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Dal XIII al XIX secolo, Pisa vede operare un gran numero di maestri vasai, capaci di realizzare diversi tipi di ceramica applicando più tecniche di produzione.
La '''maiolica arcaica''' prodotta a '''Pisa''' tra il [[XIII secolo|XIII]] e la metà circa del [[XVI secolo]], è un tipo di [[ceramica]] coperta sulla superficie principale da smalto stannifero e variamente decorata con motivi in bruno e in verde. La decorazione viene anche detta a “ramina (verde) e manganese (bruno)”. I manufatti possono essere decorati anche in solo bruno, oppure essere rivestiti dallo smalto bianco o verde lasciato privo di ulteriori arricchimenti cromatici (in questo caso il pezzo viene detto monocromo). La superficie secondaria è, invece, coperta con una vetrina piombifera incolore, giallastra oppure verde.
 
Prima dell'avvento della maiolica arcaica, l'unica produzione di ceramica era quella di vasellame privo di qualsiasi tipo di copertura e decoro dipinto (per questo talvolta detto anche “acromo”), destinato alla cottura degli alimenti (da fuoco), o alla loro conservazione nelle dispense e alla portata da mensa<ref>Per studi più recenti si rimanda a {{cita|Alberti - Giorgio 2018}}, ma queste ceramiche sono già citate anche in pubblicazioni più lontane: {{cita|Berti - Tongiorgi 1977a}}; {{cita|Busi 1984}}.</ref>.
== Ipotesi sulle origini della maiolica arcaica di Pisa ==
Uno dei problemi principali nella storia degli studi è stato capire anzitutto da dove arrivarono le conoscenze per l'impiego della smaltatura stannifera a Pisa associata alla vetrina piombifera<ref>Per studi al riguardo si rimanda a: {{cita|Berti - Tongiorgi 1977a|p. 5}}; {{cita|Gelichi 1987}}; {{cita|Berti 1993a}}; {{cita|Berti - Gelichi 1995b}}; {{cita|Berti - Gelichi 1995c}}; {{cita|Berti - Gelichi - Mannoni 1995}}.</ref><ref name=BR_276>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 276}}.</ref>. Per delineare un quadro esaustivo, gli studiosi si sono basati sullo studio dei “bacini ceramici”, importati da vari centri del Mediterraneo e posti sulle murature esterne delle chiese pisane<ref>Vedi {{cita|Berti - Tongiorgi 1981a}} per un catalogo di bacini ceramici delle chiese pisane e {{cita|Berti - Giorgio 2011}} per uno studio più recente degli stessi.</ref>. Un "bacino ceramico"<ref>http://www.treccani.it/enciclopedia/bacini_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/</ref> è quel recipiente ceramico aperto, che, pensato e creato per uno scopo completamente diverso, ad esempio come servizio da mensa, è stato usato a Pisa, ma anche in altri centri toscani e di altre regioni, come abbellimento architettonico sulle pareti esterne degli edifici, in modo particolare quelli religiosi. Tali ceramiche nel primo periodo di importazione dovevano costituire uno status symbol in quanto di grande pregio sia artistico che economico e con ogni probabilità appartenevano a personaggi abbienti della Pisa medievale. Tra il XII e il XIII secolo diventarono appannaggio anche dei ceti sociali medi, come dimostrano alcuni scavi urbani degli ultimi 25 anni<ref name=BR_276/><ref>Per un catalogo sui reperti da scavo vedi {{cita|Berti 1993b}} e {{cita|Berti 1993c}}. I risultati degli scavi più recenti sono esposti in: {{cita|Giorgio 2011a}}; {{cita|Giorgio - Trombetta 2011}}.</ref>.
 
I vasai pisani, dai primi decenni del XIII secolo fino alla seconda metà del XVI secolo, venuti a contatto con ceramiche di importazione prodotte in diversi centri del bacino mediterraneo e, probabilmente, con l’aiuto di maestranze provenienti dall’area islamica, cominciano a realizzare e commerciare un nuovo tipo di ceramica rivestita, poi definita dagli studiosi “maiolica arcaica”<ref>Informazioni al riguardo si possono trovare in {{cita|Berti - Tongiorgi 1977a}}; {{cita|Berti - Tongiorgi 1981a}}; {{cita|Berti - Gabrielli - Parenti 1993}}; {{cita|Gelichi - Berti - Nepoti 1996}}; {{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997}}; {{cita|Berti - Giorgio 2011}}; {{cita|Giorgio 2013}}; {{cita|Giorgio 2018a}}.</ref>.
Secondo le ricerche più accreditate, l’avvio delle produzioni smaltate pisane nel XIII secolo fu reso possibile dalla trasmissione di un ingente bagaglio di conoscenze sino a quel momento sconosciute a Pisa. Si pensi che prima dell’avvento della maiolica arcaica l’unica produzione locale di vasellame era quella di recipienti in terracotta privi di copertura vetrosa e di decori colorati (detti perciò anche “acromi”)<ref>Per dettagli sulla ceramica "acroma" vedi {{cita|Busi 1984}} e {{cita|ALberti - Giorgio 2018}} per uno studio più recente.</ref>. Questo nuovo tipo di ceramica rivestita comparve agli inizi del Duecento già nelle sue forme definitive e con tecnica di realizzazione dei rivestimenti perfetta. Viene dunque scartata l’ipotesi che si tratti del frutto di un’esperienza maturata direttamente in città per mezzo di sperimentazioni successive.
 
Parallelamente all'ultima maiolica arcaica (metà XV-XVI secolo) e fino almeno alla metà del XIX secolo, i maestri vasai hanno prodotto anche ceramiche rivestite di ingobbio decorate con varie tecniche di graffitura ("a punta", "a stecca" e poi "a fondo ribassato")<ref>Per la produzione di ceramica ingobbiata e graffita si veda: {{cita|Berti - Tongiorgi 1982}}; {{cita|Berti 2005}}; {{cita|Giorgio - Trombetta 2011}}; {{cita|Alberti - Giorgio 2013}}; {{cita|Giorgio 2015}}; {{cita|Giorgio 2018b}}.</ref>.
L’ipotesi più plausibile rimane quella secondo la quale la produzione della maiolica arcaica pisana è stata probabilmente stimolata dalle abbondanti importazioni che dalla fine del X secolo, e ancor di più dal secolo successivo, raggiunsero la città, e realizzata, probabilmente con l’aiuto di qualche maestranza straniera venuta a Pisa. Di conseguenza, per capire quale sia stato il punto di partenza della produzione della maiolica arcaica pisana bisogna spostare l'attenzione verso i centri che, prima di Pisa, fabbricarono manufatti con tecniche simili. Nel panorama delle ceramiche importate da vari paesi del Mediterraneo<ref name=BR_277>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 277}}.</ref><ref>Per informazioni sulle aree di provenienza dei bacini si rimanda a: {{cita|Berti 1993c}}; {{cita|Berti 1993d}}; {{cita|Gelichi - Berti - Nepoti 1996}}; {{cita|Berti - Giorgio 2011}} e {{cita|Giorgio 2018}}.</ref>{{#tag:ref|Tra i “bacini ceramici” pisani figurano ceramiche importate dall’area Bizantina, dalla [[Tunisia]], dalla [[Storia della Sicilia islamica|Sicilia islamica]] e poi normanna, dalla [[Puglia]] (le “protomaioliche” brindisine), dall'[[Egitto]], e dalla [[Liguria]] (le “graffite arcaiche liguri”).|group=N}}, quelle alle quali si avvicinano di più le maioliche arcaiche di produzione pisana sono le ceramiche islamiche fabbricate in area spagnola peninsulare (Penisola iberica) ed insulare (Isole Baleari), con decorazioni in verde e porpora, o in verde e manganese. La tecnica di produzione, che prevede due coperture vetrificate diverse sulle superfici del corpo ceramico (rispettivamente smaltata in bianco sulla superficie principale e vetrina piombifera incolore o giallastra sulla superficie secondaria), venne usata in alcuni centri della Spagna sotto il dominio islamico (al-Andalus) tra i quali Palma di Maiorca. Anche dal punto di vista delle forme, le maioliche arcaiche pisane sono simili ai manufatti ceramici prodotti a Denia fra la metà del XII ed il primo quarto del XIII secolo<ref name=BR_277/>.
 
== Cenni Storici ==
Per quanto riguarda Maiorca e le importazioni delle sue ceramiche, bisogna ricordare le intense e complesse relazioni tra quest’isola e la Repubblica di Pisa a partire dai fatti accaduti tra 1113-1116. In questi anni infatti, si svolse una crociata volta ad annullare la pirateria musulmana nel mediterraneo. Questa, ricordata come “la spedizione delle isole Baleari”, era guidata dalla Repubblica di Pisa (alleata con i Catalani), alla quale nel 1085 era stata concessa la sovranità delle Baleari da Papa Gregorio VII{{#tag:ref|Altri due episodi significativi che mostrano gli stretti rapporti tra la città toscana e le isole Baleari sono: la nomina di Gherardo, nel [[1111]], come comandante di 20 [[Galea|galee]] che componevano la flotta di navi organizzata per la conquista cristiana; e nel [[1135]], la nomina di Lamberto “canonico pisano”, da parte di Iacopo di Gherardo che faceva parte dei XII deputati della repubblica, come regnante di Maiorca durante la dominazione cristiana.|group=N}}.
Già dall'età romana la città di Pisa ha avuto un’importante storia manifatturiera di vasellame ceramico<ref>Si veda {{cita|Menchelli 1995}} per la produzione di sigillata a Pisa in epoca romana.</ref>.
I vasai pisani potevano disporre di una grande quantità di materia prima che, almeno a partire dal Basso Medioevo, veniva cavata sfruttando i depositi alluvionali del fiume Arno. L’argilla di questo tratto fluviale, una volta cotta, conferisce ai manufatti il caratteristico colore rosso-arancio<ref>Per l'approvvigionamento dell'argilla vedi {{cita|Giorgio 2018c|pp. 35-44}}; {{cita|Alberti - Giorgio 2013|pp. 27-46 (studi condotti da Giuseppe Clemente- "Vasai e produzione ceramica a Pisa nel XVI secolo attraverso le fonti documentarie")}}.</ref>.
 
L'unica produzione di vasellame fino a tutto il XII secolo era di recipienti privi di coperture vetrose e di decorazioni<ref>{{cita|Berti - Giorgio 2011|p. 13}}; {{cita|Berti - Gelichi 1995a}}; {{cita|Berti - Menchelli 1998}}; {{cita|Giorgio - Trombetta 2008}}</ref>. Le prime attestazioni scritte riguardanti artigiani che lavoravano l'argilla risalgono alla seconda metà di questo secolo. I documenti parlano infatti dei tegolai che principalmente realizzavano materiale edilizio, ma non può essere escluso che questi non producessero contemporaneamente prodotti destinati alla vita quotidiana{{#tag:ref|Fonti archeologiche mostrano invece che i tegolai sono già attivi all'inizio del XII secolo in un'area chiamata "tegularia" (vedi {{cita|Clemente 2017|p. 133}}). Per ulteriori informazioni riguardo la zona di produzione e l'attività dei tegolai si veda {{cita|Garzella 1990|p. 198}} e {{cita|Berti - Renzi Rizzo - Tangheroni 2004|pp. 3-4}}.|group=N}}.
Per quanto concerne la Spagna andalusa sappiamo che nel 1149 Pisa possedeva a Denia e a Valencia un fondaco, cioè una “casa commerciale” (o un complesso di edifici), adibita a magazzino che funzionava da “base operativa” per la gestione dei commerci in loco da parte degli operatori economici pisani. Del resto, la frequentazione di Porto Pisano da parte di navi provenienti da queste aree potrebbe essere suggerita pure da un documento del 1160 circa riguardante i pedaggi del porto messo in luce da Constable<ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 283}}; {{cita|Barcelo Torres 1984|p. 131}}.</ref>{{#tag:ref|L’originale cita: “Pisa would impose tolls on ships arriving from Malaga, Almeria, Denia, Valencia, Barcelona and Majorca. The Sources do not say whether these charges were levied on Italian or Andalusian vessels …”, vedi {{cita|Constable 1994|pp. 132-133}}. |group=N}}: {{Quote|Pisa avrebbe imposto pedaggi sulle navi che arrivavano da [[Malaga]], [[Almeria]], [[Denia]], [[Valencia]], [[Barcellona]] e [[Maiorca]]. Le fonti non dicono se questi oneri siano stati applicati a navi italiane o andaluse …}}<small>(O.R. Constable, Trade and traders in Muslim Spain, 1994)</small>.
 
Dai primi decenni del XIII secolo la storia manifatturiera della ceramica cambia drasticamente grazie all'introduzione di nuove tecnologie per la produzione di vasellame. Viene adottata in città, infatti, la tecnica della smaltatura e dell'invetriatura, che i vasai pisani poterono apprendere grazie ai contatti avuti con maestranze straniere di area spagnola e vasellame di importazione mediterranea che abbondava in città già dagli anni finali del X secolo fino al XV. La maiolica arcaica, specie nella sua versione più semplice (monocroma), venne prodotta a Pisa fino alla fine circa del XVI secolo<ref>{{cita|Alberti - Giorgio 2013|si vedano scavi di Villa Quercioli e via della Sapienza}}.</ref>.
Tito Antoni parla anche di un fondaco pisano presente a Maiorca sin dalla dominazione islamica, che fu distrutto durante gli scontri per la conquista cristiana voluta e capeggiata da Giacomo I d'Aragona tra il 1229 e il 1232<ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 283}}; {{cita|Calisse 1904|pp. 9, 140-141, 145}}; {{cita|Antoni 1977|p. 5/nota 8}}</ref>{{#tag:ref|Tito Antoni espone notizie interessanti sulle relazioni commerciali tra Pisa e le Baleari in questo periodo e oltre, e afferma che a Maiorca erano presenti membri delle più famose famiglie dell’aristocrazia mercantile pisana (p. 4).|group=N}}.
Contemporaneamente alla maiolica arcaica le officine ceramiche pisane sfornarono nella prima metà del XV secolo una nuova categoria di manufatti, le maioliche arcaiche policrome, che subiscono un aggiornamento nella cromia dei decori con l'introduzione del giallo<ref>Per ulteriori dettagli sulla maiolica arcaica policroma vedi {{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|pp=203 -207}}</ref>.
Questa produzione venne presto abbandonata quando, dalla metà circa del XV secolo, vennero prodotte le ceramiche ingobbiate e graffite principalmente “a punta”, “a stecca” e poi “a fondo ribassato”<ref>{{cita|Berti 2005}} e {{cita|Alberti - Giorgio 2013}}.</ref>.
 
Grazie alle fonti documentarie si è potuto tracciare un quadro abbastanza completo sui maestri ceramisti che si sono susseguiti in città dal XIII fino al XVII secolo. Questi documenti sono soprattutto costituiti da notizie riguardanti contratti di lavoro, acquisti, affitti e vendite, censimenti, testamenti, ma vi sono anche carte giudiziarie{{#tag:ref|Tutte queste fonti sono conservate principalmente negli Archivi di Stato di Pisa e di Firenze, in quello Arcivescovile e della Mensa, nel Capitolare ed in quelli di altre comunità religiose pisane (vedi {{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|pp. 225}}.|group=N}}.
Le prime migrazioni di alcuni musulmani lontano da Maiorca, e quindi verso Pisa, potrebbero essere state stimolate da questi rapporti commerciali{{#tag:ref|Altra testimonianza di questi stretti rapporti di scambio sono i materiali negoziati dai pisani a Maiorca, fra il 1315 ed il 1322. Tra le tante merci importate nella città toscana figurano anche lo stagno ed il piombo, elementi indispensabili per la creazione delle coperture vetrose (vedi {{cita|Antoni 1977|p. 13}}).|group=N}}. La presenza islamica nella città del resto è già palese sul finire dell’XI e all'inizio del XII secolo. Ce ne dà conferma l'invettiva lanciata dal monaco Donizone contro Pisa, luogo secondo lui indegno ad accogliere e conservare le spoglie della contessa Matilde di Canossa in quanto era frequentato da pagani (turchi e libici per esempio){{#tag:ref|Donizone nel primo libro della sua opera “Vita di Matilde” ([[Vita Mathildis]]), nei versi nn. 1370-1373 dice: “Qui pergit Pisas, videt illic monstra marina. - Haec urbs Paganis, Turchis, Libicis, quoque Parthis – Sordida Chaldei sua lustrant litora tetri” (vedi {{cita|Davoli 1888|p. 142}}).|group=N}}. Le migrazioni di artigiani musulmani potrebbero poi essersi intensificate in seguito alla “Reconquista” cristiana della Spagna andalusa e delle Baleari, che si compì proprio nei primi decenni del Duecento<ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 283}}; {{cita|Constable 1994|p. 140}}.</ref>.
 
