Bernalda e Pesco Sannita: differenze tra le pagine

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{{Divisione amministrativa
{{Comune <!-- per la compilazione vedi Aiuto:Comune -->
|Nome=Pesco Sannita
|nomeComune = Bernalda
|Panorama=Pesco Sannita - municipio e monumento ai caduti.jpg
|panorama =
|Didascalia=Il municipio ed il monumento ai caduti
|linkBandiera = Bernalda-Gonfalone.png
|Bandiera=Pesco Sannita-Gonfalone.png
|linkStemma = Bernalda-Stemma.png
|Voce bandiera=
|siglaRegione = BAS
|Stemma=Pesco Sannita-Stemma.png
|siglaProvincia = MT
|Voce stemma=
|latitudineGradi = 40
|Stato=ITA
|latitudineMinuti = 25
|Grado amministrativo=3
|latitudineSecondi = 0
|Divisione amm grado 1=Campania
|longitudineGradi = 16
|Divisione amm grado 2=Benevento
|longitudineMinuti = 41
|Amministratore locale=Antonio Michele
|longitudineSecondi = 0
|Partito=[[lista civica]]
|altitudine = 127
|Data elezione=29/05/2006
|superficie = 126
|Data istituzione=
|abitanti = 12.226
|Altitudine=
|anno = 08-2009
|Abitanti=1929
|densita = 99,1
|Note abitanti=[http://demo.istat.it/bilmens2018gen/index.html Dato Istat] - Popolazione residente al 31 marzo 2018.
|frazioni = [[Metaponto]], Serra Marina, Spineto
|Aggiornamento abitanti=31-3-2018
|comuniLimitrofi = [[Ginosa]] (TA), [[Montescaglioso]], [[Pisticci]]
|Sottodivisioni=Monteleone I, Monteleone II, Monteleone III, Maitine, Rapinella
|cap = 75012
|Divisioni confinanti=[[Benevento]], [[Fragneto l'Abate]], [[Fragneto Monforte]], [[Pago Veiano]], [[Pietrelcina]], [[Reino]], [[San Marco dei Cavoti]]
|prefisso = [[0835]]
|Zona sismica=1
|istat = 077003
|Gradi giorno=1785
|fiscale = A801
|Diffusività=
|nomeAbitanti = bernaldesi
|Nome abitanti=pescolani
|patrono = [[San Bernardino da Siena]]
|festivo Patrono= [[20San maggioNicola]], e [[23santa agostoReparata]]
|Festivo=6 dicembre, 19 agosto
|zonaSismica = 2
|PIL=
|sito = http://www.comune.bernalda.mt.it/
|PIL procapite=
|Mappa=Map of comune of Pesco Sannita (province of Benevento, region Campania, Italy).svg
|Didascalia mappa=Posizione del comune di Pesco Sannita nella provincia di Benevento
}}
'''Bernalda''' è un comune di 12.226 abitanti<ref>{{cita web|url=http://demo.istat.it/bilmens2009gen/query.php?lingua=ita&Rip=S4&Reg=R17&Pro=P077&Com=8&submit=Tavola|titolo=Bilancio demografico Istat 2009|accesso=03-03-2009}}</ref> in [[provincia di Matera]].
[[File:Positioncitybernalda.png|thumb|left|300px|Posizione di Bernalda]]
 
'''Pesco Sannita''' (''U Pièschë'' in [[dialetto campano|dialetto locale]]<ref>{{cita libro| AA. | VV. | Dizionario di toponomastica. Storia e significato dei nomi geografici italiani | 1996 | GARZANTI | Milano|p= 484}}</ref>) è un [[Comune (Italia)|comune italiano]] di {{formatnum:1929}}<ref name="template divisione amministrativa-abitanti"/> abitanti della [[provincia di Benevento]] in [[Campania]].
== Geografia ==
È posizionata su un altopiano a 127 metri sulla valle del Basento.
Il suo territorio è compreso tra i due fiumi [[Bradano]], a Est, e [[Basento]], a Ovest, che separano il territorio bernaldese rispettivamente dai comuni di [[Ginosa]] (TA) e [[Pisticci]] (MT). A Nord confina con il comune di [[Montescaglioso]] (MT), mentre a Sud si affaccia sul [[Mar Jonio]]. Il centro storico sorge su un altopiano digradante verso il mare, su cui si affaccia la frazione di [[Metaponto]].
 
=== ClimaGeografia fisica ===
Il territorio comunale è sito in collina, sulla sinistra del [[Tammaro (fiume)|fiume Tammaro]].
{{vedi anche|Stazione meteorologica di Bernalda Metaponto}}
Il clima di Bernalda è di tipo [[Clima mediterraneo|mediterraneo]], è influenzato dalla vicina presenza del [[Jonio|mare]], che ne mitiga notevolmente il clima invernale e dalla sua modesta altitudine. Tuttavia la neve, sebbene evento non molto ripetitivo nel corso dell'inverno, cade generalmente ogni anno, ma raramente con grandi accumuli (uno dei più importanti degli ultimi anni è quello dei 20&nbsp;cm del 16/12/07). Le temperature minime possono essere, in caso di nottate stellate, sotto gli 0 °C, creando estese gelate e forti inversioni termiche.
Le mezze stagioni sono umide e nebbiose, mentre le estati sono molto calde e secche, anche se la zona è soggetta a forti temporali durante le ore più calde del giorno. L'afa estiva può essere opprimente, e le temperature possono superare i 40 °C nei periodi di scirocco, anche se l'umidità relativa non è quasi mai alta.
 
La sua escursione altimetrica è pari a 331 metri, con un'altezza minima di 259&nbsp;m [[s.l.m.]] ed una massima di 500&nbsp;m [[s.l.m.]]
Secondo i dati medi del trentennio [[1961]]-[[1990]], la [[temperatura]] media del mese più freddo, [[gennaio]], si attesta a +7,8 °C, mentre quella del mese più caldo, [[agosto]], è di +26,1 °C <ref>[http://erg7118.casaccia.enea.it/profili/tabelle/599%20%5BBernalda%5D%20Metaponto.Txt Tabella climatica]</ref>.
 
Ha una [[superficie agricola utilizzata]] pari a ettari (ha) 1574,94, dato riferito al 2000 (fonte [[Camera di Commercio]] di Benevento, dati e cifre, maggio 2007).
{{ClimaAnnuale
Dista dal suo capoluogo di provincia 16 chilometri
| nome = BERNALDA
<!-- Temperature massime mensili (numero anche con cifre decimali, misurato in °C), da gennaio (01) a dicembre (12) -->
| tempmax01 = 12.3
| tempmax02 = 13.5
| tempmax03 = 16.3
| tempmax04 = 19.6
| tempmax05 = 24.1
| tempmax06 = 29.0
| tempmax07 = 32.5
| tempmax08 = 33.0
| tempmax09 = 29.0
| tempmax10 = 23.1
| tempmax11 = 17.8
| tempmax12 = 14.3
<!-- Temperature minime mensili (numero anche con cifre decimali, misurato in °C), da gennaio (01) a dicembre (12) -->
| tempmin01 = 3.3
| tempmin02 = 3.6
| tempmin03 = 5.8
| tempmin04 = 7.6
| tempmin05 = 11.8
| tempmin06 = 16.2
| tempmin07 = 18.9
| tempmin08 = 18.9
| tempmin09 = 16.8
| tempmin10 = 12.6
| tempmin11 = 9.1
| tempmin12 = 4.8
}}
 
== Storia ==
{{Controlcopy|motivo=Il testo non è wikificato, e la fonte alla fine di ogni sezione sembra indicare esplicitamente un posto da cui il testo è stato preso pari pari.|argomento=Campania|argomento2=storia|data=marzo 2014}}
La storia di Bernalda non è molto antica, soprattutto se la si mette in relazione con altri centri del [[Metapontino]].
Probabilmente il primo insediamento risale intorno all'anno [[1000|mille]] quando si creò, nell'attuale zona di San Donato, un abitato di pastori forse provenienti da [[Metaponto]] ormai distrutta.
 
=== Origini ===
Si può parlare, invece, di un vero e proprio borgo solo intorno all'anno [[1200]] quando diverse testimonianze, sia archeologiche che cartacee, parlano di un centro urbano chiamato ''Camarda''.
 
