Museo civico del marmo di Carrara e San Leucio (Caserta): differenze tra le pagine

(Differenze fra le pagine)
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Abisys.bot (discussione | contributi)
m .
 
Annullata la modifica 105692765 di 93.34.141.48 (discussione)
Etichetta: Annulla
 
Riga 1:
{{Divisione amministrativa
{{Museo
|Nome =San Leucio
|Nome ufficiale=
|Data di fondazione = [[1982]]
|Panorama=Caserta San Leucio.jpg
|Data di chiusura =
|Didascalia=San Leucio
|Fondatori = [[File:Carrara-Stemma.png|20px]] [[Carrara|Comune di Carrara]]
|Stemma=
|Indirizzo = Viale XX Settembre, 85 - 54033 [[Carrara]], (MS), [[Italia]]
|Stato=ITA
|Direttore =
|Grado amministrativo=4
|Visitatori =
|Divisione amm grado 1=Campania
|Anno visitatori =
|Divisione amm grado 2=Caserta
|Tipologia = [[Cultura]], [[Arte]], [[Grafica]], [[Storico]]
|Divisione amm grado 3=Caserta
|Sito = http://giove.cnuce.cnr.it/museo.html
|Latitudine gradi=41
|Latitudine minuti=05
|Latitudine secondi=55
|Latitudine NS=N
|Longitudine gradi=14
|Longitudine minuti=18
|Longitudine secondi=57
|Longitudine EW=E
|Superficie=
|Note superficie=
|Abitanti=1000
|Note abitanti=
|Aggiornamento abitanti=
|Codice catastale=
|Nome abitanti=leuciani
|Patrono=
|Festivo=
}}
[[File:San Leucio panorama.jpg|miniatura|276x276px|Panorama di San Leucio]]
Fondato a [[Carrara]] nel [[1982]], il '''Museo civico del marmo''' è una struttura espositiva dedicata alla produzione e alla lavorazione del marmo nelle [[Alpi Apuane]].
'''San Leucio''' è una frazione del comune di [[Caserta]] nota per ragioni sia storiche sia artistiche, posta a 3,5 km a nord ovest della città. Il sito reale, insieme alla [[Reggia di Caserta]], è stato riconosciuto come [[Patrimonio dell'Umanità]] dall'[[UNESCO]].
 
== Storia del museo ==
[[File:Palazzobelvedere.JPG|thumb|Facciata del Palazzo Belvedere]]
In Viale XX Settembre a Carrara tra il [[1962]] ed il [[1965]], viene costruito un edificio per ospitare la Mostra Nazionale del [[Marmo di Carrara|Marmo]]. La struttura, dotata di ampi saloni e giardini, è utilizzata per tre edizioni della Mostra Nazionale del Marmo. Nel [[1966]] ai saloni interni vengono apportate alcune modifiche che privano la struttura originale del suo carattere funzionale. In seguito ad una grave crisi della Mostra Nazionale del Marmo, l'edificio resta chiuso ed inutilizzato per molto tempo.
Prima ancora che prendesse il nome attuale, vi era un feudo dei conti [[Acquaviva (famiglia)|Acquaviva]] di Caserta noto come ''[[Palazzo del Belvedere]]'' o ''Palagio Imperiale'' descritto nel [[1667]] da [[Celestino Guicciardini]]. Annesso vi era anche un casino da caccia che fu restaurato poco più tardi da [[Francesco Collecini]]. Nel [[1750]], i possedimenti già Acquaviva, poi divenuti [[Caetani]], passarono ai [[Borbone]] di [[Napoli]], e il feudo divenne un romitorio per i reali<ref name="romano">Romano A.M. (1999) ''San Leucio, una pagina di storia europea'', in “Leuciana festival”, inserto speciale de “Il Mattino”, giugno, p. 3</ref>.
 
Stanco del caos e degli intrighi della corte reale casertana, tuttavia, nel [[1773]] [[Ferdinando I delle Due Sicilie|Ferdinando IV]] volle costruirsi un ritiro solitario dove poter trascorrere del tempo spensierato. Scelse le colline che fiancheggiavano il Parco di Caserta dove già sorgeva un rudere di una cappella dedicata a San Leucio, il martire brindisino, dal quale prese il nome{{anchor|11}}<ref name=stefani>Stefani S (1907) ''Una colonia socialista nel Regno dei Borboni, Roma, Edizioni Poligrafica, p. [[#11|11]], [[#13|13]], [[#31|30]], [[#32|32]], [[#34|34]], [[#36|36]], [[#38|38]], [[#40|40]], [[#43|43]], [[#61|61]], [[#84|84]], {{NoISBN}}</ref>.
Nel [[1978]] i padiglioni dell'edificio diventano sede degli uffici della ''Internazionale Marmi e Macchine'', società mista a prevalente capitale pubblico creata per l'organizzazione e la gestione della Fiera Internazionale Marmi e Macchine di Carrara. La società effettua un'opera di ristrutturazione e di rinnovo delle sale; operazione che, pur non riportando l'edificio all'assetto iniziale, raggiunge comunque risultati soddisfacenti.
 
Il romitorio comprensivo di una vigna e di un boschetto, era frequentato dal re per brevi periodi, dopodiché era custodito da alcuni guardiani di stanza con le proprie famiglie. Il 17 dicembre [[1778]], tuttavia, accadde un fatto inusitato che determinò il destino della colonia. Il primogenito del re ed erede al trono, [[Carlo Tito di Borbone-Napoli|Carlo Tito]], morì di [[vaiolo]]. Il re, scosso dall'evento, decise di erigere un ospizio per i poveri della provincia presso il quale assegnò un opificio per non tenerli in ozio, all'uopo fece giungere sul posto delle imprese dal nord Italia tra le quali la Brunetti di Torino{{anchor|13}}<ref name=stefani/>. La colonia crebbe rapidamente così che si decise di costruire ulteriori edifizi per migliorarne le funzionalità tra i quali una [[parrocchia]], degli alloggi per gli educatori e dei padiglioni per i macchinari. L'organizzazione era affidata a un Direttore generale affiancato da un Direttore tecnico che monitorava la condizione degli impianti. L'istruzione tecnica degli operai era affidata al Direttore dei Mestieri ciascuno per ogni genere. Si voleva in tal modo riprendere l'idea dell'organizzazione “colbertina” francese<ref>Tescione G. (1932) ''Significato civile e politico della nostra arte della seta'', Napoli, Russo, p. 17, {{NoISBN}}</ref>.
Nel frattempo il Comune di Carrara aveva incaricato il prof. '''Enrico Dolci''', archeologo e storico dell'arte ed Ispettore Onorario del [[Ministero per i beni culturali e ambientali]], di redigere un programma di rilevamento dei beni culturali presenti nel territorio comunale con la collaborazione di un'apposita équipe di giovani ricercatori.
 