Tali scritti hanno consentito anzitutto di individuare le “cappelle” di appartenenza dei ceramisti, dove cioè possedevano il domicilio e/o l'esercizio in città<ref>{{cita|Tongiorgi 1964}}; {{cita|Tongiorgi 1972}}; {{cita|Tongiorgi 1979}}; {{cita|Renzi Rizzo 1994}}. {{cita|Berti - Tongiorgi 1977a|pp. 139-153}}; {{cita|Redi 1984}}; {{cita|Stiaffini 2002}}.</ref>.
== Cronologia della maiolica arcaica pisana ==
Le principali cappelle interessate sono:
Gli studiosi che se ne sono occupati fino ad ora hanno identificato diverse fasi produttive<ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 36, 57}}; per informazioni sulla maiolica arcaica tarda vedi {{cita|Alberti - Giorgio 2013}}.</ref>:
* San Biagio alle Catene.
#Una prima che va dalle origini nei primi decenni del XIII secolo (1210-1230) fino al 1280 circa.
* San Salvatore in Porta Aurea.
#Una seconda fase si sviluppa dal 1280 circa fino al 1330-1340 circa.
* San Pietro (o San Piero) in Vincoli.
#Una terza fase copre la seconda metà del XIV secolo.
* Sant’Andrea Fuori Porta.
#Una quarta comprende la prima metà del XV secolo (in questa fase Pisa cominciò a sperimentare la produzione di ceramiche rivestite di ingobbio e abbellite con decorazioni graffite).
* San Pietro ad Ischia.
#Una quinta copre la seconda metà del XV secolo
* Santa Lucia.
#Un’ultima fase si estende sino alla fine del XVI secolo (in quest’ultima le fabbriche pisane continuano a produrre maiolica arcaica nella sola versione smaltata monocroma bianca).
* San Nicola (o San Niccolò).
* Sant’Andrea in Kinzica (o Chinzica).
* San Giovanni al Gatano.
* San Paolo a Ripa d'Arno.
* San Vito.
 
Diverse nomi e qualifiche lavorative sono state individuate nei documenti esaminati: barattolaio, broccaio, coppaio, fornaciaio, orciaio-orciolaio, scodellaio, stovigliaio, vasellaio-vasaio, maestro, apprendista o lavorante. Un individuo può anche essere indicato con più qualifiche contemporaneamente.
== Gli aspetti tipici delle maioliche arcaiche pisane e la loro lavorazione ==
Nelle maioliche arcaiche pisane il corpo ceramico sulla superficie principale (interna nelle forme aperte, esterna in quelle chiuse) è rivestito da uno smalto piombo-stannifero opaco bianco e, in rari casi, verde. Quando lo smalto applicato era di colore bianco, sopra di esso venivano eseguiti i disegni in bruno (manganese) ed in verde (ramina){{#tag:ref|Gli smalti bianchi quando avevano un tenore di stagno molto basso presentavano tonalità rosate. Per avere notizie riguardo l'approvvigionamento di stagno per la maiolica arcaica si veda {{cita|Giorgio 2012}}.|group=N}}. La superficie secondaria veniva ricoperta invece da una vetrina piombifera, in genere incolore o giallastra, piuttosto brillante.
La decorazione di alcuni recipienti poteva essere affidata al solo bruno, oppure semplicemente alla monocromia, data da smalti bianchi o colorati (soprattutto in verde). Tra le ceramiche monocrome in alcuni casi la superficie secondaria non era invetriata, ma veniva smaltata come quella principale. In rari casi, la superficie secondaria era lasciata priva di rivestimento{{#tag:ref|Le decorazioni in fase di cottura potevano assumere diverse tonalità. Il verde, in base all’ambiente di cottura (ossidante/riducente) e alle temperature raggiunte nella fornace, poteva tendere a tonalità più o meno scure: bluastre, grigiastre oppure giallastre.
Stessa cosa per i decori in bruno che potevano sfumare verso il violaceo, il rossastro o il nero.|group=N}}.
Inoltre, si è riscontrato che parallelamente alla produzione delle maioliche arcaiche, probabilmente nelle stesse manifatture, erano realizzate ceramiche di forme analoghe, ma rivestite soltanto con vetrine piombifere incolori o colorate (in giallo o in verde). Pur essendo morfologicamente simili, queste non appartengono alla categoria delle maioliche arcaiche proprio perché non vi è presenza di smalto stannifero e sono definite come ceramiche invetriate monocrome.
Per realizzare la maiolica arcaica i recipienti dovevano essere sottoposti a due differenti e successive cotture in fornace<ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 69}}.</ref>.
 
== Attività dei ceramisti fra il XIII e gli inizi del XVI secolo secondo le fonti scritte ==
=== La lavorazione del corpo ceramico e la prima cottura ===
=== XIII secolo ===
L'argilla che veniva usata per modellare i corpi ceramici dei manufatti prodotti a Pisa era cavata da depositi alluvionali del fiume Arno{{#tag:ref|Per notizie relative all'approvvigionamento di argilla a Pisa nel Bassomedioevo e in Età Moderna vedi {{cita|Alberti - Giorgio 2013|pp. 27-46 (studi condotti da Giuseppe Clemente: "Vasai e produzione ceramica a Pisa nel XVI secolo attraverso le fonti documentarie"}} e per studi più recenti si rimanda a {{cita|Giorgio 2018b}}.|group=N}}<ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|pp=57-58}}. Per una descrizione dei risultati delle analisi condotte sui corpi ceramici è possibile consultare {{cita|Mannoni 1979|pp. 236-237/Gruppo VI}}.</ref>.
Già agli inizi del XIII secolo sappiamo che i vasai pisani cominciano a commerciare le proprie merci al di fuori dell'ambito cittadino, almeno lungo il tratto fluviale interno e in area tirrenica{{#tag:ref|Sono stati ritrovati numerosi reperti riconducibili a ceramiche di produzione pisana in Toscana Settentrionale, in Corsica e Sardegna (si rimanda alla sezione dedicata in [[Maiolica arcaica di Pisa]]).|group=N}}.
Prima della lavorazione sul tornio, l’argilla veniva depurata in appositi recipienti o vasche{{#tag:ref|Durante tutto il Medioevo, le vasche usate per la depurazione dell’argilla erano solitamente quattro. Queste venivano chiamate con termini ben precisi: la prima vasca veniva chiamata pilla, le restanti venivano chiamate trogoli (vedi {{cita|Berti - Migliori - Daini 1989|p. 13-14}}.|group=N}} in modo da eliminare impurità (dette anche “inclusi”) come frammenti di pietra o parti calcaree, che avrebbero potuto compromettere le fasi di lavoro successive. Quindi usando il tornio veloce mosso a pedale si modellavano i recipienti nelle forme volute.
Alcuni documenti rilevanti sono gli Statuti del 1287, che impongono ai “tegolai” precisi limiti per cavare l'argilla. Essi infatti non potevano prelevarla più in zone del centro cittadino, né di loro proprietà, né di altri, lungo le sponde del tratto fluviale che taglia in due la città. Insieme ai tegolai vengono citati i “barattolai” che, almeno in questo secolo, sono probabilmente produttori di vasellame; più tardi, con questo termine verranno indicati i rivenditori di ceramica<ref>{{cita|Berti - Tongiorgi 1977a|p. 139}}; {{cita|Bonaini 1854 - 1857|I, pp. 304-305}}. Un quadro esaustivo delle attività e delle vicende relative ai vasai dal XIII al XV secolo è desunto dai documenti di archivio analizzati in {{cita|Tongiorgi 1964}} e {{cita|Tongiorgi 1972}}.</ref>.
Sempre il “Breve” del 1287 emanato dal Comune di Pisa, fornice chiarimenti su dove veniva raccolta la sterpaglia da ardere e cioè tra le foci del Serchio, dell'Arno e a San Piero a Grado. Questo inoltre indicava ai ceramisti la quantità massima di combustibile da poter tenere nella propria bottega, e cioè non superiore a quella necessaria per una infornata. Sappiamo infatti che questa precauzione nasce con la crescita del lavoro degli artigiani pisani che gradualmente cominciarono ad affittare diversi terreni per la raccolta del combustibile e per prevenire gli incendi<ref>{{cita|Berti - Tongiorgi 1977a|p. 140}}; {{cita|Bonaini 1854 - 1857|I, pp. 437 - 438}}.</ref>.
Una testimonianza in tal senso è data anche dai documenti riguardanti Niccolò Piloso che, nel 1283, compera dall’Arcivescovo di Pisa la paglia necessaria alla cottura<ref name=BT_140/>. Un altro esempio è quello di Lotto di Bartolomeo che, nel 1291, riesce ad ottenere il permesso per tagliare la paglia tra l’Arno e il Serchio per due anni<ref name=BT_140/>.
 
In questo periodo, un altro termine legato sicuramente alla ceramica è quello di scodellaio. Fornisce un esempio Nino di Lorenzo, della cappella di San Lorenzo in Pelliparia, che nel 1291 possedeva una casa con fornace affittatagli da Giovanni Visella.
In seguito, i recipienti venivano posti ad essiccare all’aria in prossimità della fornace, per far evaporare l’acqua in eccesso contenuta nell’impasto argilloso<ref>{{cita|Cuomo Di Caprio 2007|pp. 263-271}}.</ref>. Passato il momento dell’essiccazione, i manufatti venivano sottoposti ad una prima cottura, in gergo detta “biscottatura”. Gli scarti di fornace relativi a questa fase di lavorazione ci indicano che nella Pisa medievale ciò veniva effettuato cuocendo i pezzi in un ambiente ossidante, ovvero caldo e ricco di ossigeno: i “biscotti” sono infatti perlopiù di colore rosso mattone, ma non mancano fra i materiali delle discariche esemplari con in il corpo scuro, annerito, a causa di cotture eccessive<ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|pp=57-59}}.</ref>.
 
Fra i ceramisti del XIII secolo riveste un ruolo molto importante Bondie di Uguccione da Cerreto perché diede il via ad una tradizione famigliare che si imporrà nella scena artigiana pisana fino al secolo successivo. Altre due importanti famiglie di ceramisti sono quella dei Del Broccaio e di Vinacetto da Bacchereto<ref name=BT_140>{{cita|Berti - Tongiorgi 1977a|p. 140}}.</ref><ref name=C_134>{{cita|Clemente 2017|p. 134}}</ref><ref>{{cita|Tongiorgi 1979|pp. 56-58}}</ref>.
=== I rivestimenti e il processo di vetrificazione in seconda cottura ===
Per determinare i componenti dei rivestimenti vetrosi delle maioliche arcaiche pisane sono state condotte analisi utilizzando la tecnica in Fluorescenza X. In base a queste si è constatato che i rivestimenti delle ceramiche pisane contengono in prevalenza piombo e stagno{{#tag:ref|Le analisi furono condotte da Claudio Arias.|group=N}}. Non sono stati riscontrati elementi che riconducessero all’“ingobbiatura”, tecnica che fu introdotta in città soltanto tra alla metà del XV secolo<ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 59}}; {{cita|Berti - Tongiorgi 1982|p. 145}}; {{cita|Berti - Cappelli - Tongiorgi 1986|pp. 157-160}}; {{cita|Berti 1992}}; si rimanda anche a {{cita|Giorgio - Trombetta 2011}}; {{cita|Alberti - Giorgio 2013}}; {{cita|Giorgio 2015}}; {{cita|Giorgio 2018c}}, dove si identifica meglio il momento in cui le fabbriche pisane passano dalla produzione di maiolica arcaica a quella delle ingobbiate e graffite.</ref>.
 
Le fonti scritte testimoniano soltanto due fornaci in questo secolo, una per sponda. La prima era nella zona dove oggi sorge la chiesa della Spina, a sud, la seconda invece sorgeva nella cappella di San Lorenzo in Pelleria, a nord<ref name=C_134/>.
Le “formule” per la creazione delle miscele che si vetrificano durante la seconda cottura, rendendo il corpo ceramico impermeabile, facevano parte molto probabilmente delle conoscenze empiriche dei vasai, frutto cioè di lunghe sperimentazioni, poi tramandate oralmente. Esistono però testimonianze di “ricette” presenti in alcuni trattati, precise, calcolate, che sono giunte fino ai nostri giorni. Si ricordano due opere in particolare, scritte in epoche e aree geografiche lontane tra loro. Un trattato è quello di Abû’l-Qâsim, membro di una famiglia di ceramisti di Kâshân che da generazioni passavano il sapere di padre in figlio. Quest’opera era composta da due manoscritti riguardanti la produzione di mattonelle e altri manufatti ceramici, e tra i tanti temi trattati nel manoscritto, si trovano informazioni preziose riguardo la preparazione delle coperture vetrose<ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 66}}; {{cita|Allan 1973}}.</ref>.
Il secondo trattato è quello che Cipriano Piccolpasso scrisse nei primi anni della seconda metà del Cinquecento. In esso sono presenti precise indicazioni per la preparazione delle vetrine piombifere e degli smalti stanniferi. Piccolpasso non si limita soltanto ad indicare le giuste proporzioni necessarie alla creazione delle coperture vetrose ma, ad esempio, descrive il modo di stendere le miscele sui recipienti che già hanno subito la prima cottura<ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 67}}; {{cita|Conti 1976|pp.115 - 116, 141 - 145, 177 - 180}}: <small>({{cita libro|cognome=Piccolpasso|nome=Cipriano|titolo=I tre libri dell'arte del vasajo: nei quali si tratta non solo la pratica, ma brevemente tutti i secreti di essa cosa che persino al di d'oggi e stata sempre tenuta nascosta, del cav. Cipriano Piccolpassi Durantino|città=Roma|editore=dallo Stabilimento tipografico|anno= 1857|url=http://books.google.it/books?id=r2UGAAAAQAAJ&printsec=frontcover&dq=Cipriano+Piccolpasso&as_brr=1&ei=_-kKSMz_JIOOywSXyeiaCA}})</small>.</ref>.
 
Dalla documentazione scritta risulta che nel XIII secolo sono presenti a Pisa 26 operanti nel settore, di cui 21 barattolai (1 è indicato barattolaio e coppaio), 1 scodellaio, 4 vasai (1 indicato vasaio e broccaio){{#tag:ref|Una zona ad est del quartiere di Chinzica, si chiamava in quel tempo «Baractularia» (area attualmente occupata dal [[Cittadella Nuova|Giardino Scotto]]) e con ogni probabilità il nome faceva riferimento al gran numero di barattolai presenti nella stessa; si veda {{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|pp. 226-227}}. L’unico scodellaio citato nei documenti, Nino di Lorenzo, nel 1291 aveva in affitto, insieme alla moglie Parella, una casa con fornace nella zona detta “Pelliccerie”, nel quartiere di Ponte, a nord dell’Arno. Vedi {{cita|Tongiorgi 1972|p. 126}}. I dati possono essere soggetti a cambiamenti e revisioni in quanto la ricerca archivistica è ancora oggi oggetto di studio.|group=N}}<ref>{{cita|Alberti - Giorgio 2013|p. 29 (studi condoti da Giuseppe Clemente)}}; {{cita|Clemente 2017|p. 134}}.</ref>.
Una volta ricoperte con lo smalto e la vetrina per immersione o aspersione (le sostanze vetrificanti erano disciolte in una miscela acquosa), le ceramiche, ad eccezione delle monocrome, potevano essere ornate con disegni di vario genere, per essere poi poste di nuovo nei forni per una seconda cottura{{#tag:ref|La doppia cottura era una prassi conosciuta e adottata per varie categorie di ceramiche in numerosi paesi. Gli esempi a conferma sono molti: per quanto concerne le produzioni islamiche medio-orientali la doppia cottura è attestata a Samarcanda fino dal X secolo, si veda:{{cita|Samarcande|pp. 35, 77/21}}. A Palermo, ad Agrigento e in altri siti siciliani, sono stati trovati manufatti della seconda metà X, dell’XI e del XII secolo che hanno subito la doppia cottura (si rimanda a {{cita|D’Aangelo 1984}}; {{cita|Ragona 1986}}; {{cita|Fiorilla 1990|p. 31-34}}. Le ceramiche rinvenute ad Agrigento sono esposte al Museo di Caltagirone).
A Maiorca queste ceramiche sono state trovate tra i materiali risalenti al XI secolo presso il Testar Desbrull ({{cita|Rossello Bordoy 1978|p. 321/4201, 4209}}).|group=N}} che doveva consentire la vetrificazione con il conseguente fissaggio di colori ed eventuali ornamenti. I recipienti aperti, venivano impilati, separati l’uno dall'altro per mezzo di distanziatori costituiti da tre estremità equidistanti, detti “zampe di gallo”. Il loro impiego è testimoniato dal recupero degli stessi fra gli scarti delle fornaci, ma è provato anche dalle tracce lasciate quasi sempre dai tre piedini nell'area centrale dei vasi o dalla loro fusione con il pezzo ceramico qualora la temperatura di cottura fosse troppo elevata<ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 68}}.</ref>.
 
