Arduino d'Ivrea

re d'Italia (r. 1002-1014)
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Arduino di Dadone, o Arduino da Pombia, meglio conosciuto come Arduino d'Ivrea (Pombia, 955 circa – Fruttuaria, 14 dicembre 1015[1]), è stato marchese d'Ivrea dal 990 al 999 e poi re d'Italia dal 1002 al 1014.

Arduino
Arduino d'Ivrea
Re d'Italia
(formalmente Re degli Italici)
Stemma
Stemma
In carica15 febbraio 1002 –
1014
Incoronazione15 febbraio 1002
PredecessoreOttone III di Sassonia
SuccessoreEnrico II il Santo
Marchese d'Ivrea
In carica990 –
999
PredecessoreCorrado d'Ivrea
SuccessoreArduino II d'Ivrea
NascitaPombia, 955 circa
MorteAbbazia di Fruttuaria, 14 dicembre 1015
Luogo di sepolturaAbbazia di Fruttuaria
DinastiaAnscarici (non certo)
PadreDadone di Pombia
ConsorteBerta degli Obertenghi
FigliArduino II (detto anche Ardicino)
Ottone
Guiberto

Biografia

Nel 955 circa nacque Arduino, figlio, secondo una ipotesi tradizionale, del conte Dadone di Pombia. La sua ascendenza dagli Anscarici non è certa (si veda la pagina del padre per approfondire). Secondo alcuni studiosi probabilmente il padre Dadone sarebbe da identificare con il comes Dato Mediolanensis presente nel 967 a una dieta ravennate dell'Imperatore Ottone I[2].

Marchese di Ivrea

  Lo stesso argomento in dettaglio: Marca di Ivrea.

Il marchese d'Ivrea Corrado Cono fu trasferito al ducato di Spoleto, Camerino e Pentapoli delle Marche fra il 990 e il 996. L'imperatore Ottone III individuò il successore in Arduino, e, intorno al 990 Arduino fu nominato marchese della marca di Ivrea e nel 991 conte di palazzo[3]. La marca comprendeva i comitati di Ivrea, Vercelli, Novara, Vigevano, Pombia, Burgaria e la zona pavese della Lomellina. Alfredo Lucioni[4], sulla scorta di Francesco Panero[5], avanza l'ipotesi che la sua ascesa fu dovuta all'imperatrice madre (in quel momento reggente) Adelaide, sulla base di un diploma emesso da Arduino cinque giorni dopo l'incoronazione, in cui conferma dei beni e diritti dell'abbazia di San Salvatore di Pavia: in esso, infatti, cita la ormai defunta imperatrice, cosa mai fatta in nessun diploma dell'abbazia precedente al suo. Adelaide avrebbe elevato Arduino in contrasto alla stirpe anscarica (se si parte dal presupposto che Arduino non ne faceva parte), favorendo il figlio di Dadone, titolare del comitato di Milano (anche se tale attribuzione è nuovamente non certa), città situata nei pressi di Como, sede del vescovo Pietro, alleato di Adelaide e possibile sponsorizzatore di Arduino per la carica marchionale, oltre che suo futuro sostenitore per la sua ascesa al trono italico.

Tra il 997 e il 999 Arduino ebbe forti contrasti con i vescovi di Ivrea e di Vercelli, in quanto, interprete massimalista del suo ufficio pubblico, tentò di restaurare il potere pubblico marchionale contrastando l'ascesa locale dei vescovi, anche se a "livello nazionale", fuori dalla sua marca, non contrastò questa tendenza. Venuto a guerra aperta nel febbraio del 997 con il vescovo di quest'ultima diocesi, Pietro, il marchese assediò la città e infine entrò in città con i suoi vassalli minori, incendiando il duomo e causando la morte del vescovo. A Ivrea, invece, il vescovo Warmondo per due volte scomunicò Arduino, così come il fratello Amedeo, un certo Everardo e i milites vescovili e cittadini di Ivrea sostenitori di Arduino[6]; vi furono tumulti, saccheggi e uccisioni.

