Bernard Délicieux: differenze tra le versioni

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Reagendo a questi fatti, in settembre l'inquisitore Geoffroy d'Aubusson scomunicò il visdomino, che fece appello a Roma contro la sentenza di scomunica. Fra Bernard e i borghesi di Carcassonne e d'Albi si mobilitarono in favore di Jean de Picquigny: venne denunciata la condotta degli inquisitori in una relazione che, accompagnata da una forte somma di denaro, fu inviata alla corte reale perché la trasmettesse a Roma. Bernard scrisse anche una supplica alla [[Giovanna I di Navarra|regina]] chiedendo a lei, «il più valido sostegno delle nostre speranze», d'intercedere presso il re. Poi, una delegazione comprendente Bernard, notabili e cittadini di Carcassonne, di Albi e di Cordes, si presentò in ottobre alla corte di Parigi. Il re promise di prendere una decisione nella sua visita a [[Tolosa]] prevista per le prossime feste natalizie.<ref>B. Hauréau, cit., pp. 834-837.</ref>
 
A Natale Filippo il Bello, la regina, i loro tre figli, i consiglieri [[Guillaume de Nogaret]] e Guillaume de Plasian, l'[[arcivescovo di [[Narbonne]] e il vescovo di [[Béziers]], [[Bérenger de Frédol]], ricevettero a Tolosa gli inviati di Carcassonne e di Albi, il sindaco Arnauld Garcia, il console Élie Patrice, l'avvocato Pierre Probi, il giudice Gahlard Étienne e Bernard Délicieux, che rinnovarono le accuse agli inquisitori di perseguitare cittadini innocenti. Il re non volle però interferire con i poteri della Chiesa, confermando, con un'ordinanza emessa il [[13 gennaio]] [[1304]], quanto già deciso tre anni prima: solo al papa spetta annullare le sentenze dell'Inquisizione.<ref>B. Hauréau, cit., pp. 838-840.</ref>
 
Svanito l'appoggio del re, che con la morte di [[Bonifacio VIII]] non aveva più interesse a prolungare l'annoso conflitto con la Chiesa di Roma e dilazionava anche il ricorso al papa presentato dalle città di [[Carcassonne]] e di [[Albi (Francia)|Albi]], fra Bernard ed Élie Patrice presero contatto a [[Montpellier]] con [[Ferdinando d'Aragona (1278-1316)|Ferdinand]], il terzogenito del re di Maiorca [[Giacomo II di Maiorca|Giacomo II]] giunto in Francia per prestare giuramento di vassallaggio a Filippo IV. In segrete trattative svolte dal [[21 febbraio|21]] al [[29 febbraio]] [[1304]], a Ferdinand fu offerta la signoria di Carcassonne, con la prospettiva di estenderla all'intera [[Linguadoca]], in cambio della sua protezione contro l'Inquisizione. In un ulteriore incontro avvenuto presso [[Perpignano|Perpignan]], Bernard e il confratello Raymond Etienne recarono a Ferdinand l'assenso dei consoli di Carcassonne, ma Giacomo II, che considerava vitale l'alleanza con Filippo il Bello, venuto a conoscenza del progetto, espulse dal suo regno i due francescani, mentre Ferdinand riparava alla corte del cugino [[Giacomo II d'Aragona]].<ref>A. Kiesewetter, ''Ferdinando di Maiorca'', 1996.</ref>
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L'inchiesta contro Bernard, iniziata alla fine di giugno, fu separata da quella svolta contro gli spirituali. Per questi ultimi si accesero i roghi a [[Marsiglia]], il [[7 maggio]] [[1318]], dove quattro frati minori furono giustiziati, poi a Narbonne, a [[Lunel]], a Béziers, a [[Capestang]] e a [[Lodève]]. Bernard Délicieux fu accusato di aver lottato contro l'Inquisizione, sollevando contro di essa la popolazione, e persino di aver fatto avvelenare papa Benedetto XI.<ref>B. Hauréau, cit., p. 857.</ref>
 
Il [[16 luglio]] [[1319]] Giovanni XXII incaricò l'[[arcivescovo di [[Tolosa]] [[Jean Raymond de Comminges]], il vescovo di [[Pamiers]] Jacques Fournier, e di [[Saint-Papoul]], Raymond de Monstuéjols, di condurre il processo che iniziò il successivo [[3 settembre]] 1319 a [[Castelnaudary]] per proseguire, dal [[12 settembre]], nel palazzo vescovile di Carcassonne. Nel suo interrogatorio, iniziato il [[2 ottobre]], Bernard confermò di aver combattuto l'Inquisizione e di rimpiangere di non averla potuto abbattere. Poi, dopo essere stato torturato, ammise di aver partecipato alla cospirazione a favore di Ferdinand di Majorca, pur senza averla approvata.<ref>B. Hauréau, cit., p. 860.</ref>
 
Bernard Déliciaeux negò invece, anche sotto tortura, di aver avvelenato Benedetto XI. I testimoni presentati dall'accusa, in gran parte suoi vecchi amici, confermarono tutte le accuse. La sentenza, emessa l'[[8 dicembre]], lo riconobbe colpevole di essere nemico dell'inquisizione, di tradimento e di praticare le arti magiche, condannandolo alla prigione perpetua. Sulla piazza del mercato di Carcassonne fu spogliato dei suoi abiti ecclesiastici e fu rinchiuso nelle segrete dell'Inquisizione. Vi sopravvisse pochi mesi, perché secondo il cronista Jean de Saint-Victor egli morì alla fine del 1319, una data che allora corrispondeva al mese di marzo del [[1320]].<ref>B. Hauréau, cit., pp. 861-862, scrive che Bernard morì non oltre le feste pasquali del 1320. Quell'anno la Pasqua cadde il 30 marzo.</ref>