Il castello di Pesclum (l'attuale Pesco Sannita) era già esistente al tempo dei Longobardi. Il nome originario, Pesclum o Pescum (grosso macigno, roccia), col passare dei secoli si è trasformato in Pesco, Piesco, Lo Pesco, Lo Pesco de la Macza e Pescolamazza, fino ad arrivare all'odierno Pesco Sannita (1947). Raggiunse il suo massimo splendore in epoca normanna sotto la famiglia della Marra da cui prese il nome. Pesco della Marra, poi, per un errore ortografico di qualche scrivano poco esperto, si trasformò in Pescolamazza. Nella prima metà del 1120 Rainolfo, conte di Avellino e di Airola, rispondendo a un vittorioso attacco portato presso Tufo dal conte Giordano contro Landolfo della Greca, contestabile di Benevento, entrò nella contea di Ariano con l'intenzione di devastare qualcuno dei suoi castelli. Ma, inopinatamente, giunto ai confini di Pesclum, posseduto allora da Gerardo della Marra, se ne tornò indietro senza ingaggiare battaglia. Sembra strano che Rainolfo abbia ammassato circa quattrocento cavalieri e un gran numero di fanti per fare solo una marcia dimostrativa fino a sotto le sue mura. Evidentemente, però, il castello era così ben fortificato da scoraggiare qualsiasi tentativo di assedio. Rainolfo, per di più, andando via, non devastò né campi né boschi (come di solito si usava fare a quei tempi), probabilmente perché il danneggiamento dell'agro pescolano non avrebbe colpito direttamente ed esclusivamente i Normanni. Sorge così il sospetto che il castello fosse solo una fortificazione normanna avanzata in territorio beneventano. Dopo questo episodio, per oltre un decennio, Pesclum non venne più coinvolto nelle continue e aspre lotte che interessarono la contea arianese. Verso la fine del 1132, però, il nuovo contestabile di Benevento, Rolpotone di Sant'Eustachio, iniziò ancora una volta ad assalire la cintura di castelli normanni che opprimeva la città e, dopo aver distrutto Farnitum, l'attuale Fragneto l’Abate, attaccò Pesclum con l'aiuto di Rainolfo. Anche stavolta l'inespugnabilità del castello, difeso da Roberto della Marra, fece sì che gli assalitori, tolto l'assedio, se ne tornassero a Benevento. Pesclum restò nelle mani della stessa famiglia anche sotto le successive dominazioni sveva e angioina. Il cognome de Marcia che compare tra il 1140 ed il 1278, infatti, è una semplice variazione grafica di della Marca, casato che in alcuni manoscritti falconiani compare al posto di della Marra.
Il nome Bernalda risale al [[1470]] quando, sulle rovine dell'antica città di Camarda, il segretario del re ''[[Alfonso II d'Aragona]]'', tale ''Bernardino de Bernaudo'', diede vita a quella che attualmente è la città di Bernalda, così chiamata dal nome del suo fondatore.
 
=== Le successioni feudali dal XV al XIX secolo ===
Sempre durante la dominazione [[aragonese]] venne costruito il [[castello di Bernalda|castello]] e
la Chiesa Madre.
{{Vedi_anche|Castello di Bernalda}}
Nel [[1735]] dimorò a Bernalda, [[Carlo III di Spagna|Carlo III di Borbone]] , il quale volle visitare i territori del suo regno, appena acquisito, in seguito alla guerra di secessione polacca.
Per la grande ospitalità ricevuta, il re volle premiare il centro che lo aveva ospitato e il [[21 giugno]] [[1735]] , con un decreto legislativo, re [[Carlo III di Spagna|Carlo III di Borbone]] , [[Regno delle due Sicilie|Re delle Due Sicilie]] , conferì a Bernalda il titolo di città .
 
A partire dagli inizi del XV secolo, e fino all'abolizione della feudalità (prima decade dell'Ottocento), Pesco fu quasi sempre unito a Pietrelcina. Già nel 1415, infatti, queste due terre facevano parte dei beni feudali di Filippo Caracciolo e nel 1458, dopo la congiura dei Baroni, si ritrovarono ancora unite sotto Nicola Caracciolo. Alla morte di quest'ultimo, avvenuta nel 1493, i feudi di Pescolamazza e di Pietrelcina furono ereditati dal figlio primogenito Giovan Battista che ne ottenne solenne investitura dal re di Francia, Carlo VIII, con diploma sottoscritto a Napoli l'8 marzo del 1495. La figlia Dionora, nel 1511, li portò in dote a Giovan Tommaso II Carafa, conte di Cerreto, che, nel 1522, ne vendette le rendite a Carlo Mormile per la somma di 9.000 ducati con il patto di ricompra. Nel 1523, mentre era al servizio di Carlo V a Milano, durante la guerra contro il re di Francia, Giovan Tommaso venne ucciso in duello da Fabrizio Maramaldo. Ereditò il suo titolo e le sue sostanze il primo figlio maschio, Diomede III, che, essendo allora cinquenne, ebbe come tutore il nonno paterno Diomede II. Alla morte di quest'ultimo, Diomede III, dopo essere stato per un certo tempo sotto la tutela di un non meglio precisato "priore di Napoli", sposò, ancora adolescente, Roberta Carafa che gli fece anche da tutrice. E nel 1537, con l'assenso di sua moglie, fu proprio lui a disfarsi definitivamente dei feudi di Pesco e Pietrelcina vendendone a Bartolomeo Camerario (1497-1564), per 5.000 ducati, il diritto di riscatto di cui era ancora titolare. Questi, a sua volta, nel 1550, alienò i due feudi a Lucrezia Pignatelli, moglie di Giovan Vincenzo Caracciolo. Alla morte di quest'ultimo subentrò il figlio Marcello che pagò la tassa di successione (relevio) il 19 ottobre del 1564. Marcello, nominato marchese di Casalbore da Filippo II di Spagna il 27 aprile del 1569, cessò di vivere nell'agosto del 1585 lasciando il primogenito Giovan Vincenzo II erede del suo titolo e delle terre di Casalbore, Ginestra degli Schiavoni, Pietrelcina, Pescolamazza, Torre di Pagliara, Saggiano e di alcuni territori feudali nei pressi di Montesarchio. Giovan Vincenzo II, nel 1603, diede le terre di Pescolamazza e di Pietrelcina al fratello Francesco per la somma di 50.602 ducati col patto di ricompra. Successivamente, nel 1614, su richiesta dei creditori del marchese di Casalbore, il tribunale del Sacro Regio Consiglio aggiudicò questi due feudi, per la somma di 46.200 ducati, a Giovanni d'Aquino che, nel luglio del 1623, ebbe il titolo di principe di Pietrelcina. Alla morte di Giovanni, avvenuta il 4 marzo del 1632, subentrò il primogenito Cesare che, con assenso regio del 9 febbraio 1661, diede in pegno al fratello Francesco la terra di Pescolamazza per la somma di 11.000 ducati. Cesare fu assassinato il 27 febbraio del 1668, all'età di 43 anni. L'8 marzo del 1669 fu dichiarata erede dei suoi beni feudali la figlia Antonia. Nel 1676, però, con decreto del Sacro Regio Consiglio, la terra di Pietrelcina fu assegnata a Girolamo, fratello di Cesare. Comunque, alla morte di Francesco e di Girolamo d'Aquino, Pescolamazza e Pietrelcina ritornarono alla loro nipote Antonia con l'aggiunta del feudo di Monteleone che, nel frattempo, Girolamo aveva acquistato da Giacomo II de Brier. Dopo la morte di Antonia, avvenuta senza eredi il 6 settembre del 1717, Ferdinando Venato, duca di S. Teodoro, suo parente di quarto grado, le subentrò nel 1724 previo pagamento al fisco di 20.200 ducati. Poco tempo dopo (30 aprile 1725) il duca di S. Teodoro vendette questi tre feudi, per la somma di 75.000 ducati, a Francesco Carafa che, con diploma spedito da Vienna il 17 novembre del 1725, ottenne il titolo di principe di Pietrelcina dall'imperatore Carlo VI d'Austria. Francesco Carafa morì il 9 gennaio del 1768; ma solo il 20 novembre del 1772, con decreto della Gran Corte della Vicaria, fu dichiarato erede dei suoi beni feudali Pietro Maria Firrau, principe di Luzzi. Dopo la morte di quest'ultimo, avvenuta il 24 novembre del 1776, fu riconosciuto erede il figlio Tommaso Maria con decreto della Gran Corte del 21 gennaio del 1777. A partire dal 1779 entrò in possesso di questi beni feudali Luigi Carafa di Milizia della Stadera alla cui morte subentrò il conte di Policastro e duca di Forlì, Francesco Carafa, che fu l'ultimo barone di Pesco.
Nel [[1930]] il territorio comunale, prima molto piccolo, si ampliò notevolmente con l'acquisizione dell'area di Metaponto e il conseguente sbocco sul mare, prima appartenente al comune di [[Pisticci]].
 
=== Rapporto con Monteleone ===
La città durante gli [[anni 1980|anni ottanta]] ha avuto un notevole sviluppo urbanistico.
 