Le commesse di [[seta]] provenivano da tutta l'Europa: ancor oggi, le produzioni di San Leucio si possono ritrovare in [[Vaticano]], al [[Palazzo del Quirinale|Quirinale]], nello [[Studio Ovale]] della [[Casa Bianca]]: le bandiere di quest'ultima e quelle di [[Buckingham Palace]] sono fatte con tale materiale. Si ritrovano testimonianze dell'arte anche nelle celebrazioni e nelle festività popolari, specialmente nel capoluogo partenopeo, come ad es. la festa di Sant'Anna a Porta Capuana e la Madonna del Carmine nell'omonima Basilica al Mercato<ref>Aa.Vv., (1972) ''Storia di Napoli'', Napoli, Società editrice storia di Napoli, vol. X, p. 818</ref>.
La campagna di rilevamento, condotta tra il [[1977]] ed il [[1979]] fu indirizzata soprattutto alla ricerca ed alla documentazione delle persistenze territoriali e dei materiali archeologici relativi alla "''cultura del marmo''" in possesso di privati e/o di enti pubblici, con particolare riferimento all'epoca romana, come l'[[Accademia di belle arti di Carrara|Accademia di Belle Arti di Carrara]]'' ''presso la quale, nel corso del tempo, erano stati depositati importanti manufatti marmorei romani provenienti dalle [[cave di Carrara]] e dall'area archeologica di [[Luni]].
 
Il re [[Carlo III di Spagna|Carlo di Borbone]], consigliato dal ministro [[Bernardo Tanucci]], pensò di inviare i giovani in Francia ad apprendere l'arte della [[tessitura]], per poi lavorare negli stabilimenti reali. Licenziato Tanucci nel [[1776]], gli subentrò Domenico Caracciolo che diede grande impulso alla colonia. Fu così costituita nel [[1778]], su progetto dell'architetto [[Francesco Collecini]], una comunità nota come [[Belvedere di San Leucio|Real Colonia di San Leucio]], basata su norme proprie. Alle maestranze locali si aggiunsero subito anche artigiani francesi, genovesi, piemontesi e messinesi che si stabilirono a San Leucio richiamati dai molti benefici di cui usufruivano gli operai delle seterie.
Il rilevamento delle cave antiche ancora esistenti era dovuto al fatto che si trattava non solo delle più antiche prove archeologiche individuabili relative agli inizi dell'industria marmifera sulle [[Alpi Apuane]] ancora miracolosamente documentabili ma anche dal fatto che queste testimonianze non sarebbero durate a lungo, a causa dell'enorme espansione delle attività marmifere nell'area carrarese.
 
Ai lavoratori delle seterie era, infatti, assegnata una casa all'interno della colonia, ed era, inoltre, prevista per i figli l'istruzione gratuita potendo beneficiare, difatti, della prima scuola dell'obbligo d'Italia che iniziava fin da 6 anni e che comprendeva le materie tradizionali quali la [[matematica]], la [[letteratura]], il [[catechismo]], la [[geografia]], l'[[economia domestica]] per le donne e gli esercizi ginnici per i maschi{{anchor|34}}<ref name=stefani/>. I figli erano ammessi al lavoro a 15 anni, con turni regolari per tutti, ma con un orario ridotto rispetto al resto d'[[Europa]]. Le abitazioni furono progettate tenendo presente tutte le regole urbanistiche dell'epoca, per far sì che durassero nel tempo (abitate tuttora) e fin dall'inizio furono dotate di acqua corrente e servizi igienici.
I rilevamenti effettuati e i materiali documentari raccolti sul campo testimoniarono che, nonostante l'atavica incuria locale per la tutela,esistevano ancora ampi margini per una conservazione sia della memoria storica che di importanti materiali oggettuali per i quali, però, occorreva una sede idonea. Fu così che Enrico Dolci ideò e progettò per conto del Comune di Carrara un "Museo Civico del Marmo" che avrebbe dovuto avere, come principale dovere istituzionale, proprio la raccolta, lo studio e la valorizzazione museale di tutto quanto fosse testimonianza significativa della "cultura del marmo", sia del passato che del presente. I materiali raccolti nelle campagne di rilevamento furono pubblicati nel [[1980]] nel volume "''Carrara Cave Antiche''", opera dello stesso Dolci,edito dal Comune di Carrara e dalla Regione [[Toscana]].
 
Per contrarre matrimonio gli uomini e le donne, compiuti rispettivamente almeno 20 e 16 anni, dovevano dimostrare di aver conseguito uno speciale “diploma al merito” concesso dai Direttori dei Mestieri{{anchor|30}}<ref name=stefani/>. I matrimoni si svolgevano il giorno di [[Pentecoste]] con una celebrazione particolare: a ogni coppia era assegnato un mazzo di [[Rosa (fiore)|rose]], bianche per gli uomini e rosa per le donne, fuori la chiesa li aspettavano gli anziani del villaggio, di fronte ai quali le coppie si scambiavano i mazzi di fiori come [[promessa di matrimonio]]{{anchor|32}}<ref name=stefani/>. Ciascuno era libero di lasciare la colonia quando voleva, ma, data la natura produttiva del luogo, si cercava di inibire tali eventualità, ad es., facendo divieto di ritorno in colonia oppure riducendo al minimo le liquidazioni{{anchor|32}}<ref name=stefani/>.
Nel [[1982]] il sindaco di Carrara Alessandro Costa e l'assessore alla cultura Italo Vatteroni con specifica delibera comunale decidono l'istituzione del primo museo pubblico della città volto alla raccolta delle testimonianze degne di tutela relative al marmo, la più importante fonte di lavoro e di ricchezza della città. La sede museale idonea fu individuata nei padiglioni dell'Internazionale Marmi e Macchine di Viale XX Settembre che furono messi a disposizione anche per l'interessamento dell'allora Presidente della Società Giulio Conti.
 