Nel 999 il nuovo papa Silvestro II, appena salito al soglio pontificio per volere di Ottone III, convocò Arduino a Roma e lo scomunicò di fronte al sinodo e allo stesso imperatore[1][7]. Tornato nella sua marca, Arduino si strinse ai suoi vassalli, investì, probabilmente[7], anche se la cosa non sembra fattibile[8], il figlio Arduino II d'Ivrea della carica di marchese e cacciò dalle loro sedi i vescovi di Ivrea e Vercelli.

L'imperatore Ottone, con l'intercessione del pontefice che scomunicò i due marchesi, sollevò dall'incarico Arduino II, conferendo la reggenza della marca al cugino Olderico Manfredi, incaricato anche di sedare la ribellione arduinica. Questa ulteriore scomunica non pose tuttavia fine alla lotta di Arduino. Olderico non riuscì nel suo intento, anzi, la ribellione dei conti italiani si allargò al punto che l'imperatore dovette tornare in Italia per sedare la rivolta.

Nel frattempo l'imperatore consegnò con diploma del 9 luglio 1000 la carica comitale di Ivrea al vescovo Warmondo ed alcune terre arduiniche al vescovo Leone di Vercelli e al marchese Olderico Manfredi (Pavia, tolta ai marchesi Obertenghi, le contee di Asti ed Acqui, tolte agli Aleramici).

Re d'Italia

 
Duomo di Ivrea, lapide di riconciliazione di Warmondo

Il 15 febbraio 1002, approfittando della morte di Ottone III, un certo[Riferimenti 1] gruppo di potentes ostili al potere imperiale e contrari a Olderico Manfredi elessero a re d'Italia Arduino, venendo incoronato dal vescovo di Pavia Guido[Riferimenti 2] nella basilica di San Michele Maggiore della città[9]. Arduino aveva il sostegno di almeno alcune grandi famiglie, tra cui gli Obertenghi, stirpe di appartenenza della moglie Berta[10], aspiranti alla carica marchionale di Tuscia, carica non occupata dalla morte del marchese Ugo il 21 dicembre 1001 e non assegnata per la morte, avvenuta un mese dopo, di Ottone III, e, da essa, forse, aspirarono al trono italico[11], anche se tali ipotesi riguardo a tali ambizioni non è universamente accettata[12]. Ulteriori suoi sostenitori furono il già citato vescovo di Como Pietro ed il vescovo di Asti Pietro (forse figlio del conte di Lomello Cuniberto e quindi nipote del vescovo di Como citato poc'anzi)[13]. Ciò mostra che in realtà «Arduino trovò appoggi al di fuori dell'ambiente sociale dei secundi milites scontenti delle politiche episcopali al quale la vecchia storiografia aveva circoscritto la cerchia dei suoi seguaci»[13], radunando attorno alla propria figura «una solidarietà composita, che sulla base di interessi anche molto lontani percorreva e spaccava verticalmente la società»[14].