=== XIV secolo ===
== Gli aspetti morfologici tipici delle maioliche arcaiche pisane ==
Già all'inizio del secolo con “barattolai” ci si riferisce solo ai rivenditori di vasellame e non più a produttori diretti. A conferma ci sono alcune fonti scritte.
Le maioliche arcaiche pisane vengono classificate in base alla loro forma. Esse possono essere aperte o chiuse. All’interno di queste macro-categorie vengono distinti dei sottogruppi che fanno capo a specifiche peculiarità di una forma.
Per esempio, dai documenti si riesce ad evincere che gli oggetti da mensa e da cucina erano presenti nelle case dei cittadini in quantità sufficienti a soddisfare i bisogni della vita quotidiana. Per le occasioni importanti, come matrimoni e banchetti, che richiedevano un maggiore quantitativo di stoviglie per la mensa, gli oggetti da tavola venivano affittati proprio dai barattolai. Ad esempio, nel 1371 Vanni di Senso detto Rosso, dà in prestito alcune stoviglie da mensa all’Opera del Duomo in occasione della festa dell’Assunta<ref>{{cita|Berti - Tongiorgi 1977a|pp. 147-153}}.</ref>.
Un documento frammentario dello “Statuto della Curia dei Mercanti” fornisce la conferma che questi siano solo rivenditori. Infatti i barattolai facevano parte di questa corporazione in quanto vengono citati esplicitamente nel documento, dovendo pagare alla Curia o ad un suo rappresentante una certa somma di denari di Pisa per poter svolgere la professione.
A riprova di ciò si ha uno Statuto del 1350 dove i barattolai non compaiono tra i facenti parte dell'Ordine del Mare, di cui invece erano membri i vasellai, broccai e scodellai, produttori di ceramica<ref>{{cita|Berti - Tongiorgi 1977a|pp. 142-143}}.</ref>.
Come attestano le fonti documentarie, anche le donne praticavano questo mestiere<ref>{{cita|Clemente 2017|p. 136}} e {{cita|Tongiorgi 1964|p. 8}}.</ref>.
I barattolai si concentravano nella zona compresa tra le cappelle di San Iacopo al Mercato, San Paolo all'Orto e San Pietro in Vincoli, oltre che nel tratto cittadino che corre dall'odierna Piazza delle Vettovaglie fino a Piazza Dante<ref name=C_138>{{cita|Clemente 2017|p. 138}}</ref>.
 
Invece, la ceramica destinata all'esportazione veniva venduta direttamente sulle rive del fiume. I ceramisti pisani si affidavano agli "scafaioli" per il trasporto della propria merce, ma non mancano casi in cui lo stesso produttore di vasellame possedeva delle imbarcazioni, come Paolo di Chele<ref name=C_138/>.
=== Le forme aperte ===
Le forme aperte (ciotole, scodelle, catini) vengono raggruppate in due gruppi (poi suddivisi in sottogruppi in base al rapporto tra il diametro e la profondità del recipiente) in base alla presenza o meno della tesa. Un altro tratto peculiare delle forme aperte è la saltuaria presenza di un foro sul piede del recipiente usato per la sospensione dello stesso<ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 70}}.</ref>.
 
In questo periodo è ancora presente in città un'importante famiglia di ceramisti provenienti da Bacchereto (Pistoia): si tratta di due fratelli, Baccarugio e Fardo di Vinacetto, che esercitavano la loro professione nella cappella di San Vito. Un nipote dei due, Fardino, insieme al cugino Pupo di Fardo, continuarono l’attività familiare nella stessa cappella. La famiglia, nonostante la florida attività consolidata a Pisa, aveva conservato alcune proprietà nel paese di origine dove, nel 1340, fa ritorno Fardino. Proprio Bacchereto, come dimostrato da una vasta ricerca archivistica e archeologica, è un altro grosso centro di produzione ceramica toscano. Pur essendo due centri molto vicini, Pisa e Bacchereto tendono ad avere una forte autonomia e peculiarità produttiva durante questi secoli<ref name=BT_144>{{cita|Berti - Tongiorgi 1977a|p. 144}}.</ref>{{#tag:ref|Gli studi sulla produzione ceramica di Bacchereto sono stati illustrati in {{cita|Cora 1973|I, p. 65}}. Per le analogie dei motivi decorativi tra le maioliche arcaiche di Pisa e quelle di Bacchereto vedere {{cita|Cora 1973|II, Tav. 19/b}}.|group=N}}.
Si distinguono:
#Forme aperte senza tesa e piede ad anello.
#Forme aperte con tesa piuttosto piccola e piede ad anello in tutte le forme ad eccezione di un sottogruppo che ha come caratteristica la mancanza del piede (recipienti apodi).
#Forme aperte con tese molto espanse e piede ad anello.
#Recipienti generalmente di grandi dimensioni caratterizzati dalla gola pronunciata subito sotto la tesa o sotto l’orlo; hanno il piede ad anello.
#Forme aperte particolari che si discostano dalle altre.
 
Altre famiglie di ceramisti provenivano da centri come Cerreto, Lorenzana, Gambassi e Siena<ref>{{cita|Clemente 2017|p. 136</ref>.
=== Le forme chiuse ===
Contemporaneamente ai recipienti aperti, le fabbriche pisane produssero recipienti chiusi (boccali, brocche, orcioli, microvasetti) destinati di norma a contenere liquidi, da portare sulla tavola o da conservare nella dispensa<ref>{{Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 171}}.</ref>.
 
L'ormai defunto Bondie di Uguccione lascia la propria attività a due dei suoi figli: Bindo (1314-1335) e Pupo (1329-1339), anche loro residenti nella cappella di San Vito.
In base alla presenza o meno di anse si possono distinguere due gruppi:
Il figlio di quest’ultimo continua nella stessa cappella l’attività di broccaio fino al 1347 e probabilmente il sapere del mestiere viene tramandato ad un altro discendente, come potrebbe far supporre l’esistenza nella seconda metà del XIV secolo di un Piero di Bindo, broccaio nella cappella di San Vito<ref name=BT_144/>.
 
Nella seconda metà del secolo l'organizzazione del lavoro comincia a cambiare, ad evolversi, in quanto si assiste ad una produzione più massiccia e alla formazione delle prime "compagnie" di artigiani. Questo perché a Pisa, ma anche altrove, la ceramica smaltata aveva ormai consolidato il suo ruolo nella vita quotidiana. Ne è una prova la grande quantità di scarti d'uso ritrovati sia nel circuito cittadino, sia in diverse località toscane, di altre regioni d'Italia ma anche estere.
*Recipienti corredati di anse (boccali e brocche). Tutti i recipienti di questa categoria oltre ad avere un’ansa, hanno la bocca trilobata{{#tag:ref|Negli anni si sono susseguiti diversi lavori di manutenzione nel circuito cittadino nei quali sono stati rinvenuti un gran numero di reperti. I ritrovamente sono testimoniati da una vasta bibliografia, ad esempio: {{cita|Berti - Gelichi 1995a, tav. 2/7-8}}; {{cita|Busi 1984|p. 468-469}}; {{|cita|Redi 1984|pp. 654, 667/nota 81}}; {{cita|Francovich 1982|p. 172}}; {{cita|Agrippa et al. 1985|pp. 367-368, Tav. VI/18}}; {{cita|Garzella – Redi 1979|Fig. 1-14}}; {{cita|Berti – Cappelli – Francovich 1984|pp. 485, Fig. 1/1-2}}; {{cita|Berti – Cappelli 1994|pp. 213-214}}; {{cita|Francovich 1991|pp. 113/1-2, 115-117, 119/Figg. 109-110, 115}}. La loro presenza in questo periodo è indirettamente testimoniata dalla riproduzione su un affresco, facente parte del ciclo attribuito al pittore lucchese Deodato Orlandi, all'interno della basilica di [[Basilica di San Pietro Apostolo|S. Piero a Grado]], vedi {{cita|D'Achiardi 1905, Fig. 37}}; {{cita|Sodi 1989|pp. 59, 64-65/Secondo ordine XXVIII riquadro}}. {{cita|Garzella – Redi 1979|Figg. 1, 3-4, 8,12}}; {{cita|Berti – Cappeli 1994|pp. 104-105/Figg. 91-92}}.|group=N}}<ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 171-184 (I reperti sono illustrati con diverse tavole e disegni in sezione)}}.</ref>.
La prima compagnia conosciuta è del 1389, stipulata tra Nino di Giovanni, della cappella di San Paolo a Ripa d'Arno, e Rainaldo di Stefano, di San Vito<ref name=C_138/><ref>{{cita|Berti - Tongiorgi 1977a|p. 148}}.</ref>.
Dalla documentazione d'archivio si nota come le officine ceramiche site nel quartiere di San Vito tendono progressivamente a chiudere e/o spostarsi in altre zone della città, più lontane dal centro ma sempre a ridosso dell'Arno. A partire dalla metà del XIV secolo infatti sono testimoniate diverse case - botteghe nella zona di San Paolo a Ripa d'Arno e a San Giovanni al Gatano, a sud del fiume, grossomodo in linea d'aria al quartiere di San Vito. Qui era sicuramente più agevole cavare l'argilla rispetto alla zona di San Vito in quanto San Paolo e San Giovanni erano fuori le mura e tale migrazione fu probabilmente stimolata anche da lavori che interessarono gli [[Arsenali della Repubblica|arsenali]]<ref>{{cita|Clemente 2017|p. 137}}; {{cita|Redi 1994a}}</ref>.
Un esempio è dato da Andrea di Nardo broccaio, che già nel 1386 stava in San Vito, ma dal 1404 prende a livello un pezzo di terra con fornace a San Paolo a Ripa d'Arno.
 
Un altro broccaio, Rustico figlio di Enrichetto, nonostante abbia un'attività a San Vito, viene registrato nel 1403 come abitante di San Paolo a Ripa d'Arno dove insieme a Cione di Lenzo prende in affitto la casa di Andrea di Chimento anche loro vasai.
*Recipienti chiusi privi di anse. Solo pochi esemplari di questo tipo sono stati restituiti da scavi.
Assume particolare rilievo il fatto che mentre i vasellai conosciuti di San Vito nella prima metà del XIV secolo sono più del doppio di quelli di San Paolo a Ripa d’Arno mentre nella seconda metà del secolo si registra una situazione opposta e successivamente, nel XV secolo, si conoscono pochissimi vasai in San Vito.
#Orcioli. Il corpo è ovaliforme, il collo cilindrico e il piede a disco.
#Albarelli. A testimonianza di questo tipo morfologico sono stati rinvenuti solo alcuni frammenti di un unico esemplare.
#Microvasetti. Piccoli oggetti usati come unguentari o per le salse<ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 185, Tav. 123}} {{cita|Francovich 1991|pp. 113/2, 115/Fig. 108}}; {{cita|Berti – Tongiorgi 1977a|pp. 33/c-d-34/Fig. 9/2-4}}</ref>.
 
I ceramisti, oltre a dedicarsi alla loro principale occupazione, potevano anche svolgere cariche pubbliche come Lupo di Orlando che nel 1372 è anziano del popolo<ref>{{cita|Tongiorgi 1964|pp. 11-12}}</ref>.
== Le decorazioni tipiche delle maioliche arcaiche pisane ==
Tra gli esemplari di maiolica arcaica decorati si registra nella maggior parte dei casi l’impiego del verde e del bruno. Solo poche volte si incontrano recipienti ornati con il solo bruno.
Le decorazioni delle maioliche arcaiche sono state suddivise in base alla presenza o meno dei due colori principali: il verde ramina e il bruno di manganese<ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 70}}; {{cita|Berti – Tongiorgi 1977a|p. 35}}.</ref>.
 
Il totale di ceramisti censiti nel XIV secolo è di 114<ref>{{cita|Clemente 2017|p. 136}}; {{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|pp. 228-232}}; {{cita|Tolaini 1979|pp. 311-312}}; {{cita|Garzella 1990|pp. 116-117}}.</ref>.
=== Motivi principali delle forme aperte ===
Per le forme aperte, sia quelle complete di tesa sia quelle che ne sono prive, è possibile riscontrare diversi schemi di distribuzione degli ornamenti<ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 105}}.</ref>:
#Il motivo principale occupa tutta la superficie interna fino all’orlo e senza rifiniture.
#Una larga filettatura di colore verde o bruno delimita al margine la decorazione principale.
#Il motivo fondamentale è completato con una fascia riempita con elementi di vario genere, generalmente disposti in sequenza, impreziosita da filettature ai due margini. Questa fascia si colloca spesso nella parte alta delle forme priva di tesa oppure sulla tesa nelle forme che ne sono provviste.
#Tra il motivo principale e la fascia con elementi secondari è presente un’area delimitata da filettature e lasciata priva di disegni.
#Intorno alla decorazione principale si trovano due o più fasce a sequenze.
 
=== XV secolo ===
==== Ceramiche decorate in bruno e in verde su smalto bianco ====
Nel XV secolo (1406) assistiamo alla caduta della Repubblica di Pisa sotto la dominazione Fiorentina.
I decori di questa categoria coprono un vasto repertorio che spazia da motivi geometrici a quelli figurativi. I primi raggruppano decori lineari, a graticcio, a reticoli, a raggi, di ispirazione vegetale, etc<ref>{{cita| Berti - Tongiorgi 1977|pp. 36-89, Figg. 1-32, Tavv. V-XXI}}; {{cita|Casini 1938|Tav. XI n. 1, 3, 5}}; {{cita|Liverani 1971|Tav. LXVI nn. 9-10}}; {{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|pp. 118-123, 130, 132, Tavv. 70-80, 87-89, Figg. 29- 35, 49-54}}; {{cita|Tongiorgi – Berti 1971|Fig. 10}}; {{cita|Tongiorgi 1964|p. 19, Fig. 3/c, forma 1}}; {{cita|Berti - Tongiorgi 1977b|p. 45, Fig. 44}}; {{cita|Berti - Cappelli 1994|Tav. 45}}; {{cita|Alberti 1990|p. 55/115}}; {{cita|Berti - Tongiorgi 1981a|p. 146, n. 34}}; {{cita|Berti – Tongirgi 1972|p. 8/n. 5}}; {{cita|Batini 1974|p. 47}}; {{cita|Frierman 1975|p. 71/n. 190}}.</ref>.
Ne conseguì una grave crisi economica e sociale che interessò soprattuto commercianti e artigiani, colpiti da una dura tassazione sulle esportazioni delle proprie manifatture. Iniziò così un fenomeno migratorio importante, basti pensare che nel primo quarto del secolo i ceramisti censiti erano 66, mentre nell'ultimo quarto solo 18<ref name=C_138>{{cita|Clemente 2017|p. 138}}</ref><ref>{{cita|Tongiorgi 1964}}.</ref>.
I motivi figurativi mostrano invece quadrupedi ispirati alla realtà o alla fantasia, pennuti e figure umane quali profili maschili e femminili<ref>{{cita|Berti – Tongiorgi 1977a|pp. 90-93, Figg. 38-40, Tavv. XV a-c, XVIa-c, XVII a-d. Si rimanda anche a {{cita|D'Angelo – Tongiorgi 1975|Tav. II-IV}}; {{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|pp. 143-145, Tavv. 100-101 (p. 144, 146), Fig. 68 (p. 145)}}.</ref>.
Una prima causa di questo decremento può essere attribuita agli scontri iniziali tra pisani e fiorenti: si ha infatti notizia che molti cittadini legati al mondo della ceramica parteciparono attivamente al conflitto come guardie cittadine, capitani di guardia, o guardie del gonfalone bianco<ref name=C_139>{{cita|Clemente 2017|p. 139}}</ref><ref>{{cita|Tongiorgi 1979|pp. 25, 26, 32, 55, 56, 91, 93-95, 98, 102, 130.}}</ref>.
Dopo la conquistà fiorentina inoltre venne imposto il confino politico costrinse a molti uomini di allontanarsi dalla città; fu vietato inoltre l’ingresso agli abitanti del contado pisano<ref>{{cita|Alberti - Giorgio 2013|p. 19}}; {{cita|Petralia 1991|p. 180}}.</ref>.
Alcune fornaci già attive tra la fine del XIV secolo e gli inizi del XV secolo furono distrutte dai fiorentini e talvolta case e botteghe rimaste vuote a causa della guerra venivano distrutte dagli stessi proprietari per non essere tassati<ref>{{cita|Casini 1965|p. 79}}.</ref>.
 