Monteleone, di origine longobarda, oggi è una frazione di Pesco. Fino all’unione con questo feudo, avvenuta sotto Antonia d’Aquino, ebbe, però, vita autonoma. Stando ad alcuni  antichi documenti, il castello avrebbe dovuto essere annesso al territorio beneventano per renderne più sicuri i confini. Ma già nel 1269 era entrato a far parte del regno angioino. Abitato a quell’epoca da non più di venti  famiglie, dopo alcuni passaggi di proprietà,  ritornò al suo legittimo proprietario, Alferio. Per lungo tempo, poi, non se ne sentì più parlare. Dopo circa due secoli, durante i quali Monteleone si spopolò completamente, se ne ritrovano tracce nella seconda metà del Quattrocento, quando lo acquistò Marcantonio Calenda la cui famiglia ne rimase proprietaria fino al 1616, anno in cui fu rilevato da Giovan Geronimo Nani, nobile savonese. Nella prima metà del Seicento il feudo, con tutte le sue pertinenze, passò nelle mani di Giovanni de Brier, il cui nipote, Giacomo II, lo vendette a Girolamo d'Aquino. Cosicché, morti Francesco e Girolamo d'Aquino, Monteleone si trovò, come già detto, unito a Pescolamazza sotto la nipote Antonia, loro erede universale.
== La città ==
La città ha tre tipologie urbanistiche: la prima è determinata dal centro storico che va dal [[Castello di Bernalda|castello Aragonese]] , la '''Chiesa Madre''' e piazza [[San Bernardino]] fino a '''piazza Plebiscito''', la seconda parte è quella che nasce intorno all'800-'900 che crea il lungo corso [[Umberto I]], circa 2,5&nbsp;km, che parte in piazza [[Cavour]] e limita in '''largo San Donato'''. Lungo il corso sono presenti numerosi negozi, pub e pizzerie ed è il nucleo della vita bernaldese e dei comuni limitrofi. La terza e ultima parte nasce intorno agli anni ottanta-novanta e si sviluppa in tre direttrici da via '''Nuova Camarda''' verso il '''cimitero Monumentale Comunale''', poi da via Veneto verso la provinciale per [[Matera]] ed infine da viale della Resistenza alle '''Matine Angeliche''' verso lo stadio Comunale.
 
=== La popolazione dal XVI al XVIII secolo ===
== Società ==
=== Evoluzione demografica ===
{{Demografia/Bernalda}}
 
Alla fine del XVI secolo cominciano ad aversi  notizie riguardanti direttamente il popolo e le sue condizioni di vita: una pergamena del 1577 contiene, ad esempio, un elenco consistente di cittadini che permette di risalire alle radici di molte famiglie e di seguire i mutamenti  grafici dei principali cognomi pescolani. Agli inizi del Seicento, a causa della pressione fiscale, Pesco si era indebitato al tal punto da essere costretto a vendere al barone dell'epoca, Giovanni d'Aquino, i due forni (Castello e Valle) e la taverna. Da questo atto di compravendita nacque una lunga controversia giudiziaria che si trascinò fino agli inizi dell'Ottocento.  La parte centrale del XVII secolo è dominata dall'infuriare della peste che, nel 1656, decimò i pescolani, tanto che il 20 ottobre del 1657, data in cui il nuovo parroco Don Domenico Palumbo prese possesso della chiesa, la popolazione contava appena 230 anime.  Nella parte centrale del Settecento, invece, la popolazione contava un migliaio di abitanti, ma con un analfabetismo che raggiungeva circa l'80% per gli uomini (con l'esclusione della categoria dei sarti) e il 100% delle donne. Malgrado lo sfruttamento sistematico al quale la popolazione era sottoposta, il tenore di vita di Pesco, rapportato al periodo storico, era divenuto accettabile. Queste condizioni favorevoli si mantennero per lungo tempo . Tanto è vero che, verso la fine del secolo, la popolazione aveva raggiunto le 1636 unità.
=== Dettaglio vari censimenti <ref>Anagrafe comune di Bernalda</ref> ===
 
=== L'Ottocento ===
{| {{prettytable|width=80%}}
|-
! |'''Anno'''<br />|| [[1277]] || [[1320]] || [[1561]] || [[1736]] || [[1803]] || [[1811]] || [[1822]] || [[1831]] || [[1843]] || [[1853]] ||[[1861]]
|-
| align=center |'''Abitanti censiti'''<br />|| 380 || 340 || 1.420 || 1.935 || 3.160 || 3.950|| 4.124 || 4.959 || 5.660 || 5.960 || 6.097
|-
|}</div>
{| {{prettytable|width=80%}}
|-
! |'''Anno'''<br />|| [[1871]] || [[1881]] || [[1891]] || [[1901]] || [[1911]] || [[1921]] || [[1931]] || [[1936]] || [[1942]] || [[1951]] || [[1961]]
|-
| align=center |'''Abitanti censiti'''<br />|| 6.455 || 7.176 || 7.324 || 7.369 || 7.239 || 7.767 || 7.676 || 8.380 || 9.045 || 10.080 || 10.571
|-
|}</div>
{| {{prettytable|width=80%}}
|-
! |'''Anno'''<br />|| [[1971]] || [[1981]] || [[1991]] || [[2001]] || [[2002]] || [[2003]] || [[2004]] || [[2005]] || [[2006]] || [[2007]] || [[2008]]
|-
| align=center |'''Abitanti censiti'''<br />|| 10.753 || 11.748 || 12.037 || 11.958 || 11.987 || 12.044 || 12.056 || 12.162 || 12.183 || 12.203 || 12.207
|-
|}</div>
 
