Germano Nicolini: differenze tra le versioni

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Figura storica del [[comunismo|movimento comunista]] in [[Emilia]] e partigiano decorato con medaglia d'argento, fu tra i protagonisti della [[Resistenza italiana]]<ref name=referendum>{{Cita web |url = http://www.corriere.it/politica/16_maggio_23/si-referendum-partigiano-diavolo-costituzione-deve-velocizzarsi-ma-non-sono-renziano-f7f96406-2055-11e6-9888-7852d885e0fc.shtml|titolo = Il Sì al referendum del partigiano «Diavolo»: la Costituzione deve velocizzarsi. «Ma non sono renziano»|autore = Fabrizio Caccia |sito = [[Corriere della Sera]]|data = 22 maggio 2016|accesso = 9 ottobre 2010 |urlmorto = no}}</ref> e divenne sindaco di [[Correggio (Italia)|Correggio]] dopo la [[seconda guerra mondiale]]. Nel 1947 venne accusato ingiustamente dell'omicidio di don [[Umberto Pessina]] e fu condannato a 22 anni di carcere (di cui ne scontò 10 grazie a un indulto). Fu scagionato in modo definitivo solamente nel 1994.<ref name=anpi>{{Cita web
|url = http://www.anpi.it/donne-e-uomini/2485/germano-nicolini|titolo = Germano Nicolini|sito = [[ANPI]]|data = 26 settembre 2010|accesso = 9 ottobre 2010|urlmorto = no}}</ref>
 
== Biografia ==
=== La formazione e la partecipazione alla guerra di Resistenza ===
Germano Nicolini nacque a [[Fabbrico]], nella [[provincia di Reggio nell'Emilia]], il 26 novembre 1919,<ref name=medagliaargento>{{cita web|url=http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario;jsessionid=7A8OZhtZKJmZxZU2IBwTsw__.ntc-as4-guri2b?atto.dataPubblicazioneGazzetta=1997-07-08&atto.codiceRedazionale=097A5343&elenco30giorni=false|titolo=Ricompensa al valore militare per attività partigiana|editore=[[Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana]]|data=8 luglio 1997|accesso=9 ottobre 2016}}</ref> da una numerosa famiglia contadina di formazione [[Cattolicesimo|cattolica]]. Iniziò, ma poi interruppe per malattia, gli studi classici presso il [[liceo statale Rinaldo Corso]] di [[Correggio (Italia)|Correggio]]<ref>{{Cita libro|autore=Germano Nicolini|autore2=Massimo Storchi|titolo=Noi sognavamo un mondo diverso: Le speranze del comandante Diavolo|annooriginale=2013|editore=Imprimatur|ISBN=978-8897949107}}</ref>, conseguendo in seguito un diploma in ragioneria e iscrivendosi quindi all'[[Università commerciale Luigi Bocconi]] di Milano. Durante la [[secondaSeconda guerra mondiale]] divenne ufficiale del 3º Reggimento carri.<ref name=anpi/>
 
Fatto prigioniero l'[[Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943|8 settembre 1943]] dai tedeschi nei pressi di [[Tivoli]], dove l'unità carrista era stata distaccata nella difesa di [[Roma]], riuscì a darsi alla fuga<ref name=ilgiornale/> e a rientrare in [[Emilia]], dove confluì nella [[Resistenza italiana]] diventando comandante del terzo battaglione della [[77ª Brigata SAP "Fratelli Manfredi"]]<ref name=anpi/><ref name=gazzettareggio/>, composto da 900 uomini<ref name=vanityfair/>. Durante questo periodo acquisì i soprannomi di ''Demos'', poi ''Giorgio'' e infine ''Diavolo'',<ref name=anpi/> datogli per una fuga rocambolesca dai tedeschi<ref name=referendum/><ref name=ilgiornale/><ref name=repubblica91>{{Cita news|autore=Pietro Visconti|url = http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1991/09/11/ho-ucciso-io-don-pessina.html|titolo = "Ho ucciso io don Pessina" |pubblicazione = [[La Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]] |data = 11 settembre 1991|accesso = 24 ottobre 2016 |urlmorto = no }}</ref>; egli stesso ha in seguito raccontato: «Ero in bicicletta, disarmato, in una zona che credevo sicura. I tedeschi sbucarono da un argine. Mi buttai giù e corsi zigzagando tra gli alberi, mentre quelli sparavano all'impazzata. Da una finestra due sorelle, nostre staffette, esclamarono: "''L'è propria al dievel''"<ref>Traducibile dal [[dialetto reggiano]] come: "È proprio il diavolo".</ref>».
 
