la legittima esigenza di individuare e punire gli autori del grave quanto gratuito fatto di sangue si risolvesse, oggettivamente, in una sorta di ricerca del colpevole a tutti i costi, dando luogo ad un grave errore giudiziario, al quale la Corte ha ritenuto ora di dovere porre riparo assolvendo ampiamente gli imputati e restituendoli alla loro dignità di innocenti».<ref name=ilgiornale/><ref>{{Cita pubblicazione|titolo = Germano Nicolini. La dignità di un uomo|autore = Salvatore Fangareggi|rivista = Ricerche storiche|numero = 74-75|editore = Istituto per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea in provincia di Reggio Emilia|città = Reggio Emilia|anno = 1994|mese = dicembre|pp = 49-50|url = http://www.istoreco.re.it/public/isto/rs74-75OCRlow28620119445.pdf|accesso = 9 ottobre 2010|urlmorto = sì|urlarchivio = https://web.archive.org/web/20150402103601/http://www.istoreco.re.it/public/isto/rs74-75OCRlow28620119445.pdf|dataarchivio = 2 aprile 2015}}</ref>
Se il vescovo Socche influenzò pesantemente le indagini indirizzando il capitano Vesce verso l'obiettivo Nicolini<ref name=italiagialloenera/><ref name=agifigli/> e partecipando attivamente nelle diverse fasi giudiziarie, se gli inquirenti si applicarono con grande determinazione nel costruire i capi accusatori rivelatisi poi totalmente privi di fondamento, se la Corte di Perugia si dimostrò pregiudizialmente molto orientata alla condanna, un altro rilevante e fondamentale protagonista di questa ingiustizia fu sicuramente il [[Partito Comunista Italiano]],<ref name=vanityfair/> che, come venne
Nicolini è stato inoltre ascoltato dal procuratore Luigi De Ficchy in merito all'[[apparato paramilitare del PCI]], anche definito ''Gladio rossa'', di cui avrebbero fatto parte numerosi ex partigiani responsabili degli omicidi avvenuti nel cosiddetto [[Triangolo della morte (Emilia)|Triangolo rosso]] durante gli anni quaranta.<ref name=gladiorossa/> Nicolini si è però dichiarato estraneo a ogni connessione con la presunta struttura paramilitare.<ref name=gladiorossa/>
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* Marcello Flores, Mimmo Franzinelli "Storia della Resistenza" Edizioni Laterza, 2019
* Gad Lerner, Laura Gnocchi, ''Noi partigiani'' Edizioni Feltrinelli, 2020
* Fausto Nicolini, Massimo Storchi, ''Cent'anni di rettitudine. La storia del Comandante Diavolo e del
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