I rapporti tra feudatario e popolo pescolano, già tesi in precedenza, si logorarono ulteriormente dopo la rivoluzione napoletana del '99. Luigi Carafa, barone dell'epoca, cercò di far leva sul sentimento religioso, facendo rinnovare nel 1801 la concessione di indulgenza plenaria per la cappella del SS. Rosario e ottenendo dal Papa l'istituzione della Via Crucis nella chiesa del SS. Salvatore. Nel 1802, infine, donò al popolo di Pescolamazza il corpo di Santa Reparata martire ricevuto a Roma dalle mani del  cardinale Benedetto Fenaja. Ma, nonostante tutto ciò, subito dopo l'emanazione del decreto di Giuseppe Bonaparte che aboliva la feudalità, il comune di Pescolamazza, assistito dall'avvocato Antonio Vitale, chiamò in giudizio davanti alla Commissione feudale  il suo successore, Francesco Carafa,  conte di Policastro e duca di Forlì. Gli si contestava, tra l’altro,  l'esazione di  110 ducati annui sui forni Castello e Valle, di 30 ducati per erbaggio e di alcuni censi in denaro  e in natura senza che esistessero i relativi strumenti. Gli si contestava, inoltre, la pretesa del “terraggio” sull’intero territorio comunale (compresi i fondi “appadronati”).  Il comune vinse su tutto il fronte, tranne che per l’esazione dei 110 ducati annui sui due forni, considerando che questa somma  fosse dovuta al barone a titolo di intereresse  per il capitale di 2.200 ducati  concesso in prestito nel 1617 all’università  di Pescolamazza da Giovanni d’Aquino. Al  momento dell’esecuzione della sentenza, però, sorsero dei problemi che si rivelarono insormontabili.  Mentre il rappresentante del comune, infatti, chiedeva che la tenuta di Monteleone fosse parzialmente ripartita tra i cittadini pescolani  per compensare i cosiddetti “usi civici”, l’ex barone, per bocca del suo agente, sosteneva che essa, in qualità di feudo separato, non fosse automaticamente assoggettabile alla ripartizione e che, comunque, la controversia dovesse essere portata dinanzi ai tribunali ordinari. Siccome, però, Winspeare, regio procuratore generale sostituto presso la Gran Corte di Cassazione, si  era schierato apertamente a favore della tesi sostenuta dal comune, il conte di Policastro, sentendosi battuto, si rivolse direttamente a  lui, chiedendo una breve sospensione per avere il tempo di esibire alcuni documenti comprovanti i suoi diritti. Federico Cassitto, incaricato della divisione dei demani alle dipendenze del consigliere Paolo Giampaolo, però, pur accordandogli dieci giorni per esibire i documenti promessi, ordinò che i periti continuassero la misurazione del feudo. La causa di questa lotta serrata contro il tempo dipendeva dal fatto che, mentre Francesco Carafa cercava di procurarsi le carte comprovanti i propri diritti, Ferdinando Cini, il suo agente, aveva  indotto sindaco e decurioni a presentare, a nome del comune, un atto di rinuncia al beneficio della ripartizione anche nel caso in cui questa fosse stata prescritta dalle leggi. A questo punto, visto che l’amministrazione  comunale aveva ritirato il suo appoggio, si fecero avanti tre privati cittadini pescolani (Dionisio Guerra, Antonio Orlando e Gennaro Vetere) che continuarono a loro spese l’azione che era stata intrapresa contro il conte di Policastro. Il Cini, allora, non potendo raggiungere legalmente il suo scopo, ricorse all’inganno e alla violenza. Fu così che, approfittando del fatto che erano suoi ospiti l’intendente Giacomo Mazas e il comandante della provincia, venuti a Pescolamazza  per seguire da vicino lo sviluppo dell’affare, fece convocare i tre a casa sua. Simulando, poi , il loro rifiuto a presentarsi, indusse i due funzionari a ordinarne l’arresto immediato. I custodi del carcere fecero il resto. Questi, infatti, maneggiati dal Cini, sottoposero i malcapitati a “maltrattamenti e villanie inaudite”. Il Mazas, inoltre, cogliendo l’occasione propizia, destituì Dionisio Guerra dal suo impiego di “cancelliere archivario” presso il comune. Malgrado tutto ciò, il Cassitto, fatta ultimare rapidamente la misurazione e la valutazione dell’ex feudo, suggerì che, per compensare i diritti dei pescolani a “pieni e comodi usi civici” riconosciuti dalla sentenza della Commissione feudale del 3 aprile 1810,  si dovesse distaccare e ripartire tra i cittadini  una metà del territorio boscoso, un terzo dell’”incolto erboso” e un quarto del “seminatorio”, per un ammontare complessivo di 1144,16 tomoli. Sfortunatamente, però, a nulla valse il lavoro portato a termine a tamburo battente dal Cassitto. Infatti, in seguito al regio decreto firmato da Gioacchino Murat il 27 dicembre del 1811, il compito di decidere sulla questione era stato tolto al commissario del re e affidato all’intendente della provincia. E il Mazas, che parteggiava apertamente per il conte di Policastro, ricevuto ufficialmente l’incarico il 18 gennaio del 1812, emise, il 31 marzo dello stesso anno, un’ordinanza definitiva in cui dichiarava che l’ex feudo di Monteleone, essendo distinto e separato dal territorio di Pescolamazza, non era ripartibile a vantaggio dei suoi cittadini. Per giunta, poi, condannò anche Dionisio Guerra, Antonio Orlando e Gennaro Vetere a pagare una multa di 35,20 lire, somma corrispondente alle spese sostenute da due decurioni pescolani che si erano recati ad Avellino per partecipare alla discussione del caso. Ciononostante, però, Gennaro Vetere non si diede ancora per vinto. Tanto è vero che nel 1817 si rivolse alla Gran Corte dei Conti per chiedere l’annullamento dell’ordinanza di Mazas per “difetto di notifica e per eccesso di facoltà nella persona dell’Intendente”. Questa, però, con sentenza del  22 giugno 1818, dichiarò inammissibile il reclamo facendogli salvo il solo “diritto di ricorrere a un giudice competente per dimostrare la perpetuità della sua colonia”. Gennaro Vetere, comunque, non intraprese mai questo nuovo procedimento legale. Solo dopo circa un ventennio (24 gennaio 1837) il comune di Pescolamazza, avuta la relativa autorizzazione con” real rescritto” del 7 dicembre 1836, chiamò in giudizio Francesco, Laura e Teresa Carafa per sostenere questo diritto  in nome di alcuni privati cittadini. Avendo il tribunale di Avellino rigettato questa istanza, fu presentato appello alla Gran Corte Civile di Napoli che, con decisione del 27 dicembre 1840, invitò il comune e i privati cittadini “a provare, con titoli e testimoni, la esistenza delle colonie”. Il procedimento, che si trascinò per un’altra decina d’anni, si chiuse con la vittoria definitiva degli eredi Carafa. La Gran Corte Civile, infatti, con sentenza del 30 luglio 1851, per “la inverosimiglianza e le contradizioni delle prove esibite”, dichiarò “non giustificata la colonia perpetua” e condannò il comune e i privati cittadini al pagamento delle spese di giudizio ammontanti a 634,38 ducati. Solo nel 1853, per semplice tornaconto e non certo per merito delle reiterate e sfortunate azioni legali fino ad allora portate avanti, la famiglia Carafa concesse l’ex feudo di Monteleone in “enfiteusi perpetua” al comune di Pescolamazza il quale, a sua volta, lo suddivise in quote che assegnò a tutti i capifamiglia del paese in cambio di un canone annuo di 23,45 lire.  Il lavoro di quotizzazione, iniziato subito dopo la firma del relativo atto notarile, venne terminato solo nel 1870. Le sue fasi conclusive, perciò, si intrecciarono con le vicende connesse con l’unità d’Italia. E  Pesco, anche se venne appena sfiorato dal brigantaggio che imperversò nei paesi vicini tra il 1860 e il 1880 (si ha notizia solo dell’assassinio di un certo Giuseppe Pennucci per mano del famigerato capobrigante Michele Caruso), ebbe un notevole peso nei moti reazionari che insanguinarono la provincia di Benevento nell’estate del 1861. Qui, infatti, all’alba del 10 agosto, il filo borbonico Luigi Orlando venne catturato nel suo palazzo  e passato per le armi  da un plotone di bersaglieri comandati dal colonnello Pier Eleonoro Negri. Questo episodio, insieme alla sonora sconfitta subita nelle stesse ore  a Pietrelcina dalla banda di Francesco Saverio Basile alias Pilorusso per opera dei bersaglieri del maggiore Rossi e alla fucilazione di ben undici cittadini inermi catturati nelle loro case, diede la stura alla spedizione punitiva contro Casalduni e alla distruzione di Pontelandolfo avvenute il 14 agosto del 1861. Il pescolano Francesco Esci, infatti, avuta notizia delle feroci esecuzioni avvenute a Pesco e a Pietrelcina,  alla testa di una banda reazionaria, si portò il giorno 11 a Casalduni, dove ordinò ai suoi uomini la fucilazione di quaranta bersaglieri e quattro carabinieri che erano stati appena catturati insieme al loro comandante, il tenente Cesare Augusto Bracci. E fu proprio quest’ultimo fatto  a scatenare la violenta azione di ritorsione avvenuta il 14 agosto a Casalduni e a Pontelandolfo per ordine, rispettivamente, del maggiore Carlo Melegari e del colonnello Pier Eleonoro Negri. È opportuno precisare, però, che tra i responsabili dell’eccidio non compare il nome  di Esci ma solo quello del suo luogotenente, Angelo Pica alias Picozzo. E questo perché, quando il processo fu istruito, Francesco Esci  era già morto. In seguito a consiglio di guerra tenutosi a Benevento, infatti, era stato  fucilato a Pescolamazza il 24 settembre del 1861, in contrada Vignale di Iorio, da un picchetto del 62° Fanteria, insieme al capobanda  Michele Zeuli da Alberona.
*'''Nota''': Negli anni [[1277]] e [[1320]] si tratta dell'antico villaggio di Camarda
*'''Nota2''': Nel [[1561]] ci fu il primo censimento nella nuova città di Bernalda dopo 100 anni dalla fondazione
 
=== CulturaStoria amministrativa == =
== Dialetto==
Il dialetto bernaldese fa parte del [[dialetto metapontino]], parlato in tutti i paesi della costa jonica lucana e alto-calabrese, seppure con inflessioni che variano leggermente da paese a paese.
Molti termini coincidono con quelli del dialetto campano, altri con quelli del dialetto pugliese, soprattutto tarantino; c'è da dire che seppure trovandosi in provincia di Matera, il dialetto bernaldese è notevolmente differente da quello del capoluogo poiché si avvicina molto di più a quello del potentino centro-meridionale, seppur presentando influssi pugliesi-salentini e calabresi.
Un dialetto molto simile al bernaldese lo si parla nei comuni di Pisticci, Montalbano Jonico e Scanzano Jonico, e, in misura minore, anche nei comuni di Montescaglioso, Miglionico e Ginosa, sebbene questi ultimi tre siano più a diretto contatto con la famiglia pugliese.
=== Musica ===
* [[Band]] : Di Bernalda è la band [[Krikka Reggae]], gruppo rivelazione nel panorama [[reggae]] italiano. Infatti, con concerti di enorme successo tenuti anche fuori regione, la Krikka Reggae si è affermata come gruppo reggae dialettale; le loro canzoni sono molto apprezzate dai ragazzi soprattutto per i temi di grande attualità trattati nei testi. Nel passato altri gruppi musicali bernaldesi sono stati i '''The Blobs''', che hanno fatto scuola a tanti altri gruppi e musicisti locali, '''Il Tropico''', che ha riscosso successi anche fuori regione, i '''Butterfly''' (successivamente '''Randa'''), i virtuosi '''Doppio Malto''', famosi per le stravaganti performances del cantante, i '''Desire''', interpreti del grunge a Bernalda, genere poi ripreso dai '''Bum Bum Baby San''' ed ancora gli '''ZERODECIBEL''' vincitori di premi importanti come il premio MEI come migliore band emergente nel panorama musicale nazionale, i '''SOUND UP''' interpreti di cover degli anni 80, gli '''OraZero''', molto apprezzati per le cover di successo e vincitori di gare tra band locali. Dalle ceneri dei '''Doppio Malto''' sarebbe poi nata la [[Krikka Reggae]].
* [[Radio (mass media)|Radio]] : È di Bernalda la prima radio libera lucana. '''Radio Bernalda''' 103mhz, cominciò le trasmissioni nell'agosto [[1976]] ; negli anni [[1980|ottanta]] invece si affermò una radio chiamata '''Radio Libera 100''' , ora fusasi insieme a ''Radio anch'io'' in [[Radio Radiosa]] , che ebbe un grande successo soprattutto tra i giovani.
 
