Massacri delle foibe
- errato numero di parametri
Con "massacri delle foibe" o, più comunemente, foibe si intendono gli eccidi di migliaia di cittadini italiani compiute per motivi etnici-politici alla fine (e durante) la seconda guerra mondiale[1] in Venezia Giulia e Dalmazia, per lo più compiuti dall'Armata Popolare di Liberazione della Jugoslavia.[2] In misura minore e con diverse motivazioni furono coinvolti nei massacri anche cittadini italiani di nazionalità slovena e croata, oltre che alcuni cittadini di nazionalità tedesca e ungherese residenti a Fiume.[3]
Il nome deriva dagli inghiottitoi di natura carsica dove furono rinvenuti i cadaveri di centinaia di vittime e che localmente sono chiamati "foibe". Per estensione i termini "foibe" e il neologismo "infoibare" sono in seguito diventati sinonimi degli eccidi, che furono in realtà perpetrati con diverse modalità.[4]
Cause remote (contesto storico)
Il massacro delle foibe va inserito nel periodo storico compreso fra il Congresso di Vienna e la seconda guerra mondiale, in cui il contesto internazionale fu dominato dalle politiche nazionaliste dei i singoli stati. Questi, da un lato rivendicavano i propri confini etnici e geografici, dall'altro reprimevano le rispettive minoranze, viste come una minaccia alla propria integrità territoriale. Furono molte le minoranze etniche a essere di conseguenza distrutte: una tragedia che coinvolse decine di milioni di europei, provocando milioni di vittime. Fra gli episodi più noti si ricordano il Genocidio Armeno, l'esodo greco dall'Asia minore (e dei Turchi dalla Grecia), l'esodo dei tedeschi dall'Europa orientale (1945)[5].
Gli opposti nazionalismi
italiano (veneto e istrioto)
Prima del XIX secolo, in Venezia Giulia e Dalmazia, avevano convissuto popolazioni di lingua romanza e slava, che non avevano fra di loro tensioni dovute ad ancor inesistenti concetti di nazionalità (viceversa le etnie erano notevolmente mischiate).[6] Vi era una differenza di carattere linguistico-culturale fra la società urbana e marittima (prevalentemente romanzo-italica) e quella rurale e montana (per lo più slava o slavizzata). Nell'entroterra montano erano presenti inoltre comunità morlacche di origine illiro-romana che si slavizzarono progressivamente. Le classi elevate (aristocrazia e borghesia) erano dovunque di lingua e cultura italiana, anche se di origine slava.
Fu solo con l'imporsi del concetto di stato nazionale, a seguito dell'epoca napoleonica, che istriani e dalmati (a partire dalle loro classi borghesi) cominciarono a identificarsi nelle moderne nazionalità: nel presente caso italiana, slovena, serba e croata. Ciascuna delle fazioni cominciò di conseguenza a lottare per riunire le "proprie terre" alle rispettive "madrepatrie".[7][8]
Si originò così quella contrapposizione etnica che fu la causa remota dei massacri delle foibe. È bene ricordare che simili tensioni sono caratteristiche delle zone ad etnia mista e ancor oggi possono sfociare in episodi violenti (come in Irlanda del Nord, nei Paesi Baschi o nell'ex-Iugoslavia).[9][7] Il sorgere dell'irredentismo italiano portò il governo asburgico a favorire il nascente nazionalismo croato contro le ben organizzate comunità cittadine italiane, da un lato, e contro l'espansionismo serbo dall'altro. Di conseguenza in Dalmazia si verificò una progressiva repressione dell'elemento italiano, la cui consistenza numerica crollò. Nella Venezia Giulia ci fu una sostanziale tenuta delle comunità italiane, pur all'interno di un quadro di forte contrapposizione.
Le tensioni fra le diverse nazionalità, pertanto, non furono provocate dall'arrivo del fascismo (come spesso viene affermato), anche se il fascismo contribuì sicuramente a far degenerare la situazione.
Le tesi del nazionalismo croato
Nell'ambito dei succitati conflitti nazionali nacque fra i croati l'idea che Istria, Fiume e Dalmazia fossero parte integrante del loro territorio nazionale fin dall'alto medioevo[12]. Non si riconosceva la presenza di comunità italiane autoctone né in Dalmazia, né a Fiume (e solo parzialmente in Istria). Tali comunità venivano considerate una realtà estranea (come i pieds noirs in Algeria e i russi nelle repubbliche baltiche e in Moldova), frutto di "invasioni straniere" che avevano italianizzato parte delle popolazione croata originaria. Gli italiani "veri" dovevano quindi essere espulsi, mentre i "croati italianizzati" dovevano essere riportati alla loro condizione originaria, anche prescindendo dalla loro volontà. Questa retorica nazionalista fornì una giustificazione morale agli avvenimenti.
Grande Guerra e annessione all'Italia
L'Italia accettò di entrare nella Grande Guerra a fianco della Triplice Intesa in base ai termini del Patto di Londra, che garantiva all'Italia il possesso dell'intera Istria, di Trieste e della Dalmazia settentrionale - incluse le isole. La città di Fiume, a maggioranza italiana e corpus separatum del Regno d'Ungheria, sarebbe stata attribuita alla Croazia, come eventuale Stato indipendente o come parte dello Stato asburgico nel caso in cui l'Impero Austroungarico non si fosse dissolto. In ogni caso, il trattato prevedeva la neutralizzazione di tutte le parti di costa dalmata e di Fiume che non fossero state attribuite all'Italia. Al termine delle guerra, con i trattati di Saint Germain e di Rapallo, l'Italia ottenne solo parte di ciò che le era stato promesso: le fu infatti negata la Dalmazia (dove ottenne solo la città di Zara e alcune isole). Rimase aperta la questione di Fiume) La città di Fiume era rivendicata dall'Italia sulla base dello stesso principio dell'autodeterminazione che aveva fatto assegnare al Regno iugoslavo le terre dalmate promesse all'Italia con il Patto di Londra. L'annessione all'Italia avvenne nel 1924.
I territori annessi includevano forti minoranze slovene e croate, i cui diritti fondamentali furono, pur con alcune limitazioni, rispettati dal Regno d'Italia. Si verificarono, tuttavia, scontri organizzati da nazionalisti e dal nascente fascismo, che proprio in Venezia Giulia condusse alcune delle sue azioni più violente (il cosiddetto "fascismo di frontiera"). Violenze del tutto analoghe avvennero contro gli italiani di Dalmazia rimasti sotto l'amministrazione iugoslava. L'episodio più noto di tali incidenti fu l'incendio del Narodni dom ("Casa nazionale slovena") di Trieste, compiuto da squadristi fascisti, come ritorsione all' omicidio di due militari italiani avvenuti a Spalato. L'incidente del Narodni Dom assunse successivamente un forte significato simbolico, in quanto fu presentato come l'inizio delle violenze a danno degli slavi della Venezia Giulia.
L'italianizzazione fascista
La situazione degli slavi si deteriorò con l'avvento al potere del fascismo, nel 1922. Fu gradualmente introdotta in tutta Italia una politica di assimilazione delle minoranze etniche e nazionali, che prevedeva l'italianizzazione di nomi e toponimi, la chiusura delle scuole slovene e croate e il divieto dell'uso della lingua straniera in pubblico. Simili politiche di assimilazione forzata erano all'epoca assai comuni, ed erano applicate, fra gli altri, anche da paesi democratici (come Francia[14][15] e Regno Unito). Da notare che furono adottate dalla stessa Jugoslavia, dove si verificarono anche episodi di repressione violenta.[16]
L'azione del governo fascista annullò l'autonomia culturale e linguistica di cui le popolazioni slave avevano ampiamente goduto durante la dominazione asburgica e esasperò i sentimenti di inimicizia nei confronti dell'Italia.
Le società segrete irredentiste slave, preesistenti allo scoppio della Grande Guerra, si fusero in gruppi più grandi, a carattere nazionalista e comunista, come la Borba e il TIGR, che si resero responsabili di numerosi attacchi a militari, civili e infrastrutture italiane. Alcuni elementi di queste società segrete furono catturati dalla polizia italiana e condannati a morte dal tribunale speciale per terrorismo dinamitardo.[17]
Anche la residua minoranza italiana in Dalmazia subì delle crescenti vessazioni, nonostante la Convenzione di Nettuno del 1925 ne avesse regolato la condizione.
L'invasione della Iugoslavia
Nell'aprile del 1941 l'Italia partecipò all'attacco dell'Asse contro la Iugoslavia, in seguito al colpo di stato che aveva spodestato il governo di Belgrado il 25 marzo 1941 instaurando una giunta filo-inglese e filo-sovietica. Col conseguente trattato di Roma l'Italia annesse una gran parte della Slovenia, la Dalmazia settentrionale e le Bocche di Cattaro.