Il cronista Adalbondo nella sua Vita Heinrici II imperatoris[15], fornisce la lista dei nemici di Arduino al momento dell'incoronazione, pur non essendo un elenco esauriente e a tratti discutibile[16]. La lista comprende il marchese Tedaldo di Canossa, l'arcivescovo di Ravenna Federico[17][Riferimenti 3], il vescovo di Modena, il vescovo di Novara Pietro III e il vescovo di Vercelli Leone, principale nemico di Arduino. Un ulteriore nemico non citato dal cronista fu senza alcun dubbio il vescovo di Parma e cugino di Tedaldo Sigifredo[18], oltre che il già citato vescovo di Ivrea Warmondo, forse sostituito brevemente da Arduino nella cattedra episcopale con un certo Ottobiano[19]. In posizione più ambigua, ma favorevole ad Enrico II, Adalbondo riporta l'arcivescovo di Milano[Riferimenti 4] Arnolfo (di ritorno dall'Impero bizantino, da dove aveva scortato fino a Bari la promessa sposa di Ottone III, Zoe), il vescovo di Cremona Olderico[Riferimenti 5], il vescovo di Piacenza Sigifredo[Riferimenti 6], il già menzionato vescovo di Pavia Guido (che risulta improbabile fosse nemico di Arduino), il vescovo di Brescia[Riferimenti 7] e il vescovo di Como Pietro III (anche se se in realtà, come delineato prima, si schierò con Arduino, tanto da apparire in qualità di arcicancelliere di Arduino del regno in nove diplomi redatti tra il 27 febbraio 1002 e il 28 gennaio 1005[20]). Gli storici hanno individuato altri possibili sostenitori, come il vescovo di Lodi Andrea[21], il vescovo di Bergamo Reginfredo[21], il vescovo di Tortona (sede dell'omonimo comitato obertengo, appartenente alla marca della Liguria Orientale) Teno[21] ed il vescovo di Modena Warino[21]. In area ligure, sotto dominio obertengo, il vescovo di Genova Giovanni non appare nei documenti aventi come riferimento cronologico l'ascesa sul trono di Arduino, al contrario del vescovo di Vado-Savona Giovanni[21]. Anche Lucca sostenne Arduino, divenendo una vera e propria testa di ponte arduinica nella nemica marca di Tuscia, venendo sconfitta dalla vicina Pisa, sostenitrice di Enrico II, nel 1003 o 1004[22]. Per quanto riguarda le abbazie, Arduino emise dei diplomi per la già citata abbazia di San Salvatore di Pavia e al monastero femminile di San Salvatore "Brisciano" di Lucca retto dalla badessa Adelperga (22 agosto 1002); l'abate Ambrogio di San Ponziano di Lucca, fratello di Leone giudice e fautore dello schieramento di Lucca per Arduino, venne destituito a seguito della sconfitta di Lucca[23], mentre le vicissitudini dell'abate dell'abbazia di San Salvatore presso il Monte Amiata, Winizo, sono state collegate alle lotte arduiniche; l'abbazia di San Silvestro di Nonantola si schierò con Arduino[Riferimenti 8][24]. Il fatto che la successione ad Ottone III in Germania non fosse chiara, dettò probabilmente la scelta di campo per alcuni dei sopracitati.

Enrico II in un primo tempo decise di contrastare e deporre Arduino (1002) inviando delle truppe in Italia aventi come capo Ottone, duca di Carinzia e margravio di Verona. Tuttavia, grazie ad alcune abili mosse di Arduino, l'esercito di Ottone venne bloccato alle Chiuse dell'Adige nella valle del Brenta (attuale Val Sugana) e sconfitto, dopo aver cercato di accerchiare il nemico, tra il 1002 e il 1003. Arduino, secondo alcune fonti, conquistò così anche il titolo di marchese di Verona[25].

Visto tale rovescio militare per le milizie dei vescovi e le truppe imperiali, Enrico, ormai sovrano incontrastato dei Franchi Orientali, nell'aprile 1004 calò in Italia con un poderoso esercito. L'esercito italico si disperse senza combattere[19] e Arduino fu costretto a ripiegare nella sua marca. Enrico II giunse a Verona, ove giunse il marchese Tedaldo di Canossa. Da Verona, andò a Brescia, ove incontrò il vescovo della città e l'arcivescovo di Ravenna con tutti i suoi suffraganei. Da Brescia, Enrico II si recò a Bergamo (il vescovo della città Reginfredo probabilmente cambiò fronte, sostenendo Enrico II), ove venne accolto dall'arcivescovo di Milano Arnolfo e quindi tutto il seguito si recò a Pavia[19], ove Enrico II, il 14 maggio, si fece eleggere re d'Italia per poi il giorno seguente essere incoronato nella chiesa di San Michele[19]. I pavesi si ribellarono al nuovo sovrano e lo costrinsero a fuggire dalla città; i disordini provocarono un incendio in città; da segnalare che il vescovo pavese non si sa quali delle due parti sostenesse. Dal marzo del suddetto anno, non vennero emanati documenti che conteggiavano gli anni dall'ascesa al trono di Arduino nell'area padano-piemontese[19]. I sostenitori di Arduino diminuirono ulteriormente con la morte del vescovo di Cremona Olderico, che aveva mostrato simpatie arduiniche, venendo elevato al soglio episcopale Landolfo, appartenente alla cappella regia di Enrico II[19].