Pescolamazza, per la sua posizione geografica, ebbe una certa importanza nell'assetto amministrativo ottocentesco. Già a partire dal 1812, infatti, fu scelto come capoluogo del circondario (nell'ambito del [[distretto di Ariano]]) al posto di Fragneto Monforte e mantenne questa sua prerogativa anche dopo la nascita della provincia beneventana, divenendo sede di pretura, di carcere mandamentale e di ufficio di bollo e registro, fino al 1889. Malgrado, però, questa sua posizione privilegiata e il notevole sviluppo demografico ed edilizio, Pescolamazza mancava delle opere essenziali per la salute pubblica e per le comunicazioni. Solo nel 1832 l'amministrazione comunale mise in bilancio la costruzione di due acquedotti per portare nell'abitato le acque del Romito e dell'Acquafresca. Stabilì, inoltre, di stanziare la somma di centocinquanta ducati annui, fino al completamento dell'opera, per costruire una strada rotabile di circa due miglia tra la cappella della Madonna  dell'Arco e Vallone Pilone che consentisse  un collegamento più agevole con Napoli  e Terra di Lavoro. Mentre si sa con certezza che i nuovi acquedotti furono completati nel 1837, nessuna notizia si riesce a trovare circa il buon esito  della strada per Vallone Pilone. Un altro problema che le amministrazioni comunali dovettero affrontare  fu quello della costruzione del cimitero. A tale proposito, già nel 1817 era stato scelto un appezzamento di terreno nella contrada del Fornillo che,  pur non essendo stato ritenuto idoneo dalle autorità competenti, venne temporaneamente  adoperato a questo scopo  a partire dal dicembre del 1838.  Non si conosce né la durata di questa sistemazione provvisoria, né l'anno in cui fu decisa l'edificazione dell'attuale cimitero. Si sa, comunque, che venne stanziata la somma di 1.300 ducati da spendersi, per il completamento dell’opera, nel quinquennio 1853-1857 e che solo nel 1856 fu messa in bilancio la somma necessaria alla costruzione della strada di collegamento con il centro abitato Naturalmente tutti questi ritardi contribuirono a deteriorare ancora di più le già precarie condizioni igieniche del paese. Si pensi che Pescolamazza, nel 1846, fu tra i pochi comuni del Principato Ultra colpiti dall’epidemia di vaiolo. Il problema delle comunicazioni, infine, fu risolto, almeno in parte, con la costruzione della Strada Val Fortore (l’attuale S. S. 212) e della linea ferroviaria Benevento-Campobasso-Termoli, inaugurata,  nel tratto Pietrelcina-Pescolamazza (fino a S. Giuliano), il 12 febbraio del 1882. Per quanto riguarda il collegamento ferroviario, però, si trattò di un’occasione mancata. L’ubicazione della stazione, infatti, posta a oltre quattro chilometri dal centro abitato, risultò di scarsa utilità e contribuì in maniera determinante a tenere praticamente isolato il paese fino  alla metà del Novecento.
=== Cinema ===
Negli ultimi anni, nella città, sta nascendo una fiorente attività cinematografica che ha portato alla produzione di films interamente ambientati nel territorio bernaldese.
 
=== La Galleria dei personaggi celebri ===
* ''FuocArrubbat'' , [[2007]] , scritto e diretto da Giuseppe M. Albano e Vincenzo Forcillo
Tra i personaggi di origine pescolana, degni di essere menzionati sono: Giandonato Orlando (1834-1883), il figlio prete del filo borbonico Luigi, che collaborò come epigrafista con il famoso archeologo padre Raffaele Garrucci della Compagnia di Gesù, il commediografo dialettale Giandomenico Viglione (1862-1922), il letterato e professore universitario Francesco Viglione (1879-1969), universalmente noto per i suoi studi foscoliani (''Sul teatro di Ugo Foscolo'', Nistri, Pisa, 1905; ''Catalogo dei manoscritti foscoliani,'' Fusi, Pavia, 1909; ''Ugo Foscolo in Inghilterra'', Muglia, Catania, 1910; ''Scritti vari inediti di Ugo Foscolo'', Giusti, Livorno, 1913), don Ruggiero Pilla (1911-1987), economo generale dei Salesiani dal 1963 al 1983, Luigi Augusto Pilla (1935-2015), prefetto di Enna, Matera e Campobasso, Ruggero Pilla, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Benevento dal 1994 al 2008, e Fernando Masone (1936-2003), capo della Polizia di Stato tra il 1994 e il 2000 e, successivamente, direttore del CESIS (l’organismo che coordina l’attività dei servizi segreti) fino al giorno della sua morte. Nel campo dello sport Pesco ha avuto due campioni italiani di atletica leggera (Luciano Possumato, titolo juniores indoor 1986 negli 800 m, e Maurizio Gifaldi, titolo italiano assoluto1994 nel salto triplo) e uno di nuoto (Fabiola Caruso, titolo italiano categoria propaganda 2007 nei 50 m rana). Per quanto riguarda il ciclismo, inoltre, degni di nota sono  i fratelli Olindo e Nicola Fiore che, verso la fine degli anni Cinquanta del secolo scorso, trasferitesi a Torino, hanno avuto modo, nella categoria allievi, di confrontarsi alla pari con atleti del calibro di Italo Zilioli e Franco Balmamion. La loro esperienza, però, fu di breve durata. Dopo la morte di Olindo, avvenuta per leucemia il 10 marzo 1960, anche Nicola abbandonò definitivamente le corse.  Pesco, inoltre, vanta due generali (Antonio Severino, 1911-1997, e Bruno Capozza, classe 1947) e un uomo politico (Costantino Boffa, classe 1957, deputato al parlamento nazionale tra il 2006 e il 2013). Per quanto concerne  lo spettacolo bisogna ricordare che Pesco ha un posto di rilievo nell’ambito circense. Basti pensare a tale proposito che il ''Circo Castellucci''  e il ''Circo Martin Show'' sono stati fondati dai nostri compaesani Attilio Castellucci e Angiolino Martino, rispettivamente. Da non dimenticare, infine, che Silvio Orlando, vincitore della coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile alla Mostra del Cinema di Venezia 2008 ne ''Il papà di Giovanna'' di Pupi Avati, ha sangue pescolano nelle vene. Suo padre Nicola, infatti, pronipote del succitato filo borbonico Luigi, era nato e cresciuto a Pesco.     
* ''Nelle scarpe di mio padre'' , [[2008]] , scritto e diretto da Michele Russo
<br />
* ''319'', [[2008]], scritto e diretto dai fratelli Puntillo
== Monumenti e luoghi d'interesse ==
* ''Una vita normale'', [[2009]], scritto e diretto da Berardo Lella
=== Architetture religiose ===
* ''Quel che resta del mio Amore'', [[2009]], scritto e diretto da Dino Paradiso
[[File:Pesco Sannita - Chiesa del Salvatore.jpg|miniatura|La Chiesa del Santissimo Salvatore]]
* ''Muri Invisibili'', [[2009]], diretto da Giuseppe Marco Albano
Alla fine del Seicento a Pesco c'erano, oltre al SS. Salvatore e a San Nicolò, altre due chiese (S. Croce e S. Rocco) e un oratorio (S. Maria dell'Arco). Un'altra chiesa (S. Maria a Tamele) si trovava nel feudo di Monteleone. Dopo il terremoto dell'8 settembre 1694 le chiese di S. Maria a Tamele e di S. Rocco, irrimediabilmente danneggiate, furono chiuse al culto. Agli inizi del Settecento, poi, furono lasciati in abbandono anche S. Croce e l'oratorio di S. Maria dell'Arco. Quest'ultimo, meglio noto come “la Cappella”, riaperto al culto nell'Ottocento, fu abbellito esternamente con un dipinto su tavola di Francesco de  Maio (“commesso postale” dell'epoca) e con un Cristo crocifisso scolpito in legno da un contadino pescolano (Giandomenico Pennucci). Il dipinto,  la cui parte inferiore rappresenta Piazza Gregaria (l'attuale Piazza Umberto I) con sullo sfondo via Cappella e Casale S. Antonio,  ormai quasi completamente deteriorato dalle intemperie, è stato restaurato nel 2008 da Antonio Solvino e utilizzato come pala d’altare dell’oratorio. Il Cristo ligneo, invece, è stato distrutto durante i lavori di messa in opera delle baracche per i terremotati del 1962. La chiesetta, ricaduta in abbandono nei primi decenni del Novecento, è stata fatta restaurare da mons. Nicola D'Addona nel 1977 e da don Nicola Gagliarde nel 2008. Nessuna delle altre antiche chiese pescolane è giunta integra fino a noi. Di S.Croce e di S. Rocco, infatti, si sono perse completamente le tracce. La chiesa di S. Nicolò, invece, lasciata in abbandono poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, è stata demolita nella primavera del 1971. La chiesa del SS. Salvatore, infine, ristrutturata una prima volta verso la fine dell'Ottocento da don Giandonato Orlando, modificata agli inizi del  Novecento dal suo successore don Domenico Sabella, ampliata tra il 1921 e il 1924 da don Emilio Parrella, è stata completamente rifatta da mons. Nicola D'Addona, sulla base di un progetto ideato insieme al fratello Ing. Luigi, e inaugurata nel 1968. La costruzione, pur apparendo a prima vista come un complesso architettonico progettato ''ex novo'', conserva, armonizzandoli pienamente, i segni delle ristrutturazioni precedenti (basti pensare alla presenza contemporanea di archi a sesto acuto, a tutto sesto e di architravi). L'unica parte della chiesa che non ha subito modifiche è l'ex cappella di S. Reparata che, però, è stata trasformata in sacrestia. Molto più recente, infine, è l'oratorio di Maria SS. Addolorata e di S. Giuseppe, fatto edificare da Pasquale De Simio in un fondo di sua proprietà e ultimato nel 1840.
* ''L'amore conta'', [[2009]], scritto e diretto da Pietro Favale
 