In Slovenia fu costituita la provincia di Lubiana, dove si provò ad instaurare un'amministrazione rispettosa delle peculiarità locali. In Dalmazia fu invece instaurata una politica di italianizzazione forzata, spesso ottusa e maldestra.[18]
La situazione nei territori ex iugoslavi annessi, divenne incandescente dopo l'aggressione tedesca all'URSS il 22 giugno 1941, allorché le cellule comuniste "dormienti" in tutta Europa vennero scatenate da Stalin contro l'ex alleato dell'Asse. In tutta la Jugoslavia, allora, iniziò una feroce guerriglia - ben presto degenerata in guerra civile - che coinvolse le truppe italiane in un crescendo di violenze e atrocità reciproche. La repressione italiana fu dura e in molti casi furono commessi crimini di guerra. Furono, fra l'altro, istituiti campi di concentramento, fra i quali si ricordano quelli di Arbe e di Gonars.
Gli eccidi
1943: armistizio e prime esecuzioni
L'8 settembre 1943 con l'armistizio tra Italia e Alleati, si verifica il collasso del Regio Esercito. Il 9 settembre le truppe tedesche assunsero il controllo di Trieste e successivamente di Pola e di Fiume. I partigiani Iugoslavi occuparono buona parte della penisola istriana, mantenendo le proprie posizioni per circa un mese. In questo periodo (13 settembre 1943) si proclamò a Pisino l'"annessione" dell'Istria alla Jugoslavia. Il 29 settembre 1943 venne istituito il Comitato esecutivo provvisorio di liberazione dell'Istria. Improvvisati tribunali popolari, che rispondevano ai partigiani dei Comitati popolari di liberazione emisero centinaia di condanne a morte. Le vittime furono non solo rappresentanti del regime fascista e dello Stato italiano, oppositori politici, ma anche semplici personaggi in vista della comunità italiana e potenziali nemici del futuro Stato comunista jugoslavo che s'intendeva creare.[20] A Rovigno il Comitato rivoluzionario compilò una lista contenente i nomi dei fascisti, ma anche di persone estranee al partito ma rappresentanti lo stato italiano, i quali vennero arrestati e condotti a Pisino. In tale località furono condannati e giustiziati assieme ad altri fascisti italiani e croati. La maggioranza dei condannati fu scaraventata nelle foibe o nelle miniere di bauxite, alcuni mentre erano ancora in vita.[21]
Secondo le stime più attendibili, le vittime del periodo settembre-ottobre 1943 nella Venezia Giulia, si aggirano sulle 600-800 persone. Alcune delle uccisioni sono restate impresse nella memoria comune dei cittadini per la loro efferatezza: tra queste sono Norma Cossetto, don Angelo Tarticchio[22], le tre sorelle Radecchi (Fosca di 17 anni, Caterina di 19, Albina di 21 anni e in gravidanza). Norma Cossetto ha ricevuto il riconoscimento della medaglia d'oro al valor civile.
L'occupazione tedesca della Venezia Giulia
Per assumere il controllo della Venezia Giulia, della provincia di Lubiana e della Dalmazia i tedeschi lanciarono l'Operazione Nubifragio (Operazione Wolkenbruch). L'offensiva ebbe inizio nella notte del 2 ottobre 1943, sotto al comando del generale delle SS Paul Hausser. Furono impiegate due divisioni delle SS, tristemente famose: la SS-Division "Leibstandarte SS Adolf Hitler" e la 7ª SS-Gebirgsdivision "Prinz Eugen" (reduce dalla Dalmazia). Furono inoltre impiegate unità della 162ª divisione turkmena (162ª Turkmenische Infanterie-Division), la 24ª Panzer-Division e la 44ª Reichs-Grenadierdivision, la 71ª Infanterie-Division, oltre che ridotte unità fasciste repubblicane (da poco ricostituite). I nazifascisti penetrarono nell'Istria con tre colonne, precedute da forti bombardamenti aerei, raggiungendo in pochi giorni tutte le principali località, spesso accolti con sollievo dalla popolazione. I reparti partigiani furono annientati e costretti alla fuga verso l'interno. Nuclei della resistenza cercarono di rallentare i tedeschi con imboscate, colpi di mano e agguati. Questi reagirono colpendo la popolazione civile, anche di etnia italiana, con fucilazioni indiscriminate, violenze, incendi di villaggi e saccheggi. L'operazione Wolkenbruch si concluse il 9 ottobre con la conquista di Rovigno. Il sistematico rastrellamento dell'Istria andò avanti per tutto il mese di ottobre, furono colpiti con brutalità non solo il movimento partigiano, ma soprattutto civili innocenti, sia italiani che slavi. Le vittime furono circa 2.500.[23] Il territorio di Gorizia, fu teatro di un'accanita resistenza all'invasione nazista.
Le provincie di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana andarono a costituire la "Zona d'operazioni del Litorale adriatico", posto sotto il diretto controllo di Friedrich Rainer, Gauleiter della Carinzia che le amministrò come se fossero di fatto annesse al Terzo Reich, in previsione di una futura "Grande Austria" da costituirsi a guerra finita[24].
Dal 1943 al 1945 si susseguirno le repressioni nazifasciste che portarno la provincia di Gorizia ad essere la prima in Italia per numero di morti nei campi di sterminio nazisti, mentre quarta fu Fiume.[25]
L'armistizio in Dalmazia
Il 10 settembre, mentre Zara veniva presidiata dai tedeschi, a Spalato ed in altri centri dalmati entravano i partigiani. Vi rimasero sino al 26 settembre, sostenendo una battaglia difensiva per impedire la presa della città da parte dei tedeschi. Mentre si svolgevano quei 16 giorni di lotta, fra Spalato e Traù i partigiani soppressero 134 italiani, compresi agenti di pubblica sicurezza, carabinieri, guardie carcerarie ed alcuni civili.
La Dalmazia fu occupata militarmente dai tedeschi, mediante la famigerata 7ª SS-Gebirgsdivision "Prinz Eugen". La 77a divisione fanteria italiana Bergamo, di stanza a Spalato e precedentemente impegnata per anni proprio nella lotta antipartigiana, in quel frangente appoggiò in massima parte i partigiani e combatté in condizioni psicologiche e materiali difficilissime contro le truppe germaniche, fra le quali la sopra citata divisione Prinz Eugen, nonostante l'atteggiamento aggressivo e poco collaborativo dei partigiani titini, guidati dal dottor Ivo Ribor; dopo la capitolazione ordinata dal generale Becuzzi, comandante della Bergamo e della piazza di Spalato, molti ufficiali italiani furono uccisi in quello che è noto come il massacro di Trily[26]. La Dalmazia fu annessa allo Stato Indipendente di Croazia. Tuttavia Zara, restò - seppur sotto il controllo tedesco - sotto la sovranità della RSI, fino alla occupazione jugoslava dell'ottobre 1944.
I ritrovamenti dell'autunno 1943
Con l'espulsione dei partigiani divenne possibile eseguire varie ispezioni nella foibe, dove furono rinvenuti i resti di centinaia di persone. Il compito di ispezionare le foibe fu affidato al maresciallo dei Vigili del Fuoco Arnaldo Harzarich di Pola, che condusse l'indagini da ottobre a dicembre del 1943 in Istria.
La propaganda fascista diede ampio risalto a questi ritrovamenti, che suscitarono una forte impressione. Fu allora che il termine "foibe" cominciò ad essere associato agli eccidi, fino a diventare sinonimo degli eccidi, anche quando compiuti in maniera diversa. Paradossalmente, l'enfasi data ai ritrovamenti alimentò il mito del "barbaro slavo", contribuendo a creare il clima di terrore che favorì il successivo esodo.
Dalmazia 1944
Ulteriori eccidi si ebbero nel corso dell'occupazione delle città dalmate dove risiedevano comunità italiane.
Terribile fu la sorte di Zara, ridotta in rovine dai bombardamenti, che causarono la morte e la fuga della maggior parte dei suoi abitanti. La città fu infine occupata dagli Iugoslavi l'1 novembre 1944: si stima che il totale delle persone soppresse dai partigiani in pochi mesi sia di circa 180.[27]
Fra gli altri furono uccisi i fratelli Nicolò e Pietro Luxardo (industriali, produttori del celebre liquore maraschino): secondo alcune testimonianze Nicolò fu annegato in mare[28][29]. Quella dell'annegamento in mare legati a macigni è una pratica di cui sono state date varie testimonianze [30], tanto da divenire nell'immaginario popolare la "tipica" modalità di esecuzione delle vittime zaratine, similmente alle foibe in Venezia Giulia.
