Lingua ligure: differenze tra le versioni
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* l'evoluzione in [y] di Ū latino (PLŪS → ['ʧy]) e in [ø] di Ŏ latino (NŎVU(M) → ['nø:vʊ]);
* I nessi latini CE e CI sono stati assibilati in [ts] e, nella maggior parte dei dialetti succcessivamente si sono trasformati nel suono [s]. Ad esempio dal latino ''focācia'' → [fyˈgat͡sa] → fugassa (pronunciato
* I nessi GE, GI, DJ, J hanno avuto esito [ʤ], si è verificato poi un passaggio ulteriore che ha portato a [dz] (caratteristica condivisa con la quasi totalità delle lingue gallo-italiche). Nelle varietà più evolute [dz] si è poi deaffricato in [z]. (es. genovese medievale ['dzʊvɛn] "giovane", moderno ['zwenʊ]).
* l'evoluzione di [ky] a [jt] secondo un modello che viene dubitativamente riferito a influsso celtico. Ad esempio il latino FACTU(M) si è evoluto nel ligure antico faito (pronunciato ['fai̯tʊ]), fino al genovese moderno feto (pronunciato ['fɛ:
* la palatizzazione di CL- e GL- in [ʧ], [ʤ] (es. CLAMARE → ciamâ [ʧa'mɑ:] ‘chiamare’, GLANDE(M) → ['ʤaŋda] 'ghianda');
* la lenizione delle consonanti sorde, che può raggiungere la completa sparizione (LŎCU → ['lø:gʊ] ‘luogo’, CEPULLA → [se'ula] → ['sjɔwla] ‘cipolla’, DIGITU(M) → ['di:ʊ] ecc.). La lenizione di [v] sia primaria che secondaria, (come sviluppo da [p], [b]) è un tratto molto precoce, essendo attestato già in documenti del XI secolo. Questa caratteristica è condivisa con piemontese, lombardo e veneto.
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Tra i caratteri di raccordo con l'area centro-meridionale delle lingue neolatine:
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* è avvenuta la palatizzazione spinta fino all'affricazione/spirantizzazione di PL-, BL- e FL- quale si ritrova anche in [[Lingua napoletana|napoletano]] e [[Lingua siciliana|siciliano]], ma anche in [[Lingua portoghese|portoghese]]: (PLANTA → ['ʧaŋta] ‘pianta’, BLASPHEMIA → [ʤa'stema] ‘bestemmia’, FLORE → ['ʃu:(a)]). Questo tratto è stato probabilmente adottato inizialmente dai dialetti centro-occidentali e successivamente dal genovese, quest'ultimo ha diffuso il fenomeno nel resto della Liguria. Questo viene suggerito dalla scarsa diffusione della palatizzazione di questi nessi (soprattutto di [fl]) andando verso levante. (es. genovese ['ʃämä] "fiamma" contro il ligure orientale e centro-orientale [fjämä]). Nell'Oltregiogo centrale (novese, ovadese) invece la palatalizzazione di PL-, BL- e FL- è totalmente assente (es. genovese [ʤa'ŋkʊ], e novese [bja'ŋkʊ]).
* la maggior parte delle caratteristiche morfologiche e sintattiche.
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Tra le altre caratteristiche specifiche o che connotano comunque in maniera unitaria le varietà liguri:
* Caratteristici del ligure sono poi la conservazione dei suoni [ʃ] e [ʒ]
▲* Caratteristici del ligure sono poi la conservazione dei suoni [ʃ] e [ʒ] (presenti ancora in alcune varietà gallo-italiche e reto romanze conservative), sviluppati a partire rispettivamente da KS, PSJ, e da SJ<ref>Da questa regola sono esclusi varietà periferiche come lo spezzino, dove si ha [s] e [z].</ref>; piemontese, emiliano e veneto hanno invece [s̠] e [z̠], che sono un'evoluzione successiva (es. ligure [lä'ʃä], emiliano [lɐ's̠ɛr], piemontese [lä's̠e], veneto [lä's̠är], “lasciare”)
* Davanti ad [r] la [ä] tonica passa ad [ɛ], es. arborem > ['ɛrbʊ] "albero" (pronuncia più antica ['ɛrbʊɹʊ]).
* Il passaggio da [l] a [r] e l'indebolimento di [r] in [ɹ], che nei dialetti più evoluti, compreso il genovese, arriva fino alla caduta: CARU → ['kaɹʊ] → ['ka:ʊ] ('caro'), [maɹa'veʤa] → [ma: 'veʤa] ('meraviglia'), ['ʧɛɹu] → ['ʧɛ:u] ('chiaro'), ecc. Questo fatto tra gli altri ha avuto conseguenze notevoli nella struttura delle parole: ad esempio FARINA è passato a [fa'ɹiŋna] e da qui a [fa'iŋa], con successiva ritrazione dell'accento in ['fajna] e chiusura del dittongo nel genovese moderno ['fɛŋa]; PATRE ha dato in genovese medievale l'esito ['pajɹe], conservato nei dialetti arcaici, in seguito al quale, dopo lo sviluppo di un'appendice semivocalica alla consonante labiale (['pwajɹe]) e alla chiusura del dittongo si è arrivati al genovese moderno ['pwɛ:] attraverso le fasi ['pwɛ:ɹe], ['pwɛ:ɹe]: sempre in genovese, tra le conseguenze di questi fenomeni di ristrutturazione fonetica, la quantità vocalica ha assunto valore fonologico, sia che si tratti di vocali toniche che atone: si distingue pertanto, ad esempio, tra [ka: 'seta] 'calza', con vocale atona lunga, e [ka'seta] 'mestolo' con vocale breve.
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