 
I resti della roccaforte di Arduino a Sparone

Rimane da sottolineare che Arduino, ritiratosi nella rocca di Sparone in valle di Locana nel pieno del Canavese, rivendicò la corona d'Italia in contrapposizione ad Enrico II per dieci anni, tra il 1004 e il 1014, tanto da emettere diplomi regi e coniando una sua moneta[26]. La forte opposizione dei vescovi e di alcuni conti e marchesi fedeli all'imperatore non gli permise però di esercitare la sua autorità su molte terre del regno, anche se doveva essere presente una certa mobilità della corte regia data l'emissione di dieci diplomi. Arduino, asserragliato, riuscì a sostenere vittoriosamente l'assedio tra il 1004 ed il 1005 condotto dal vescovo Leone di Vercelli.

Egli cercò anche di contrastare il potere dell'arcivescovo Arnolfo, caldeggiando la nomina all'episcopato di Asti del fratello di Olderico, Alrico. Mentre era costretto a Sparone i suoi vassalli compirono una serie di incursioni su Novara, Vercelli e Como[25]. Segue un periodo di scarse informazioni storiche.

Enrico II, che nel frattempo si era dovuto occupare di Boleslao di Polonia, scese nuovamente in Italia nel 1013; l'anno successivo fu solennemente proclamato imperatore a Roma da papa Benedetto VIII e riuscì a domare le resistenze dei nobili romani suoi avversari (ed alleati di Arduino).

Tornato Enrico II in Germania, Arduino riprese le armi e si mosse alla conquista di Vercelli, Novara e Pavia, ma la forte opposizione del marchese Bonifacio di Toscana e dell'arcivescovo di Milano Arnolfo, unita ad una grave infermità sopraggiunta, lo costrinsero a deporre le insegne reali e a negoziare i possedimenti della contea di Pombia per i suoi eredi[27].


Ritiro e morte

Si ritirò nell'abbazia di Fruttuaria a San Benigno Canavese, costruita nei primi anni dell'XI secolo da Guglielmo da Volpiano, alla quale era molto legato avendone appoggiato l'edificazione con un diploma del gennaio 1005[1].

Il 14 dicembre 1015[1] Arduino morì nell'abbazia di Fruttuaria e fu tumulato nell'altare maggiore della chiesa abbaziale, ove per secoli fu venerato da monaci e pellegrini. Tietmaro riferisce che la sua morte avvenne il 30 ottobre del medesimo anno[28][29], ma la storiografia ha ritenuto più precisa la data del 14 dicembre, morte registrata dall'obituario dell'abbazia di Saint-Bénigne di Digione per volere dell'abate Guglielmo da Volpiano[30].

Matrimonio e figli

Dal matrimonio di Arduino d'Ivrea con Berta degli Obertenghi, probabilmente figlia di Oberto II[1], nacquero tre figli[1]:

  • Arduino II (detto anche Ardicino);
  • Ottone;
  • Guiberto.

La sua figura

La cultura e la storiografia romantica hanno reso popolare la figura di Arduino di Ivrea, vedendo in lui un esponente precoce della lotta per la liberazione dell'Italia dalle catene della dominazione straniera, attribuendo un significato simbolico alla sua nomina a re d'Italia. In realtà non c'era in lui nessuna coscienza nazionale.