Gli eccidi a Trieste e in Istria
Nella primavera del 1945 la IV Armata jugoslava, puntò verso Fiume, l'Istria e Trieste. L'obiettivo era di occupare la Venezia Giulia prima dell'arrivo degli alleati e si trascurò allo scopo di occupare le due capitali (Zagabria e Lubiana), lasciandole in mano germanica. Il 20 aprile 1945 le formazioni partigiane raggiunsero i confini della Venezia Giulia. Tra il 30 aprile ed il 1° maggio le formazioni del IX Korpus sloveno occuparono l'Istria, Trieste e Gorizia.
Il nuovo regime si mosse in due direzioni. Le autorità militari avevano il mandato di ristabilire la legittimità della nuova situazione creatasi con operazioni militari di occupazione. L'OZNA, la polizia segreta jugoslava, invece, operava nella più totale autonomia. Il compito della stessa era quello di arrestare i componenti del CLN e delle altre organizzazioni antifasciste italiane nonché tutti coloro che avrebbero potuto opporsi alla futura annessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia, rivendicando l'appartenenza della stessa all'Italia.
A partire dal maggio del 1945, quindi, massacri si verificarono in tutta la Venezia Giulia (Trieste, Gorizia, Istria e Fiume). A Gorizia e Trieste (occupate dal 1° maggio), i massacri cessarono con l'arrivo degli alleati il 12 giugno: si riscontrò l'uccisione di diverse migliaia di persone, molte delle quali gettate vive nelle foibe.
I baratri venivano usati per l'occultamento di cadaveri con tre scopi: eliminare gli oppositori politici e i cittadini italiani che si opponevano (o avrebbero potuto opporsi) alle politiche del Partito Comunista Jugoslavo di Tito; dominare e terrorizzare la popolazione italiana delle zone contese ed in qualche caso vendicarsi di nemici personali, magari per ottenere un immediato beneficio patrimoniale.[31]
Gli scritti dell'allora sindaco di Trieste, Gianni Bartoli, nonché alcuni documenti inglesi riportano che molte migliaia di persone sono state gettate nelle foibe locali riferendosi alla sola città di Trieste e alle zone limitrofe, non includendo dunque il resto della Giulia, dell'Istria (dove si è registrata la maggioranza dei casi) e della Dalmazia. In possesso di queste informazioni il Governo De Gasperi nel maggio 1945 chiese ragione a Tito di 2.500 morti e 7.500 scomparsi nella Venezia Giulia. Tito confermò l'esistenza delle foibe come occultamento di cadaveri e i governi iugoslavi successivi mai smentirono.
Fra le vittime si ricordano i politici Licurgo Olivi del Partito Socialista Italiano e Augusto Sverzutti del Partito d'Azione, che non si sa ancora quando fu ucciso e se il suo cadavere fu infoibato.[32] Di nuovo si verificarono uccisioni efferate, come quella di Don Francesco Bonifacio, torturato e quindi assassinato (il suo corpo non è mai stato ritrovato); ritenuto martire "in odium fidei", dalla Chiesa, è stato beatificato nel 2008.
Gorizia e provincia
Con l'arrivo dei partigiani jugoslavi anche a Gorizia iniziarono le repressioni che toccarono l'apice fra il 2 e il 20 maggio. Migliaia furono gli arresti e gli scomparsi non solo tra gli italiani, ma anche tra gli sloveni che si opponevano al regime comunista di Tito
Le autorità slovene a marzo del 2006 hanno consegnato al sindaco di Gorizia un elenco di 1.048 deportati dalla provincia di Gorizia, dei quali circa 900 non hanno fatto più ritorno. Secondo il presidente dell'Unione degli Istriani, Massimiliano Lacota, questa lista sarebbe ancora grandemente incompleta.[33][34][35][36][37]
Tra gli sloveni uccisi vanno ricordati: Ivo Bric di Montespino (Dornberk), antifascista cattolico ucciso con la famiglia il 2 luglio 1943, Vera Lesten di Merna, poetessa e antifascista cattolica, uccisa nel novembre del 1943, la famiglia Brecelj di Aidussina (il padre Anton, le figlie Marica e Angela e il figlio Martin) uccisa nel luglio del 1944. Tra i sacerdoti uccisi (e spesso infoibati) dai comunisti vanno ricordati: don Alojzij Obit del Collio (scomparso nel gennaio 1944), don Lado Piščanc e don Ludvik Sluga di Circhina (uccisi con altri 13 parrocchiani sloveni nel febbraio del 1944), don Anton Pisk di Tolmino (scomparso e probabilmente infoibato nell'ottobre 1944), don Filip Terčelj di Aidussina, sequestrato dalla polizia segreta il 7 gennaio 1946 e successivamente scomparso, e don Izidor Zavadlav di Vertoiba, arrestato e fucilato il 15 settembre 1946.[senza fonte] Un caso a parte rappresenta la sorte di Andrej Uršič di Caporetto, giornalista antifascista e anticomunista sloveno, ex membro del TIGR e co-fondatore dell'Unione Democratica Slovena in Italia, sequestrato dalla polizia segreta jugoslava nel 31 agosto del 1947, sottoposto a sevizie, probabilmente ucciso nell'autunno del 1948, e il suo cadavere gettato in una delle foibe della Selva di Tarnova.
Fiume
Fiume fu occupata il 3 maggio dagli iugoslavi, che avviarono immediatemente un'intensa campagna di epurazione.
Particolarmente violenta fu la caccia ai superstiti del Partito Autonomista Fiumano, particolarmente forte in città, che era visto come un potenziale ostacolo all'annessione della città alla Jugoslavia. Il quotidiano comunista La Voce del Popolo scatenò in una violentissima campagna di denuncia contro gli autonomisti, che vennero accomunati ai fascisti. I partigiani uccisero nelle prime ore di occupazione della città i vecchi capi del partito, dei quali una buona parte fu schiettamente antifascista. Fra questi Mario Blasich (infermo da anni, venne strangolato nel suo letto), Giuseppe Sincich e Mario Skull.
Toccante fu la storia dell'ebreo Angelo Adam. Già deportato a Dachau e miracolosamente salvatosi, al ritorno in città venne eletto nei comitati sindacali aziendali, che fra i mesi di luglio e dicembre 1945 videro impegnate le intere maestranze cittadine, su impulso del Partito Comunista Croato. Inaspettatamente, queste elezioni videro il trionfo delle componenti autonomiste, che ottennero oltre il 70% dei seggi. In procinto di partire per Milano per incontrare i componenti del CLNAI, Angelo Adam venne arrestato, così come in immediata successione la moglie Ernesta Stefancich e il giorno dopo la figlia minorenne Zulema Adam, recatasi presso le autorità per chiedere informazioni sulla sorte dei genitori. Di nessuno dei tre si ebbero più notizie.
Tra i politici furono uccisi i senatori fiumani Icilio Bacci e Riccardo Gigante che non si erano macchiati di crimini. In anni recenti vicino alla località di Castua è stata individuata la fossa dove riposano i resti di Gigante, ma risulta difficile il loro recupero.
La persecuzione colpì anche gli esponenti dei CLN, secondo una linea ampiamente usata anche a Trieste e Gorizia. Numerosi furono nelle tre città gli arresti e le deportazioni di antifascisti, dei quali solo alcuni faranno ritorno dai campi di concentramento dopo lunghi periodi di detenzione. Ancora nel 1946 - assai dopo le esplosioni di "jacquerie" - risulteranno comminate condanne capitali contro reclusi accusati di aver fatto parte dei CLN.[38]
Il numero di italiani sicuramente uccisi dall'entrata nella città di Fiume delle truppe jugoslave (3 maggio 1945) fino al 31 dicembre 1947 è di 652, a cui va aggiunto un altro numero di vittime non esattamente identificabile per mancanza di riscontri certi.[39]
Cause occasionali
Il massacro delle foibe fu allo stesso tempo una conseguenza dei rancori sviluppatisi fra contrapposte nazionalità e uno strumento di repressione violenta operato da un regime antidemocratico.
Tale punto di vista è condiviso anche dalla "Commissione storico-culturale italo-slovena", istituita nel 1993. Nella relazione finale, edita nel 2000, si afferma infatti:
I massacri del 1943 e del 1945 ebbero una componente di insofferenza nei confronti del regime fascista e nei confronti dell’Italia in quanto tale. Quest'ultima aveva le sue radici nelle vecchie contrapposizioni nazionali, preesistenti all'italianizzazione fascista (che tuttavia le esacerbò). I rapporti degenerarono ulteriormente a causa dell'invasione della Jugoslavia.