La produttività era garantita da un ''bonus'' in danaro che gli operai ricevevano in base al livello di perizia che avevano raggiunto{{anchor|36}}<ref name=stefani/>. La proprietà privata era tutelata, ma erano abolite le doti e i testamenti{{anchor|38}}<ref name=stefani/>. I beni del marito deceduto passavano alla vedova e da questa al “Monte degli orfani”, cioè la cassa comune gestita da un prelato che serviva al mantenimento dei meno fortunati. Le questioni personali erano giudicate dall'Assise degli Anziani, cd. ''seniores'', che avevano raggiunto i massimi livelli di benemerenza ed erano di nomina elettiva{{anchor|40}}<ref name=stefani/>. I ''seniores'' monitoravano anche la qualità igienica delle abitazioni e potevano deliberare sanzioni disciplinari nonché espulsioni dalla colonia.
Si continuano gli studi, le indagini e le ricerche di materiali significativi presenti sul territorio. Nel giugno [[1982]] viene allestita una prima mostra di reperti, denominata "Mostra ''Marmo Lunense"'', che offre al pubblico la possibilità di venire a contatto con fotografie, immagini, riproduzioni e reperti riportati alla luce negli antichi siti di escavazione di Carrara o provenienti dalla colonia romana di [[Luni]] (fondata nei pressi della foce del fiume [[Magra]] nel [[177 a.C.]]) e nella stessa Luni.
 
Per contrastare la concorrenza straniera, i leuciani si aprirono al mercato dell'abbigliamento con la produzione di maglie, calze, broccati e velluti. Così, seguendo la moda francese, si passò dai ''pekins'' ai ''tulle'', dai ''chines'' ai ''reps''<ref name="romano"/>. La fortuna delle produzioni leuciane è ampiamente documentata fino alla prima metà dell'[[XIX secolo|800]] quando l'impianto ebbe l'esclusiva sullo straordinario tessuto “fili di vetro” scoperto da Gio. U. Ruforf<ref name=romano/>
Enrico Dolci viene incaricato alla direzione del neonato museo e si attiva per reperire e musealizzare materiali di interesse specifico, nonostante potesse contare solo su modesti mezzi finanziari ma anche sulla generosità di alcuni industriali carraresi e di alcuni cittadini che misero a disposizione del Museo del Marmo oggetti spesso rari o addirittura unici.
 
{{UNESCO
Così, nel [[1984]] viene aperta una sezione dedicata all'Archeologia Industriale; nel [[1987]] è la volta di una sezione dedicata alla scultura contemporanea, con l'esposizione dei premi-acquisto delle Biennali storiche di scultura, mentre nel [[1991]] l'artista carrarese [[Felice Vatteroni]] dona al museo una collezione di 14 sculture di piccolo formato successivamente integrata da 17 disegni-bozzetto e due autoritratti.
|tipoBene = patrimonio
|nome = [[Reggia di Caserta|Palazzo Reale di Caserta con il Parco]], [[Acquedotto Carolino|Acquedotto di Vanvitelli]] e complesso di San Leucio
|nomeInglese = 18th-Century Royal Palace at Caserta with the Park, the Aqueduct of Vanvitelli, and the San Leucio Complex
|immagine = Der bourbonische Königspalast in Caserta.jpg
|anno = 1997
|tipologia = Architettonico, paesaggistico
|criterio = C (i) (ii) (iii) (iv)
|pericolo = Nessuna indicazione
|link = 549
}}
 
Il re [[Ferdinando IV di Borbone]] progettò di allargare la colonia anche per le nuove esigenze industriali dovute all'introduzione della “trattura” della seta e della manifattura dei veli, quindi per costruirvi una nuova città, da chiamare ''[[Ferdinandopoli]]'', concepita su una pianta completamente circolare con un sistema stradale radiale e una piazza al centro per farne anche una sede reale. Non vi riuscì, ma nei quartieri annessi al Belvedere mise in atto un codice di leggi sociali particolarmente avanzate, ispirate all'insegnamento di [[Gaetano Filangieri]] e trasformate in leggi da [[Bernardo Tanucci]].
 
Ferdinando IV preferiva San Leucio in modo particolare e vi organizzava spesso battute di caccia e feste condivise con la stessa popolazione della colonia. Il sovrano firmò nel [[1789]] un'opera esemplare che conteneva i principi fondanti della nuova comunità di San Leucio: ''Origine della popolazione di San Leucio e suoi progressi fino al giorno d'oggi colle leggi corrispondenti al buon governo di essa di Ferdinando IV Re delle Sicilie'' conosciuti più comunemente come gli ''Statuti di San Leucio''. Tale codice, voluto dalla consorte [[Maria Carolina d'Asburgo-Lorena]], fu scritto dal massone Planelli su ispirazione di [[Mario Pagano]] e di altri illuministi{{anchor|61}}<ref name=stefani/> e fu pubblicato dalla [[Stamperia Reale del Regno di Napoli]] in 150 esemplari. Il testo, in cinque capitoli e ventidue paragrafi, rispecchia le aspirazioni del [[dispotismo illuminato]] dell'epoca ad interpretare gli ideali di uguaglianza sociale ed economica e pone grande attenzione al ruolo della donna.
 