Va detto comunque che alcuni artigiani stranieri si spostarono verso Pisa. Questi (12 in totale) arrivavano da centri quali Lucca, Milano, Montaione, Piombino, Pistoia, Siena, Viterbo, etc. Solo più avanti si assiste ad alcune partenze verso Lucca, Savona e Faenza<ref name=C_138/><ref>{{cita|Alberti - Giorgio 2013|p. 19}}; {{cita|Tongiorgi 1979|p. 19}}; {{cita|Berti 1997|p. 266}}.</ref>.
==== Ceramiche decorate in solo bruno su smalto bianco ====
Tracciati in solo bruno si incontrano piccoli motivi centrali sul fondo del recipiente<ref>{{cita|Berti – Tongiorgi 1977a|pp. 102-104, Fig. 44-45}}; {{cita|Tongiorgi 1964|pp. 20-21, Figg. 4/c, d, e-5/forma 3}}; {{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|pp. 145, 147, Tav. 104 (p. 148), Fig. 71 (p. 147)}}.</ref>.
 
Gli artigiani pisani che lavorano l'argilla, per far fronte a questa situazione di crisi, si riorganizzarono nel lavoro.
==== Ceramiche monocrome ====
Ci sono documenti, datati rispettivamente al 1419 e al 1421, che possono essere considerati dei veri e propri contratti di lavoro tra diverse persone, con delle clausole ben precise da rispettare, assicurate da sanzioni in caso di infrazione{{#tag:ref|Si veda {{cita|Berti 2005|p. 109-110}}. I documenti sono stati rinvenuti nei protocolli del notaio pisano Giulio di Colino Scarsi, Archivio di Stato di Firenze, Notarile Antecosimiano, S399, cc. 43r-44r; S400, cc. 289r-290v. Sono stati pubblicati da Miriam Fanucci Lovitch e da Enzo Virgili nel 1984 ({{cita|Fanucci Lovitch - Virgili 1984}}).|group=N}}.
Gli esemplari con decorazione monocroma sono stati classificati in base alle le caratteristiche tecniche dei rivestimenti. Di solito lo smalto copre la parte interna del recipiente mentre quella esterna è rivestita da vetrina piombifera. Non mancano i casi in cui entrambe le superfici sono completamente smaltate o invetriate<ref>{{cita|Berti – Tongirgi 1977a|pp. 105-111}}; {{cita|Tongiorgi – Berti 1971|p. 315}}; {{cita|Liverani 1971|}}; {{cita|Frierman 1975|p. 71}}; {{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|pp. 147-153}}.</ref>
 
Nei due scritti spicca la presenza di un personaggio, tale Ranieri di Antonio Bu, che pur non essendo un artigiano fa da garante in quanto possessore di una fornace e investitore di denaro<ref name=B_110_114>{{cita|Berti 2005|pp. 110-114}}</ref><ref>{{cita|Clemente 2017|p. 140}}; {{cita|Casini 1965}}</ref>.
=== Motivi secondari o sequenze delle forme aperte ===
Il primo accordo, del 14-20 luglio 1419, non venne approvato mentre il secondo, del 20 gennaio 1421, della durata di cinque anni fu registrato nella cappella di Sant’Egidio. I ceramisti coinvolti nell’accordo del 1421 sono:
Sia sui recipienti privi di tesa sia in quelli che ne sono provvisti, si possono riscontrare motivi periferici, cioè sequenze organizzate in fasce delimitate da una o più filettature per parte che circondano e abbelliscono il motivo decorativo principale. Mentre in prossimità del disegno principale queste decorazioni sono spesso tracciate in bruno, in prossimità dell’orlo del recipiente è più frequente trovarle in verde<ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 105}}.</ref>.
*Casuccio di Giovanni, vasaio della cappella di San Paolo a Ripa d’Arno.
*Leonardo di Andrea, vasaio della cappella di San Paolo a Ripa d’Arno.
*Antonio di Andrea, broccaio della cappella di Sant’Andrea in Chinzica.
*Marco di Lorenzo, vasaio della cappella di ''Sancti Gosme''.
*Tommaso e Piero di Giovanni (fratelli), vasai della cappella di ''Sancti Gosme''.
*Betto e Michele di Andrea (soci), vasai della cappella di San Vito.
*Antonio di Giuliano di Paio, vasaio della cappella di San Paolo a Ripa d’Arno.
 
Di seguito qualche punto dell’atto<ref name=B_110_114/>:
Si distinguono diversi gruppi di sequenze. I più ricorrenti hanno carattere geometrico come, tratti paralleli, linee spezzate che danno forma ad angoli arcuati, segni ad "S", etc. Altri elementi delle sequenze si ispirano al mondo vegetale, ad esempio ramaglie di vario genere abbellite da fogliame<ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo|pp. 106-112, Tavv. 60-70}}.</ref>.
*Una clausola consentiva la produzione di qualsiasi tipo di ceramica, mentre vietava l'apertura di nuovi esecizi sia in città che nel contado.
*I ceramisti potevano vendere la propria merce sia all’ingrosso (sopra i 100 manufatti), che al minuto (meno di 100), ma secondo i prezzi e le quantità prestabilite.
 
Ad esempio, troviamo definiti i turni (o gite) per le vendite all’ingrosso e i quantitativi massimi. Ad ogni affiliato spettava una gita nella quale poteva vendere dai 2000 ai 2500 pezzi. Solo a Casuccio di Giovanni era permesso vendere 4000 pezzi a turno perché già da prima che il contratto fosse firmato gestiva più di un esercizio con un alto numero di dipendenti.<ref name=B_110_114/>:
=== Motivi principali delle forme chiuse ===
Nella massima parte dei casi la smaltatura stannifera bianca riveste quasi tutta la superficie esterna (principale), mentre la porzione prossima al piede e l'interno del vaso sono coperti da vetrina piombifera trasparente. Disegni in bruno e in verde ornano come di consueto il fondo bianco, ma non mancano i casi in cui i pezzi sono lasciati privi di ornamenti e quindi monocromi.
Molto raramente ambedue le superfici sono smaltate e l'uso di coperture colorate in verde è difficile da incontrare.
I motivi principali sono tracciati sulla porzione di recipiente ricoperta di smalto bianco e spesso sono gli stessi incontrati nelle forme aperte<ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 185}}.</ref>.
Le decorazioni possono essere distribuite in diverse maniere sulla superficie del vaso<ref>{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|pp. 185-186, Tav. 124}}.</ref>:
#Il motivo principale occupa solo la zona anteriore del vaso mentre il resto, compresa l’ansa se presente, è lasciato in bianco.
#Il motivo principale si trova su tutta la superficie del vaso, rifinito poi da filettature. Queste delimitano il disegno in alto ed in basso, ma anche lateralmente all’ansa nei recipienti che ne sono provvisti.
#Il disegno principale è completato da sequenze secondarie verticali. Queste si trovano sempre su vasi con ansa, e sono presenti ai due lati di quest’ultima.
#Il motivo principale è arricchito da sequenze verticali e orizzontali.
 
Alcuni prezzi concordati per la merce sono riassunti nella seguente tabella<ref>{{cita|Berti 2005|pp. 113-114}}</ref><ref name=B_110_114/>:
==== Decorazioni in verde e bruno o solo in bruno ====
{| class="wikitable"
I recipienti chiusi sono spesso decorati con motivi geometrici, simili a quelli che abbelliscono le forme aperte; è piuttosto raro incontrare invece motivi a carattere figurativo, per lo più raffiguranti animali.<ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo|pp. 189-196, Tavv. 71-136}}; {{cita|Berti - Tongiorgi 1977a|Figg. 9/5, 13, 16, 22/14, 37/5}}; {{cita|Berti - Tongiorgi 1977b|Fig. 43}}; {{cita|Berti - Cappelli 1994|pp. 222 - 224, Tavv. 48-49/X°a}}.</ref>.
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! Merce !! Prezzo (nel 1421) !! “Rationem” (quantità) !! Vendita
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| ''Vasa et scutellas'' || Fiorini 10 || Per 1000 pezzi || Ingrosso
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| ''Catinellas de medio quarto'' || Soldi 5 || Per 1 pezzo (''pro qualibet'') || Minuto
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| ''Catinellas de medietate vantagginas''<ref>Per il significato del termine "vantagginas" si veda {{cita|Fornaciari 2016|pp. 165-166}} con riferimento alla bibliografia precedente</ref> || Soldi 3 e mezzo || Per 1 pezzo (''pro qualibet'') || Minuto
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| ''Catinellas de medietate de charovana''<ref>Per considerazioni sul termine "de charovana" si rimanda a {{cita|Berti 2005|pp. 113-114}}.</ref> || Soldi 2 e denari 4 || Per 1 pezzo (''pro qualibet'') || Minuto
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| ''Catinellas de metrata vantagginas'' || Soldi 1 e denari 8 || Per 1 pezzo (''pro qualibet'') || Minuto
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| ''Catinellas de metrata de charovana'' || Soldi 1 || Per 1 pezzo (''pro qualibet'') || Minuto
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| ''Scutellas alba'' || Libbre 3 || Per 100 pezzi || Ingrosso
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| ''Gradalettos albos'' || Soldi 29 || Per 100 pezzi || Ingrosso
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| ''Vasa de medio quarto vantaggina'' || Soldi 1 e mezzo || Per 1 pezzo (''pro qualibet'') || Minuto
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| ''Vasa alba de medio quarto'' || Soldi 3 || Per 1 pezzo (''pro qualibet'') || Minuto
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| ''Vasa et scutellas de charovana'' || Libbre 2 e soldi 5 || Per 100 pezzi || Ingrosso
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| ''Vasa et scutellas de charovana'' || Denari 6 || Per 1 pezzo (''pro qualibet'') || Minuto
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Ancora qualche clausola del contratto prevedeva che<ref name=B_110_114/><ref>{{cita|Fanucci Lovitch - Virgili 1984|pp. 296-300}}.</ref>:
=== Motivi secondari o sequenze delle forme chiuse ===
*la merce doveva essere venduta nelle proprie botteghe, ad eccezione degli scarti che potevano essere venduti altrove.
Si individuano tre tipi di sequenze: orizzontali, verticali e sequenze sulle anse.
*Ranieri di Antonio Bu riscuoteva un compenso di due grossi d’argento per ogni 1000 pezzi venduti.
*ad ogni “gita” doveva essere presente il vasaio al quale spettava la “gita” successiva.
*chi aveva l'attività fuori le mura, poteva vendere direttamente ai marinai, anche nelle ore notturne. La vendita dei pezzi doveva comunque rispettare le cifre pattuite, e un affiliato dell'Arte o un apposito delegato doveva essere presente durante l'operazione di carico.
*per l’invenduto venivano stabiliti nuovi prezzi almeno da due artigiani appartenenti all’Arte.
 
La documentazione archivistica non riporta un rinnovo del contratto del 1421, ma le fonti testimoniano una florida attività anche in questo periodo.
==== Sequenze orizzontali ====
Poco dopo infatti, nel 1426 viene creata una società di tre anni tra Giovanni di Cione di Lenzo e Niccolò di Jacopo Mangiacauli<ref name=C_139/>, mentre nel 1427-1428, venne a formarsi una compagnia molto importante tra tre ceramisti<ref>{{cita|Berti 2005|pp. 114-115, 125-140}}; {{cita|Berti - Renzi Rizzo 2000|pp. 135-136}}; {{cita|Tongiorgi 1979|p. 52}}.</ref>:
Si trovano inseriti in fasce delimitate da uno o due filetti bruni, normalmente due dalla parte bassa, a separazione dal motivo principale. Spesso sono gli stessi motivi periferici incontrati nelle forme aperte<ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 186, Tav. 125}}.</ref>.
{| class="wikitable"
|-
! Socio !! Interesse !! Apprendisti - Lavoranti - Garzoni
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| Casuccio di Giovanni (VA) + Cardo di Piero || Un terzo || Antonio/Bartolomeo/Giovanni/Menico/Prardino del fu Maso/Pasquino di Piero/Piero di Antonio di Cardo (nipote di Cardo)
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| Michele Bonaccorso (BR - VA) || Un terzo || Piero di Niccolò
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| Leonardo di Andrea (BR) || Un terzo || /
|}
 
Anche nel secondo quarto del XV secolo non mancano attività dedite alla sola rivendita/noleggio. Nel 1428 ad esempio, Gaspare di Paolo del Rosso dichiara di avere nella sua bottega<ref>{{cita|Berti - Tongiorgi 1977a|p. 149}}</ref><ref name=C_141>{{cita|Clemente 2017|p. 141}}.</ref>: {{Quote|più masserizie da nozze, cioè da desinari la quale poi prestiamo, cioè caldaie, treppie, schiedoni, altri taglieri e scodelle e altre cose, come richiede il mestiere.}}
==== Sequenze verticali ====
Queste venivano vendute ancora nella zona di San Iacopo al Mercato insieme a saltuari pezzi di importazione. Ancora si registrano donne legate alla rivendita con qualche esempio di artigiana dedita alla produzione di vasellame<ref>{{cita|Tongiorgi 1964|pp. 7-8}}</ref>.
Si tratta quasi sempre si elementi in sequenza in solo bruno. Queste sequenze occupano di solito le due fasce poste verticalmente sul corpo, ai due lati dell’ansa. Tali fasce sono delimitate, a destra e a sinistra, da tre filettature, raramente due. Le principali sequenze verticali sono<ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 186, Tav. 126}}; {{cita|Berti - Cappelli 1994|p. 129, Tav. 41/g}}.</ref>:
#Serie di barrette parallele tracciate orizzontali o oblique.
#Serie di angoli incuneati con vertice verso il basso o verso l’alto.
#Tratti movimentati da una o più ondulazioni, disposti orizzontalmente lungo la fascia.
#Due serie di cunei hanno l’apice verso il centro della fascia.
#Angoli a vertici contrapposti.
#Tre linee spezzate, poste verticalmente, sono disposte parallelamente. I punti di rottura sono marcati da cerchietti puntinati.
#Segni ad S danno origine ad un motivo a catena.
 
