Intercalari: differenze tra le versioni

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== Fattori di variabilità diastratica, diatopica, diacronica e diamesica individuali ==
Esistono intercalari che sono tipici di alcune [[Italiano regionale|varietà regionali]] delladell’italiano, linguaspesso prestiti delle [[Lingua regionale|lingue regionali]] del Italia: ad esempio, il [[dialetto siciliano|siciliano]] "[[minchia]]", spesso [[abbreviazione|abbreviato]] in "mi...". Altri esempi sono il ''vabbuò'' di area linguistica meridionale, il ''belin'' e il ''mia'' ligure, il ''[[Socc'mel|socmèl]]'' bolognese, la ''[[pota]]'' di area bergamasca/bresciana/cremasca, il ''diofà'', il ''bon'' e il ''neh'' piemontese (quest'ultimo usato anche in [[Lombardia]]), l'''aoh'' romano, il ''ciò'' veneto, il ''dé'' livornese o pisano, ecc. Altri, invece, sono forme tipiche di varietà gergali e sono diffusi, ad esempio, nel [[linguaggio giovanile]], o nel [[Gergo di Internet|linguaggio di internet]] (questo avviene soprattutto per la [[posta elettronica]], mentre nella comunicazione più concisa e immediata del [[linguaggio degli SMS]] e delle chat, gli intercalari, specie quelli non osceni, non rinunciano del tutto dall'assolvimento di [[pragmatica|funzioni pragmatiche]]). "Cioè", ad esempio, ha avuto una fortissima connotazione di intercalare giovanile e fa parte di un ricco repertorio di intercalari che sono tipici del "linguaggio delle interrogazioni": ''voglio dire'', ''niente'', ''praticamente'', ''per così dire'', ''tipo''.
 
A volte, alcuni intercalari si diffondono prepotentemente al di fuori dei loro ambiti ristretti o delle loro nicchie (gergali, dialettali, o generazionali) per effetto del potere di arbitraggio sulle [[variazione linguistica|variazioni]] della [[lingua italiana]] svolto, dai [[mass media]], soprattutto dagli ultimi decenni del [[Novecento]]<ref>Ornella Castellani Pollidori, [http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/uso-piuttosto-valore-disgiuntivo Sull'uso di ''piuttosto che'' con valore disgiuntivo], in «''La Crusca per voi''», aprile 2002, n° 24 (p. 11)</ref>, attraverso la [[televisione italiana|televisione]] e il [[linguaggio pubblicitario]] e dalla loro [[teledipendenza|potente influenza]] sulla [[cultura di massa]]. È il caso delle forme siciliane ''minchia'' o ''mi...'', diffuse ampiamente al di fuori dell'ambito regionale originario proprio grazie influenza di modelli televisivi, delle forme [[romanesco|romanesche]] ''ammàzza'' o ''aoh'', la cui influenza potrebbe derivare dalla fama di attori come [[Alberto Sordi]], o delle forme piemontesi ''bon'' e ''neh'', veicolate fuori dai loro ambiti regionali dalla popolarità televisiva di [[Luciana Littizzetto]].