Diverse opportunità erano offerte anche agli invalidi del lavoro che potevano rimanere ''in loco'' dopo l'infortunio; per questi fu progettato un ospizio apposito, la “Casa degli infermi”, che però non fu possibile portare a compimento a causa della discesa di [[Napoleone Buonaparte]] in Italia e della nascita della [[Repubblica Partenopea]] nel [[1799]]{{anchor|43}}<ref name=stefani/>. Pertanto, gli invalidi continuarono a sopravvivere grazie a delle donazioni spontanee dei lavoratori diplomati al merito, raccolti in un'apposita cassa dai ''seniores''. Gli operai addetti alla coltivazione dei campi, invece, potevano vendere una parte del raccolto al mercato in base ai prezzi stabiliti dal sovrano.
 
Nel [[1789]] Lady Elisabeth Craven, moglie di Lord Craven, magravio di Anspanich, soggiornò per qualche settimana a Caserta scrivendo le sue memorie nel ''Portrait du Roi Ferdinand'' che fu pubblicato a Londra nel [[1826]]: «mi fornì spiegazioni non pure su tutte le regole dello stabilimento ma fin più intricati congegni meccanismi che rendevano quel lavoro più agevole». Tra il [[1790]] e il [[1796]] anche Giuseppe Galanti, allievo di Antonio Genovesi, si soffermo sul posto: «il più lodevole in questa costituzione è che nulla si fa per forza. L'onore ed altri piccioli problemi debbono bastare a far osservare le leggi»<ref>Zuccaro E. (1999) ''Il mondo perfetto di re Ferdinando'', in “Leuciana festival”, inserto speciale de “Il Mattino”, giugno, pp. 4-5</ref>.
 
In seguito alla [[Restaurazione]] il progetto della neo-città fu accantonato, anche se si continuarono ad ampliare industrie ed edifici, tra cui il Palazzo del Belvedere. Nel [[1824]] il governatore Antonio Sancio fece erigere una statua del Re che oggi è visibile al [[Museo nazionale ferroviario di Pietrarsa]]. Nel [[1826]] su ordine del ministro card. [[Fabrizio Ruffo]] si decise di aprire una manifattura di pellame che però non riscosse il successo desiderato tanto da rischiare di far andare in malora l'intera colonia. Nel [[1834]] i Borbone decisero di costituire una società insieme a dei privati, tale fu la configurazione organizzativa fino all'Unità d'Italia. Nel [[1862]], nonostante lo sviluppo della produzione e il perfezionamento del nuovo tessuto “Jacquard”, i [[Casa Savoia|Savoia]] ne decisero la chiusura, riaprendola poi appena quattro anni dopo, ma concessa ancora in locazione ad imprese private{{anchor|84}}<ref name=stefani/>.
 
Nel [[1866]] la Colonia di San Leucio venne elevata a comune amministrativo con il nome di San Leucio, fino alla sua definitiva aggregazione nel [[1928]] al comune di Caserta.<ref>{{cita web|url=http://www.elesh.it/storiacomuni/storia_comune.asp?istat=061808|titolo=Storia ISTAT del Comune 061808 San Leucio}}</ref>
 
Nel [[1976]], in occasione del bicentenario della fondazione, si iniziò a guardare a San Leucio con maggiore attenzione, grazie al lavoro di ricerca compiuto dal Politecnico di Milano in collaborazione con la Pennsylvania University. Nel [[1981]] il luogo entrò nell'orbita del finanziamento della legge Scotti-Signorile sugli itinerari turistici ma solo tre anni dopo fu possibile aprire il cantiere grazie anche ad un concorso di idee sponsorizzato dalla [[Fiat]]. Dopo 15 anni di lavori e la spesa di 55 miliardi di lire, è stato possibile nel [[1999]] recuperare gli spazi funzionali con l'inaugurazione del [[Leuciana festival]]<ref>Carotenuto M. (1999) ''Dall'utopia leuciana alla ricerca dello splendore perduto'', in “Leuciana festival”, inserto speciale de “Il Mattino”, giugno, p. 21</ref><ref>I motivi del ritardo del cantiere sono da ricondurre alle vertenze giudiziarie sorte in seguito al sequestro dell'area da parte della magistratura per abusi edilizi, cfr. “Il Mattino”, 4 maggio 1992, ''Ruspe a San Leucio'', p. 18.</ref>.
 
==Architettura==
{{vedi anche|Belvedere di San Leucio}}
Il Complesso di San Leucio nella sua veste attuale si estende su una superficie di 16871&nbsp;m² e ha una facciata lunga 354&nbsp;m intervallata da un doppio ordine di [[lesena|lesene]], caratterizzata inoltre da due ordini di finestre e due marcapiani con [[timpano (architettura)|timpano]] centrale: monumentale è la [[Scala (architettura)|scalinata]] a doppia rampa che segna l'ingresso principale alla struttura.
 
==Scultura e pittura==
Nel casino da caccia si annoverano gli affreschi di [[Fedele Fischetti]] sul mito di Bacco ed Arianna e la grande vasca in marmo di Mondragone al centro di una sala decorata con soggetti dell'antichità classica. La fontana con tritoni e delfini è opera di Solari nel [[1794]]. Occasionalmente sono esposti in mostra tele di [[Salvatore Fergola|Fergola]], Veronesi e [[Jakob Philipp Hackert|Hackert]], il pittore prussiano della ''Campania felix''<ref name=romano/>.
 
==Arco Borbonico==
[[File:Arcoborbonicoretro.JPG|thumb|left|Vista posteriore dell'arco]]
L'Arco Borbonico è il portale d'accesso al Complesso Monumentale del Belvedere di San Leucio e rappresenta una testimonianza di preesistenza alle seterie realizzate nel settecento. Risale infatti al [[1600]] quando era il varco d'accesso alla proprietà feudale dei Principi Acquaviva, signori di Caserta. Ancora oggi l'Arco rimane il passaggio migliore per raggiungere il Belvedere. L'Arco, sulla cui sommità è presente lo stemma borbonico con due leoni in pietra ai lati realizzati dallo scultore [[Angelo Brunelli]], è alto quasi 13&nbsp;m, largo 9 ed è formato da un unico [[fornice]] con un [[bugnato]] rettangolare e due [[Parasta|paraste]].
 