Nella seconda metà del XV secolo Sano di Gherardo Borghesi aveva già introdotto nella propria bottega la produzione di ceramiche ingobbiate e graffite. Tale affermazione è possibile sulla base di alcuni documenti che citano per la prima volta la presenza di “terre bianche” a Pisa.
==== Sequenze sulle anse ====
Uno risale al 1441, quando Sano paga alla dogana di Porta a Mare una certa somma per alcuni “sacchi di bianco”.
Sono numerosi i casi in cui le anse sono monocrome a smalto bianco anche quando il i recipienti hanno il corpo decorato. Sono state rinvenute anche anse decorate in ramina e in manganese. I motivi decorativi sono costituiti quasi esclusivamente da tratti trasversali, orizzontali o obliqui, singoli o a gruppi o a colori alterni. Solo pochi esemplari sono decorati in solo manganese e in rarissimi casi alla base del manico si trova qualche elemento di arricchimento<ref>{{cita|Berti - Tongiorgi 1977a|pp. 100-101, Fig. 43}}; {{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 188, Tav. 127}}.</ref>.
Un altro documento invece concerne il testamento dello stesso, registrato presso un notaio nel 1485. Vengono spartite tra i figli tutte le proprietà del vasaio, comprese le materie prime necessarie alla produzione di vasellame; tra queste vengono citate anche le “terre bianche”. Tale citazione, e la compresenza di stagno nella bottega, permette di ipotizzare la contemporanea produzione della prima ceramica ingobbiata e dell’ultima maiolica arcaica{{#tag:ref|La famiglia Borghesi, di origine livornesi, si stanziò a Pisa con Gherardo nel 1382; la moglie Gadduccia rimane vedova nel 1412 con tre figli: Domenico, Sano e Matteo.
Sano, fu molto attivo nella sua professione di vasaio, ed il suo lavoro gli permise di mantenere una numerosa famiglia.
Suo figlio Gherardo, nato nel 1427, lavora come “fornaciaio”, ma anche “vagellaio”, anche se la sua attività sembra dedita soprattutto alla fabbricazione e vendita di materiali edilizi, si veda {{cita|Berti 2005|p. 124}}; notizie sulla famiglia Borghesi si trovano anche in {{cita|Tongiorgi 1979|pp. 30-31, 96}}.|group=N}}.
 
La zona di San Paolo a Ripa d'Arno e di San Giovanni al Gatano continua ad essere intensamente sfruttata da 10 fornaci. Sant'Andrea in Chinzica e San Marco vengono abbandonate, mentre viene intensamente popolata da ceramisti la cappella di San Pietro ad Ischia, a nord dell'Arno nei pressi dell'odierna via Sant'Apollonia<ref name=C_139/>{{#tag:ref|Le evidenze archeologiche sono illustrate da Marcella Giorgio (https://www.academia.edu/13408119/Un_occasione_per_recuperare_il_passato_lo_scavo_di_Sant_Apollonia_a_Pisa).|group=N}}.
== Maioliche arcaiche policrome ==
Agli inizi del XV secolo, nel 1406, la città di Pisa fu conquistata dai Fiorentini. Poco dopo gli scontri, quando l’economia cittadina e i mercati si stabilizzarono, gli occupanti introdussero nei commerci pisani delle ceramiche che superavano in pregio le manifatture locali. Si tratta del vasellame prodotto nel contado fiorentino, in particolar modo proveniente da Montelupo fiorentino. I nuovi prodotti, denominati nella nostra epoca “Maioliche arcaiche blu”, “Zaffere a rilievo”, “Italo-moresche” o, più generalmente maioliche policrome, facevano largo uso di colori più vivaci, sgargianti, quali il blu o l’azzurro e il giallo, che donavano a queste ceramiche una maggiore bellezza rispetto alle maioliche arcaiche pisane. I ceramisti locali dunque, per far fronte a questa nuova concorrenza, tentarono di apportare modifiche al repertorio decorativo dei loro prodotti, introducendo nella tavolozza la nuova tonalità del giallo/arancio, che si accosta ai sempre caratteristici verde e bruno. L’innovazione riguardò solo la cromia delle maioliche, in quanto la morfologia delle forme e le “ricette” dei rivestimenti vetrosi rimasero invariate<ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 207}}; {{cita|Berti - Tongiorgi 1982}}; {{cita|Berti - Cappelli - Tongiorgi 1986|pp. 157 - 159}}; {{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 203}}; {{cita|Berti – Cappelli 1991}}.</ref>.
 
Il totale censito per tutto il XV secolo è di 144 ceramisti<ref>{{cita|Clemente 2017}}. Per una parziale lista dei nomi degli artigiani si veda {{cita|Berti 2005|pp. 138-140}}</ref>.
 
==== Il quadro economico dei ceramisti negli anni 1428-1429 ====
== Note ==
Durante la Repubblica fino ai primi decenni del XV secolo le imposte venivano ripartite con il sistema dell’estimo che favoriva mercanti e banchieri<ref name=B_115>{{cita|Berti 2005|p. 115}}</ref>.
=== Esplicative ===
<references group=N/>
=== Bibliografiche ===
{{Note_strette}}
 
Dal 1429 entra in vigore, un nuovo metodo tassativo disposto da Firenze per tutti i suoi distretti, ovvero il catasto.
== Bibliografia ==
Ogni nucleo familiare stilava un'autocertificazione dove si dichiaravano i propri beni. In base poi a valutazioni fatte dagli ufficiali del catasto, che si basavano su diversi fattori, l'imponibile poteva essere diminuito o aumentato<ref name=B_115/>.
* {{cita pubblicazione|autore=G. Berti|etal=si|titolo=Le ceramiche medievali delle chiese di Pisa. Contributo per una migliore comprensione delle loro caratteristiche e del loro significato quale documento di storia|rivista=Biblioteca del «Bollettino Storico Pisano». Collana Storica|numero=25|città=Pisa|anno=1983|cid=AA. VV. 1983}}
Medici e forestieri non venivano tassati per 20 anni, come alcune famiglie aristocratiche pisane.
Su un totale di 1752 famiglie: il 12% era esente in quanto senza lavoro oppure inabili e tra questi figurano due operatori nel campo della ceramica.
Tra i ceramisti più ricchi troviamo il broccaio Andrea del maestro Andrea e Casuccio di Giovanni.
 
Il motivo per il quale gli artigiani pisani cominciarono a costituire compagnie lavorative potrebbe essere legato anche al nuovo sistema esattoriale e per non competere fra loro. Infatti, le imposte gravavano soprattutto sugli artigiani che avrebbero potuto fare concorrenza a quelli di Firenze<ref>{{cita|Berti 2005|pp. 115-119}}. Il catasto del 1428-29 è stato pubblicato da Bruno Casini ({{cita|Casini 1964}} e {{cita|Casini 1965|pp. 6,7,9, 20-25}}).</ref>.
* {{cita libro|curatore1=M. Burresi|curatore2=A. Caleca|titolo=Arte Islamica. Presenze di cultura islamica nella Toscana costiera, Catalogo della Mostra, Pisa -Museo Nazionale di San Matteo 1995|città=Pontedera|editore=Bandecchi e Vivaldi|anno=1995|cid=AA. VV. 1995}}.
 
==== Commercio di ceramiche all'entrata della ''Legathia (Degazia)'' tra il 1441 e il 1443 ====
* {{cita pubblicazione|autore1=E. Abela|autore2=G. Berti|titolo=Pisa. I commerci fra XI e XIII s. alla luce dei rinvenimenti ceramici|conferenza=Atti della Tavola Rotonda, Ceramica, città e commercio nell’Italia tardomedievale e nelle aree circonvicine|città=Ravello|anno=1993|cid=Abela - Berti 1993}}
Il registro della dogana di Porta a Mare (nota in quel tempo come Porta della Degazia o Legathia) degli anni 1441 - 1443, costituisce una testimonianza fondamentale perché mostra come alcuni ceramisti pisani produssero grandi quantità di vasellame destinato all'esportazione<ref>{{cita|Berti - Tongiorgi 1977a|p. 152}}. Il documento doganale è possibile trovarlo in {{cita|Casini 1969|p. 140}}. Le notizie riportate di seguito sono tratte da quest’opera. I documenti sono conservati nell’Archivio di Stato di Pisa - Comune B55.</ref>.
 
In esso spiccano tre “vasai”: Sano di Gherardo Borghesi, Frediano Mangiacavoli e Antonio di Andrea del Mancino.
* {{cita conferenza|titolo=VIè Congrès International sur la Céramique Médiévale en Méditerranée: Mutation et Transfert|città=Aix-en-Provence|anno=1995|cid=Aix-en-Provence}}
Dal giugno 1442 quest'ultimo non compare più nei registri della dogana perché aveva costituito una compagnia di cinque anni con Frediano Mangiacavoli.
Nei registri sono annotate sia importazioni sia esportazioni che sono prevalenti. Le cifre da pagare per queste ultime sono valutate secondo quanto stabilito dalla Gabella fiorentina del 1408, per “''ciascuna cotta di vagelli … cioè fornace quando quocie''” e ogni “cotta” comprendeva circa 2000-2100 pezzi<ref>{{cita|Berti - Tongiorgi 1977a|p. 152}}; {{cita|Pagnini 1765-1766|Tomo IV, p. 65}}.</ref>.
 
Sano di Gherardo, mantiene una posizione preminente dal 1441 al 1442, mentre nel 1443 primeggia la società da Frediano e Antonio
* {{cita pubblicazione|autore1=C. Agrippa|autore2=E. Boldrini|autore3=L. Capelli|autore4=M. L. Ceccarelli Lemut|autore5=C. Cucini|autore6=F. Cuteri|autore7=R. Francovich|autore8=S. Guideri|autore9=G. Paolucci|autore10=R. Parenti|autore11=A. Rovelli|autore12=A. Vannini|titolo=Un villaggio di minatori e fonditori di metallo nella Toscana del medioevo: S. Silvestro (Campiglia Marittima)|rivista=Archeologia Medievale|numero=XII|anno=1985|pp=313-401|cid=Agrippa et al. 1985}}
Nel periodo in cui la compagnia è stata più attiva, sono state fatte fino a quattro cotte mensili; la stessa capacità di produzione aveva la fornace di Sano di Gherardo. Risulta quindi che tra il 24 febbraio 1441 e il 27 giugno 1443 sono state pagate complessivamente le gabelle per 113 “cotte”, cioè per circa 230.000 pezzi.
 
Nei documenti in questione vengono citati anche ceramisti provenienti da aree anche molto lontane da Pisa: genti di Livorno (2-3), Elba (1), località liguri come Noli, Chiavari, Rapallo, Genova, Moneglia, Levanto (8), dalla Corsica (3), da Cremona (1) e da siti iberici che importavano propri prodotti ed esportavano prodotti pisani<ref name=C_141/>.
* {{cita libro|autore=A. Alberti|capitolo=La maiolica arcaica della u. s. 1/1983, in E. Abela Bernardi et al.|titolo=Ripafratta (Pisa). 3|rivista=Archeologia Medievale|numero=XVI|anno=1989|pp=441-444|cid=Alberti 1989}}
Sono attestate anche esportazioni di manufatti non pisani come le ceramiche di Montelupo Fiorentino ma anche di maioliche valenzane. La loro presenza è giustificata perché Pisa costituiva ancora, almeno in Toscana, il principale punto d’ingresso e di smistamento per qualsiasi tipo di prodotto<ref>L’argomento viene trattato dettagliatamente in {{cita|Berti 2005|pp. 119-124}}</ref>.
 
==== L'apprendistato ====
* {{cita libro|autore=A. Alberti|capitolo=Maiolica arcaica|curatore=F. Redi|titolo=Medioevo vissuto. Primi dati sulla cultura materiale del castello di Ripafratta. I reperti dello scavo|città=Pisa|editore=Giardini|anno=1990|pp=53-60|cid=Alberti 1990}}
La presenza di uno o più garzoni nelle botteghe ceramiche era molto frequente. Grazie alla documentazione archivista è possibile oggi esporre qualche esempio, soprattutto inerente a come maestro e apprendista instauravano un rapporto che andava oltre il mero aspetto lavorativo.
Il padrone dell'attività, oltre a garantire al garzone un salario, dava vitto e alloggio e non di rado forniva anche il vestiario. L'apprendista invece si impegnava a rispettare gli ordini del maestro, ad essere sempre disponibile, se richiesto, in tutte le 24 ore anche nei giorni feriali.
Il padrone era obbligato a trattare con rispetto il suo apprendista e ad insegnargli il mestiere.
Ad esempio è arrivato fino ai nostri giorni un accordo stipulato nel 1427 tra Piero di Nicolò di Francesco e la compagnia di Cardo di Piero, Leonardo di Andrea e Michele Bonaccorso.
Una volta finito il suo apprendistato, che durava normalmente da 1 a 3 anni, il garzone poteva rimanere nella bottega del suo maestro oppure aprirne una propria<ref name=C_138/>.
In questo periodo comunque era praticata anche la schiavitù. Sappiamo infatti che nel 1441 presso due fornaci in società, lavorava uno schiavo di origine russa il cui stipendio veniva incassato dal suo padrone<ref>{{cita|Berti - Tongiorgi 1977a|p. 153}}.</ref>.
 
=== XVI secolo ===
* {{cita libro|autore=R. Albertini|capitolo=Le site défensif des Pilone (commune de Montegrossu)|curatore=H. Marchesi|titolo=Recherches récentes d’archéologie médiévale en Corse, “Patrimoine d’une île. Patrimoniu isulanu”|città=Ajaccio|anno=1995|pp= 35-39|cid=Albertini 1995}}
Il primo quarto del XVI secolo conta solo 13 vasai a Pisa.
Le cause di questo drastico decremento vanno ricercate nella riconquista pisana e nella fondazione della Seconda Repubblica (1495-
1509) perché in questo periodo vengono bloccati i commerci.
Una timida ripresa si ha nei primi tre decenni del Cinquecento quando, a seguito degli incentivi fiscali post riconquista fiorentina volti a risollevare l'economia, arrivano a Pisa quattro nuovi ceramisti dal contado pisano e fiorentino<ref name=C_141/>{{#tag:ref|({{cita|Alberti - Giorgio 2013|p. 19}}) Una nuova crescita della popolazione pisana si avrà nei quattro decenni successivi alla riconquista fiorentina, arrivando a quasi 10.000 unità entro la metà del Cinquecento ({{cita|Fasano Guarini 1991|p. 17}}).|group=N}}.
Le nuove famiglie di ceramisti sono i Paiti (o Paichi), i Da Sanminiatello e i Petri, mentre altre famiglie sono presenti in città già nel secolo precedente quali gli Arrighetti, i Berto, i Borghesi e i Lupo<ref>{{cita|Clemente 2017|pp. 141-142}}; {{cita|Clemente 2015|p. 165}}; {{cita|Alberti - Giorgio 2013|p. 34}}.</ref>.
 
==== Ceramisti e fornaci nella Pisa del XVI ====
* {{cita pubblicazione|autore1=A. Alberti|autore2=M. Baldassarri|titolo=Prima delle Vettovaglie: gli scavi archeologici nella piazza|rivista=Architetture pisane|numero=3|pp=42-49|cid=Alberti - Baldassarri 2004}}.
I ceramisti attivi nel XVI secolo sono 82<ref name=C_141/>. Una concentrazione di ceramisti abbastanza alta si registra nelle cappelle di San Giovanni al Gatano e di San Paolo a Ripa d’Arno, ma vi è un numero altrettanto importante che dimora tra le cappelle di San Niccolò, San Donato, Sant’Eufrasia, San Iacopo degli Speronai e San Giorgio in prossimità del Ponte Nuovo.<ref name=C_AG>{{cita|Clemente 2017|p. 142}}; {{cita|Alberti - Giorgio 2013|pp. 34-36}}.</ref>.
La zona di San Marco in Chinzica, che prima ospitava diversi vasai, fu gradualmente abbandonata. Gli unici che abitano e lavorano in quest’area agli inizi del secolo appartengono tutti agli Arrighetti, ma nel corso del secondo quarto del XVI secolo anche loro si spostano verso la cappella di San Donato. Presso la cappella di San Pietro a Ischia, oggi nella zona di via Sant'Apollonia, spicca la presenza dei Payti (o Paichi)<ref name=C_AG/>.
Con il passare del tempo i ceramisti si spostano dalla zona del Ponte Nuovo per ripopolare la cappella di San Vito, Santa Lucia e a sud dell'Arno San Casciano. Alla fine del Cinquecento un'altra area produttiva si stabilisci nella cappella di Santa Marta<ref name=C_AG/>.
 
