Simone Boccanegra

doge della Repubblica di Genova
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Simone Boccanegra (Genova, 1301Genova, 14 marzo 1363) è stato il primo e il quarto doge della Repubblica di Genova.

Simone Boccanegra

Doge della Repubblica di Genova
Durata mandato23 dicembre 1339 –
23 dicembre 1345
Predecessorecarica inesistente
SuccessoreGiovanni da Murta

Durata mandato15 novembre 1356 –
3 marzo 1363
PredecessoreBernabò e Galeazzo II Visconti
SuccessoreGabriele Adorno

Dati generali
Partito politicoghibellini

È considerato uno dei padri della città di Genova al tempo della Repubblica marinara.

I Boccanegra

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Stemma nobiliare dei Boccanegra

I Boccanegra erano di nobiltà recente: il primo di loro ad emergere fu Guglielmo Boccanegra, nominato Capitano del popolo (dal 1257 al 1262) e che fece erigere, nel 1260, il palazzo San Giorgio, sede della massima autorità Comunale.
Da fuoruscito in Francia, ad Aigues-Mortes progettò le mura di quella città per il re di Francia Luigi IX.

Simone Boccanegra ha avuto a Genova un ruolo analogo, se non ancora più ampio di questo suo antenato.

Biografia

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Nato nel 1301[1], Simone era figlio di Iacopo di Lanfranco e di Ginevra Saraceni, figlia di Egidio[2] Signore di Rezenasco in Toscana.
Era fratello di Egidio, di Bartolomeo e di Niccolò.

Dedicandosi all'attività familiare della mercatura non si era dedicato all'attività politica prima del 1339 quando è stato il primo doge della Repubblica, a furor di popolo acclamato a vita (23 dicembre 1339).
Il titolo della Repubblica di Genova a quel tempo era, in realtà, più propriamente detto - in lingua genovese - Duxe (Duce).

Gli anni precedenti la sua elezione erano caratterizzati da grande instabilità politica e sociale per le lotte interne e delle guerre esterne. Dopo il lungo prevalere dei guelfi e di Roberto d'Angiò, nel 1335 i ghibellini avevano riconquistato il potere eleggendo due Capitani del popolo. Questi però, per resistere all'opposizione dei nobili guelfi e alla pressione dei Catalani sul mare, assunsero i pieni poteri perdendo l'appoggio popolare.

Con la nomina di Boccanegra ebbe inizio l'età dei dogi perpetui e della cosiddetta "egemonia popolare" che avrebbe contraddistinto il governo nella Repubblica di Genova.

 
Grosso di Simone Boccanegra

Genova era in un momento difficile per via delle finanze esauste[3], i commerci ostacolati dalle scorrerie saracene e i territori della Repubblica in mano ai ribelli.
Ma Boccanegra diede subito prova di grande fermezza. Assunse il comando delle forze militari e delle fortezze e riuscì subito a sottomettere i feudatari ribelli e a recuperare i possedimenti genovesi sulle due Riviere e nell'Oltregiogo.
La sua tendenza ad accentrare il potere nelle proprie mani, distribuendo gli incarichi più importanti tra i suoi congiunti, gli alienò presto molte simpatie anche tra i popolari e provocò già nel 1339 le prime congiure, che tuttavia riuscì a dominare facilmente.

Consolidato il potere dogale, si preoccupò di allestire una flotta per far fronte alle continue scorrerie dei nobili che si erano dati alla pirateria e ostacolavano i commerci[4].
Per questa impresa cercò l'aiuto dell'antica rivale di Genova, la Pisa, con la quale il 24 giugno 1341 prolungò la pace già esistente per altri venticinque anni.

Anche la sua politica nei confronti degli altri Stati fu improntata a mantenere buoni rapporti.
Con il papato tenne un atteggiamento di deferenza e subito dopo la sua elezione a doge ne informò con una solenne ambasceria Benedetto XII ad Avignone e accettò anche la richiesta di Clemente VI unire navi genovesi a una crociata contro i Turchi.
Al re di Castiglia Alfonso XI, in guerra con il sultano del Marocco Abū l-Ḥasan, nel 1341 inviò venti galee al comando del fratello Egidio il quale, nominato ammiraglio della flotta castigliana, inflisse nel marzo 1342 una severa sconfitta a quella marocchina che assediava Algeciras.