==Chiesa di Santa Maria delle Grazie==
Voluta dal re Ferdinando IV e costruita da [[Francesco Collecini]], allievo del Vanvitelli, fu completata in due anni e consacrata il 30 giugno [[1803]] insieme all'inaugurazione della “Fiera ferdinandea di arte sacra”. All'occasione il papa concesse al devotissimo re uno speciale Giubileo di otto giorni per ciascun anno in perpetuo nella ricorrenza della festività della Santissima Vergine delle Grazie. I materiali da costruzione sono di tufo giallo del Monte Fiorillo per gli esterni, marmo di Mondragone e legno di cipresso per gli interni, argento, bronzo, porcellane per gli arredi e le suppellettili. Nella chiesa lavorarono artisti quali Cosimo de Focatiis, Raffaele Mattioli e Pietro Saja<ref>Pastore A. (1999) ''Chiesa della Vaccheria, alla fiera del re'', in “Leuciana festival”, inserto speciale de “Il Mattino”, giugno, p. 23</ref>. Dal primo all'8 luglio di ogni anno, grazie all'associazione “Arte nell'arte”, si svolge una mostra d'artigianato di arredi sacri.
 
==Prospettive su San Leucio==
Si arricchisce la collezione marmologica, ricca di campioni di marmi antichi e moderni, mentre a partire dal [[1988]] Dolci inizia a recuperare e a musealizzare numerosi semilavorati e significative tracce di lavorazioni d'epoca romana presenti nell'area delle cave di Carrara potendo anche contare sulla collaborazione dell'Ufficio Cave del Comune di Carrara e il fattivo interessamento della Soprintendenza Archeologica della Toscana. Nel 1994-95 Dolci crea una sezione dedicata alla scultura [[Medioevo|medioevale,]] con una serie di copie filologiche dei ritratti e di rilievi marmorei della facciata del [[Duomo di Carrara]], ed un'ulteriore sezione dedicata all'artigianato artistico carrarese con una raccolta di copie filologiche di [[icona (arte)|icone]] marmoree a carattere devozionale, un'attività scultorea particolare che è stata per Carrara, e per alcuni secoli, tra le produzioni artistiche più significative.
[[File:san leucio.jpg|thumb|left|Ingresso del Palazzo del Belvedere]]
L'eredità della Colonia di San Leucio è sopravvissuta per decenni grazie alla presenza di diverse aziende seriche che però, ultimamente, hanno cessato l'attività per de-localizzare le industrie. Questa operazione, di natura meramente economica, ha conferito un duro colpo all'immagine della frazione casertana e soprattutto all'occupazione locale che oggi annovera centinaia di operaie specializzate in cassa integrazione o in mobilità.
 