== Società ==
Il primo interamente interpretato in [[Dialetto metapontino|dialetto bernaldese]] ; il secondo , invece, narra le vicende delle origini della famiglia di [[Francis Ford Coppola]] il noto regista italo-americano; il terzo è un geniale trip-onirico ambientato sulle strade lucane; il quarto è una delle tante storie giovanili ambientato tra Bernalda e Metaponto; il sesto interamente girato nell'istituto tecnico commerciale di Bernalda racconta, con la metafora del muro di Berlino, l'emarginazione all'interno delle scuole; il settimo interamente girato a Bernalda è la tormentata storia d'amore di Chiara fidanzata del giovane musicista Fabio, il quale incontrerà Pamela, che cambierà il destino della coppia.
=== Evoluzione demografica ===
L'andamento demografico tra il 1697 e il 1857 mostra un progressivo aumento della popolazione.  Gli abitanti, infatti, che sono appena  461 nel 1697, diventano 706  nel 1722,  904 nel 1736, 1014 nel 1742,  1158 nel 1770,  2028 nel 1827 e 2460 nel 1857. Successivamente, dopo il passaggio sotto il Regno d'Italia, la popolazione evolve come mostrato nel grafico:
 
{{Demografia/Pesco Sannita}}
=== Personalità legate a Bernalda ===
==== Francis Ford Coppola ====
Il cittadino più celebre di Bernalda è il regista Italo-americano [[Francis Ford Coppola]]. Infatti i suoi nonni vivevano nell'attuale via Cavour nel centro storico e da qui partirono per gli [[Stati Uniti d'America|USA]].
Il regista ha comprato casa a Bernalda, si tratta del sontuoso '''Palazzo Margherita''' su corso Umberto, per farne un albergo a 5 stelle e che si andrà ad aggiungere ai 4 alberghi già in possesso di Coppola.
I lavori di restauro saranno fatti, «nel rispetto assoluto della naturalezza del territorio e della tradizione» ha promesso Coppola, intervistato mentre gironzolava per i vicoli della città con la moglie. Ma non solo, c'è in progetto la creazione dell'[[Università]] del cinema da ubicare a '''Torremare''' una località di [[Metaponto]].<ref>[http://www.aptbasilicata.it/index.php?id=1570 Francis Ford Coppola parla di Bernalda]</ref>
 
=== EconomiaLingue e dialetti ===
==== Caratteristiche ====
L'economia si fonda soprattutto sull'agricoltura del metapontino e sul turismo archeologico e balneare, che coinvolge prevalentemente la frazione di [[Metaponto]], dove sono presenti il museo archeologico e le rovine della ''Metaponto Greca'' e numerosi stabilimenti balneari, campeggi e villaggi turistici.
A livello industriale Bernalda è in fase di sviluppo con la creazione di aziende sia tessili che del ferro che delle calzature.
I piani per nuovi insediamenti industriali sono stati decisi; per il XXI secolo Bernalda si proietta come città turistico-industriale e tra i poli di riferimento del [[metapontino]] insieme alle altre due città, [[Pisticci]] e [[Policoro]] che formano un triangolo virtuale di interesse e sviluppo della [[Metapontino|Piana di Metaponto]].
Ma c'è da dire che la città si trova in una posizione geografica interessante, come d'altronde anche la città di [[Montescaglioso]] , per gli scambi economici con la vicina e sviluppata [[Puglia]] .
 
* Molto caratteristica è la trasformazione delle sillabe ''scia'', ''scio'', ''sciu'' di alcune parole napoletane (''fia'', '' fio'', ''fiu'' in italiano) in ''hia'', ''hio'', ''hiu'' con l'h aspirata (per es. nap. ''sciato'' = fiato,  pesc. ''hiato'';  nap. ''sciummo'' = fiume,  pesc. ''hiumo'', ecc.).
=== Turismo ===
*Nel dialetto pescolano la ''o'' finale assume un suono intermedio tra la ''o'' e la ''u'' quando la parola viene presa singolarmente o si trova alla fine di una frase, mentre diventa decisamente  ''u'' quando sta al suo interno. La pronuncia della ''z'' è sempre sorda (come in ''marzo'') tranne che dopo la ''n'' (''‘nzèngale'', ''cunzèreva''), davanti ai dittonghi ''ia'', ''ie'', ''io'', ''iu'' e in alcuni vocaboli (''manazzèo'', ''zechetià'' e  ''zurro'') dove diventa sonora. La ''s'' davanti a tutte le consonanti (fatta eccezione per ''d'' e ''t'') si pronuncia come il digramma ''sc'' davanti alle vocali ''i'' ed ''e''.
Bernalda è oggi uno dei maggiori centri del materano, sia come ampiezza demografica, è la quarta dopo [[Matera]], [[Pisticci]] e [[Policoro]], che come polo turistico; infatti è presente sia un turismo di stampo prettamente balneare e del divertimento, il mare della costa bernaldese nell'anno [[2006]] ha avuto il titolo di [[Bandiera Blu]] per la limpidezza e pulizia delle sue spiagge, che archeologico e culturale, infatti nel territorio di [[Metaponto]] è presente una città di origine greca ben conservata e un colonnato che apparterrebbe ad una scuola pitagorica. Nella città invece è presente un castello medioevale e un centro storico di interesse culturale e archeologico. La presenza di numerosi pub e negozi, infine, rende la città interessante anche dal punto di vista del tempo libero.
*Alcune parole maschili hanno il plurale al femminile (''anéglio'' = anello, pl. ''anèllure'';  ''carro'', pl. ''carre''; ósso = osso, pl. ''òssere'' ; ''óvo'' = uovo, pl. ''òve''; ''pertuso'' = buco, pl. ''pertóse''; ''pùzzo'' = pozzo pl. ''pózzere'').
*Nel plurale alcuni vocaboli in dialetto pescolano conservano ancora tracce evidenti del genere neutro.  Gli aggettivi  ''quanto'' e ''tanto'', ad esempio,  si trasformano al plurale in ''quanta'' e ''tanta'' (neutro plurale  di ''quantum'' e ''tantum'', rispettivamente).
*Gli infiniti dei verbi della prima coniugazione italiana e di quelli piani della seconda diventano tronchi per la perdita di ''-re'' finale (''abbicinà'' = avvicinare, ''tené'' = tenere). Quelli sdruccioli della seconda coniugazione e quasi tutti quelli della terza, invece, assumono la forma della terza persona singolare dell'indicativo presente (es. ''chiòve'' al posto di ''chiòvere'' = piovere, ''fenìsce'' al posto di ''fenì'' = finire). I verbi riflessivi diventano tutti sdruccioli, tranne qualche rara eccezione come ''arrènnerese''  =  arrendersi, ''cèrnerese'' =  ancheggiare e spégnerese = sciogliersi che sono bisdruccioli. Quelli della prima coniugazione, infatti, terminano in ''-àrese'', quelli della seconda in ''-èrese'' e quelli della terza in ''-ìrese''. I gerundi, infine, finiscono sempre in ''-ènne'' (mentre nel napoletano in ''-ànno'' quelli della prima coniugazione e in ''-ènno'' tutti gli altri).
 
