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La considerazione della deformità muta teoricamente del tutto con l'avvento del [[Cristianesimo]] che fin dall'inizio della predicazione evangelica non considera più i deformi in base al concetto di inutilità o ripugnanza anche se permangono nei loro confronti discriminazioni di ordine culturale. Quando il governo imperiale dei [[Flavi]] e degli [[Dinastia degli Antonini|Antonini]] attua una riforma della scuola promuovendo la diffusione della cultura, la legge romana dichiara l'ineducabilità di chi è colpito da disabilità, deformità o malattie, sventure che i cristiani associano alle conseguenze del peccato tanto che un papa santo come [[Gregorio Magno]] è convinto che «un'anima sana non troverà mai albergo in una dimora malata.»<ref>Gian Antonio Stella, ''Corriere della Sera '', 17 febbraio 2012</ref>
La dottrina cristiana vede nella deformità un grave impedimento all'[[ordinazione sacerdotale]] in base al testo biblico del [[Levitico]] che enumera i difetti fisici che vietano la celebrazione dei sacrifici ai disabili e ai deformi: al cieco, allo zoppo, a chi ha il viso deforme, al gobbo, al nano, a chi ha fratture al piede o alla mano, a chi ha una macchia nell'occhio, a chi generi ripugnanza per malattie sopravvenute, come la [[scabbia]] o parti infette purulente<ref>''Lv'' 21, 16-20</ref>. I primi concili paleocristiani inoltre associano al concetto di deformità quello di irregolarità<ref>Canone IX del
==Medioevo==
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