A San Leucio, all'interno della fabbrica originaria del re Ferdinando, il Palazzo del Belvedere, ha oggi sede il "Museo della seta" che conserva alcuni macchinari originali, ancora funzionanti, per la lavorazione della seta che mostrano tutte le fasi della produzione con gli antichi telai restaurati ed azionati da una ruota idraulica posta nei sotterranei del palazzo. La visita al Complesso Monumentale prevede anche il passaggio negli appartamenti storici, arredati con suppellettili provenienti dalla [[Reggia di Caserta]] (tra le stanze di notevole interesse è il Bagno di Carolina, con la vasca in marmo di Carrara) e ai Giardini all'italiana, costituiti da una serie di terrazzamenti con piante identiche a quelle sistemate dal Re sul finire del '[[XVIII secolo|700]]. È inoltre possibile visitare su richiesta anche la “Casa del tessitore”, esempio di abitazione coloniale d'epoca.
== Struttura ==
[[File:Vagone per il trasporto del marmo.jpg|thumb|''Motrice per il trasporto del marmo'' Giardino esterno Museo civico del marmo di Carrara]]
Il museo è costituito da otto sezioni:
* [[Geologia]] ed evoluzione del territorio,
* [[Archeologia]] romana,
* Marmoteca,
* Archeologia industriale,
* Applicazione tecniche dei marmi
* Scultura medioevale,
* Artigianato artistico,
* Scultura moderna e contemporanea.
Il Museo del Marmo, nel progetto museologico originale redatto da Enrico Dolci, era stato concepito come una struttura interdisciplinare a carattere "progressivo" e cioè da arricchirsi nel tempo coi materiali afferenti la "cultura del marmo" nelle sue varie componenti.Tale principio, recepito nello statuto del museo,imporrebbe un'attività continua di ricerca e di tutela di materiali che col tempo si è inaridita. Negli ultimi dieci anni si è proceduto a trasformazioni interne ed esterne. Internamente alcune sezioni, qui descritte, sono state eliminate dal percorso espositivo: quella dedicata all'Artigianato Storico e quella dedicata alla Scultura Contemporanea. Altre sono state pesantemente ridotte: la sezione interna dell'Archeologia Romana e quella dell'Archeologia Industriale. Il museo oggi è ridotto a sola attività espositiva.La struttura museale è organizzata in un articolato percorso lungo il quale il visitatore passa da una sezione all'altra senza soluzione di continuità.
=== Geologia ed evoluzione del territorio ===
Il percorso di visita inizia con un'area dedicata alla raccolta di documenti e reperti vari relativi al territorio carrarese e alla composizione mineralogica dei giacimenti marmiferi illustrati per mezzo di plastici, disegni ed antica [[cartografia]]. Il più significativo documento moderno è il plastico della composizione geologica delle [[Alpi Apuane]] creato nel [[1923]] da [[Domenico Zaccagna]], personalità di spicco nella città di Carrara per gli studi condotti sull'origine e lo sviluppo delle Alpi Apuane. In questa prima sezione è presente anche una postazione multimediale plurilingue che introduce il visitatore alle complesse tematiche del museo. Di recente la sezione si è arricchita con una ricca campionatura di minerali tipici delle Alpi Apuane.
[[File:Epigrafe sepolcrale11.jpg|upright=0.7|left|thumb|''Epigrafe sepolcrale'' risalente al I secolo Museo civico del marmo di Carrara]]
=== Archeologia romana ===
La sezione è dedicata all'analisi ed alla documentazione storica ed archeologica degli antichi siti di escavazione del territorio carrarese e dei reperti risalenti all'epoca romana ivi rinvenuti. In questa zona, nei pressi del fiume Magra, nel 177 a.C. i Romani fondarono la città di Luna che, per alcuni secoli ed a partire dal I sec.a.C., iniziò e sviluppò la coltivazione di numerose cave di marmo nelle stesse vallate montane nelle quali, dopo l'anno Mille, lavorarono poi i carraresi. I marmi lunensi (come sono oggi chiamati i marmi di Carrara prodotti in epoca romana) furono inizialmente impiegati a Roma in età cesariana e successivamente furono impiegati in tutte le città romane dell'[[Italia]] ed esportati anche in [[Gallia|Gallia, in Spagna]], in [[Africa (provincia romana)|Africa]] ed altrove. La produzione marmifera lunense, articolata in varie classi di materiale che corrispondono sommariamente ai marmi oggi prodotti, è documentata da un campionario archeologico esposto all'inizio di questo settore. La sezione continua con un'area dedicata ai reperti archeologici portati alla luce nelle cave romane di Carrara. Le più importanti sono quelle localizzate archeologicamente nelle zone di [[Fantiscritti]], Gioia, Polvaccio, Fossa Ficola e Fossacava, in cui è attestata l'attività estrattiva fin dal I secolo a. C. Sono qui esposti anche campioni dei marmi ivi scavati, prelevati durante le campagne di rilevamento effettuate negli anni '70 del Novecento. Tra i reperti più significativi si segnalano due epigrafi funerarie rinvenute a Torano; la ricostruzione moderna della "Lapide Salvioni", un'iscrizione su tavola marmorea recante i Fasti di un "collegium" di operatori di cava che lavoravano in zona negli anni 16-22 d.C.; la statuetta di Artemide-Luna, rinvenuta a Fossacava; un gruppo di graffiti paleocristiani rinvenuti a Vara incisi sulla parete del monte e recanti precoci simboli cristologici; i blocchi originali e i calchi di due iscrizioni incise sugli stessi, venuti alla luce a Gioia, nelle quali sono citati i nomi di M.Lucio Celso, di Ippa e di Aurelio, operatori di cava e forse imprenditori appaltatori. Su uno dei blocchi è inciso il primo toponimo relativo alle cave lunensi conosciuto fino ad oggi col quale si denominava il monte di Gioia in epoca romana: "Mons Gamianus".Di particolare interesse il plastico che ricostruisce idealmente, su precise documentazioni archeologiche, la grande cava romana di Fossacava, della quale sono schematicamente illustrate le tecniche di escavazione utilizzate dai lunensi sulla Apuane.Questo plastico fu realizzato da Enrico Dolci con la collaborazione dello scultore Cherif Taoufik ed è basato sulle risultanze dei rilevamenti archeologici effettuati in situ negli anni '70. Questa sezione museale si estende negli spazi esterni nei quali sono conservate fondamentali prove archeologiche delle tecniche dell' escavazione romana nelle Apuane contraddistinta anche dalla semilavorazione in cava dove, oltre ai blocchi riquadrati e contrassegnati da iscrizioni tecniche ("notae lapicidinarum"), si semilavoravano capitelli e basi di colonne, colonne, bacini, vasche. Da notare che questa sezione, per la peculiarità dei materiali, è la più importante nel suo genere in Europa.
=== Marmoteca storica ===
[[File:Marmoteca.JPG|thumb|''Marmoteca'' Museo civico del marmo di Carrara]]
La marmoteca (che è distribuita lungo buona parte del percorso espositivo) presenta 310 campioni di marmo di grande formato (cm.75x60) relativi ai più importanti marmi prodotti in Italia ed all'estero fino al 1979. Si tratta di marmi apuani e di altre parti della Toscana, di marmi liguri, piemontesi e di altre zone italiane. Nell'ultimo settore sono esposti campioni dei più importanti graniti e granitoidi prodotti in Italia ed all'estero. Fanno parte della raccolta marmologica anche numerosi campioni moderni dei principali marmi usati in epoca romana, collocati nella sezione archeologica, tra i quali il rarissimo e preziosissimo "ekatonthalithos", scavato nel deserto egiziano. La Marmoteca del museo di Carrara è la raccolta storica più importante di questi materiali a livello nazionale.
=== Archeologia industriale ===
È una sezione interna del museo che prosegue nei giardini esterni dove sono allocati anche macchinari di grandi dimensioni, recentemente restaurati. La sezione presenta una serie di strumenti usati a Carrara per l'escavazione, la lavorazione ed il trasporto dei marmi, a partire dal XVII secolo. A fianco di fotografie e disegni d'epoca sono presenti attrezzi da taglio,da scavo e da sollevamento utilizzati in passato, sostituiti oggi da mezzi più moderni. Tra i numerosi strumenti usati in cava si segnala una serie di martelli perforatori ad aria compressa; la perforatrice Monticolo; una serie di pulegge penetranti e corone diamantate; alcuni martinetti a cremagliera; un impressionante argano a mano, detto localmente "diavolo", impiegato per la movimentazione dei blocchi sul piazzale della cava; una fucina portatile, completa del suo corredo di accessori, usata dal fabbro di cava, chiamato "magnàn"; utensili vari usati per la spaccatura del marmo. All'esterno, presso la sala dell'A.I. e visibili dalla stessa, sono esposti, tra gli altri materiali, un vagoncino "Decauville" col suo binarietto; un carrello speciale usato per regolare la tensione del filo elicoidale. Ancora all'esterno sono sistemati alcuni impianti per il taglio col filo elicoidale e, a sinistra dell'ingresso, sono presenti una trattrice a vapore, successivamente trasformata in "schiacciasassi", impiegata per il trasporto dei carri a 4 ruote del marmo, dei quali è presente un raro esemplare dotato di ruote in ferro a 10 raggi; un vagone ferroviario, ultimo esemplare della Ferrovia Marmifera di Carrara; un telaio per la segagione dei marmi con cala a corda, risalente alla prima metà dell'Ottocento; una monumentale ruota "pescatora" con la quale si alimentava l'acqua prelevata da una "gora" e necessaria ai telai per la segagione.
=== Applicazioni tecniche dei marmi ===
Questa sala conserva rarissimi prototipi delle prime realizzazioni in marmo effettuate con procedimenti seriali di carattere industriale. Realizzata nel 1968 per la Terza Mostra Nazionale del Marmo, la sala propone vari tipi di rivestimenti di carattere architettonico, sia esterni che interni, ed esempi di impiego del marmo nella realizzazione di elementi funzionali e di arredo domestico ed urbano. Tutti i materiali presenti furono realizzati allora appositamente per questa esposizione. Particolare attenzione meritano: un pilastro decorativo e funzionale interamente composto da elementi marmorei in massello sagomati; una scala autoportante da interno; alcuni sedili componibili a incastro; un tavolo da salotto con base a stelo in acciaio; un tavolino triangolare con moduli a incastro; una scala a chiocciola autoportante; una lampada componibile da giardino; una volta di soffitto di forma convessa interamente foderata da lastrine di marmi policromi
=== Artigianato artistico ===
L'area (attualmente non disponibile) presenta calchi in gesso degli originali e copie filologiche in marmo di lavori scultorei presenti nella città di Carrara, risalenti ad un periodo compreso fra l' XI e il XIX secolo, suddivisi in due settori: da una parte è conservata una serie di [[icona (arte)|icone]] marmoree a carattere devozionale; dall'altra alcune sculture decorative e una serie di ritratti situati sulla loggetta della facciata del [[Duomo di Carrara]], risalenti al XIV secolo. Le copie [[Filologia|filologiche]] in marmo, cioè effettuate con metodologie completamente manuali, hanno riprodotto le antiche tecniche della scultura carrarese e sono opera delle botteghe artigianali della città. Fa parte di questa raccolta anche il calco dell'epigrafe trecentesca dell'antico ospedale dei SS. Giacomo e Cristoforo di Carrara. L'iscrizione, incisa con uno speciale scalpellino a sezione triangolare, è relativa alla concessione di indulgenze ed è uno dei primi esempi di epigrafi pubbliche italiane redatte in lingua volgare.
 