Durante la guerra partecipò a tredici scontri a fuoco e a due battaglie in campo aperto, quelle di [[Battaglia di Fabbrico|Fabbrico]] e di Fosdondo (frazione di Correggio, dove invece perì, fra gli altri, [[Luciano Tondelli]]), contro i nazifascisti, riportando due ferite.<ref name=anpi/> Dopo la liberazione venne nominato comandante della piazza di [[Correggio (Italia)|Correggio]], quindi ufficiale addetto ai rapporti tra il governatorato e le amministrazioni comunali della bassa reggiana dal governatore americano Adam Jannette.<ref name=ilgiornale/> Si distinse anche per l'equilibrio e la difesa di prigionieri fascisti appartenenti alla [[Repubblica Sociale Italiana]], evitando in più occasioni – come testimoniarono al processo di [[Perugia]] del [[1947]] alcuni di essi – tentativi di giustizia sommaria.<ref name=vanityfair>{{Cita web |url = http://www.vanityfair.it/news/italia/13/04/25/25-aprile-partigiano-diavolo-germano-nicolini-storia-intervista|titolo = Il partigiano Diavolo, che sognava un mondo diverso |autore = Domenico Coviello |sito = [[Vanity Fair (rivista italiana)|Vanity Fair]]|data = 25 aprile 2013 |accesso = 9 ottobre 2010 |urlmorto = no}}</ref>
 
Fu anche responsabile partigiano del carcere di Correggio e in tale ruolo, il 27 aprile 1945, respinse il primo di due assalti alla prigione da parte dei partigiani, i quali, senza un mandato del [[Comitato di liberazione nazionale]], volevano prelevare sette [[Repubblica Sociale Italiana|repubblichini]]; per questo un capo militare della Resistenza lo minacciò giurandogli: «Un giorno ci sarà una pallottola anche per te!».<ref name="vanityfair" /><ref>L'episodio è descritto da [[Giampaolo Pansa]] nel suo saggio ''[[Il sangue dei vinti]]'' (2003).</ref>
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Segretario dell'[[Associazione Nazionale Partigiani d'Italia]] (ANPI) di Correggio, si distinse nell'immediato dopoguerra come pioniere della riconciliazione nazionale aprendo una mensa del reduce cui potevano accedere partigiani ed ex-fascisti che non si erano macchiati di crimini. Alla domanda: «Rifarebbe oggi ciò che fece allora?», Nicolini rispose: «Certo che lo rifarei, perché non ho nulla di cui pentirmi o vergognarmi, avendo sempre fatto il partigiano nel più assoluto rispetto delle norme internazionali di guerra, come da [[Convenzione di Ginevra|trattato di Ginevra]]».<ref>Dall'intervista contenuta nel libro ''Volti di libertà. Partigiani che raccontano la Resistenza'' di Alessandro e Denis Fontanes.</ref>
 
Il suo contributo alla lotta resistenziale è sintetizzato nella scheda n.10591 del Comitato Provinciale ANPI di Reggio Emilia, stilata nell'immediato dopoguerra, nella quale oltre ai riferimenti anagrafici, alla posizione militare, al periodo di attività partigiana, ai luoghi dove ha operato, alla appartenenza alla 77^ Brigata SAP, alla posizione di Commandante, alle azioni di combattimento viene riportata la specifica di "perseguitato dai nazi-fascisti". Significative sono le note sintetiche che esprimono il giudizio: "« ''Partigiano. Elemento di punta. Dotato di un coraggio e di un'audacia da vero ardito. Trascinatore con l'esempio.Ottimo, ottimo, ottimo" ».'' <ref>{{Cita libro|autore=Massimo Storchi|autore2=Fausto Nicolini|titolo=Cent'anni di rettitudine|anno=2023|editore=Gaspari Editore|pp=17-18}}</ref>
 
Alle [[Elezioni amministrative in Italia del 1946|elezioni amministrative del marzo 1946]] fu eletto nel Consiglio comunale di [[Correggio (Italia)|Correggio]] con la lista del [[Partito Comunista Italiano]]: a fine dicembre dello stesso anno, dopo le dimissioni del Sindaco Arrigo Guerrieri, divenne primo cittadino,<ref>''Nessuno vuole la verità'', Dea Cagna 1993</ref> ricevendo anche i voti di tre consiglieri dell'opposizione [[Democrazia Cristiana|democristiana]],<ref name=italiagialloenera/><ref name=anpi/><ref name=ilgiornale/> in una zona e in un periodo ancora turbati dalle vendette e dai delitti di stampo politico. Fondendo gli ideali comunisti con quelli cattolici,<ref name=anpi/><ref name=gazzettareggio/><ref name=vanityfair/> si impegnò principalmente per la popolazione più bisognosa e per gli ex combattenti della guerra.<ref name=anpi/>
 