Parte dei massacri avvennero quindi nel contesto di una "jacquerie", ossia di un'insurrezione spontanea dei ceti popolari jugoslavi, esasperati dalla guerra e dalla repressione e in cui molti colsero anche l'opportunità di portare avanti vendette personali o compiere rapine eliminando i testimoni. Questa jacquerie si rivolse non solo verso i rappresentanti del regime fascista, ma anche verso gli italiani in quanto tali.[41] Nell'immaginario popolare jugoslavo dell'epoca si tendeva, oltrettutto, a far coincidere i concetti di "italiano" e di "fascista"; uno stereotipo che ancor oggi è diffuso.[42]
Violenza di Stato
Le esecuzioni di massa contro le popolazioni italiane furono uno strumento di repressione politica ed etnica[43], organizzato in vista dell'annessione alla Jugoslavia di tutta la Venezia Giulia (incluso Trieste e il Goriziano[44]). Si intendevano inoltre eliminare gli oppositori (reali o presunti) del regime comunista, ed è in quest'ottica che furono eliminati anche cittadini di etnia slovena e croata.
In vista dell'annessione era comunque necessario reprimere le classi dirigenti italiane (compresi antifascisti e resistenti), per eliminare ogni forma di resistenza organizzata.
Questo aspetto era determinante a Gorizia e Trieste, la cui annessione non era certa. Tito, pertanto, fece il possibile per occupare Trieste e Gorizia prima di ogni altra forza alleata, per assicurarsi una posizione di forza nelle trattative. Neutralizzati i vertici italiani, tentò di far apparire che gli jugoslavi fossero la maggioranza assoluta. La composizione etnica sarebbe infatti stata un fattore decisivo nelle conferenze che sarebbero seguite nel dopoguerra e, per questo motivo, la riduzione della popolazione italiana sarebbe stata essenziale.[45]
Ruolo dei comunisti
Aspramente discusso è il ruolo che i comunisti ebbero nella vicenda, enfatizzato o minimizzato a seconda del contesto politico.[46]
Gli eccidi ebbero, infatti, anche lo scopo di eliminare i possibili oppositori del costituendo regime comunista iugoslavo[47] e furono uno dei tanti eccidi che caratterizzarono la sua ascesa al potere.[48] Fra questi è rimasto tristemente celebre il massacro di Bleiburg. Una repressione di tale entità fu probabilmente facilitata dalla presenza di un regime come quello di Tito, che presentava molte caratteristiche della dittatura. Repressioni simili furono caratteristiche dell'ascesa al potere di tutti i regimi comunisti del periodo, fatto che ha apportato taluni a considerare le foibe un "crimine del comunismo stalinista".
Il comportamento dei comunisti jugoslavi fu influenzato anche dal clima di estrema violenza che caratterizzò la guerra nel teatro jugoslavo, frammentato in molte fazioni etnico-politico-religiose, che condussero una guerriglia cruenta e crudele[49] (si pensi solo al comportamento degli ustascia croati).
Responsabilità del P.C.I.
Il P.C.I. non ebbe responsabilità dirette sul massacro; tuttavia acconsentì a lasciare la Venezia Giulia e il Friuli orientale sotto il controllo dei partigiani di Tito, avallando implicitamente l'espansionismo jugoslavo. Fu per questo motivo che ordinò ai propri combattenti partigiani nella regione di porsi sotto comando jugoslavo (fu in questo contesto che maturò il celebre eccidio di Porzûs).[51]
Terminato il conflitto molti militanti comunisti italiani collaborarono con i comunisti jugoslavi e molti si resero complici dei massacri. Va detto che le scelte dei comunisti italiani (spesso tacciati di "tradimento") furono coerenti al loro internazionalismo, secondo il quale l'affermarsi del comunismo era un valore superiore a quello di patria e di nazione. Coerenti a questo ideale giunsero anche ad auspicare la formazione di una settima repubblica federativa jugoslava, di carattere italiano, comprendente Trieste, Monfalcone e il Friuli orientale. Negli anni successivi furono tuttavia molti gli ex partigiani e i militanti a prendere la via dell'esodo, dopo aver sperimentato il volto nazionalista e repressivo del comunismo jugoslavo.[52][53]
Negli anni successivi il P.C.I. contribuì a dare una visione alterata degli avvenimenti, volta a minimizzare e a giustificare le azioni dei comunisti jugoslavi.[54] Di questo atteggiamento ne fecero le spese i profughi, ai quali fu ingiustamente cucita addosso l'odiosa nomea di "fascisti in fuga"[55] (vedi Treno della vergogna).
A tutt'oggi, come si dice avanti, persiste in taluni ambienti comunisti e post-comunisti un atteggiamento che tende a minimizzare e a giustificare gli eccidi.
Vittime
Nelle foibe sono stati gettati molti dei cadaveri delle persone, sia militari che civili, uccise dagli slavi. In alcuni casi, come è stato possibile documentare, furono precipitate nell'abisso persone non colpite o solo ferite [56].
Sebbene quest'ultima modalità di esecuzione fosse, come già detto, solo uno dei modi con cui vennero uccise le vittime dei partigiani di Tito[57], nella cultura popolare divenne il metodo di esecuzione per eccellenza ed un simbolo del massacro.
In realtà la maggior parte delle vittime, date per infoibate, sono stati inviate nei campi di concentramento jugoslavi dove molte furono uccise o morirono di stenti o malattia.
Tra i caduti figurano membri del Partito nazionale fascista, ufficiali e funzionari pubblici, parte dell’alta dirigenza italiana contraria sia al comunismo, sia al fascismo (tra cui compaiono numerosi capi di organizzazioni partigiane anti-fasciste[senza fonte]) sloveni e croati anti-comunisti, collaboratori e nazionalisti radicali e semplici cittadini.
Nel dopoguerra e dopo, non furono mai effettuate stime scientifiche del numero delle vittime, che venivano usualmente indicate in 15.000[58] (e talvolta fino a 30.000).[59]
Studi rigorosi sono stati effettuati solo a partire dagli anni '90. Una quantificazione precisa è impossibile, vi è infatti una generale mancanza di documenti, che spesso non furono nemmeno emanati dalle autorità jugoslave. Il governo jugoslavo(e successivamente quello croato) non ha inoltre mai accettato di partecipare a inchieste per determinare il numero di decessi.Gli studi effettuati valutano il numero delle vittime come compreso tra le 5.000 e le 11.000.[60][61]
La percezione del fenomeno foibe
L'oblio del dopoguerra
Anche di quella non dobbiamo tacere, assumendoci la responsabilità dell'aver negato, o teso a ignorare, la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e dell'averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali.»
La vicenda nel dopoguerra è stata a lungo trascurata per i convergenti interessi di governo e opposizione.[62]
Secondo lo storico Gianni Oliva il silenzio fu causato da tre motivi: prima di tutto vi fu un silenzio internazionale, provocato dalla rottura tra Tito e Stalin avvenuta nel 1948, che spinse tutto il blocco occidentale a stabilire rapporti meno tesi con la Jugoslavia, in funzione antisovietica (si era agli inizi della guerra fredda). Vi fu inoltre il silenzio del PCI che non aveva interesse a evidenziare le proprie contraddizioni sulla vicenda e le proprie subordinazioni alla volontà del comunismo internazionale . Vi fu infine un silenzio da parte dello Stato Italiano che voleva sorpassare tutto il capitolo della sconfitta nella seconda guerra mondiale.
Non si voleva inoltre riaprire il problema dei molti militari che commisero in Jugoslavia reati di guerra per i quali non furono mai perseguiti.
La memoria degli avvenimenti rimase per lo più ristretta nell'ambito degli esuli, di qualche intellettuale anticonformista e di commemorazioni locali. Solo una parte della destra ha sostenuto le ragioni delle vittime, sia pure strumentalizzandole in funzione anticomunista ed esagerando il loro numero.
Il riemergere della vicenda negli anni '90
Fu solo a partire dai primi anni '90, a seguito dei dibattiti provocati dal crollo del comunismo in Europa, che il tema delle foibe uscì dall'oblio e cominciò a essere discusso nei mass media. Anche su iniziativa degli ex comunisti[senza fonte], si è fatta luce su questi episodi, che hanno cominciato ad essere ufficialmente ricordati.
Dal 2005 la giornata del 10 febbraio è dedicata alla commemorazione dei morti e dei profughi italiani. La data del 10 febbraio ricorda il trattato di Parigi siglato nel 1947 che assegnò alla Jugoslavia il territorio occupato nel corso della guerra dall'armata di Tito.
