Storia della letteratura latina (31 a.C. - 14 d.C.) e Discussione:USS Scorpion (SSN-589): differenze tra le pagine

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{{Cronologia valutazioni
{{Storia della letteratura latina}}
|azione1=LSC |data1= 26 dicembre 2009 |esito1= |codice1=
Con '''letteratura latina augustea''' si intende un periodo della [[storia della letteratura latina]] il cui inizio è convenzionalmente fissato nel [[31 a.C.]] (anno della fine della [[Repubblica romana]] con la [[battaglia di Azio]]), e la cui fine con la morte del primo [[imperatore romano]], [[Augusto]], nel [[14|14 d.C.]]. Faceva parte del cosiddetto periodo ''aureo'', chiamato anche ''[[letteratura latina classica|classico]]'' o ''di transizione'' (dalla Repubblica all'[[Impero romano|Impero]]), insieme al ''[[Storia della letteratura latina (78 - 31 a.C.)|periodo ciceroniano o cesariano]]''.
}}
 
== Collegamenti esterni modificati ==
Fu certamente uno dei migliori periodi dell'intera storia della [[letteratura mondiale]], grazie alla molteplicità di ingegni che fiorirono contemporaneamente, paragonabile all'età di [[Pericle]] o a quella di [[Luigi XIV di Francia]].<ref name="Perelli177">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 177.</ref>
 
Gentili utenti,
== Contesto storico e caratteristiche letterarie ==
[[File:Augustus Prima Porta Louvre Ma1247 n2.jpg|thumb|upright=0.8|Busto di [[Augusto]], fondatore dell'Impero romano ([[Museo del Louvre]], [[Parigi]])]]
{{Vedi anche|Impero romano|Età augustea|Letteratura latina classica|Letteratura greca alto imperiale}}
 
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L'età di Augusto rappresentò un momento di svolta nella [[storia romana|storia di Roma]] e il definitivo passaggio dal periodo [[Repubblica Romana|repubblicano]] al [[Principato (storia romana)|principato]]. La rivoluzione dal vecchio al nuovo sistema politico contrassegnò anche la sfera economica, militare, amministrativa, giuridica e culturale.
*Aggiunta del link all'archivio https://www.webcitation.org/5w7Bfb1y9?url=http://www.submarinehistory.com/Scorpion.html per http://www.submarinehistory.com/Scorpion.html
 
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Quando infatti la [[Repubblica romana]] ([[509 a.C.]] - [[31 a.C.]]) era ormai preda di una crisi istituzionale irreversibile<ref>Come è quasi unanimemente sottolineato non solo dalla storiografia ma anche dal pensiero politico di età moderna, l'ultimo secolo dell'età repubblicana (133-31 a.C.) aveva mostrato che il sistema di governo guidato dall'oligarchia senatoria era inadeguato, e ciò per la sproporzione sempre maggiore fra la crescente estensione dell'Impero, che richiedeva pronte decisioni e interventi tempestivi, e gli organi dello Stato repubblicano, lenti e macchinosi. Inoltre, lo Stato era così lacerato da interminabili conflitti interni tra le classi e tra i capi militari, che ormai si sentiva il bisogno di una pacificazione generale, che potesse ridare stabilità e legalità. L'idea di un ''princeps'' o primo cittadino al di sopra delle parti, capace col suo prestigio di guidare la vita pubblica senza modificare le istituzioni, era ormai sentita come una necessità. Persino l'oligarchia senatoria, spaventata dalle violenze popolari e dalla ferocia delle guerre civili, sembrava ormai disposta a spartire il potere politico e militare con un "protettore" che sapesse garantire insieme il buon governo ed i privilegi e le ricchezze dell'aristocrazia (su questo aspetto vd. in particolare Ettore Lepore, ''Il princeps ciceroniano e gli ideali politici della tarda repubblica'', Napoli 1954).</ref>, [[Augusto|Gaio Giulio Cesare Ottaviano]], pronipote di [[Gaio Giulio Cesare|Giulio Cesare]] e da lui adottato, rafforzò la sua posizione con la sconfitta del suo unico rivale per il potere, [[Marco Antonio]], nella [[battaglia di Azio]]. Anni di [[guerra civile romana (44-31 a.C.)|guerra civile]] avevano lasciato [[Roma antica|Roma]] e l'[[Italia romana|Italia]] quasi senza legge, dopo stragi, proscrizioni e ripetute confische.<ref name="Perelli175">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 175.</ref>
 