Ma l'altro suo merito è stato il tentativo di rafforzare la stabilità e la potenza delle colonie genovesi in Oriente[5].
Con un'abile azione diplomatica stipulò un favorevole accordo con Anna di Savoia, vedova dell'imperatore d'Oriente Andronico III e reggente per il figlio Giovanni V.
Nel 1342 unì le forze genovesi a quelle veneziane per combattere i Tartari di Gianibek, imperatore del Kipčak, che già nel 1342 avevano assalito i commercianti genovesi e veneziani di Tana, e nel 1344 avevano posto assedio a Caffa, principale colonia genovese sul Mar Nero. Con l'aiuto dei Veneziani, i Genovesi costrinsero i Tartari a ritirarsi e il Boccanegra poté così ricevere in Genova un inviato dell'imperatore Gianibek venuto a chiedere la pace[6].

Ultimo brillante episodio della sua politica coloniale è la partecipazione di Genova alla lega del 1344 con Venezia e con Clemente VI, contro Omarbeg, emiro di Aydin, al quale i crociati, al comando del genovese Martino Zaccaria, poterono sottrarre Smirne.

Contrastato dai nobili che continuavano ad ostacolarlo e perduto anche l'appoggio del popolo che gli rimproverava il governo assoluto e lo sperpero di denaro pubblico[7], e nel 1344, ricordate al popolo le proprie benemerenze, rinunciò volontariamente al dogato riparando a Pisa[8].

A Pisa rimase per vari anni. È probabile che egli abbia continuato a interessarsi alle vicende politiche della sua città natale, ma solo nel 1353, quando Genova, bloccata per mare dai Veneziani e dagli Aragonesi e per terra dai fuorusciti aiutati da Giovanni Visconti, si affidò al dominio dell'arcivescovo milanese, Boccanegra uscì dal suo riserbo.
Nel 1356 i successori dell'arcivescovo Giovanni, conoscendo il malcontento genovese nei loro riguardi, inviarono a Genova il Boccanegra, in quel momento tenuto in ostaggio a Milano, nell'estremo tentativo di riconquistarsi il favore della città.

Appena rientrato in Genova Boccanegra si unì ai popolari e contribuì ad incoraggiare la rivolta contro il dominio visconteo. Il presidio milanese, fu cacciato dalla città il 14 novembre e il giorno seguente Simone fu acclamato doge per la seconda volta.
Il suo secondo dogato fu caratterizzato come il primo da una politica antinobiliare[9].

Dovette ridurre all'obbedienza le principali città della Riviera occidentale che, rimaste fedeli ai Visconti, non riconoscevano il nuovo governo instaurato in Genova.
Contro i Visconti alla fine del 1356, si alleò con Giovanni II Paleologo, marchese del Monferrato. Ma con loro, l'8 giugno 1358, sottoscrisse un trattato di pace per volere di Carlo IV[10].

Altro suo merito è stata la penetrazione genovese in Corsica, sostituendosi ai Pisani ed agli Aragonesi. Nel 1358 infatti i Corsi, dopo aver organizzato una ribellione antifeudale, chiesero aiuti contro i nobili al doge genovrese. Boccanegra inviò il proprio fratello Giovanni come governatore dell'isola; agli isolani fu permesso di organizzarsi in un governo di tipo comunale, pur rimanendo l'isola sotto la sovranità genovese[11].

Nel 1360 si schierò nuovamente a fianco del Papa contro i Visconti. Nel 1362 affida al genero Luchinetto Visconti e al fratello Bartolomeo il comando delle forze genovesi inviate nell'Oltregiogo, dove si dovevano unire alla compagnia di ventura dell'inglese Alberto Sterz assoldata dagli avversari dei Visconti, per tentare la conquista di Milano.

La sua politica fu intesa ad evitare divergenze con Venezia, rivale commerciale di Genova in Oriente, e cercò anzi di legare le due potenze in una lega antiturca[12].

 
Monumento sepolcrale di Simone Boccanegra
Genova, Museo di Sant'Agostino

Per le forti spese ancora una volta dovette ricorrere a prestiti forzosi, inasprendo i rapporti con il popolo, mentre la noboiltà non desisteva dal contrastarlo con ogni mezzo. Nel 1362 scoprì ben due congiure ai suoi danni.

Simone Boccanegra morì nel 1363. Forse fu avvelenato[13] per mano di sicari delle famiglie Adorno e Fregoso che da quel momento acuirono la loro lotta per contendersi il controllo del dogato.[14]

Venne sepolto nella chiesa di San Francesco di Castelletto.[15]

Simone fu il padre di Egidio Boccanegra, sposato a Richetta Riccio, e il nonno di Ambrogio Boccanegra. Fu padre anche di Maddalena sposata a Luchinetto Visconti, figlio di Luchino e di Isabella Fieschi.

La casa di Simone era in via della Maddalena, nella piazzetta che ancora oggi porta il suo nome.