In tale occasione fu trasmessa da Rai Uno la controversa "fiction" Il cuore nel pozzo prodotta dalla RAI e liberamente ispirata alle stragi delle foibe. La trasmissione ebbe un vasta audience[63] e suscitò numerose polemiche per l'approssimazione con cui veniva trattato il contesto storico della vicenda[64]
Il dibattito politico
Il tema delle foibe è soggetto a interpretazioni politiche che hanno avuto sull'opinione pubblica italiana un'influenza notevole, addirittura maggiore rispetto a quella della ricerca storica. Le opinioni del pubblico tendono di conseguenza ad uniformarsi su posizioni conformi alle proprie convinzioni politiche, ponendo una forte enfasi sul ruolo che comunismo e fascismo hanno avuto nella vicenda.
In ambienti di destra si afferma che le foibe siano state, semplicemente, un crimine del comunismo (spregiativamente chiamato "barbarie slavocomunista"), un genocidio di cittadini inermi che avevano la "sola colpa di essere italiani"[65], in preparazione alla successiva pulizia etnica. Il numero delle vittime viene esagerato.
In alcuni ambienti di sinistra è diffuso un atteggiamento "giustificazionista" e "riduzionista" [66] che contesta il numero delle vittime delle foibe correggendolo al ribasso e che sostiene che gli eccidi abbiano coinvolto essenzialmente esponenti fascisti, sia militari che civili, responsabili di repressioni e di crimini di guerra. La reazione alle brutalità fasciste sarebbe la causa principale (se non l'unica) che ha provocato la successiva "vendetta", che portò in un secondo momento alla pulizia etnica organizzata.[67] Forte scalpore hanno suscitato in particolare le teorie della giornalista triestina Claudia Cernigoi, che nega, di fatto, l'esistenza stessa degli eccidi. Gli opposti punti di vista non sono accettati dalla comunità degli storici; alla Cernigoi, in particolare, è stata rivolta l'esplicita accusa di negazionismo.[68]
La tesi sul primo utilizzo delle foibe
Secondo alcune fonti il primo utilizzo delle foibe sarebbe da attribuire al fascismo, che le avrebbe usate per eliminare i cadaveri di oppositori sloveni e croati.[71][72] Tale affermazioni sono basate su un discorso del gerarca fascista Giuseppe Cobolli Gigli, che proclamò: "La musa istriana ha chiamato Foiba[73] degno posto di sepoltura per chi nella provincia d’Istria minaccia le caratteristiche nazionali dell’Istria".[74][75]
Tale tesi è stata resa popolare dallo scrittore e giornalista Giacomo Scotti[76] che ha definito le foibe un'"invenzione fascista"[senza fonte]. L'ipotesi è stata successivamente ripresa dallo scrittore Predrag Matvejević e dall'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia.
Non vi è tuttavia nessun reale riscontro sul fatto che tale minaccia sia stata effettivamente attuata.
Difatti l'unica testimonianza è una lettera pubblicata sul quotidiano triestino Il Piccolo del 5 novembre 2001[77], che parla di massacri compiuti dai fascisti e dell'occultamento dei cadaveri in alcune foibe.
Le affermazioni della lettera non hanno, tuttavia, trovato conferma e suscitano, viceversa, forte scetticismo. Non appare, inoltre, chiaro l'eventuale nesso con i proclami di Cobolli, avvenuti ben 20 anni prima.
Lo storico Raoul Pupo non esclude a priori l'uso delle foibe da parte dei fascisti, ma non la ritiene validamente documentata, e osserva che il regime fascista non aveva alcun motivo per nascondere le proprie condanne a morte, e che, viceversa, fece di tutto pubblicizzare le esecuzioni promulgate dal Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.[78][79]
In ogni caso non appare esserci alcuna nesso diretto fra il possibile uso delle foibe da parte dei fascisti e il loro successivo uso da parte dei partigiani titini.
Più recentemente è stata presentata un'ipotesi simile, che attribuisce al comandante di polizia Gaetano Collotti l'utilizzo di foibe per eliminare i cadaveri di perseguitati politici.[80] L'autrice di tale ipotesi è la sopra citata Claudia Cernigoi.
Processi a criminali di guerra
I vari governi italiani succedutesi negli anni mai consegnarono i responsabili dei crimini nei Balcani, sia a causa della così detta "amnistia Togliatti"[81] intervenuta il 22 giugno 1946, sia perché il 18 settembre 1953 il governo Pella approvò l'indulto e l'amnistia proposta dal guardasigilli Antonio Azara per i tutti i reati politici commessi entro il 18 giugno 1948,[82] a cui si aggiunse quella del 4 giugno 1966.[83] All'epoca soltanto la città di Belgrado (parte dell'allora Jugoslavia) chiese di imputare oltre 700 presunti criminali[84] e i generali Mario Roatta e Mario Robotti, nonostante gli accordi internazionali prevedessero la loro estradizione.[85]
Nel 1992 è stato istituito un procedimento giudiziario in Italia contro alcuni dei responsabili dei massacri ancora in vita.[86] Tali inchieste furono giustificate dal fatto che all'epoca la Venezia Giulia era ancora ufficialmente sotto sovranità italiana; inoltre i crimini di guerra non sono soggetti a prescrizione. Partite dalla denuncia di Nidia Cernecca[87], figlia di un infoibato, videro come principali imputati i croati Oscar Piskulic e Ivan Motika. L'inchiesta fu istituita dal pubblico ministero Giuseppe Pittitto. Nel 1997 diversi parlamentari sollecitarono il governo affinché avanzasse richiesta di estradizione per alcuni degli imputati.[88] Il procedimento si è concluso con un nulla di fatto: nel 2004 fu infatti negata la competenza territoriale dei magistrati italiani.
Anche in questa occasione fiorirono le polemiche: fra le altre cose Pittitto fu accusato di volere imbastire un "processo alla resistenza".
Il punto di vista sloveno e croato
La Slovenia ha ufficialmente adottato la relazione di una commissione congiunta italo-slovena che descrive i rapporti italo-sloveni dal 1880 al 1956. Le autorità italiane, pur avendo sostenuto l'operato della commissione, non hanno adottato la relazione, ritenendo inopportuno conferire ad essa uno status di ufficialità che non è compatibile con il principio della libera ricerca[senza fonte].
Il Governo italiano nel 2007, rispondendo ad una interrogazione parlamentare del deputato Cardano, ha precisato che, godendo già la relazione della Commissione bilaterale dello Status di ufficialità, ed essendo passati ormai ben 7 anni dalla sua prima pubblicazione sulla stampa e dal riconoscimento ufficiale del Governo sloveno, non ritiene di pubblicarla perché gode già dello Status di ufficialità.[89]
In Croazia sono diffuse opinioni di carattere riduzionista e si ritiene che i massacri siano stati solo una limitata reazione alle angherie del regime fascista, tanto nel '43 quanto nel '45.
Elenco di foibe
In questo elenco sono segnalate foibe e cave nelle quali son stati trovati resti umani o che secondo le testimonianze conterrebbero dei resti umani, dei quali solo una minima parte è stata recuperata[90].