Dal [[1999]], nei mesi estivi, si svolge a San Leucio il "[[Leuciana Festival]]", manifestazione artistica e culturale che in pochi anni si è ritagliata un ruolo di primo piano in Italia con un successo di pubblico sempre crescente. Tra gli ospiti più famosi che si sono esibiti al Leuciana, da ricordare [[Michael Bublé]], [[Claudio Baglioni]], [[Franco Battiato]], [[Giovanni Allevi]], i [[Pooh]], [[Fiorella Mannoia]], l'[[Orchestra Scarlatti]] del Teatro San Carlo di Napoli e ancora [[Pino Daniele]], il musical [[Cats (musical)|Cats]], [[Pat Metheny]] e tanti altri artisti di livello internazionale.
=== Scultura moderna e contemporanea ===
Un'apposita sala (oggi occupata da un'ampia sezione multimediale) ospitava opere di artisti che hanno partecipato e continuano a partecipare alle Biennali di Scultura organizzate nel centro storico della città di Carrara. Sono opere raccolte sin dal secondo dopoguerra che ben rappresentano le tendenze artistiche moderne. Alcune sono premi-acquisto delle prime sette Biennali (1957- 1973) organizzate da Antonio Bernieri, mentre altre sono state donate volontariamente dagli artisti.La sezione dedicata alla scultura contemporanea è stata recentemente trasferita in altra sede mentre è rimasta la sala dedicata alla donazione "Felice Vatteroni" in cui sono conservate 14 opere in piccolo formato ed una serie di disegni-bozzetto dello scultore carrarese.
 
==Note==
=== Le altre aree ===
<references/>
[[File:Giardino esterno.JPG|thumb|''Blocchi in marmo semilavorato'' Giardino esterno Museo civico del marmo di Carrara|alt=manufatti d'epoca romana]]
Da poco è stata realizzata un'ulteriore e vasta area multimediale interna nella quale è possibile osservare video e riprese relative allo sviluppo delle tecniche e della lavorazione del marmo lungo i secoli. Il visitatore è introdotto direttamente nei siti di escavazione e nei laboratori degli scultori che modellano i blocchi di marmo estratti quotidianamente dai giacimenti. I vasti giardini, che contornano l'edificio museale su tre lati, ospitano numerosi reperti archeologici rinvenuti negli ultimi decenni nelle cave di Carrara, nelle aree interessate dalle antiche lavorazioni. Si tratta di basi di grandi colonne, di colonne e di grandi [[capitello|capitelli]] semilavorati; di blocchi riquadrati ed altri reperti relativi all'archeologia romana tra i quali grandi sezioni di "tagliate" cioè delle tracce lasciate sulle pareti del monte dagli attrezzi impiegati nell'escavazione del marmo. La collezione dei semilavorati d'epoca romana presenta molti manufatti recanti incise le "''notae lapicidinarum''" cioè quelle sigle e quei numeri che i romani usavano per registrare i dati significativi della produzione di ogni singolo manufatto. Questa collezione di reperti è la più importante nel suo genere esistente in Europa. Gli antichi manufatti sono adagiati su un "letto" ligneo formato dalle traversine originali dei binari della scomparsa Ferrovia Marmifera. Nei giardini sono anche presenti diversi impianti e macchinari impiegati in passato nelle cave e negli opifici di Carrara. Si impongono al visitatore per la loro mole anche un telaio per la segagione dei blocchi dotato di "cala a corda",risalente alla metà nell'800; una "ruota pescatora" che aveva la funzione di alimentare con acqua di fiume il telaio per la segagione; un carro ferroviario per il trasporto dei marmi dell'ottocentesca [[Ferrovia Marmifera Privata di Carrara|Ferrovia Marmifera]];una trattrice a vapore dei primi del '900, trasformata successivamente in "schiacciasassi"; un carro a 4 ruote in ferro, impiegato per il trasporto dei blocchi al piano.
 