Per contro, la Chiesa, memore delle sanguinarie scorribande di Arduino contro i vescovi di Ivrea e di Vercelli, aveva teso in passato a ridimensionarne la statura politica e militare, vedendo nelle sue gesta la mera brama di potere e la mancanza di rispetto per le prerogative ecclesiastiche. La figura di Arduino esce da tali opposte interpretazioni, quando la si inquadra nel contesto storico del X-XI secolo e delle acerrime lotte per il potere che coinvolsero l'intera struttura di potere ai tempi dell'impero romanico-germanico degli Ottoni. Risulta per altro verso che Arduino ebbe buoni rapporti con vescovi e abati della sua area d'influenza

Le vicende delle spoglie mortali di Arduino

 
Il Castello di Masino dove sono conservate le spoglie di Arduino

Sulle spoglie di re Arduino si è tramandata - veri o falsi che siano i particolari - la seguente storia (raccontata anche dallo scrittore Giuseppe Giacosa).

Verso la seconda metà del XVI secolo, il cardinale Ferrero, abate di Fruttuaria, considerava indegno il fatto che le ossa di Arduino, scomunicato in vita dal vescovo d'Ivrea, fossero conservate come preziose reliquie sotto l'altare maggiore dell'abbazia e venisse loro tributato un vero e proprio culto, come se fosse un santo. Decise dunque di violare il sepolcro e di seppellire in terra sconsacrata le ossa che si erano conservate. Ma un pio frate si incaricò di spiare l'abate, di segnare il luogo della sepoltura. Molti anni dopo il conte Filippo di Agliè, che vantava un'antica discendenza da re Arduino, fu messo al corrente del luogo della sepoltura; fece allora esumare nuovamente le nobili spoglie ordinando di trasportarle nel suo castello di Agliè ove rimasero sino al 1764. In quell'anno il castello passò ai Savoia, ai quali nulla importava delle spoglie di Arduino. Ma la sorte dispose che la marchesa Cristina di Saluzzo Miolans, moglie del marchese Giuseppe di San Martino, ex proprietario del castello, fosse anche amante riamata del conte Francesco Valperga di Masino.

Racconta il Giacosa che:

«...Al conte di Masino coceva il pensiero di quelle poche ceneri, già tolte alla sacra volta e ai canti della chiesa, già rapite alla ferace terra di Fruttuaria, mal guardate e cadute ora... a tale padrone, cui non le consacrava nessun vincolo di sangue, nessuna ragione né di nome né di memorie. Però le sue alte cariche non gli permettevano aperta dimostrazione, né la remotissima agnazione potevagli attribuire il diritto di rivendicare le spoglie mortali del grande antenato. Chiudeva nell'animo la pietosa ira, alla quale era conforto l'amore della marchesa e il sapernela partecipe. Ma la pietà femminile è industre e temeraria...»

Cristina, per amore di Francesco e per dispetto verso i Savoia, fece in modo di introdursi nel Castello Ducale di Agliè, trafugare la cassetta con i resti di Arduino e trasportarla al Castello di Masino, presso i suoi "legittimi" discendenti. Nella cappella di questo castello (ora di proprietà del F.A.I.) le spoglie mortali di re Arduino riposano finalmente in pace ancora oggi.

La storia si inserisce con evidenza nelle strategie di nobilitazione dinastica perseguite con frequenza nel passato e testimonia la grande popolarità di cui ha continuato a godere in Canavese la figura di re Arduino, sospesa tra storia e leggenda.

La figura di Arduino nel folclore del Canavese

La passione per le rievocazioni storiche medievali - che ha connotato la cultura romantica e che si è tramandata sino ai nostri giorni - si manifesta nel Canavese in numerose feste in costume. Tra esse vanno ricordate:

  • la Rievocazione Fructuariense che si celebra nel luogo in cui venne sepolto a San Benigno Canavese;
  • il Torneo di Maggio alla Corte di Re Arduino, istituito a Cuorgnè con il proposito esplicito di celebrare la leggenda di re Arduino;
  • la Rievocazione Storica di Sparone, con il preciso obiettivo di commemorare e ricostruire filologicamente le vicende arduiniche presso la Chiesa di Santa Croce (Sparone) e Rocca di Re Arduino.
  • la Ricostruzione storica di Rocca Canavese, incentrata sulla figura del conte Emerico, e dei suoi legami con Arduino.