- Foiba di Basovizza (Trieste) monumento nazionale (testimonianze di centinaia di infoibamenti)
- Foiba di Monrupino (Trieste) monumento nazionale (testimonianze di centinaia di infoibamenti)
- Foiba di Barbana
- Foiba di Beca
- Foiba Bertarelli (Pinguente)
- Foiba di Brestovizza
- Foiba di Campagna (Trieste) (assieme alle foibe di Opicina e Corgnale, circa duecento infoibati, i cui corpi non sono stati recuperati)
- Foibe di Capodistria (una commissione slovena fece ispezionare le ottantun cavità con entrata verticale che circondano la città: in diciannove di esse sono stati trovati resti umani. Recuperati cinquantacinque corpi, secondo le testimonianze nella zona furono eliminati centoventi italiani e sloveni di San Dorligo della Valle)
- Foiba di Casserova (vicino a Fiume: tedeschi, sloveni e italiani gettati dentro. Estremamente difficile il recupero)
- Foibe di Castelnuovo d'Istria
- Foiba di Cernizza (due salme recuperate nel 1943)
- Foiba di Cernovizza (Pisino) (testimonianze di circa cento uccisioni)
- Foiba di Cocevie
- Foiba di Corgnale (assieme alle foibe di Campagna e Opicina, circa duecento infoibati, i cui corpi non sono stati recuperati)
- Foiba di Cregli (otto corpi recuperati nel 1943)
- Foiba di Drenchia (presenza di cadaveri della divisione partigiana Osoppo, secondo Diego De Castro)
- Cava di Bauxite di Gallignana (ventitré corpi recuperati nel mese di ottobre del 1943)
- Foiba di Gargaro o Podgomila (Gorizia) (circa ottanta morti, secondo le testimonianze)
- Foiba di Gimino
- Foiba di Gropada (trentaquattro persone eliminate con colpo alla nuca il 12 maggio 1945. Corpi non recuperati)
- Foiba di Iadruichi
- Foiba di Jurani
- Cava di bauxite di Lindaro
- Foiba di Obrovo (Fiume)
- Foiba di Odolina
- Foiba di Opicina (assieme alle foibe di Campagna e Corgnale, circa duecento infoibati, i cui corpi non sono stati recuperati)
- Foiba di Orle (un numero imprecisato di corpi recuperati nel 1946)
- Foiba di Podubbo (cinque corpi individuati e non recuperati)
- Foiba di Pucicchi (undici corpi recuperati nel 1943)
- Foiba di Raspo
- Foiba di Rozzo
- Foiba di San Lorenzo di Basovizza
- Foiba di San Salvaro
- Foiba di Scadaicina
- Abisso di Semez (individuati i resti di ottanta/cento persone. Corpi non recuperati)
- Foiba di Semi (Istria)
- Abisso di Semich (un centinaio di corpi individuati ma non recuperati)
- Foiba di Sepec (Rozzo)
- Foiba di Sesana (un numero imprecisato di corpi recuperati nel 1946)
- Foiba di Surani (ventisei corpi recuperati nel 1943)
- Foiba di Terli (ventiquattro corpi recuperati nel 1943)
- Foiba di Treghelizza (due corpi recuperati nel 1943)
- Foiba di Vescovado (sei corpi recuperati)
- Foiba di Vifia Orizi (testimonianze di circa duecento persone eliminate)
- Foiba di Vines (cinquantaquattro corpi recuperati nel mese di ottobre 1943)
- Foiba di Zavni (Foresta di Tarnova) (secondo le testimonianze, vi sono stati gettati i corpi dei Carabinieri di Gorizia, oltre che di centinaia di sloveni oppositori di Tito)
Note
- ^ Gianni Oliva, Foibe. Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell'Istria, Mondadori, Milano, 2003, ISBN 88-0448978-2, pag. 4
- ^ Gli eccidi compiuti nel 1943 ebbero infatti diversi responsabili.
- ^ Questi si desumono dall'elenco nominativo parziale delle vittime identificate in appendice a Gaetano La Perna, Pola-Istria-Fiume 1943-1945, Mursia
- ^ Raoul Pupo Le foibe giuliane 1943-45; "L'impegno"; a.XVI; n. 1; aprile 1996, su storia900bivc.it, Consultato il 13 gennaio 2009. «È noto infatti che la maggior parte delle vittime non finì i suoi giorni sul fondo delle cavità carsiche, ma incontrò la morte lungo la strada verso la deportazione, ovvero nelle carceri o nei campi di concentramento jugoslavi.»
- ^ "German exodus from Eastern Europe", articolo della Wikipedia in Inglese.
- ^ "L'Adriatico orientale e la sterile ricerca delle nazionalità delle persone" di Kristijan Knez; La Voce del Popolo (quotidiano di Fiume) del 2/10/2002
- ^ a b Monzali Luciano Italiani di Dalmazia. Dal Risorgimento alla grande guerra; Editore Le Lettere; 2004
- ^ Storia dell'Istria (Arcipelago Adriatico)
- ^ La scomparsa degli italiani in Dalmazia
- ^ Cartoline storiche di Istria, Fiume e Dalmazia
- ^ Particolari del martirio della Dalmazia, 1919
- ^ [1]
- ^ Storia d'Italia nel periodo fascista Di Luigi Salvatorelli, Giovanni Mira; Pubblicato da G. Einaudi, 1956
- ^ Francesizzazione dei toponimi dei comuni del Nizzardo
- ^ Il regime linguistico e la tutela delle minoranze in Francia
- ^ Sito sui tedeschi del Gottschee, dove si parla delle repressioni subite dalla locale minoranza tedesca.
- ^ Si trattava di Vladimiro Gortan, Luigi Valencic, Francesco Marusic, Zvonimiro Milos e Ferdinando Bidovec, giustiziati nel settembre 1930
- ^ Fin dall'alba dell'indipendenza, le forze ustascia del neonato Stato Libero di Croazia scatenarono una pulizia etnica atroce nei confronti dei serbi di Craina e Dalmazia e di Slavonia, parte dei quali emigrarono nella Dalmazia italiana e si posero sotto la protezione del Regio Esercito, cfr. Le Operazioni delle unità italiane in Iugoslavia 1941-1943, USSME
- ^ Crimini di guerra. Immagini.
- ^ Cfr. G. La Perna, Pola-Istria-Fiume 1943-1945, Mursia
- ^ M. Cattaruzza, L'Italia e il confine orientale, Il Mulino, 2007, p. 244
- ^ [2] Giuseppe Dicuonzo, Nato in Un rifugio, Editrice Uni Service, 2008, ISBN 9788861782396..
- ^ "Gli avvenimenti alla frontiera nord-orientale: l'Alpenvorland e l'Adriatisches Küstenland (1943-45)" di Luciano Luciani, Rivista della Guardia di Finanza, Febbraio 2004.
- ^ Pier Arrigo Carnier, Lo sterminio mancato. La dominazione nazista nel Veneto orientale, 1943-1945, Mursia, 1982
- ^ I dati si riferiscono all'insieme dei detenuti politici ed ebrei. Brunello Mantelli e Nicola Tranfaglia, Il libro dei deportati, vol 1, tomo 3, p. 2533. ISBN 9788842542285
- ^ Vita e morte del soldato italiano nella guerra senza fortuna - Ed. Ferni Ginevra 1971 Vol. XII
- ^ Sul tema, ed in particolare sulla morte di Niccolò e Pietro Luxardo, si veda N. Luxardo De Franchi, Dietro gli scogli di Zara, Gorizia, Libreria Editrice Goriziana, 1999 ISBN 8886928246
- ^ http://xoomer.alice.it/histria/storiaecultura/testiedocumenti/articoligiornali/luxardo.htm
- ^ http://www.alleanzanazionalelodi.it/an2005/dettagli.asp?id=&obj=49&eventid=4424
- ^ "Zara un sestiere veneziano". Tratto dal libro "L'esodo dei 350 mila giuliani, fiumani e dalmati" di Padre Flaminio Rocchi
- ^ Le ragioni della vendetta etnica, relazione di Lucio Toth, presidente dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia
- ^ Articolo de Il Piccolo
- ^ La Repubblica, 09 MARZO 2006 Quei 1048 nomi riemersi dalle foibe di Paolo Rumiz
- ^ I 1.048 deportati da Gorizia Articoli vari
- ^ http://leganazionale.splinder.com/post/7490430/L%E2%80%99Unione+degli+Istriani+inte
- ^ [3]
- ^ [4]
- ^ Raoul Pupo Le foibe giuliane 1943-45; "L'impegno"; a.XVI; n. 1; aprile 1996, su storia900bivc.it, Consultato il 5 marzo 2009.
- ^ Società di Studi Fiumani-Roma, Hrvatski Institut za Povijest-Zagreb Le vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni (1939-1947)[5], Ministero per i beni e le attività culturali - Direzione Generale per gli Archivi, Roma 2002. ISBN 88-7125-239-X.
Nello studio per ogni vittima individuata nominativamente, sono stati indicati tutti i dati personali conosciuti (nome, cognome, data di nascita, ultimo indirizzo conosciuto ecc.), la data e la causa di morte. Lo studio è ritenuto non esaustivo dagli stessi autori che affermano che lo stesso è da considerarsi "una buona base di partenza per quanti in futuro vorranno cimentarsi in questa difficile problematica", dato che "nessuna ricerca storica di carattere complesso come questa ha mai dato finora una risposta chiara e definitiva" (p. 149). Le tabelle riassuntive sono alla pag. 206. - ^ Presidenza della Repubblica, Intervento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione della celebrazione del "Giorno del ricorso" Quirinale, 10 febbraio 2007[6]
- ^ http://www.controstoria.it/foibe.htm Cadono nella rete della ghepeù slava, come ora la chiamano, centinaia di cittadini del gruppo etnico italiano: gerarchi locali, podestà, segretari, ma anche messi comunali, guardie civiche, levatrici, ufficiali di posta, insegnanti, bidelli, proprietari terrieri, impiegati, sorveglianti, carabinieri e guardie forestali. Nella maggioranza dei casi, se a costoro possono essere mosse delle accuse queste derivano dall'appartenenza a una classe sociale che definiremmo borghese o di avere nutrito idee politiche diverse da quelle degli occupanti. Da notare che, in epoca fascista l'ottenimento di un posto di lavoro di qualunque livello nel pubblico impiego implicava l'iscrizione al PNF, almeno formalmente ed indipendentemente dal loro pensiero, i dipendenti pubblici potevano tutti essere classificati come "fascisti". Su tutti comunque pesava la grave colpa di essere italiani. (da "L'esodo - La tragedia negata degli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia", pag. 57-58)
- ^ "La nostra è la cronaca di una storia negata annunciata: l’identificazione tout court con il nemico secondo la tragica equazione italiano uguale fascista...".[7] Dal discorso del presidente della Giunta esecutiva dell'Unione Italiana Maurizio Tremul, alla presentazione del manuale “Istria nel tempo. Storia regionale dell’Istria con riferimenti alla città di Fiume”, Collana degli Atti N° 26 del CRS di Rovigno.