Simone Boccanegra nelle arti

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I ritratti noti di Simone Boccanegra sono postumi, molto posteriori e inevitabilmente idealizzati. L'unico ritratto affidabile e ben caratterizzato nei tratti somatici è quello della sua scultura tombale, oggi conservata nel Museo di Sant'Agostino a Genova.

 
Affresco di palazzo San Giorgio, Genova
XVII secolo
 
G.Verdi
Simon Boccanegra
1857-1881

Un'immagine di Simone Boccanegra è raffigurata sul prospetto principale di Palazzo San Giorgio a Genova in un ciclo di affreschi (1606-1608) opera di Lazzaro Tavarone.
Secondo taluni il dipinto potrebbe riferirsi invece a un altro Boccanegra, Guglielmo Boccanegra, Capitano del Popolo e committente del palazzo stesso, ma una lettera "S" davanti al nome Boccanegra rinvenuta fra gli appunti di Lodovico Pogliaghi, restauratore del prospetto del palazzo, fa supporre che l'affresco si riferisca proprio al primo doge genovese.

Simon Boccanegra è un'opera di Giuseppe Verdi, musicata[16] su libretto di Francesco Maria Piave, tratto dalla tragedia Simón Bocanegra di Antonio García Gutiérrez.

  1. ^ La sua data di nascita non è del tutto certa.
  2. ^ Egidio Recenasco, (Genova 1280 ca, Spagna 1350)
  3. ^ Le gabelle quasi tutte ipotecate in favore dei creditori.
  4. ^ Soprattutto era importante il libero commmercio con la Provenza da dove arrivava il frumento per Genova, vittima di una grande carestia nel 1340.
  5. ^ Nel 1341 stabilì di emettere un prestito forzoso per sostenere le spese necessarie alla difesa delle colonie in Crimea gravemente minacciate dai Turchi.
  6. ^ A conclusione di questa vicenda fece raccogliere in un unico corpo, conosciuto con il nome di Liber Gazariae, tutte le leggi per la tutela del commercio e della navigazione nel Mar Nero.
  7. ^ Gli furono rimproverate le forti spese effettuate per pagare i mercenari assoldati allo scopo di reprimere i frequenti attacchi dei fuorusciti, ma soprattutto per far fronte alle spese della corte fastosa della quale si circondava. Si era visto costretto ad imporre tasse sempre più gravose, colpendo soprattutto i Comuni e le località che gli si erano mostrati ostili. Oltre a uno stipendio annuo superiore a 5.000 lire di genovini, percepiva altre somme per la manutenzione dei due palazzi a sua disposizione, per le spese di rappresentanza, per il mantenimento dei suoi falconi da caccia, di un leopardo e di altri animali, cosicché le spese per il doge rappresentavano una voce assai alta nel bilancio della Repubblica.
  8. ^ Vari motivi spinsero il doge a scegliere Pisa come suo rifugio: l'origine toscana della madre, le buone relazioni da lui tenute con la città e soprattutto la presenza del fratello Niccolò come capitano del popolo in quel Comune.
  9. ^ I nobili infatti furono esclusi, ora, non solo dalle cariche pubbliche, ma anche dal comando delle navi commerciali e da guerra.
  10. ^ Da Carlo IV, in cambio dell'appoggio dato alla politica italiana dell'imperatore, fu anche nominato vicario imperiale e ammiraglio dell'Impero.
  11. ^ Per appianare i contrasti insorti con Pietro IV d'Aragona a causa dell'occupazione genovese della Corsica, il doge si rimise all'arbitrato del marchese del Monferrato, il quale, nel marzo del 1360, dopo circa un anno di trattative, pose termine alla vertenza tra Genova e l'Aragona.
  12. ^ La morte gli impedì di portare a termine il suo progetto di una lega contro il pericolo turco, che peraltro aveva trovato sostegno sia nel Papa che nell'Imperatore d'Oriente.
  13. ^ Il Boccanegra morì improvvisamente il 14 marzo 1363 dopo aver partecipato, il giorno precedente, ad un banchetto in onore del re di Cipro, Pietro di Lusignano, in casa del genovese Pietro Marocello. Appare così comprensibile l'ipotesi, avanzata dai contemporanei, che fosse stato avvelenato.
  14. ^ Biografia di Simone Boccanegra sul sito dell'Enciclopedia Treccani
  15. ^ Monumento sepolcrale di Simone Boccanegra (1363), su Museidigenova.it. URL consultato il 9 giugno 2016 (archiviato dall'url originale il 4 agosto 2016).
  16. ^ Simon Boccanegra, su SempreVerdi. URL consultato il 25 novembre 2021.

Bibliografia

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  • Sergio Buonadonna, Mario Mercenaro, Rosso doge. I dogi della Repubblica di Genova dal 1339 al 1797, Genova, De Ferrari Editori, 2007.

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