Una unica società risalente agli ultimi anni di questo secolo è quella formata tra il ceramista Antonio di Bartolomeo Cappucci e Giustino di Casteldurante, pittore di maioliche<ref>{{cita|Alberti - Giorgio 2013|p. 38}}; {{cita|Fanucci Lovitch 1991|pp. 19-163}}.</ref>.
* {{cita libro|autore1=A. Alberti|autore2=M. Giorgio|titolo=Vasai e vasellame a Pisa tra Cinque e Seicento. La produzione di ceramica attraverso fonti scritte e archeologiche. Con testi di C. Capelli, G. Clemente, M. Febbraro, A. Fornaciari, D. Stiaffini. I edizione|editore=Società Storica Pisana|città=Pisa||anno=2013|isbn=978-88-6019-718-4||cid=Alberti - Giorgio 2013}}
 
Le fonti scritte permettono di localizzare cinque fornaci del Cinquecento: una era situata vicino a Porta a Piagge in via delle Concette, due invece si trovavano in via Sapienza e appartevano alla famiglia Bitozzi<ref>{{cita|Alberti - Stiaffini 1995}}; {{cita|Alberti - Giorgio 2013|pp. 20, 36, 151-157, 179, 237}}.</ref>. Un'altra era posta nella cappella di San Paolo a Ripa d’Arno, in prossimità di Porta a Mare mentre l'ultima sorgeva nell'attuale Piazza Mazzini<ref>{{cita|Clemente 2017|p. 142}}; {{cita|Alberti - Giorgio 2013|p. 21}}.</ref>.
* {{cita libro|autore1=A. Alberti|autore2=M. Giorgio|capitolo=Nuovi dati sulla produzione di ceramica a Pisa tra XI e XII secolo|curatore1=F. Cantini|curatore2=C. Rizzitelli|titolo=Una città operosa. Archeologia della produzione a Pisa tra Età romana e Medioevo|città=Firenze|anno=2018|pp=29-36|cid=Alberti - Giorgio 2018}}
 
La collocazione centrale della fornace di via Sapienza è sicuramente curiosa in quanto si trova in un'area molto popolata.
* {{cita pubblicazione|autore=J. W. Allan|titolo=Abû’l-Qâsim’s treatise on ceramics|conferenza=Acts Iran|numero=XI|anno=1973|pp=110-120|cid=Allan 1973}}
La scelta di impiantare una fornace da ceramica in quel luogo può spiegarsi con la vicinanza al fiume che era certamente sfruttato come via di trasporto per le materie prime necessarie alla lavorazione e per i prodotti sfornati da immettere nel mercato. In generale, le fornaci sono poste ai confini delle zone urbanizzate o in aree nettamente suburbane. Per le fornaci più centrali si può ipotizzare che esse fossero dedite ad una piccola produzione e che quindi necessitavano di poco spazio.
Probabilmente, a seguito degli scontri con Firenze e con un conseguente calo demografico l'espansione urbanistica che aveva interessato Pisa fino all'inizio del XV secolo subisce una forte contrazione insieme all’abbandono di diverse unità abitative. Ciò ha portato i ceramisti ad operare in aree più centrali ma non densamente abitate, di modo da essere più vicini alle zone dei mercati e contemporaneamente non lontani dalle zone di approvvigionamento di argilla<ref>{{cita|Alberti - Giorgio 2013|pp. 23, 36}}; {{cita|Tongiorgi 1979|p. 17}}.</ref>.
 
Ben documentate sono le notizie relative ad una famiglia in particolare, i Bitozzi{{#tag:ref| I Bitozzi erano originari di Ponte a Signa.|group=N}}, che fra il 1586 e il 1660, sono protagonisti della scena ceramica pisana coinvolgendo tre generazioni. Il primo Bitozzi, Leonardo (1552 ca. - 1615 ca.), arrivato a Pisa già dal 1578 vi trasferisce la sua attività di scalpellino. Solo dopo il suo arrivo in città inizia la vendita e poi la produzione di vasi<ref name=AG_153-154>{{cita|Alberti - Giorgio 2013|pp=153-154}} (ricerca di Daniela Stiaffini).</ref>.
* {{cita pubblicazione|autore1=A. C. Ambrosi|autore2=A. Gardini|titolo=I santuari “d’Abri” nelle Apuane e i livelli medievali della Tecchia di Equi (Massa Carrara)|rivista=Archeologia Medievale|numero=II|anno=1975|pp=367-377|cid=Ambrosi - Gardini 1975}}
Ebbe tre figli: Sebastiano (detto Bastiano), Domenico e Antonio che seguirono le orme paterne diventando scalpellini.
Fu un personaggio piuttosto noto nella Pisa della seconda metà del XVI secolo in quanto poco affidabile nel lavoro. Si trova spesso chiamato in causa dai suoi committenti{{#tag:ref|Ad esempio, nel 1579 Giulio de’ Medici, figlio naturale del duca Alessandro de’ Medici e cavaliere dell’ordine di Santo Stefano, commissionò a Leonardo Bitozzi la fornitura di tutte le pietre lavorate per la decorazione della facciata della villa che stava costruendo ad Arena, località prossima a Pisa. Lo scalpellino allora consegnò in ritardo il materiale cosicché il duca lo citò in giudizio (vedi {{cita|Alberti - Giorgio 2013|p. 161/nota 22}}.|group=N}} e dai suoi collaboratori. Nonostante ciò il Bitozzi godeva di una situazione economica importante. La sua può essere considerata una figura imprenditoriale in quanto egli molto probabilmente investiva denaro e mezzi di lavoro accordandosi con vasai che da parte loro fornivano l'arte. Ad esempio, nel 1587 è nota la società con Paolo di Pietro per la vendita di maioliche di Montelupo e orci da olio<ref>{{cita|Alberti - Giorgio 2013|p. 162}}.</ref>; nel 1593 il Bitozzi cerca di ottenere a livello un fondo per introdurre a Pisa, in società con Niccolò Sisti, la produzione di maioliche faentine<ref>{{cita|Alberti - Giorgio 2013|p. 163}}. Non si sa con esattezza se il Bitozzi conoscesse di persona il Sisti, ma è sicuro che egli mandò una supplica al Granducato affinché fosse finanziato per tale impresa</ref>; risale agli inizi del Seicento l’accordo con Maestro Filippo del fu Giovanni Garaccini da Forlì per gestire una bottega di maiolica<ref>{{cita|Alberti - Giorgio 2013|p. 165}}</ref>.
Sebastiano Bitozzi succedette al padre, lavorando anche lui dapprima come scalpellino, poi stovigliaio<ref>{{cita|Alberti - Giorgio 2013|pp. 165-167}}</ref>.
 
Si sa con sicurezza che i vasai pisani per tutto il secolo esportarono i propri prodotti in tutta la Toscana e nel mediterraneo. A partire dall'ultimo quarto, grazie ai commerci con i fiamminghi e spagnoli (sfruttando i porti di Livorno e di Siviglia), poterono far arrivare i propri prodotti in Inghilterra, Olanda e nelle loro colonie nord americane, nelle colonie spagnole dell'America del Sud, delle Canarie e dei Caraibi<ref>{{cita|Clemente 2017|pp. 144-145}}; {{cita|Giorgio 2016|pp. 355-360>; {{cita|Berti 2005|pp. 145-178}}.</ref>.
* {{cita pubblicazione|autore1=F. Amigues|autore2=A. Bazzana|titolo=(Actes recueillis et présentés par), Fours de Potiers et «testares» médiévaux en Méditerranée occidentale. Méthodes et résultats, Colloque, Madrid, 1987, «Publications de la Casa de Velazquez»|rivista=Série Archéologie|numero=XIII|città=Madrid|anno=1990|cid=Amigues - Bazzana 1990}}
 
==== L'approvvigionamento di argilla e di altre materie prime per la produzione delle ceramiche nel XVI secolo ====
* {{cita pubblicazione|autore1=H. Amouric|autore2=G. Demians d’Archimbaud|autore3=L. Vallauri|titolo=De Marseille au Languedoc et au Comtat Venaissin: les chemins du vert et du brun|rivista=Le vert & le brun|anno=1995|pp=185-233|cid=Amouric - Demians d'Archimbaud - Vallauri 1995}}
Analisi archeometriche<ref>{{cita|Alberti - Giorgio 2013|p. 23}}. Le analisi archeometriche sui manufatti ceramici attribuiti al XVI secolo sono esposte in a p. 239, a cura di Claudio Capelli.</ref> hanno permesso di stabilire che l'argilla usata per creare i manufatti ceramici veniva cavata dai depositi alluvionali del fiume Arno, in zone prossime alle sponde. I documenti citano cave di argilla nelle cappelle di San Marco, di San Giovanni al Gatano e San Michele degli Scalzi.
 
Un cambiamento nei luoghi di approvvigionamento potrebbe essere avvenuto dopo la metà del Cinquecento quando il governo mediceo vietò il prelievo dell’argilla nelle vicinanze delle mura cittadine e nel centro urbano<ref>{{cita|Alberti - Giorgio 2013|p. 24}}; {{cita|Berti 2005|p. 143}}. Le analisi archeometriche sono state ancora condotte da Claudio Capelli sugli scarti ceramici di Villa Quercioli e di Via Sapienza e hanno dimostrato che alcune terre furono cavate probabilmente nella piana del Serchio.</ref>.
* {{cita pubblicazione|autore1=F. Anichini|autore2=G. Gattiglia|titolo=Nuovi dati sulla topografia di Pisa medievale tra X e XVI secolo. Le indagini archeologiche di Piazza S. Omobono, via Uffizi, via Consoli del Mare e via Gereschi|rivista=Archeologia Medievale|numero=XXXV|anno=2009|pp=121-150|cid=Anichini - Gattiglia 2009}}
 
Probabilmente come combustibile per le fornaci in parte veniva usata ancora la paglia, raccolta nelle zone paludose caratteristiche delle campagne pisane. Dalle fonti scritte si evince che alcuni terreni in località Sangineto e San Piero a Grado, già citati nel XIII secolo, sono ancora di proprietà di alcuni ceramisti pisani negli anni ‘50 e ‘70 del XVI secolo<ref>{{cita|Alberti - Giorgio 2013|p. 36}}; {{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|pp. 497 - 498}}.</ref>.
* {{cita pubblicazione|autore=T. Antoni|titolo=I “partitari” maiorchini del Lou dels Pisans, relativi al commercio dei Pisani nelle Baleari (1304-1322 e 1353-1355)|rivista=Biblioteca del “Bollettino Storico Pisano”, Collana Storica|numero=18|città=Pisa|editore=Pacini|anno=1977|cid=Antoni 1977}}
 
Era invece più complicato il rifornimento di legna. Intorno alla metà del XVI secolo, alcuni provvedimenti dell’amministrazione civile vietarono il taglio degli alberi senza uno specifico permesso delle autorità<ref>{{cita|Alberti - Giorgio 2013|p. 36}} - Archivio di Stato di Pisa, Fiume e Fossi, f. 98, cc. 111 r., 132 v. - 133 r. A esempio il vasaio Domenico di Bartolomeo da Samminiatello è costretto a chiedere un permesso all’Ufficio dei Fiumi e dei Fossi per poter tagliare alcuni alberi in un suo terreno.</ref>.
* {{cita pubblicazione|autore=M. Baldassarri|titolo=Pisa. Le indagini archeologiche nel cortile settentrionale del Museo di San Matteo|rivista=Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana|numero=2|anno=2007|pp=199-203|cid=Baldassarri 2007}}
Questa regolamentazione era molto severa e puntuale nelle sanzioni, come dimostra una multa inflitta allo stovigliaio Bartolomeo di Cesare del Turchino che venne sorpreso trasportare legna raccolta senza autorizzazione<ref>{{cita|Alberti - Giorgio 2013|p. 36-37}} - Archivio di Stato di Pisa, Fiumi e Fossi, f. 14, cc. 95 v., - 96 r.; {{cita|Berti 2005|p. 143}}.</ref>.
 
===
* {{cita pubblicazione|autore=M . Baldassarri|etal=si|titolo=L’intervento archeologico nel cortile settentrionale del monastero di San Matteo in Pisa (campagna 2003)|rivista=Archeologia Postmedievale|numero=8|anno=2005|pp=163-198|cid=Baldassarri et al. 2005}}
 
== Note ==
* {{cita libro|autore=O. Banti|capitolo=Pisa e l’Islam|titolo=Arte Islamica. Presenze di cultura islamica nella Toscana costiera, Catalogo della Mostra, Pisa -Museo Nazionale di San Matteo 1995|città=Pontedera|editore=Bandecchi e Vivaldi|anno=1995|pp=31-33|cid=Banti 1995}}
=== Esplicative ===
<references group=N/>
=== Bibliografiche ===
{{Note_strette}}
 
== Bibliografia ==
* {{cita conferenza|autore=G. Batini|titolo=Pisa: un porto della maiolica, in Mostra della ceramica toscana. Maioliche e porcellane di Doccia. Monte S. Savino, 28 maggio – 11 giugno|anno=1972|città=Firenze|cid=Batini 1972}}
* {{cita pubblicazione|autore1=G. Berti|autore2=L. Tongiorgi|titolo=I bacini ceramici medievali delle chiese di Pisa|rivista=Quaderni di Cultura Materiale|numero=3|editore=“L’ERMA” di Bretschneider|città=Roma|anno=1981|cid=Berti - Tongiorgi 1981a}}
 
* {{cita libropubblicazione|autoreautore1=G. GBerti|autore2=E. BatiniTongiorgi|L'amicotitolo=Aspetti della ceramica. Guidaproduzione per i collezionistipisana di terracotta,ceramica maiolica,ingobbiata|rivista=Archeologia porcellanamedievale|numero=IX|città=Firenze|editoreanno=Vallecchi1982|annopp=1974141-174|cid=BatiniBerti - Tongiorgi 19741982}}
*{{cita pubblicazione|S. Bazzurro|etal=si|titolo=Lo scavo del castello di Molassana|rivista=Archeologia Medievale|numero=I|anno=1974|pp=19-53|cid=Bazzurro et al. 1974}}
 
* {{cita pubblicazione|autore1=EG. BellatallaBerti|autore2=AF. BertinoGabrielli|autore3=AR. GardiniParenti|titolo=LoBacini scavoe dell’areaArchitettura. suburbanaTecniche indi viainserimento S.e Vincenzocomplesso a Genovadecorativo|rivistaconferenza=Archeologiain Atti Albisola MedievaleXXVI|numerocittà=XVIAlbisola|anno=19891993|pp=357243-410264|cid=BellataliaBerti - BertinoGabrielli - GardiniParenti 19891993}}
 
* {{cita pubblicazione|autoreautore1=FG. BenenteBerti|autore2=S. Gelichi|titolo=NoteLe sulla"anforette" maiolicapisane: arcaicaNote asu Savonaun econtenitore in Liguriaceramica tra XV e XVI secolotardo-medievale|conferenzarivista=AlbisolaArcheologia - Atti XXIV Convegno Internazionale della Ceramica, AlbisolaMedievale|annonumero=1991XXII|pp=91191-108240|cid=BenenteBerti - Gelichi 19911995a}}
 
* {{cita pubblicazione|autore1=G. Berti|autore2=S. Menchelli|titolo=Pisa. Ceramiche da cucina, da dispensa, da trasporto, dei secoli X-XIV|rivista=Archeologia Medievale|numero=XXV|pp=307-333|Berti - Menchelli 1998}}
* {{cita libro|autore=G. Berti|wkautore=Graziella Berti|capitolo=Pisa. Le produzioni locali dei secoli XIII - XVII dal Museo Nazionale di S. Matteo|curatore=G. C. Bojani|titolo=Ceramica toscana dal Medioevo al XVIII secolo, Catalogo della Mostra-Monte S. Savino|città=Roma|editore=Rotoedit|anno=1990| pp=220-253|cid=Berti 1990}}
 
* {{cita libro|autore=C. Renzi Rizzo|capito=Tegolai, barattolai, vasellai a Pisa nel XIII secolo: note sui produttori di ceramica pisana e la loro distribuzione all’interno della città|curatore1=G. Berti|curatore2=M. Tangheroni|titolo=Il mare, la terra, il ferro. Ricerche su Pisa medievale (secoli VII-XIII)|città=Ospedaletto (PI)|editore=Pacini|anno=2004|cid=Berti - Renzi Rizzo - Tangheroni 2004}}
* {{cita libro|autore=G. Berti|capitolo=Le produzioni graffite in Toscana fra XV e XVII secolo|curatore=S. Gelichi|titolo=Alla fine della Graffita. Ceramiche e centri di produzione nell’Italia settentrionale tra XVI e XVII secolo, Convegno - Argenta, 1992|città=Firenze|editore=All’Insegna del Giglio|anno=1993|pp=187-205|cid=Berti 1992}}
 