- ^ Relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena; Periodo 1941 - 1945, su kozina.com, consultato il 11 gennaio 2009. «Influì anche negativamente l'eco degli eccidi di italiani dell'autunno del 1943 (le cosiddette "foibe istriane") nei territori istriani ove era attivo il movimento di liberazione croato, eccidi perpetrati non solo per motivi etnici e sociali, ma anche per colpire in primo luogo la locale classe dirigente, e che spinsero gran parte degli italiani della regione a temere per la loro sopravvivenza nazionale e per la loro stessa incolumità.»
- ^ Le rivendicazioni di Tito, tuttavia, includevano anche la maggior parte del Friuli, volendo portare il confine al Tagliamento.
- ^ Paolo Sardos Albertini (2002-05-08). "Terrore" comunista e le foibe - Il Piccolo
- ^ Arrigo Petacco "L'esodo. La tragedia negata degli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia"; Editore Mondadori, Milano, 1999, ISBN 9788804458975
- ^ Vedere il sopra citato "Rapporto della commissione mista italo slovena"; paragrafo 11.
- ^ Raoul Pupo; "Le stragi del secondo dopoguerra nei territori amministrati dall'esercito partigiano jugoslavo"
- ^ Raoul Pupo "Le stragi del secondo dopoguerra nei territori amministrati dall'esercito partigiano jugoslavo" (PDF), su italia-liberazione.it, consultato il 11 gennaio 2009. «Quella combattuta sui campi di battaglia della Jugoslavia non è stata soltanto una guerra di liberazione, ma anche una terribile guerra civile, in cui – dalle prime stragi ustaša del 1941 in poi – determinazione e orrore hanno sostituito la pietà. Per i prigionieri slavi quindi non c’è scampo: quelli caduti nelle mani dei partigiani vengono fucilati, ma anche quelli che sono riusciti a consegnarsi agli alleati, non per questo hanno trovato la salvezza.»
- ^ Lega Nazionale. Rassegna di articoli apparsi sulla stampa nazionale nell'immediato dopoguerra
- ^ Pier Paolo Pasolini sull'Eccidio di Porzûs
- ^ Guido Rumici, Fratelli d'Istria. 1945-2000: italiani divisi, Mursia, 2001.
- ^ Arrigo Petacco; "L'esodo. La tragedia negata degli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia"; Mondadori, Milano, 1999
- ^ Dossier Foibe ed Esodo, curato da Silvia Ferretto Clementi, Consigliere Regionale della Lombardia.
- ^ Documento video sul "Treno della Vergogna"
- ^ Cosa vuol dire "infoibare", su foibadibasovizza.it, consultato il 11 gennaio 2009. «In taluni casi le vittime furono allineate in fila lungo l'orlo della foiba, legati l'un con l'altro con filo di ferro: dopo essere stato ucciso con un colpo alla nuca il capofila precipitava trascinando il resto del gruppo.»
- ^ Gaetano La Perna, Pola-Istria-Fiume 1943-1945, Mursia, nonché La via dell'Esilio, supplemento a Storia illustrata n° 10, 1997
- ^ Giampaolo Pansa, Il sangue dei vinti: quello che accadde in Italia dopo il 25 aprile. sedicesima edizione. p.371, Sperling & Kupfer, 2003, ISBN 9788820035662.
- ^ Il dato corretto fu poi raccolto grazie al Centro Studi Adriatici fissandole a 10.137. Vedi anche Giuseppe Dicuonzo, Nato in rifugio p. 56, UNI Service, 2008, ISBN 9788861782396.
- ^ Lo storico Mario Pacor afferma che nelle foibe istriane finirono dopo l'armistizio 400-500 persone, nonché 4.000 italiani furono deportati, dei quali molti furono uccisi dopo procedimenti sommari quindi forse infoibati successivamente. Questi dati fanno riferimento ai documenti dei vigili del fuoco di Pola. La Commissione storica italo-slovena, instaurata dai ministeri degli esteri dei due rispettivi paesi e composta sia da storici sloveni che italiani, ha esaminato i rapporti tra i due Paesi tra il 1880 e il 1956. Il rapporto non approfondisce l'argomento delle foibe, ma indica il numero delle sole esecuzioni sommarie in "centinaia". Questo rapporto non tratta però delle foibe in territorio croato. Lo storico Raoul Pupo indica in circa 5.000 il numero dei morti. Lo storico Guido Rumici stima invece il numero delle vittime in minimo 6.000, cifra che salirebbe però ad oltre 11.000 se si considerano anche tutti coloro che sono scomparsi nei campi di concentramento jugoslavi.
- ^ Guido Rumici, Infoibati (1943-1945). I Nomi, I Luoghi, I Testimoni, I Documenti, Mursia, 2002, ISBN 9788842529996..
- ^ Articolo su un sito dell'A.N.P.I.
- ^ Fiction foibe, record d'ascolti La Repubblica, 8 febbraio 2005
- ^ La tragedia delle foibe diventa piccola Corriere della Sera, 6 febbraio 2005.
- ^ Articolo dal Corriere della sera
- ^ Fabio Andriola La Casta e la Storia, in Storia in rete n° 30 dell'aprile 2008 e www.lefoibe.it
- ^ Articolo di Nuova Alabarda su "Il cuore nel Pozzo
- ^ da Nuova alabarda
- ^ http://www.travel-tourist.com/pazin_it.htm
- ^ Claudia Cernigoi, Operazione foibe a Trieste: come si crea una mistificazione storica : dalla propaganda nazifascista attraverso la guerra fredda fino al neoirredentismo pp 123-124, Kappa vu, 1997.
- ^ Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, Caduti, dispersi e vittime civili dei comuni della regione Friuli Venezia-Giulia nella seconda guerra mondiale, Udine, 1991
- ^ Claudia Cernigoi Operazione "Foibe" tra storia e mito, Kappa Vu, Udine, 2005
- ^ Da osservare che Cobolli Gigli, usando la maiuscola per "Foiba", intende riferisi unicamente all'abisso noto come "Foiba di Pisino" e non alle "foibe" in generale, infatti parafrasava la canzone che cantava "La Foiba xè a Pisin" come da Sergio Fumich, Il Pozzo E Le Parole p 148, Ambrosiana, 2007, ISBN 9781847992222.
- ^ Articolo di Predrag Matvejevic dal quotidiano croato Novi List, che riporta la citazione
- ^ Articolo di Federico Vincenti tratto dalla rivista dell'Associazione Nazionale Patrigiani d'Italia, nel quale si parla di Cobolli Gigli / Kombol
- ^ Articolo di Giacomo Scotti, Il Manifesto di venerdì 4 febbraio 2005
- ^ ANPI-Pianoro L’orrore delle foibe e la verità negata.
- ^ Articolo di Raoul Pupo
- ^ [8] Articolo sul processo a Vladimir Gortan, celebratosi a Pola nel 1929
- ^ Fisicamente.net - 16-02-2005 L’ISPETTORATO SPECIALE DI PUBBLICA SICUREZZA;Le foibe tra mito e realtà. Intervista ad Alessandra Kersevan.
- ^ Tale amnistia promulgata con il D.P.R. 22 giugno 1946, n. 4, il cui testo è disponibile sul sito della Corte Suprema di Cassazione all'indirizzo: http://www.italgiure.giustizia.it/nir/lexs/1946/lexs_139245.html, comprendeva i reati comuni e politici, compresi quelli di collaborazionismo con il nemico e reati annessi ivi compreso il concorso in omicidio, pene allora punibili fino ad un massimo di cinque anni. I reati commessi al Sud dopo l'8 settembre 1943 e l'inizio dell'occupazione militare alleata al Centro e al Nord.[9] [10]
- ^ D.P.R 19 dicembre 1953, n. 922, testo disponibile sul sito della Corte Suprema di Cassazione all'indirizzo: http://www.italgiure.giustizia.it/nir/1953/lexs_33552.html
- ^ D.P.R. 4 giugno 1966, n. 332, testo disponibile dal sito della Corte Suprema di Cassazione all'indirizzo: http://www.italgiure.giustizia.it/nir/1966/lexs_39092.html
- ^ A tal proposito sono stati scritti libri di denuncia, come "Italiani senza onore. I crimini in Jugoslavia e i processi negati (1941-1951)" a cura di C. Di Sante.