Saluti.—[[:en:User:InternetArchiveBot|'''<span style="color:darkgrey;font-family:monospace">InternetArchiveBot</span>''']] <span style="color:green;font-family:Rockwell">([[:en:User talk:InternetArchiveBot|Segnala un errore]])</span> 11:38, 3 nov 2017 (CET)
[[Augusto]] sapeva che il potere necessario per un governo assoluto non sarebbe derivato né dalla dittatura, messa fuori legge da Antonio nel 44 a.C., né dal [[Console (storia romana)|consolato]]. Nel [[23 a.C.]] rinunciò a questa carica, ma si assicurò il controllo effettivo, assumendo alcune "prerogative" legate alle antiche magistrature repubblicane. Gli fu, innanzitutto, garantita a vita la ''tribunicia potestas'', legata in origine alla magistratura dei [[tribuno della plebe|tribuni della plebe]], che gli permetteva di convocare il [[Senato (storia romana)|Senato]], di decidere, porre questioni avanti ad esso, porre il veto alle decisioni di tutte le magistrature repubblicane e di fruire della sacrale inviolabilità della propria persona. Ricevette, inoltre, l<nowiki>'</nowiki>''imperium proconsolare maximo'', ossia il comando supremo su tutte le milizie in tutte le provincie (questa era una delle prerogativa del proconsole nella regione di sua competenza). Il conferimento da parte del Senato di queste due prerogative gli dava autorità suprema in tutte le questioni riguardanti il governo del territorio. Il [[27 a.C.]] e il [[23 a.C.]] segnano le principali tappe di questa vera e propria riforma costituzionale, con la quale si considera che Augusto assumesse concretamente i poteri propri di [[Imperatori Romani|imperatore di Roma]].
 
== Collegamenti esterni modificati ==
E se Ottaviano era riuscito a rispettare l'[[ordine senatorio|oligarchia senatoriale]], conservando almeno esteriormente il vecchio meccanismo della costituzione repubblicana, dall'altra parte il potere politico della vecchia ''[[nobilitas]]'' veniva assai diminuito a vantaggio delle classi emergenti italiche, mentre le libertà repubblicane scomparivano a vantaggio della figura centrale del ''[[principato (storia romana)|princeps]]''. L'accentramento del potere nella figura dell'imperatore venne coadiuvato da una propaganda imperiale che non diede un'immagine di riforma violenta con il passato repubblicano, ma al contrario conservatrice e tradizionalista.<ref name="Perelli175"/>
 
Gentili utenti,
Augusto fu abile nell'apparire come il conservatore, il restauratore della ''res publica'' tradizionale, il pacificatore dell'[[impero romano|impero]], a cui distribuiva benessere economico e ricchezza.<ref name="Perelli176">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 176.</ref> Si presentò anche come il difensore di Roma e dell'Italia, contro la minaccia orientale di Antonio e Cleopatra; si proclamò difensore dell'antica [[religione romana]], contro i culti orientali, rinnovando gli antichi culti, [[festività romane|festività]] e templi dedicati alle divinità romane; ripristinò le [[mos maiorum|antiche regole morali]], favorendo leggi contro l'adulterio (''[[lex Iulia de adulteriis coercendis]]'' del [[18 a.C.|18]]-[[16 a.C.]]) ed il celibato (''[[Lex Iulia de Maritandis Ordinibus|lex Julia de maritandis ordinibus]]'' del [[18 a.C.]] e la ''[[lex Papia Poppaea]]'' del [[9|9 d.C.]]).<ref name="Perelli176"/>
 
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{{citazione|Roma era ormai matura per diventare anche la metropoli culturale del mondo civile: la guerra d'Azio, soggiogando Alessandria al suo dominio, consacrava anche questa sua nuova funzione|[[Ettore Paratore]], ''Storia della letteratura latina'', [[1965]]<ref name=centosessantaquattro>{{cita|Ettore Paratore, 1962|164}}.</ref>}}
*Aggiunta del link all'archivio https://web.archive.org/web/20080312204810/http://www.csp.navy.mil/othboats/589.htm per http://www.csp.navy.mil/othboats/589.htm
 