Nel 2011 nasce il "Patto Arduinico", un progetto di ricostruzione storica promosso da Associazione Culturale Speculum Historiae di Torino, il Gruppo Storico La Motta di Sparone ed il Gruppo Storico Rievocando Fruttuaria di San Benigno Canavese al fine di rievocare ed approfondire le vicende della zona del Canavese nell'XI secolo, incentrata sulla storia di Arduino e altri personaggi come Guglielmo da Volpiano e Libania di Busano.

Una così ampia diffusione di manifestazioni folcloristiche (che coinvolgono amministrazioni locali, associazioni e gruppi in costume) va spiegata facendo riferimento a quella che è stata nel tempo la costruzione del mito di Re Arduino. La genesi del mito (dopo secoli di damnatio memoriae) è da collocarsi verso il XIV secolo quando i "Conti del Canavese" - vale a dire i conti di Valperga, di San Martino ed altri - rivendicarono, per ragioni di prestigio e di legittimazione dei loro domini, una discendenza da Arduino, ultimo signore della Marca d'Ivrea[31].

Consolidatosi nel Canavese il dominio dei Savoia, con la storiografia del XVII secolo, più attenta alla autorevolezza delle fonti, le ragioni per sviluppare il mito di Re Arduino sono quelle di "ricordare che principi italiani avevano dal Piemonte retto legittimamente gran parte dell'Italia settentrionale"[32]. Arduino diventa così l'indomito combattente che si oppose ed osò sfidare l'imperatore germanico.

È ovviamente con il Risorgimento che tale messaggio "patriottico" trova più vasto ascolto: le vicende di Arduino incoronato re d'Italia vengono esaltate al di là del loro reale significato storico. A tale esaltazione patriottica si connette la cultura romantica del XIX secolo (che trova un valido esponente in Canavese nella figura di Giuseppe Giacosa) che si compiace di un Medioevo leggendario fatto di castelli, armature e coraggiosi cavalieri.