=== L'assassinio di Umberto Pessina ===
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La [[Corte d'appello]] di Perugia nella sentenza di assoluzione scrive: «Pertanto la Corte ritiene, in conformità a quanto sostenuto dalla difesa del Nicolini, che una serie di fattori – indagini di polizia giudiziaria condotte con metodi non del tutto ortodossi; lacune e insufficienze istruttorie; una sorta di "ragion di Stato di partito" che ebbe ad ispirare il comportamento di alcuni uomini del PCI; una pressante quanto legittima domanda di giustizia da parte del clero locale, estrinsecatasi però in iniziative al limite dell'interferenza; interventi di autorità non istituzionali e comunque processualmente non competenti – abbia fatto sì che la legittima esigenza di individuare e punire gli autori del grave quanto gratuito fatto di sangue si risolvesse, oggettivamente, in una sorta di ricerca del colpevole a tutti i costi, dando luogo ad un grave errore giudiziario, al quale la Corte ha ritenuto ora di dovere porre riparo assolvendo ampiamente gli imputati e restituendoli alla loro dignità di innocenti».<ref name=ilgiornale/><ref>{{Cita pubblicazione|titolo = Germano Nicolini. La dignità di un uomo|autore = Salvatore Fangareggi|rivista = Ricerche storiche|numero = 74-75|editore = Istituto per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea in provincia di Reggio Emilia|città = Reggio Emilia|anno = 1994|mese = dicembre|pp = 49-50|url = http://www.istoreco.re.it/public/isto/rs74-75OCRlow28620119445.pdf|accesso = 9 ottobre 2010|urlmorto = sì|urlarchivio = https://web.archive.org/web/20150402103601/http://www.istoreco.re.it/public/isto/rs74-75OCRlow28620119445.pdf|dataarchivio = 2 aprile 2015}}</ref>
 
Se il vescovo [[Beniamino Socche|Socche]] influenzò pesantemente le indagini indirizzando il capitano Vesce verso l'obiettivo Nicolini<ref name=italiagialloenera/><ref name=agifigli/> e partecipando attivamente nelle diverse fasi giudiziarie, se gli inquirenti si applicarono con grande determinazione nel costruire i capi accusatori rivelatisi poi totalmente privi di fondamento, se la Corte di Perugia si dimostrò pregiudizialmente molto orientata alla condanna, un altro rilevante e fondamentale protagonista di questa ingiustizia fu sicuramente il [[Partito Comunista Italiano]],<ref name=vanityfair/> che, come venne poi dimostrato, era ai suoi vertici provinciali e poi nazionali ben consapevole dell'innocenza di Nicolini ma lo sacrificò cinicamente in nome di una "ragione politica" aberrante, col fine di renderlo un capro espiatorio per i delitti del dopoguerra.<ref name=gazzettareggio/><ref name=pansa>{{Cita libro |titolo = Il sangue dei vinti |autore = Giampaolo Pansa |wkautore = Giampaolo Pansa |url = https://books.google.it/books?id=EV4hbNxa_-4C&printsec=frontcover#v=onepage&q&f=false|editore = Pickwick |città = |p = [https://books.google.it/books?id=EV4hbNxa_-4C&pg=PT240#v=onepage&q&f=false 240]|accesso = 26 ottobre 2016 }}</ref><ref name=agifigli/> Lo stesso partito che gli propose di espatriare clandestinamente in [[Cecoslovacchia]] (cosa che Nicolini rifiuterà sdegnosamente accettando il carcere pur di conservare il diritto di chiedere la revisione del processo) lo isolerà e lo terrà ai margini alla sua uscita dal carcere e fino in ultimo, almeno in una parte dei suoi dirigenti, solleciterà per il "bene del partito" una sorta di omertà tra i tanti militanti che sapevano.<ref name=gazzettareggio/> La posizione venne evidenziata con chiarezza dalla difesa di Nicolini durante la revisione del processo nel 1994 anche attraverso atti e documenti; Nicolini definì tale atteggiamento come «lo [[stalinismo]] aberrante del PCI». Nicolini risultava scomodo al partito per la sua fede cattolica e avverso alla Chiesa perché comunista.<ref name=italiagialloenera/>
 
Durante il periodo del carcere (Reggio Emilia, Perugia, Ancona, S. Giminiano) è degno di nota un carteggio intercorso con Alcide Cervi, il padre dei sette [[fratelli Cervi]] fucilati dai fascisti, di cui alcune lettere sono conservate nell'archivio di Istoreco Reggio Emilia e una è stata pubblicata.<ref>{{Cita libro|autore=T. Rovatti|autore2=A. Santagata|cognome3=G. Vecchio|titolo=Fratelli Cervi. La storia e la memoria|anno=2024|editore=Viella editore|p=310-311}}</ref>