==== Alcuni termini dialettali ====
== Infrastrutture e trasporti ==
 
* [[File:Autostrada A3 Italia.svg|23px]] ''[[Autostrada A3 (Italia)|Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria]]'': uscita ''Potenza'', immettersi sulla ''SS 407 Basentana'' direzione ''Metaponto'', uscita ''Bernalda''.
*''Accunzà''  v. tr. 1) Aggiustare.  2) Condire. Proverbio: ''L'óssu vécchiu accònza la menèstra'' (l'osso vecchio condisce la minestra, cioè per risolvere i problemi ci vuole l'esperienza degli anziani).
* [[File:Strada Statale 106 Italia.svg|50px]] ''[[Strada Statale 106 Jonica]] Taranto-Reggio Calabria'': nel tratto lucano uscita ''SS 407 Basentana'', direzione ''[[Potenza (Italia)|Potenza]]'', uscita ''Bernalda'' .
*''Bòsso''  s. m. Neologismo importato dai primi Pescolani emigrati negli Stati Uniti d'America. Venne adoperato, specialmente tra il primo e il secondo dopoguerra, per indicare il padre nelle conversazioni  da quanti ormai si vergognavano di usare la parola ''tata'' ma non erano ancora disposti  a ricorrere al termine  ''papà'', ritenuto un'esclusiva delle famiglie di ceto più elevato. Analogamente con la parola ''bòssa'' si indicava la madre. Etim.: dall'ingl. ''boss'' (capo, padrone).
* [[File:FS-logo2007.gif|50px]] le più importanti direttrici ferroviarie sono: '''ES*''' Metaponto-Roma, '''IC plus''' Metaponto-[[Roma]], Metaponto-[[Milano]], Metaponto-[[Torino]], '''EXP''' Metaponto-Roma, Metaponto-[[Reggio Calabria]] ad esse si sommano le direttrici minori Metaponto-[[Bari]], Metaponto-[[Napoli]], Metaponto-[[Sibari]]-[[Catanzaro Lido]], Metaponto-[[Taranto]]-[[Lecce]]
*''Cùccio'' s. m. Coniglio.
*''Fìcura''  s. f. Fico (albero e frutto) /Varietà locali: Ficus carica serotina (''fìcura natalèse''), Ficus carica fasciata (''fìcura zengarèlla''), Ficus carica verdecchius (''fìcura verdesca''). /«A la fìcura!» era una minaccia che si faceva ai cani ed equivaleva a dire: «Ora ti ammazzo!». Anticamente, infatti, si usava seppellire questi animali sotto gli alberi di fico per concimarli.
*''Ócchio''  s. m. Occhio / ''Fà l'ócchio'': far passare il mal di testa provocato dal malocchio. A questo scopo basta versare una goccia d'olio in un piatto pieno d'acqua, fare con il pollice della mano destra un segno di croce sulla fronte del malato e recitare la formula magica: ''Lunnedì santu, martedì santu, mercudì santu, giovedì santu, vernedì santu, sabbetu santu… Duméneca è Pasqua e l'ócchiu casca''. La formula in realtà viene borbottata per evitare che gli astanti riescano a comprenderne le parole (solo durante la notte di Natale, infatti, può essere detta chiaramente a quelli che vogliono impararla). Lo scongiuro riesce solo se la goccia d'olio si allarga fino ad occupare l'intera superficie dell'acqua. Il modo, poi, con cui l'olio si spande nel piatto permette anche di scoprire il sesso dell'autore della fattura. Se infatti la goccia allargandosi assume la forma di una collana (''cannàcca''), se cioè la sua circonferenza si ricopre lungo tutta la linea di minute goccioline, si può essere certi che il malocchio è stato fatto da una donna. Modo d dire: ''Accattà l'óglio pe' fà l'ócchio'' (comprare l'olio per togliere il malocchio, cioè appena qualche goccia): essere spilorcio.
*''Parénti''  s. m. pl. 1) Chiazze rosse che si formano sulle gambe per eccessiva vicinanza al fuoco del camino. 2) Consanguinei e affini. Proverbio: ''Li parénti sóngu cum'a li stivali, cchiù stritti sóngu e cchiù fannu  male'' (i parenti sono come gli stivali, più sono stretti e più fanno male).
*''Pasquabifanìa'' s. f. Epifania. / ''Pasquabifanìa tutte le fésti se porta via'. Dice Sant'Antóno: «Aspetta ca ce sta la mia!»''. Con l'arrivo dell'Epifania non finiscono tutte le feste: prova ne sia che solo qualche giorno dopo, il 17 di gennaio, già si festeggia S. Antonio Abate.
*''Rape''  v. tr. Aprire. Proverbio: ''Chi te sape te rape'' (chi ti conosce ti apre, cioè viene a rubare da te solo chi frequenta la tua casa).
*''Salecarèlla'' s. f.  Pianta delle Salicacee molto diffusa lungo i corsi d’acqua.
*''Spulepà''  v. tr. Spolpare. /''Te sî mangiata la carne, mó' spólepete l' ósso'': ti sei mangiata la carne, ora spolpati l'osso (hai dissipato tutte le tue sostanze, adesso arrangiati).
*''Strùmmulo'' s.m. Trottola di legno. Lo ''strùmmulo'', a forma di pera  e dotato nella sua parte inferiore di una punta di ferro, viene lanciato e fatto girare per mezzo di una cordicella arrotolata intorno ad esso a partire quasi dall'estremità della punta fino a circa metà della sua parte in legno. Il lancio, una volta impugnato l'attrezzo con la punta rivolta verso l'alto e poggiata nell'incavo tra indice e pollice, avviene alzando e portando all'indietro il braccio e subito dopo muovendolo velocemente in avanti e verso il basso. A questo punto, effettuata una rapida torsione del polso, la mano che lo stringe viene aperta e contemporaneamente la cordicella tirata all'indietro per mezzo di un occhiello che, praticato alla sua estremità libera, è stato infilato in un dito. Il gioco, ormai da tempo caduto in disuso, si faceva a Pesco, in contrada S. Giuseppe, in occasione della festa del santo, cioè il 19 di marzo, sin dagli inizi degli anni Quaranta del diciannovesimo secolo, epoca in cui era stata aperta al culto l'omonima cappella. Esso, destinato ad un numero indeterminato di persone, consisteva nel lanciare uno per volta l'attrezzo in un cerchio (detto ''póce'') tracciato incidendo semplicemente il terreno con uno stecco o, nei casi più elaborati, facendo uso di polvere di gesso. I lanci continuavano fino a che lo ''strùmmulo'' di uno dei giocatori, alla fine della sua rotazione, non restava all'interno del cerchio. A questo punto gli altri lanciavano a turno i loro attrezzi su quello restato prigioniero cercando di spingerlo fuori o di spaccarlo. E proprio per scongiurare questa seconda eventualità si usava a volte proteggerlo con delle bullette da scarpa (le cosiddette ''centrelle'').
*''Tarantéglio'' s. m. Ghiacciolo a forma di stalattite che durante le notti invernali si genera per rapido congelamento delle gocce d'acqua che cadono dal tetto innevato. Etim.:  probabilmente il riferimento alla tarantella è dovuto al fatto che quando questi ghiaccioli si formano, l'unico modo che si ha per vincere il freddo è quello di saltellare.''’Ucculàro''  s.m. Guanciale del maiale.
 