== Bibliografia ==
*Aa.Vv. (1998) ''Lo Bello Vedere di San Leucio e le Manifatture Reali'', Napoli, ESI.
*Dolci,Enrico.1980."Carrara Cave Antiche".Viareggio,Litocomp.
*Aa.Vv., (1973) ''San Leucio: vitalità di una tradizione'', Milano, Facoltà di Architettura.
*Dolci,Enrico (a cura di).1982."Mostra Marmo Lunense".Pisa,Pacini.
*Aa.Vv., (1977) ''San Leucio: archeologia, storia, progetto'', Milano.
*Dolci,Enrico e Nista Leila.1992."Marmi Antichi da Collezione".Pisa,Pacini.
*Alisio G., (1976) ''Siti reali dei Borbone'', Napoli.
*Dolci,Enrico.1995."Il parco archeologico delle Alpi Apuane".Firenze,Pugliese.
*Amari E., (1857) ''Critica di una scienza delle legislazioni comparate'', Genova.
*Dolci,Enrico.1998."Icone Marmoree".Massa,Ceccotti.
*Archivio di Stato di Caserta, (1973) ''Donazione dei disegni e studi su San Leucio dell'architetto Richard Plunz'', Mostra San Leucio, Vitalità di una tradizione.
*Dolci,Enrico.2002."Guida ai Musei della provincia di Massa-Carrara".Aulla,Tipolitografia Mori.
*Battaglini M., (1983) ''La manifattura reale di San Leucio tra assolutismo e Illuminismo'', Roma.
*Dolci,Enrico.2003."Archeologia Apuana".Aulla,Tipolitografia Mori.
*Battisti E., (1973) ''San Leucio come utopia e Vicende del programma italiano'', Facoltà di architettura, Politecnico di Milano, Milano.
*Dolci,Enrico.2006."Museo del Marmo.Carrara".Catalogo-Guida. Pontedera,Bandecchi&Vivaldi.
*Bologna L., (2004) ''L'architetto, il consigliere, la regina santa'', Caserta.
*Paribeni E. e Segenni S., "Notae Lapicidinarum dalle cave di Carrara", Pisa, University Press,2015.
*Bulferetti L., (1944) ''L'assolutismo illuminato in Italia (1700-1789)'', Milano.
*Caprio L. (1993) ''San Leucio, memorie storiche ed immagini'', Laurenziana, Napoli.
*{{Cita libro|autore=Pietro Colletta|titolo=Storia del reame di Napoli|editore=Hauman|anno=1847|url=http://books.google.com/books?id=gwhbAAAAQAAJ|pp=77-78}}
*De Fusco R., Sbandi F., (1971) ''Un centro comunitario del ‘700 in Campania'', in “Comunità”, XV, n. 86.
*Galdi M., (1790) ''Analisi ragionata del Codice ferdinandino per la popolazione di San Leucio'', Napoli.
*Kruft H.W., (1990) ''Le città utopiche. La [[città ideale]] dal XV al XVIII secolo tra utopia e realtà'', Bari.
*Libertini A., (1980) ''Una giornata a San Leucio nell'anno di grazia 1789'', Caserta.
*Patturelli F., (1826) ''Caserta e San Leucio'', Napoli.
*{{Cita libro|autore=Piero Pierotti|titolo=Imparare l'ecostoria|editore=FrancoAngeli|anno=1999|ISBN=978-88-464-1334-5|url=http://books.google.com/books?id=jzvqV2RW96gC|pp=146-148}}
*Plunz R., (1973) ''San Leucio. Vitalità di una tradizione - Traditions in Transition'', George Wittenborn & Co., New York.
*{{Cita libro|titolo=Prospetto per la formazione di una compagnia industriale per San Leucio|editore=|anno=1827|url=http://books.google.com/books?id=7VfYPoBC9EgC}}
*Schiavo A., (1986) ''Riflessi degli statuti leuciani nell'urbanistica di Ferdinandopoli'', Caserta.
*{{Cita libro|autore=Maria Rosaria D'Uggento|titolo=Un popolo di lazzaroni|editore=Editrice UNI Service|anno=2011|ISBN=978-88-6178-676-9|url=http://books.google.com/books?id=V84eqnYGZmMC}}
*Valcastelli C., ''Un'utopia positiva dell'illuminismo napoletano,'' in " Il Contributo" 1987 - Anno XI , n. 4
*Verdile N. (2007), "L'utopia di Carolina. Il Codice delle leggi leuciane", Napoli, Regione Campania, Stamperia Digitale.
*Verdile N. (2009), ''Utopia sociale, utopia economica. Le esperienze di San Leucio e di New Lanark'', Roma, Danape.
 
== Voci correlate ==
*[[Antico Opificio Serico De Negri]]
*[[Felice Vatteroni]]
*[[DuomoBelvedere di CarraraSan Leucio]]
*[[Caserta]]
*Notae lapicidinarum
*[[Statuto di San Leucio]]
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|commonscommons_oggetto=Category:Civic Marble Museum, Carraraimmagini}}
 
== Collegamenti esterni ==
*{{cita web|http://uranowww.isti.cnrsanleucionline.it:8880/museo/home.php/|Il Real Sito ufficialedi delSan museoLeucio}}
*{{cita web |1=http://www.leuciana.org |2=Leuciana festival official Home Page |accesso=8 novembre 2018 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170513143900/http://www.leuciana.org/# |dataarchivio=13 maggio 2017 |urlmorto=sì }}
 
{{Luigi Vanvitelli}}
{{portale|mineralogia|musei|toscana}}
{{Patrimoni Unesco|Italia}}
{{Controllo di autorità}}
{{portale|architettura|Due Sicilie|patrimoni dell'umanità|storia}}
 
[[Categoria:MuseiSan dellaLeucio provincia di Massa e Carrara(Caserta)|Marmo di Carrara]]
[[Categoria:Carrara]]