Cielo d'Alcamo
Cielo d'Alcamo fu un poeta nato nella prima metà del XIII secolo, uno dei più significativi rappresentanti della poesia popolare giullaresca.
Egli scrisse un contrasto in dialetto meridionale dal titolo Rosa fresca aulentissima, che è un vero esempio di mimo giullaresco, destinato alla rappresentazione scenica.
Non si sa chi fosse esattamente questo poeta. Anche il nome è incerto, per alcuni fu Ciullo (diminutivo di Vincenzullo, per altri Cheli (diminutivo di Michele, nome molto diffuso in Sicilia), da cui sarebbe poi derivato Celi e in seguito, in Toscana, Cielo. Incerto anche il secondo nome, d'Alcamo (da Alcamo cittadina Siciliana), Dal Camo, Dalcamo.
Dall'analisi del testo si può dedurre in base agli elementi linguistici, che l'autore fosse siciliano e non sprovvisto di cultura.
La data invece della composizione, cade tra il 1231 e il 1250, nel periodo che va dalla promulgazione delle Costituzioni Melfitane e l'anno di morte di Federico II. Questa data si ricava dai riferimenti fatti nei versi 21-25 di Rosa fresca aulentissima:
- "Se i tuoi parenti trova[n]mi, e che mi pozzon fare?
- Una difensa mèt[t]oci di dumili' agostari;
- non mi toc[c]ara pàdreto per quanto avere ha 'n Bari.
- Viva lo 'mperadore, graz[i'] a Deo!
- intendi, bella, quel che ti dico eo?"
Uno dei riferimenti a cui si allude riguarda la parola "agostari" che era una multa altissima perché gli agostari, o augustali erano delle monete d'oro coniate nel 1231 che valevano un fiorino e un quarto.
Secondo una legge contenuta nelle Costituzioni Melfitane, emanate da Federico II nel 1231 si poteva fermare l'aggressore pronunciando il nome dell'imperatore e indicando la multa che l'aggressore avrebbe dovuto pagare se avesse fatto uso della violenza. Questo accenno è molto importante ai fini della datazione del contrasto.
Il contenuto del componimento è quello tipico nella rimeria giullaresca: si tratta di un dialogo tra una ragazza del popolo e un giullare sfacciato che le offre con enfasi il suo amore, a tratti con parole svenevoli, a tratti con parole da trivio. La ragazza dapprima rifiuta motteggiando e infine finisce con il capitolare.
Si tratta evidentemente di un mimo giullaresco, secondo alcuni anche recitato e accompagnato dalla musica, dove la rappresentazione dei caratteri è arguta e pur essendo comica non è caricaturale.
Il contrasto è nell'insieme la riproduzione d'uno schema frequente nella letteratura popolare fatta da uno scrittore non incolto e dotato di notevoli qualità artistiche.