== Economia ==
=== Agricoltura ===
* OLIO - La produzione  dell’olio, oltre  che  dalle antiche piantagioni di  <nowiki>[[ortice]]</nowiki>, varietà autoctona del territorio presente nella maggior parte del Sannio, proviene anche  dalla coltivazione del <nowiki>[[leccino]]</nowiki> e, in misura molto minore, da quella dell’<nowiki>[[ogliarola]]</nowiki>, tipica cultivar pugliese.
*VINO -  La coltura della vite nell’agro pescolano è molto diffusa e le varietà più usate sono l'<nowiki>[[aglianico]]</nowiki> grosso detto ''aglianicone'', vitigno autoctono del Sannio, il <nowiki>[[piedirosso]]</nowiki>, il <nowiki>[[barbera]]</nowiki>, la<nowiki>[[coda di volpe]]</nowiki> e  la <nowiki>[[malvasia]]</nowiki>. In questi ultimi anni, poi, si è introdotta anche la coltivazione del  <nowiki>[[sangiovese]]</nowiki> e di  vitigni tipici di altre zone della Campania come il  <nowiki>[[fiano]]</nowiki>, il <nowiki>[[greco]]</nowiki> e la <nowiki>[[falanghina]]</nowiki>.
*CEREALI – Il più noto tra i cereali coltivati nell’agro pescolano è il grano  <nowiki>[[saragolla]]</nowiki> (''Triticum turgidum durum''), localmente chiamato ''saraólla'',  appartenente alla famiglia del ''Khorasan'' (''Triticum turgidum turanicum''), il famoso “grano dei Faroni”,  diffuso tra il quarto e il quinto secolo d. C. in una vasta zona dell’Italia meridionale comprendente la Lucania, la Campania, la Puglia e l’Abruzzo. Macinato ''in loco'', viene utilizzato quasi esclusivamente per la  panificazione. Il nome <nowiki>[[saragolla]]</nowiki> deriva dall’ungherese ''sarga'' (giallo) e ''golyo'' (seme) e significa letteralmente “chicco giallo
 
== Amministrazione ==
Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune.
{{ComuniAmministrazione
|NomeSindaco=Maria Rita Iaculli (commissario prefettizio)
|DataElezione=14/06/2009
|partito=
|TelefonoComune=0835 540111
|EmailComune=sindaco@comune.bernalda.matera.it
}}
 
{{ComuniAmminPrecTitolo}}
=== Gemellaggi ===
{{ComuniAmminPrec |Nome = Antonio Michele |Inizio = 2006 |Fine = "in carica" |Partito = [[Lista Civica]] |Note = <ref name=interno>http://amministratori.interno.it/</ref>}}
* {{Gemellaggio|Italia|L'Aquila|}}
{{ComuniAmminPrec |Nome = Spartico Capocefalo |Inizio =1995 |Fine = 2006 |Partito = [[Lista Civica]] |Note = <ref name=interno />}}
* {{Gemellaggio|Italia|Siena|}}
{{ComuniAmminPrec |Nome = Luigi Nicola Pilla |Inizio =1992 |Fine = 1995 |Partito = [[Lista Civica]] |Note = <ref name=interno />}}
* {{Gemellaggio|Italia|Massa Marittima|}}
{{ComuniAmminPrec |Nome = Angelo Maria Pilla |Inizio =1990 |Fine = 1992 |Partito = [[Lista Civica]] |Note = commissario prefettizio Floriana Maturi da dicembre 1991 a giugno 1992 }}
* {{Gemellaggio|Italia|Mirabella Eclano|}}
{{ComuniAmminPrec |Nome = Eduardo D'Andrea |Inizio = 1985 |Fine = 1990 |Partito = [[Lista Civica]] |Note = <ref name=interno />}}
* {{Gemellaggio|Italia|Venosa|}}
{{ComuniAmminPrec |Nome = Angelo Maria Pilla |Inizio = 1980 |Fine = 1985 |Partito = [[Lista Civica]] |Note = <ref name=interno />}}
{{ComuniAmminPrec |Nome = Beniamino Viglione |Inizio = 1960 |Fine = 1980 |Partito = [[Lista Civica]] |Note = <ref name=interno />}}
{{ComuniAmminPrec |Nome = Raffaele Pilla |Inizio = 1956
|Fine = 1960 |Partito = [[Lista Civica]]
|Note = <ref name=interno />}}
{{ComuniAmminPrec |Nome = Beniamino Viglione |Inizio = 1952
|Fine = 1956 |Partito = [[Lista Civica]]
|Note = <ref name=interno />}}
{{ComuniAmminPrec |Nome = Luca Orlando |Inizio = 1946
|Fine = 1952 |Partito = [[Lista Civica]]
|Note = <ref name=interno />}}
{{ComuniAmminPrec |Nome = Giuseppe Mannelli |Inizio = 1944
|Fine = 1946 |Partito = [[Lista Civica]]
|Note = <ref name=interno />}}
{{ComuniAmminPrecFine}}
 
== Sport ==
{{F|centri abitati della Campania|dicembre 2017}}
Bernalda negli ultimi 60 anni si è inserita a pieno titolo nelle varie specialità sportive, sia a livello regionale che, per brevi periodi, a livello nazionale.
=== Ciclismo ===
* [[Calcio (sport)|Calcio]]: L''''U.S. Bernalda''',la '''Camardense''', la '''Folgore''', la '''Proletaria''',l''''Indipendiente''' per citare le più recenti compagini, che nel recente passato hanno militato spesso nella "serie D". La grande tradizione calcistica bernaldese ha fatto scuola in tutta la regione, contribuendo alla crescita del calcio anche nei paesi limitrofi.(Molti atleti bernaldesi hanno dato lustro al calcio regionale lucano militando in compagini di altri paesi e in categorie semiprofessionistiche).Da ricordare su tutti '''Peppino Campagna'''.
 
* [[Pallavolo]]: le due squadre storiche la '''Carioca''' e '''l'Olimpia''', ora unitesi in una sola società con il nome '''Camarda Volley Bernalda''', la quale partecipa a vari campionati nazionali di serie B2 femminile,
Pesco Sannita ha ospitato il passaggio di una tappa del [[giro d'Italia]] in diverse edizioni, ma per la prima volta il 13/05/2018 è stata Città di Tappa, infatti ha ospitato la partenza della 9ª tappa del Giro d'Italia 2018 "Pesco Sannita - Gran Sasso d'Italia (Campo Imperatore)".
* [[Basket]]: la squadra storica è la [[['''Cestistica Bernalda'''][http://www.cestisticabernalda.it]]] fondata nel [[1954]], che alterna successi e insuccessi sia a livello interregionale che a quello nazionale, infatti spesso milita in categorie prestigiose, attualmente è in serie B2. Però c'è da menzionare che storicamente è presente nella città un'altra squadra la '''Stella Azzurra''' che non ha avuto i successi della prima ma ha contribuito a rendere importante questo sport nella città, con frequenti "infuocati" derby tra le due squadre. Anche a livello femminile la pallacanestro ha sempre avuto una buona tradizione, presentandosi sia ai campionati giovanili che in quelli senior. Le squadre hanno sempre attinto dal vivaio locale. Attualmente il basket rosa è rappresentato dalla Pink Basket che milita nel campionato di serie B.
* [[Podismo]] e [[Ciclismo]]: È presente, in conclusione, una fiorente attività podistica e ciclistica che coinvolge molti appassionati, infatti si svolgono gare importanti sia a livello regionale che interregionale che riguardano sia maratone ('''Strabernalda''' in [[agosto]]) e sia gare ciclistiche.
 
== Note ==
<references/>
 
== Bibliografia ==
* Alfonso Meomartini, ''I comuni della provincia di Benevento'', De Martini, Benevento, 1907.
*Antonio Iamalio, ''La regina del Sannio'', Federico e Ardia, Napoli, 1918.
*Mario D'Agostino, '' Storia di Pesco Sannita'', Fratelli Conte Editori, Napoli, 1981.
*Mario D’Agostino,  ''La reazione borbonica in provincia di Benevento'', Fratelli Conte Editori, Napoli, 1987.
*Mario D’Agostino,  ''Pesco Sannita tra cronaca e storia'', Arte Tipografica Editrice, Napoli, 2000.
*Mario D'Agostino,  ''Dizionario Pescolano'', Arte Tipografica Editrice, Napoli, 2004.
*Mario D'Agostino,  ''Pesco Sannita. Storia di un millennio'', Vereja Edizioni, Benevento, 2009.
*Mario D’Agostino, ''Vita da briganti. Il brigantaggio postunitario nel Beneventano'', Vereja Edizioni, Benevento, 2009.
*Mario D’Agostino, ''Legittimismo e brigantaggio in Campania'', Vereja Edizioni, Benevento, 2011
*Mario D’Agostino, ''Pesco Sannita. Storia e dialetto'', Ideas Edizioni, Benevento, 2016.
 
== Voci correlate ==
* [[CastelloComunità diMontana Bernaldadel Fortore]]
* [[Dialetto metapontinoPaccozza]]
* [[Consorzio di Bonifica di Bradano e Metaponto]]
 
== Collegamenti esterni ==
{{Provincia di Matera}}
* {{cita web|http://italia.indettaglio.it/ita/campania/pescosannita.html|Tutto sul paese}}
{{Portale|Basilicata}}
 
{{Comuni della provincia di Benevento}}
[[Categoria:Bernalda| ]]
{{Controllo di autorità}}
[[Categoria:Comuni della provincia di Matera]]
{{portale|Benevento}}
 
[[Categoria:Comuni della provincia di Benevento]]
[[de:Bernalda]]
[[en:Bernalda]]
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[[hu:Bernalda]]
[[ja:ベルナルダ]]
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[[nap:Bernalda]]
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[[ru:Бернальда]]
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[[uk:Бернальда]]
[[vo:Bernalda]]