- ^ Art. 45 del Trattato di pace fra l'Italia e le Potenze Alleate ed Associate - Parigi, 10 febbraio 1947
- ^ Il processo agli infoibatori
- ^ http://www.nidiacernecca.it/ Nidia Cernecca: sito ufficiale.
- ^ Interrogazione parlamentare e Atto depositato in senato
- ^ Camera dei Deputati, Atti Parlamentari, Seduta del' 8/2/2007 (PDF), su camera.it, consultato il 17 gennaio 2009. «Il Deputato Cardano presenta una interrogazione al Ministro degli affari esteri, al Ministro della pubblica istruzione, al Ministro dell'università, chiedendo nell'interrogazione scritta "... se i Ministri interrogati non ritengano di dover adoperarsi affinché la suddetta relazione italo-slovena e tutti i materiali preparatori della stessa vengano resi pubblici e, per questa via, diffusi nel mondo della cultura e della scuola". Nella risposta scritta il rappresentante del Governo italiano afferma che non si riteneva necessaria una sua pubblicazione ufficiale in quanto il "testo" di tale Relazione è già stato "riconosciuto" dai membri della Commissione congiunta che lo hanno elaborato e inoltre già pubblicato ufficialmente dalla parte slovena nell'agosto 2001. Il rappresentante del Governo italiano, nella risposta scritta, specifica testualmente che "...Tenuto quindi conto anche del lungo tempo trascorso, non appare opportuna una nuova pubblicazione ufficiale della relazione, mentre potrebbe essere utile una sua diffusione nel mondo della cultura e della scuola". Ossia, per le autorità italiane, non si ritiene di dover procedere a una sua "ulteriore" pubblicazione in quanto il testo è già noto ed è già garantita la sua "veridicità". Inoltre se ne consiglia la sua diffusione nel mondo della cultura e della scuola.»
- ^ Documento riassuntivo dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia - ANVGD
Bibliografia
Nota alla bibliografia
S'indicano di seguito dei testi utili per approfondire l'argomento. Si tenga presente che questo argomento è molto discusso e spesso soggetto a condizionamenti politici quindi non tutti i testi seguono un metodo storico canonico o, se lo fanno, comunque hanno come obiettivo la dimostrazione di una tesi. Molti autori non nascondono di essere schierati per una fazione politica piuttosto che per un'altra quindi la neutralità dell'analisi appare fortemente condizionata.
In molti testi, notano alcuni, spesso si discute di argomenti storici secondari come i soli numeri dell'eccidio o delle foibe, mentre si tralasciano argomenti più importanti come le cause e le conseguenze.
Per questo motivo si consiglia un approccio critico a ogni tipo di testo quindi s'invita a operare un confronto prima di giungere a conclusioni personali. Vengono qui indicati, infatti, testi rappresentativi di tutte le visioni e di tutti i punti di vista.
Saggi storici
- Claudia Cernigoi, Operazione Foibe - Tra storia e mito, Edizioni Kappa Vu, Udine, 2005
- Mafalda Codan, Diario di Mafalda Codan in : Mario Dassovich, Sopravvissuti alle deportazioni in Jugoslavia, Istituto Regionale per la Cultura Istriana – Unione degli Istriani - Bruno Fachin Editore – Trieste 1997 ISBN 8885289541
- Paolo De Franceschi Foibe, prefazione di Umberto Nani, Centro Studi Adriatici, Udine 1949
- Federico Goglio: "Foibe : inferno a nord-est", Editore Baranzate di Bollate Cidal, 2001
- Jožko Kragelj, Pobitim v spomin: žrtve komunističnega nasilja na Goriškem 1943-1948, Goriška Mohorjeva, Gorizia 2005
- Giancarlo Marinaldi, La morte è nelle foibe, Cappelli, Bologna 1949
- Adamo Mastrangelo, Foibe, ciò che non si dice, Calendario del Popolo, Luglio 2008, Nicola Teti Editore
- Gianni Oliva, Foibe. Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell'Istria, Mondadori, Milano 2003, ISBN 88-0448978-2
- Luigi Papo, L'Istria e le sue foibe, Settimo sigillo, Roma, 1999
- Luigi Papo, L'ultima bandiera. Storia del reggimento Istria, L'Arena di Pola, Gorizia 1986
- Eno Pascoli, Foibe: cinquant'anni di silenzio. La frontiera orientale, Aretusa, Gorizia 1993
- Arrigo Petacco, L'esodo. La tragedia negata degli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia, Mondadori, Milano 1999
- Raoul Pupo, Il lungo esodo. Istria: le persecuzioni, le foibe, l'esilio, Rizzoli, Milano 2005
- Franco Razzi, Lager e foibe in Slovenia, E.VI, Vicenza 1992
- Guido Rumici, Infoibati. I nomi, i luoghi, i testimoni, i documenti, Mursia, Milano 2002
- Giorgio Rustia, Contro operazione foibe a Trieste a cura dell'Associazione famiglie e congiunti dei deportati italiani in Jugoslavia e infoibati, 2000
- Fulvio Salimbeni, Le foibe, un problema storico, Unione degli istriani, Trieste 1998
- Giacomo Scotti, Dossier Foibe, Manni, San Cesario (Le), 2005
- Frediano Sessi, Foibe rosse. Vita di Norma Cossetto uccisa in Istria nel '43, Marsilio, Venezia 2007.
- Giovanna Solari, Il dramma delle foibe, 1943-1945: studi, interpretazioni e tendenze, Stella, Trieste 2002
- Roberto Spazzali, Foibe: un dibattito ancora aperto. Tesi politica e storiografica giuliana tra scontro e confronto, Lega Nazionale, Trieste 1990
- Roberto Spazzali-Raoul Pupo, Foibe, Bruno Mondadori, Milano 2003
- Roberto Spazzali, Tragedia delle foibe: contributo alla verità, Grafica goriziana, Gorizia 1993
- Giampaolo Valdevit (cur.), Foibe, il peso del passato. Venezia Giulia 1943-1945, Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli-Venezia Giulia, Trieste 1997
- Frank Perme e altri, Slovenia, 1941, 1948, 1952: Anche noi siamo morti per la patria, Milano 2000.
Romanzi
- Carlo Sgorlon, La foiba grande, Arnoldo Mondadori, Milano 1992
Voci correlate
- Domobranci
- Eccidio di Porzus
- Esodo istriano
- Fiume (Croazia)
- Giorno del ricordo
- Istria
- Il cuore nel pozzo
- Massacro di Bleiburg
- Pregiudizio contro gli italiani
- Crimini di guerra italiani
- Pulizia etnica
- Storia della Dalmazia
- Storia di Trieste
Personalità legate alle foibe
Collegamenti esterni
- Iperstoria, 8 Settembre 2006 Foibe e Wikipedia, di Jordan Faes (Un articolo sul presente articolo)
- Foibe e Wikipedia, omissis e guerra editoriale Corriere della Sera, 2 febbraio 2006 (Foibe e Wikipedia)
- Le foibe giuliane 1943 - 1945 - Saggio dello storico Raoul Pupo sul tema delle foibe
- Raoul Pupo, Roberto Spezzali Foibe, ed. Bruno Mondadori.
- Sito Le Foibe - Sito ricco di materiale con approfondimenti su temi dibattuti.
- Foibe a cura della Lega Nazionale di Trieste - Sito di denuncia
- Relazione della "commissione storico-culturale italo-slovena" richiesta dai rispettivi ministeri degli esteri
- La verità sulle foibe - Ricostruzione a cura di un periodico on line della storia dell'Istria e delle Foibe 1918-1945.
- Operazione Foibe a Trieste - Relazione di Claudia Cernigoi. Teorie controverse, di ottica riduzionista. L'autrice è stata accusata di negazionismo.
- Storia delle foibe - La strage dimenticata Puntata della trasmissione La Storia Siamo Noi - RAI Educational
- Foibe, condividere la memoria per cancellarla di Adamo Mastrangelo su Resistenze.org (articolo riduzionista)
- Agenzia di stampa ZENIT del 12 febbraio 2006: "Cinquanta sacerdoti tra le vittime delle foibe"
- AestOvest - Luoghi e memorie
- Comitato per la Foresta dei Giusti - Gariwo
Video:
- Campane a morto in Istria - Recupero di corpi dalla foiba di Gropada (filmato storico)
- Lo storico triestino Elio Apih sulle foibe
- Lo storico Roberto Spazzali commenta sul numero degl'infoibati