* {{cita pubblicazione|autore=G. Clemente|titolo=Ceramisti e produzione ceramica a Pisa tra medioevo ed età moderna|rivista=Ricerche Storiche|numero=3|città=Ospedaletto (Pi)|editore=Pacini|anno=2016|pp=133-145|cid=Clemente 2017}}
* {{cita pubblicazione|autore=G. Berti|titolo=Introduzione di nuove tecniche ceramiche nell’Italia centro settentrionale|conferenza=Atti del Convegno Italo-Spagnolo di Archeologia Medievale, Acculturazione e mutamenti. Prospettive nell’Archeologia Medievale del Mediterraneo, Pontignano (SI), 1993|rivista=Quaderni del Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti. Sezione archeologica - Università di Siena|nuemro=38-39|anno=1995|pp=263 - 283|cid=Berti 1993a}}
 
* {{cita libro|autore=A. Fornaciari|titolo=La sostanza delle forme: morfologia e cronotipologia della maiolica di Montelupo Fiorentino|città=Firenze|editore=All'Insegna del Giglio|anno=2016|isbn=9788878147669|cid=Fornaciari 2016}}
* {{cita pubblicazione|autore=G. Berti, Ceramiche islamiche (IS). 2°m. X-1°m. XIII|conferenza=Piazza Dante|città=Pisa|anno=1993|pp=535-582|cid=Berti 1993b}}
 
* {{cita pubblicazione|autoreautore1=S. Gelichi|autore2=G. Berti|titoloautore3=PisaS. -Nepoti dalle1996|titolo=Relazione importazioniintroduttiva islamichesui alle“Bacini”|conferenza=Atti produzionidel localiXXVI diConvegno ceramicheInternazionale condella rivestimenti vetrificati (2°m. X-1°m. XVII s.)|conferenza=Piazza Dante|città=PisaCeramica|anno=1993|pp=1197-14330|cid=Gelichi - Berti 1993c- Nepoti 1996}}
 
* {{cita libro|autore1=A. Alberti|autore2=M. Giorgio|capitolo=Nuovi dati sulla produzione di ceramica a Pisa tra XI e XII secolo|curatore1=F. Cantini|curatore2=C. Rizzitelli|titolo=Una città operosa. Archeologia della produzione a Pisa tra Età romana e Medioevo|città=Firenze|pp=29-36|cid=Alberti - Giorgio 2018}}
* {{cita pubblicazione|autore=G. Berti|titolo=Pisa - A seafaring Republic. Trading relation with islamic countries in the light of ceramic testimonies (2nd half of 10th to middle of 13th Century)|conferenza=Colloque d’Archeologie Islamique IFAO|città=Le Caire|anno=1993|cid=Berti 1993d}}
 
* {{cita libro|autore=M. Giorgio|titolo=La ceramica nei periodi di transizione: produzione e circolazione di vasellame a Pisa e
* {{cita pubblicazione|autore=G. Berti|titolo=I “Bacini” ceramici della Toscana|conferenza=Atti XXVI Convegno Internazionale della Ceramica, Albisola|anno=1993|pp=101-138|cid=Berti 1993e}}
nel contado tra Quattro e Seicento, Tesi di Dottorato di ricerca in Scienze Umanistiche, sez. Archeologia, Università di Pisa|anno=2016|cid=Giorgio 2016}}
 
* {{cita pubblicazione|autore=M. Giorgio|titolo=Dai bacini ai reperti da scavo: commercio di ceramica mediterranea nella Pisa bassomedievale|conferenza=Atti XLV Convegno Internazionale della Ceramica 2012|città=Albenga (SV)|anno=2013|pp=43-56|cid=Giorgio 2013}}
* {{cita libro|autore=G. Berti|capitolo=Ceramiche medievali e rinascimentali|titolo=Museo Archeologico Versiliese Bruno Antonucci. Pietrasanta|città=Viareggio|editore=Arti Grafiche M e G. Pezzini|anno=1995|pp=194-216|cid=Berti 1995a}}
 
* {{cita libro|autore=GM. BertiGiorgio|capitolo=IReinterpretare repertie ricontestualizzare i dati archeologici: l’esempio della produzione ceramica di Pisa tra XV e XVI ceramicisecolo|curatorecuratore1=GP. Piancastelli PolitiArthur|curatore2=M.L. NenciniImperiale|titolo=LaVII FortezzaCongresso VecchiaNazionale difesadi eArcheologia simboloMedievale, dellavol. cittàII, diLecce Livorno9-12 settembre 2015|città=Milano|editore=Amilcare PizziFirenze|anno=19952015|pp=156305-161309|cid=BertiGiorgio 1995b2015}}
 
* {{cita pubblicazione|autore=GM. BertiGiorgio||titolo=LeColori “protomaioliche”nel incielo. Toscana|conferenza=Convegno50 Nazionaleanni di Studi,studi Lasui protomaiolica.Bacini Bilanciceramici|conferenza=Atti L Convegno Internazionale edella aggiornamentiCeramica|numero=L/2017|città=RomaAlbenga (C.N.RSV)|annopp=199583-94|cid=BertiGiorgio 1995c2018a}}
 
* {{cita libro|autore=M. Giorgio|capitolo=Produzione e consumo di ceramiche a Pisa: rapporto tra ingobbiate e maioliche nella prima età moderna|curatore=P. De Vingo|titolo=Le Archeologie di Marilli. Miscellanea di studi in ricordo di Maria Maddalena Negro Ponzi Mancini|città=Alessandria|pp=579-593|cid=Giorgio 2018b}}
* {{cita pubblicazione|autore1=G. Berti|autore2=L. Cappelli|titolo=“Maioliche arcaiche policrome” del quattrocento in Toscana|conferenza=Atti XXIV Convegno Internazionale della Ceramica, Albisola|anno=1991|pp=7-17|cid=Berti – Cappelli 1991}}
 
* {{cita libro|capitolo=L’approvvigionamento di argilla a Pisa nel Bassomedioevo e in Età Moderna: analisi, dati materiali e documentali a confronto|curatore=M. Giorgio|titolo=Storie (di) Ceramiche 4. Ceramica e Archeometria|cid=Giorgio 2018c}}
* {{cita pubblicazione|autore1=G. Berti|autore2=L. Cappelli|titolo=Lucca. Ceramiche medievali e postmedievali (Museo Nazionale di Villa Guinigi). I. Dalle ceramiche islamiche alle “maioliche arcaiche”. Secc. XI-XV|rivista=Ricerche di Archeologia altomedievale e medievale|numero=19-20|città=Firenze|editore=All'Insegna del Giglio|anno=1994|cid=Berti – Cappelli 1994}}
 
* {{cita pubblicazione|autore1=GM. BertiGiorgio|autore2=SI. GelichiTrombetta|titolo=LeVasellame “anforette”privo pisanedi rivestimento depurato: noteaggiornamenti crono-tipologici su contenitori di produzione pisana provenienti da un contenitorecontesto inchiuso ceramicadello tardo-medievalescavo di Via Toselli a Pisa|rivistaconferenza=ArcheologiaAtti MedievaleConvegno Internazionale della Ceramica|numero=XXII|anno=1995XL|pp=191149-240155|cid=BertiGiorgio - GelichiTrombetta 1995a2008}}
 
* {{cita pubblicazione|autore1=GM. BertiGiorgio|autore2=SI. GelichiTrombetta|titolo=MilleDall'ultima cheminsmaiolica ouvertsarcaica enalle Italieprime ingobbiate graffite: persistenze e trasformazioni nella produzione ceramica a Pisa e nel Valdarno Inferiore tra la fine del XV e gli inizi XVI secolo|rivistaconferenza=LeAtti vertXLIII etConvegno leInternazionale brundella Ceramica 2010|città=Albenga|anno=19952011|pp=128229-163239|cid=BertiGiorgio - GelichiTrombetta 1995c2011}}
 
* {{cita libro|autoreautore1=GA. BertiAlberti|curatoreautore2=M. di Giorgio|titolo=CeramicheVasai cone coperturevasellame vetrificatea usatePisa cometra “bacini”Cinque -e ImportazioniSeicento. aLa Pisaproduzione di ceramica attraverso fonti scritte e inarcheologiche. altriCon centritesti delladi ToscanaC. traCapelli, fineG. XClemente, eM. XIIIFebbraro, secoloA. Fornaciari, D. Stiaffini. I edizione|anno=2013|editore=All’InsegnaSocietà delStorica GiglioPisana|città=Firenze|anno=2011Pisa|cid=BertiAlberti - Giorgio 20112013|isbn=978-88-6019-718-4}}
 
* {{cita pubblicazione|autore1=GA. BertiAlberti|autore2=LD. Cappelli|autore3=R. FranconvichStiaffini|titolo=LaUna maiolicafornace arcaicadi inepoca Toscana|conferenza=Lamoderna ceramicaa medievalePisa: delindagine Mediterraneoarcheologica occidentale,e Attiricerca deldi Congressoarchivio. InternazionaleNotizie -preliminari|conferenza=Atti UniversitàConvegno diInternazionale Siena,della Siena-Faenza, 1984 (Firenze, 1986)Ceramica|numero=XXVIII|anno=19841995|pp=48323-51030|cid=BertiAlberti – Cappelli –- FrancovichStiaffini 19841995}}
 
* {{cita libro|autore=G. Berti|titolo=Pisa. Le ceramiche ingobbiate “Graffite a Stecca”. Secc. XV - XVII (Museo Nazionale di San Matteo)|città=Borgo San Lorenzo (FI)|editore=All'insegna del Giglio|anno=2005|cid=Berti 2005|isbn=88-7814-487-8}}
* {{cita pubblicazione|autore1=G. Berti|autore2=L. Cappelli|autore3=E. Tongiorgi|titolo=Considerazioni su produzioni di ceramiche ingobbiate e graffite di alcuni centri della Toscana nord-occidentale|conferenza=Atti XIX Convegno Internazionale della Ceramica, Albisola|anno=1986|pp=155-166, (E. C., disegni a p. 165=Fig.2, a p. 166=Fig. 1)|cid=Berti - Cappelli - Tongiorgi 1986}}
 
* {{cita pubblicazionelibro|autore1=G. Berti|autore2=SC. Gelichi|autore3=T.Renzi MannoniRizzo|titolo=TrasformazioniPisa. tecnologicheLe nelle“Maioliche primeArcaiche”. produzioniSecc. italianeXIII con rivestimenti vetrificatiXV (secc.Museo XII-XIIINazionale di San Matteo), Appendice: “Nomina Vasorum”|conferenzaeditore=AttiAll’Insegna Aix-en-Provencedel Giglio|città=Aix-en-ProvenceFirenze|anno=19951997|isbn=88-7814-120-8|cid=Berti - GelichiRenzi -Rizzo Mannoni 19951997}}
 
* {{cita libropubblicazione|autore1=FG. Berti|autore2=GC. Migliori|autore3=E.Renzi DainiRizzo|titolo=TecnologiaPisa: della Ceramica Antica. Museo Archeologicoproduzione e dellacommercio Ceramicadelle diceramiche Montelupo.del SezioneXV didatticasecolo “Ezio(notizie Tongiorgi”preliminari)|editoreconferenza=CentroAtti StampaConvegno MuseoInternazionale Montelupodella Ceramica|cittànumero=Montelupo FiorentinoXXXIII|annopp=1989127-148, 2000|cid=Berti - MiglioriRenzi -Rizzo Daini 19892000}}
 
* {{cita libro|autore=G. Berti|titolo=Pisa. Le “Maioliche Arcaiche”. Secc. XIII – XV (Museo Nazionale di San Matteo), C. Renzi Rizzo, Appendice: “Nomina Vasorum”|editore=All’Insegna del Giglio|città=Firenze|anno=1997|isbn=88-7814-120-8|cid=Berti - Renzi Rizzo 1997}}
 
* {{cita libro|autore1=G. Berti|autore2=L. Tongiorgi|titolo=Alcuni bacini restaurati provenienti da chiese pisane, in Mostra del Restauro di opere delle Province di Pisa e Livorno – Pisa. Museo Nazionale di San Matteo – 1971|città=Pisa|anno=1971|cid=Berti - Tongiorgi 1971}}
 
* {{cita libro|autore1=G. Berti|autore2=L. Tongiorgi|titolo=Bacini ceramici restaurati, in Mostra del Restauro – Pisa, Museo di S. Matteo – 1972|città=Pisa|anno=1972|cid=Berti – Tongiorgi 1972}}
 
* {{cita pubblicazione|autore1=G. Berti|autore2=L. Tongiorgi|titolo=I bacini ceramici delle chiese della provincia di Pisa con nuove proposte per la datazione della ceramica spagnola “tipo Pula”|conferenza= Atti Faenza|numero=LX|città=Faenza|anno=1974|pp=67-79|cid=Berti - Tongiorgi 1974}}
 
* {{cita pubblicazione|autore1=G. Berti|autore2=L. Tongiorgi|titolo=Bacini ceramici su edifici religiosi e civili delle Province di Pistoia, Firenze e Siena|conferenza=Atti Faenza|numero=LXI|città=Faenza|anno=1975|pp=123-135|cid=Berti - Tongiorgi 1975a}}
 
* {{cita pubblicazione|autore1=G. Berti|autore2=L. Tongiorgi|titolo=Les céramiques décoratives sur les églises romanes de Corse|rivista=Cahiers Corsica|numero=53-54|anno=1975|cid=Berti - Tongiorgi 1975b}}
 
* {{cita pubblicazione|autore1=G. Berti|autore2=L. Tongiorgi|titolo=Ceramica Pisana – Secoli XIII – XV. "Biblioteca di Antichità pisane"|volume=I|editore=Pacini Editore|città=Pisa|anno=1977|cid=Berti - Tongiorgi 1977a}}
 
* {{cita pubblicazione|autore1=G. Berti|autore2=L. Tongiorgi|titolo=La céramique, in AA. VV., Le Castello et la Rocca Féodale en Corse. III - La torre dei Motti a Luri|rivista=Cahiers Corsica|numero=65-67|anno=1997|pp=43-67|cid=Berti - Tongiorgi 1977b}}
 
* {{cita libro|autore1=G. Berti|autore2=L. Tongiorgi|titolo=I bacini ceramici medievali delle chiese di Pisa|città=Roma|editore=“L’Erma” di Bretschneider|anno=1981|cid=Berti - Tongiorgi 1981a}}
 
* {{cita pubblicazione|autore1=G. Berti|autore2=E. Tongiorgi|titolo=Aspetti della produzione pisana di ceramica ingobbiata|rivista=Archeologia Medievale|volume=IX|anno=1982|pp=141- 174|cid=Berti - Tongiorgi 1982}}
 
* {{cita pubblicazionelibro|autore=MF. Biasotti|etal=siBonaini|titolo=ScavoStatuti dell’areainediti ovestdella delcittà villaggiodi abbandonatoPisa didal MonteXII Zignago:al ZignagoXIV 3secolo|rivistacittà=Archeologia Medievale|volume=XIIFirenze|anno=1985|pp=2131854-2431857|cid=BiasottiBonaini et al. 19851854-1857}}
 
* {{cita pubblicazione|autore=A. Boato|etal=si|titolo=Scavo dell’area est del villaggio abbandonato di Monte Zignago: Zignago 4|rivista=Archeologia Medievale|volume=XVII|anno=1990|pp=355-410|cid=Boato et al. 1990}}
 
* {{cita libro|curatore=G. C. Bojani|titolo=Ceramica toscana dal Medioevo al XVIII secolo, Catalogo della Mostra-Monte S. Savino, 1990|città=Roma|editore=Rotoedit|anno=1990|cid=Bojani 1990}}
 
* {{cita pubblicazione|autore=F. Bonora|titolo=Scavo di una fornace da campana in S. Andrea di Sarzana|rivista=Archeologia Medievale|volume=II|anno=1975|pp=123-148|cid=Bonora 1975}}
 
* {{cita libro|autore1=S. Bruni|autore2=E. Abela|curatore=G. Berti (a cura di)|titolo=Ricerche di archeologia medievale a Pisa. I. Piazza dei Cavalieri, la campagna di scavo 1993. Biblioteca di Archeologia Medievale|numero=17|editore=All’Insegna del Giglio|città=Firenze|cid=Bruni - Abela - Berti 2000}}
 