Riferimenti

  1. ^ Per la quantità di potentes che appoggiarono Arduino per l'elevazione al trono italico (che, si ricorda, in quest'epoca la carica di sovrano ha un carattere d'ufficio e non dinastico/ereditario) si veda Giuseppe Sergi, Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, pp. 32-33, nota 24, ISBN 978-88-15-27837-1.
  2. ^ In realtà sembra che il vescovo non partecipò attivamente all'incoronazione: questo dato è una congettura dell'erudito pavese del XIX secolo Giuseppe Robolini, anche se questo assunto è ripreso come vero da Guido P. Majocchi, Pavia città regia. Storia e memoria di una capitale medievale, Roma, Viella, 2008, p.65. Per i dettagli, si veda Alfredo Lucioni, Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni, in Giuseppe Sergi (a cura di), Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, p. 54, nota 108, ISBN 978-88-15-27837-1.
  3. ^ Nel già citato diploma emesso pochi giorni l'incoronazione a favore dell'abbazia di San Salvatore di Pavia, retta dall'abate Andrea, confermò al monastero alcuni beni e diritti preesistenti, ma, in più, ridiede al monastero il controllo (o quantomeno il diritto) sull'abbazia di Pomposa, che era passata meno di un anno prima all'arcidiocesi di Ravenna a seguito di un'assemblea svoltasi il 4 aprile 1001 all'interno della basilica di Sant'Apollinare in Classe di Ravenna davanti a papa Silvestro II, in precedenza arcivescovo della suddetta diocesi, e di Ottone III. Per approfondire, si veda Alfredo Lucioni, Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni, in Giuseppe Sergi (a cura di), Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, pp. 63-64, ISBN 978-88-15-27837-1.
  4. ^ Milano, possibile area di origine o di esercizio della carica comitale del padre di Arduino, Dadone, era nell'area di influenza dei principali alleati di Arduino, gli Obertenghi. Da notare che Arduino donò un pallio alla Chiesa milanese e che gli atti privati redatti tra il 1002 e il 1004 a Milano e nell'area a nord di essa sono datati a partire dalla salita al trono di Arduino. Si veda Alfredo Lucioni, Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni, in Giuseppe Sergi (a cura di), Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, pp. 56-57, ISBN 978-88-15-27837-1.
  5. ^ Della stirpe comitale dei Seprio, distretto a nord di Milano, era un protetto di Adelaide. In una carta risulta che il vescovo accettò la conferma di alcuni beni da parte del messo Adelelmo detto Azzo, messo di Arduino, Difficilmente quindi fu avversario di Arduino. Si veda Alfredo Lucioni, Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni, in Giuseppe Sergi (a cura di), Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, pp. 57-58, ISBN 978-88-15-27837-1.
  6. ^ Della stirpe comitale dei de Besate, la posizione di Sigifredo è di difficile interpretazione: forse in un primo momento fu favorevole ad Arduino, ma la cosa non è certa. Si veda Alfredo Lucioni, Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni, in Giuseppe Sergi (a cura di), Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, pp. 58-59, ISBN 978-88-15-27837-1.
  7. ^ Brescia era un comitato nelle mani di Tedaldo di Canossa. Non è possibile chiarire se il vescovo di Brescia citato da Adalbondo e Tietmaro fosse l'anziano Adalberto o Landolfo da Arsago, fratello dell'arcivescovo di Milano. Il vescovo di Brescia, in una discussione con Arduino, avrebbe irritato il sovrano a tal punto che quest'ultimo lo afferrerò per i capelli e lo sbatté a terra, nonostante fosse un suo sostenitore. Si veda Alfredo Lucioni, Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni, in Giuseppe Sergi (a cura di), Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, pp. 59-60, ISBN 978-88-15-27837-1.
  8. ^ All'epoca era abate Rodolfo I, eletto lo stesso anno. Il 28 febbraio 1003, l'abbazia venne ceduta da Enrico II al già citato Sigifredo, vescovo di Parma, su richiesta del cugino e marchese Tedaldo di Canossa; non si sa se la cessione avvenne perché l'abbazia era filo arduinica o lo divenne dopo la cessione al vescovo parmense. Sembra inoltre che il monastero coltivò rapporti economici con Oberto II e il nipote Adalberto della stirpe rivale ai Canossa degli Obertenghi, senza contare il richiamo alla defunta imperatrice Adelaide in alcuni scritti. Per approfondire, si veda Alfredo Lucioni, Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni, in Giuseppe Sergi (a cura di), Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, pp. 68-69 con relative note, ISBN 978-88-15-27837-1.