* {{cita pubblicazione|autore=M. C. Busi|titolo=Contributo alla conoscenza della ceramica acroma pisana: i materiali della Torre della Fame a Pisa|rivista=Archeologia Medievale|numero=XI|anno=1984|pp=465 – 476|cid=Busi 1984}}
 
* {{cita pubblicazione|autore1=D. Cabona|autore2=T. Mannoni|autore3=O. Pizzolo|titolo=Gli scavi del complesso medievale di Filattiera in Lunigiana. 1: La collina di S. Giorgio|rivista=Archeologia Medievale|numero=IX|anno=1982|pp=331-357|cid=Cabona - Mannoni - Pizzolo 1982}}
 
* {{cita libro|autore=A. Caiger Smith|titolo=Tin-glage Pottery in Europe and the Islamic World|città=London|editore=Faber & Faber|anno=1973|cid=Caiger Smith 1973}}
 
* {{cita libro|curatore=C. Calisse|titolo=Liber Maiolichinus de gestis Pisanorum illustribus|città=Roma|editore=Istituto Storico Italiano. Fonti per la Storia d’Italia|anno=1904|cid=Calisse 1904}}
 
* {{cita pubblicazione|autore=A. Cameirana|titolo=Contributo per una topografia delle antiche fornaci ceramiche savonesi|conferenza=Atti II Convegno Internazionale della Ceramica, Albisola|anno=1969|pp=61-72|cid=Cameirana}}
 
* {{cita pubblicazione|autore=A. Cameirana|titolo=Esempi di prime smaltate a Savona. Il pavimento dell’antico convento di S. Francesco|rivista=Faenza|numero=LIX|anno=1973|pp=132-137|cid=Cameirana 1973}}
 
* {{cita pubblicazione|autore1=A. Castelli|autore2=G. Deferrari|autore3=P. Ragagli, La ceramica fine da mensa tardomedievale nel castello di Andora|conferenza=Atti XXIV Convegno Internazionale della Ceramica, Albisola|anno=1991|pp=109-121|Castelli - Deferrari - Ramaglia 1991}}
 
* {{cita libro|autore1=F. Castillo Galdeano|autore2=R. Martinez Madrid|capitolo=Producciones cerámicas en Bayyana|titolo=La cerámica altomedieval en el sur de al-Andalus|città=Granada (Universidad de Granada)|editore=A. Malpica Cuello|anno=1993|pp=67-116|cid=Castillo Galdeano - Martinez Madrid 1993}}
 
* {{cita pubblicazione|autore1=J. Chausserie Lapree|autore2=N. Nin|titolo=Présence italienne aux Martigues, in autori vari|anno=1993|pp=32-43|cid=Chausserie Lapree - Nin 1993}}
 
* {{cita pubblicazione|autore=G. Ciampoltrini|titolo=Scarichi di fornace tardomedievale in comune di Palaia (PI)|rivista=Archeologia Medievale|numero=VI|anno=1979|pp=359-366|cid=Ciampoltrini 1979}}
 
* {{cita pubblicazione|autore=G. Ciampoltrini|titolo=La maiolica arcaica del Medio Valdarno Inferiore|rivista=Archeologia Medievale|nuemro=VII|anno=1980|pp=507-520|cid=Ciampoltrini 1980}}
 
* {{cita pubblicazione|autore=G. Ciampoltrini|titolo=Piazza al Serchio (LU): Scavo dei resti della “Pieve vecchia”. Notizia preliminare|rivista=Archeologia Medievale|numero=XI|anno=1984|pp=297-307|cid=Ciampoltrini 1984}}
 
* {{cita libro|autore1=G. Ciampoltrini|autore2=F. Maestrini, Frammenti di storia. Archeologia di superficie nel Medio Valdarno Inferiore, S. Croce sull’Arno|anno=1983|cid=Ciampoltrini - Maestrini 1983}}
 
* {{cita pubblicazione|autore1=G. Ciampoltrini|autore2=P. Notini|titolo=Massaciuccoli (Com. Massarosa, Lucca): Ricerche sull’insediamento a Lucca. Un contributo archeologico|rivista=Archeologia Medievale|numero=XX|anno=1993|pp=393-407|cid=Ciampoltrini - Notini 1993}}
 
* {{cita libro|autore=O.R. Constable|titolo=Trade and traders in Muslim Spain|città=Cambridge|editore=Cambridge Studies in Medieval Life and Thought. Fourth series, 24 - Cambridge University Press|anno=1994|cid=Constable 1994}}
 
* {{cita libro||curatore=G. Conti|autore=C. Piccolpasso|titolo=Li tre libri dell’arte del vasaio|città=Firenze|editore=All’Insegna del Giglio|anno=1976|cid=Conti 1976}}
 
* {{cita libro|autore=N. Cuomo di Caprio, Ceramica in Archeologia 2. Antiche tecniche di lavorazione e moderni metodi di indagine|editore=L’Erma di Bretschneider|città=Roma|anno=2007|isbn=88-8265-397-8|cid=Cuomo di Caprio 2007}}
 
* {{cita pubblicazione|autore=G. Casini|titolo=I bacini di S. Cecilia a Pisa|rivista=Faenza|numero=XXVI|pp=51-57|cid=Casini 1938}}
 
* {{cita libro|autore=PB. D'AchiardiCasini|titolo=S.Il Pierocatasto adi Grado.Pisa Glidel affreschi1428-29|rivista=Pubblicazioni della Società Storica Pisana - Collana Storica|numero=2|città=RomaPisa|anno=19051964|cid=D'AchiardiCasini 19051964}}
 
* {{cita pubblicazionelibro|autore=FB. D’AngeloCasini|titolo=PisaniAspetti adella Palermovita allaeconomica finee sociale dal Catasto del Duecento1428-1429|rivistacittà=Antichità PisanePisa|anno=1974/21965|ppcid=45-57|D’AngeloCasini 19741965}}
 
* {{cita libro|autore=G. Cora|titolo=Storia della Maiolica di Firenze e del Contado. Secoli XIV-XV|città=Firenze|anno=1973|cid=Cora 1973}}
* {{cita pubblicazione|autore=F. D’Angelo|titolo=Le ceramiche rinvenute nel convento di S. Francesco d’Assisi a Palermo ed il loro significato|conferenza=Atti VIII Convegno Internazionale della Ceramica, Albisola|anno=1975|pp=99-117|cid=D’Angelo 1975}}
 
* {{cita libro|autore1=A. Corretti|autore2=M.A. Vaggioli|capitolo=Pisa, via Sant’Apollonia: secoli di contatti mediterranei|curatore=Tangheroni M.|titolo=Pisa e il Mediterraneo: uomini, merci, idee dagli etruschi ai Medici|pp=57 - 63|anno=2003|cid=Corretti - Vaggioli 2003}}
* {{cita pubblicazione|autore=F. D’Angelo|titolo=Ceramiche Medievali di produzione locale e d’importazione rinvenute a Marsala (sec. XII .XIV)|conferenza=Atti XI Convegno Internazionale della Ceramica, Albisola|anno=1978|pp=55-60|cid=D’Angelo 1978}}
 
* {{cita libro|autore=F. Diaz|titolo=Il Granducato di Toscana. I Medici|città=Torino|anno=1976|cid=Diaz 1976}}
* {{cita pubblicazione|autore=F. D’Angelo|titolo=La ceramica nell’archeologia urbana: Palermo nel basso medioevo|conferenza=La Céramique Médiévale en Méditerranée occidentale, Xe-XVe siècles, Actes du Colloque International, N° 584 (CNRS), Valbonne, 1978|città=Paris|anno=1980|pp=175-182|cid=D’Angelo 1979}}
 
* {{cita pubblicazione|autore=FM. D’Angelo|titolo=ScartiFanucci diLovitch, produzioneArtisti diattivi ceramichea sicilianePisa dell’XIfra secolo|conferenza=LaXIII ceramicae medievaleXVII del Mediterraneo occidentalesecolo, Atti(Biblioteca del Congresso“Bollettino InternazionaleStorico - Università diPisano”, SienaStrumenti, Siena1-Faenza, 19842)|città=FirenzePisa|annoeditore=1986Pacini|ppanno=587-5941991|cid=D’AngeloFanucci Lovitch 19841991}}
 
{{cita libro|autore1=M. Fanucci Lovitch|autore2=E. Virgili|titolo=I vasai di Pisa ed i loro accordi corporativi del 1419 e del 1421, “Bollettino Storico Pisano”, LIII|città=Pisa|editore=Pacini|anno=1984|pp=291-300|cid=Fanucci Lovitch - Virgili 1984}}
* {{cita libro|autore=F. D’Angelo|capitolo=Ceramica locale e ceramica d’importazione a Brucato|curatore=J. M. Pesez|titolo=Brucato. Histoire et archéologie d’un habitat médiéval en Sicile|città=Roma (Ecole Francaise de Rome)|anno=1984|pp=451-471|cid=D’Angelo 1984b}}
 
* {{cita libro=|autore=FE. D’Angelo|capito=MoneteFasano forestiere e gettoni di vetroGuarini|curatore1capitolo=C. A.Pisa Dinel Stefano|curatore2=A. CadeiCinquecento|titolo=FedericoPisa: eiconografia laa Sicilia.stampa Dalladal terraXV allaal Corona.XVIII Archeologia e Architetturasecolo|città=Palermo|editore=EdiprintPisa|anno=19951991|pp=7717 -80 25|cid=D’AngeloFASANO 1995GUARINI 1991}}
 
* {{cita libro|autore1autore=FG. D'Angelo|autore2=L. TongiorgiGarzella|titolo=FiguraPisa umanacom’era: topografia e costumeinsediamente nelladall’impianto ceramicatardoantico pisanaalla fracittà ilmurata XIV e XVdel secolo, Antichità Pisane|volume=II/3XII|città=PisaNapoli|anno=1975|pp. 6-141990|cid=D'AngeloGarzella – Tongiorgi 19751990}}
 
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* {{cita libro|autore=F. Davoli|titolo=Vita della grande contessa Matilde di Canossa scritta in versi eroici da Donizone prete e monaco benedettino e volgarizzata per la prima volta da Don Francesco Davoli|città=Reggio Emilia|editore=Stabilimento Tipografico e Litografico degli Artigianelli|anno=1888|cid=Davoli 1888}}
 
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* {{cita pubblicazione|autore=G. Deferrari|etal=si||titolo=Per un’archeologia dei villaggi e delle attività vetrarie in Valle Stura (Genova)|rivista=Archeologia Medievale|numero=XIX|anno=1992|pp=629-661}}
 
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* {{cita pubblicazione|autore1=S. Ducci|autore2=M. Baldassarri|autore3=G. Gattiglia|titolo=Pisa. Via Toselli: indagini preventive al progetto di riedificazione (I campagna, luglio-agosto 2008)|rivista=Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana|numero=4|pp=220-228|cid=Ducci - Baldassarri - Gattiglia 2009}}
 
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* {{cita libro|autore1=P. A. Fevrier|autore2=M. Fixot|autore3=L.Rivet|capitolo=Le palais épiscopal de Fréjus (Var)|curatore=L. Vallauri|titolo=L’église et son environnement. Archéologie médiévale en Provence|città=Aix-en-provence|editore=Roubaud|anno=1989|pp=59-61|cid=Fevrier - Fixot - Rivet 1989}}
 
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* {{cita libro|autore=S. Fiorilla|capitolo=Manufatti di incompiuta lavorazione|curatore=S. Scuto|titolo=Fornaci, castelli e pozzi dell’età di mezzo. Primi contributi di archeologia medievale nella Sicilia centro-meridionale|città=Agrigento|anno=1990|pp=31-34|cid=Fiorilla 1990}}
 
* {{cita pubblicazione|autore=S. Menchelli|titolo=Ateius e gli altri: produzioni ceramiche in Pisa e nell'ager Pisanus fra tarda repubblica e primo impero|conferenza=Atti del Convegno: Ateius e le sue fabbriche|editore=Annali Scuola Normale Superiore|città=Pisa|anno=1995|pp=333-350|cid=Menchelli 1995}}
* {{cita libro|autore=M. Fixot|curatore=L. Vallauri|titolo=L’église et son environnement. Archéologie médiévale en Provence|città=Aix-en-provence|editore=Roubaud|anno=1989|cid=Fixot - Vallauri 1989}}
 
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* {{cita pubblicazione|autore1=S. Fossati|autore2=I. Ferrando|autore3=M. Milanese|titolo=Le ceramiche medievali di Vico Carità a Genova|conferenza=Atti VIII Convegno Internazionale della Ceramica, Albisola|anno=1975|pp=181-198|cid=Fossati - Ferrando - Milanese 1975}}
 
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* {{cita pubblicazione|autore1=S. Fossati|autore2=T. Mannoni|titolo=Lo scavo della vetreria medievale di Monte Lecco|rivista=Archeologia Medievale|numero=II|anno=1975|pp=31-97|cid=Fossati - Mannoni 1975}}
 
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* {{cita pubblicazione|autore=Riccardo Francovich|wkautore=Riccardo Francovich|titolo=La ceramica medievale a Siena e nella Toscana meridionale (Secc. XIV-XV). Materiali per una tipologia|rivista=Ricerche di Archeologia altomedievale e medievale|numero=5-6|città=Firenze|editore=All'Insegna del Giglio|anno=1982|cid=Francovich 1982}}
 
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* {{cita pubblicazione|cutore=R. Francovich|titolo=Scarlino I. Storia e territorio|rivista=Ricerche di Archeologia Altomedievale e Medievale|numero=9-10|cità=Firenze|editore=All’Insegna del Giglio|anno=1985|Francovich 1985}}
 
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* {{cita libro|cutore=R. Francovich|titolo=Rocca S. Silvestro|città=Roma|editore=Leonardo-De Luca|anno=1991|cid=
Francovich 1991}}
 
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* {{cita pubblicazione|autore1=R. Francovich|autore2=S.Gelichi|titolo=Per una storia delle produzioni e del consumo della ceramica bassomedievale a Siena e nella Toscana meridionale|conferenza=La Céramique Médiévale en Méditerranée occidentale, Xe-XVe siècles, Actes du Colloque International, N° 584 (CNRS), Valbonne, 1978|città=Paris|anno=1980|pp=137-153|cid=Francovich - Gelichi 1978}}
 
* {{cita libro|autore=F. Redi|capitolo=Spazi e strutture mercantili-produttive a Pisa tra XI e XV secolo, in Spazio urbano ed organizzazione economica nell’Europa Medievale|curatore=A. Grohmann|conferenza=Atti del 11 Convegno Internazionale di Storia Economica, in Annali della Facoltà di Scienze Politiche, 29, Materiali di Storia, 14|città=Napoli|editore=Edizioni Scientifiche italiane|anno=1994|p=321|cid=Redi 1994a}}
* {{cita pubblicazione|autore1=R. Francovich|autore2=S.Gelichi|titolo=Ricerche archeologiche su un insediamento medievale della costa toscana. Prima campagna di scavo nell’area del castello di Scarlino|rivista=Prospettiva|numero=19|anno=1979|pp=92-98|cid=Francovich - Gelichi 1979}}
 
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* {{cita pubblicazione|autore=M. Giorgio|titolo=Colori nel cielo. 50 anni di studi sui Bacini ceramici|conferenza=Atti L Convegno Internazionale della Ceramica|numero=L/2017|città=Albenga (SV)|anno=2018|pp=83-94|cid=Giorgio 2018}}
 
* {{cita pubblicazione|autore=M. Giorgio|capitolo=L’approvvigionamento di argilla a Pisa nel Bassomedioevo e in Età Moderna: analisi, dati materiali e documentali a confronto|curatore=Giorgio M|titolo=Storie (di) Ceramiche 4. Ceramica e Archeometria|pp=35-44|cid=Giorgio 2018b}}
 
*{{cita libro|autore=M. Giorgio|capitolo=Produzione e consumo di ceramiche a Pisa: rapporto tra ingobbiate e maioliche nella prima età moderna|curatore=P. De Vingo|titolo=Le Archeologie di Marilli. Miscellanea di studi in ricordo di Maria Maddalena Negro Ponzi Mancini|città=Alessandria|anno=2018|pp=579-593|cid=Giorgio 2018c}}
 
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