Note

  1. ^ a b c d e f Girolamo Arnaldi, «ARDUINO, re d'Italìa», Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani
  2. ^ F. Panero, Il vescovo Leone e la Volpe rossa. Aspetti della politica italiana intorno all’anno Mille, in A Warm Mind-Shake. Scritti in onore di Paolo Bertinetti, Torino: Trauben, 2014, p. 462.
  3. ^ N. Gabiani, Asti nei principali suoi ricordi storici vol 1, 2,3., 1927-1934, vol. I, pag. 444.
  4. ^ Alfredo Lucioni, Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni, in Giuseppe Sergi (a cura di), Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, pp. 43-44, ISBN 978-88-15-27837-1.
  5. ^ Francesco Panero, Una signoria vescovile nel cuore dell'impero. Funzioni pubbliche, diritti signorili e proprietà della Chiesa di Vercelli dall'età tardocarolingia all'età sveva, Biblioteca della Società storica vercellese, Vercelli, Società Storica Vercellese, 2004, pp.51-52 e p. 69 nota 44.
  6. ^ Alfredo Lucioni, Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni, in Giuseppe Sergi (a cura di), Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, p. 42, ISBN 978-88-15-27837-1.
  7. ^ a b AA.VV., Arduino re d'Italia, Enciclopedia biografica universale Treccani, ed. 2006
  8. ^ Giuseppe Sergi, Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, p. 20, ISBN 978-88-15-27837-1.
  9. ^ Catalogi regum Italicorum Oscelenses, in MGH, Scriptores rerum Longobardicarum et Italicarum, a cura di G. Waitz, Hannoverae, Impensis Bibliopolii Hanhiani, 1878, p. 520, citato da Alfredo Lucioni, Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni, in Giuseppe Sergi (a cura di), Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, p. 55, ISBN 978-88-15-27837-1.
  10. ^ Giuseppe Sergi, Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, p. 20, ISBN 978-88-15-27837-1.
  11. ^ Giuseppe Sergi, Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, p. 33, nota 25, ISBN 978-88-15-27837-1.
  12. ^ Giuseppe Sergi, Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, p. 34, nota 26, ISBN 978-88-15-27837-1.
  13. ^ a b Alfredo Lucioni, Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni, in Giuseppe Sergi (a cura di), Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, pp. 52-54, ISBN 978-88-15-27837-1.
  14. ^ Germana Gandino, Orizzonti politici ed esperienze culturali dei vescovi di Vercelli tra i secoli IX e XI, in Ead., Contemplare l'ordine. Intellettuali e potenti dell'alto medioevo, Napoli, Liguori, 2004, p. 74.
  15. ^ Adalboldo, Vita Heinrici II imperatoris, a cura di G. Waitz, in MGH, Scriptores, Hannoverae, Impensis Bibliopolii Aulici Haniani, 1841, vol. 4, p. 687.
  16. ^ Alfredo Lucioni, Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni, in Giuseppe Sergi (a cura di), Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, p. 55, ISBN 978-88-15-27837-1.
  17. ^ Federico, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  18. ^ Alfredo Lucioni, Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni, in Giuseppe Sergi (a cura di), Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, p. 63, nota 143, ISBN 978-88-15-27837-1.
  19. ^ a b c d e f Alfredo Lucioni, Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni, in Giuseppe Sergi (a cura di), Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, pp. 69-72, ISBN 978-88-15-27837-1.
  20. ^ Alfredo Lucioni, Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni, in Giuseppe Sergi (a cura di), Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, p. 60, ISBN 978-88-15-27837-1.
  21. ^ a b c d e Alfredo Lucioni, Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni, in Giuseppe Sergi (a cura di), Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, pp. 61-63, ISBN 978-88-15-27837-1.
  22. ^ Alfredo Lucioni, Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni, in Giuseppe Sergi (a cura di), Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, pp. 64-65, ISBN 978-88-15-27837-1.
  23. ^ Ambrogio venne sostituito da un altro abate, per poi essere reintegrato nella carica nel 1022 quando ormai la situazione politica era ormai radicalmente mutata.
  24. ^ Alfredo Lucioni, Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni, in Giuseppe Sergi (a cura di), Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, pp. 63-69, ISBN 978-88-15-27837-1.
  25. ^ a b Notteriva, Alessandro Barbero Re Arduino Sans despartir 2015, 31 luglio 2018. URL consultato il 28 novembre 2018.
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  27. ^ Fascio V. Arduino d'Ivrea ed il regno italico Archiviato il 24 ottobre 2007 in Internet Archive..
  28. ^ Tietmaro, Libro VII, 24, in Cronaca di Tietmaro, collana Fonti tradotte per la storia dell'Alto Medioevo, traduzione di Matteo Taddei, Pisa University Press, p. 205, ISBN 978-8833390857.
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  30. ^ Alfredo Lucioni, Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni, in Giuseppe Sergi (a cura di), Arduino fra storia e mito, Bologna, il Mulino, p. 31, nota 19, ISBN 978-88-15-27837-1.
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Bibliografia

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  • AA.VV., Arduino mille anni dopo. Un re tra mito e storia, pubblicazione a cura dell'Associazione di Storia e Arte Canavesana, U. Allemandi & C., Torino, 2002
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