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[[File:Bakalovich at Maecenas' reception.jpg|thumb|left|upright=1.4|''Circolo di Mecenate'', dipinto di [[Stefano Bakalovich]], [[1890]], [[Galleria Tret'jakov]], [[Mosca (Russia)|Mosca]]]]
 
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Allo sforzo politico di [[Augusto]] si affiancò l'elaborazione in tutti i campi di una nuova cultura, di impronta classicistica, che fondesse gli elementi tradizionali in nuove forme consone ai tempi. In campo letterario si ebbe inizialmente una fase di grande fioritura, dove poeti e letterati contribuirono nell'essere i portavoce del programma civico e politico del ''princeps'';<ref name="SvetonioAugusto89"/><ref name="Perelli178">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 178.</ref> successivamente subentrò una fase dove le energie spirituali andarono spegnendosi e dove prevalse una letteratura accademica, intesa come mero esercizio retorico, priva di quei contenuti morali e civili necessari.<ref name="Perelli176"/>
 
== Collegamenti esterni modificati ==
Augusto si avvalse dell'aiuto dei letterati dell'epoca per rielaborare il [[Fondazione di Roma|mito delle origini di Roma]], andando a prefigurare una nuova età dell'oro che trovò come principali interpreti, autori come [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]], [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]], [[Tito Livio|Livio]], [[Publio Ovidio Nasone|Ovidio]], [[Sesto Properzio|Properzio]] e [[Vario Rufo]], facenti parte del cosiddetto "''circolo letterario di [[Gaio Cilnio Mecenate|Mecenate]]''".<ref name="Perelli177"/><ref name="Perelli178"/><ref>[[Gaio Cilnio Mecenate]] apparteneva all'[[ordine equestre]]. Era un uomo di raffinata cultura che ebbe rapporti di vera amicizia con i letterati del suo "circolo". Dava loro aiuti materiali, proteggeva, lasciando loro una certa libertà di ispirazione, pur indirizzandoli verso quei principi che costituivano la base della propaganda augustea.</ref> Orazio difese la sua autonomia intellettuale, dalle insinuazioni malevole di coloro che lo ritenevano un cortigiano di Ottaviano, preoccupato, come gli altri poeti del "circolo", solo di fare carriera:
{{Citazione|Non viviamo lì nel modo in cui tu pensi. Luogo più puro di questo non esiste, né più distante da questo genere di intrighi. Niente mi interessa che uno sia più ricco o colto. Qui ciascuno ha il suo ruolo.|Orazio, ''Le Satire'', I, 9, 48-52.}}
 
Gentili utenti,
Vero è che Mecenate, spesso stimolava i poeti a comporre opere nel modo più elevato possibile:
{{Citazione|Frattanto occupiamoci dei boschi e delle ''[[driadi]]'',<br />di gole selvagge, malgrado il tuo non lieve volere, o Mecenate:<br />senza di te nulla di nobile la mente può concepire. Presto!<br />Togliamo gli indugi. [...]<br />Presto mi metterò a narrare le grandi battaglie<br />di Cesare Augusto, diffondendo il suo nome per tanti anni<br />quanti ne distando da [[Augusto|Cesare]] ai suoi discendenti della stirpe di [[Titone]].|Virgilio, ''Georgiche'', II, 40-48.}}
 
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A fianco, vi era poi un altro circolo, quello "di Messalla", che ruotava attorno alla figura aristocratica di [[Marco Valerio Messalla Corvino]], e che raccoglieva poeti di ispirazione bucolica ed elegiaca, in antitesi con gli interessi civili dei poeti di Mecenate.<ref name="Perelli214"/> Di questo secondo circolo facevano parte [[Albio Tibullo|Tibullo]],<ref>Tibullo, ''[[Corpus Tibullianum]]'', I, 7; ''Panegirico di Messalla'', III, 7.</ref> [[Ligdamo]] e la poetessa [[Sulpicia]]; egli era legato anche da amicizia con [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]] e [[Publio Ovidio Nasone|Ovidio]]. Messalla a suo tempo era stato un valoroso generale e collaboratore di Ottaviano, che si ritirò a vita privata dopo il [[27 a.C.]]. Questo circolo, in antitesi con quello di Mecenate, rinunciò all'impegno morale e civico, a favore di un'ispirazione [[Arcadia (poesia)|idilliaca]], agreste ed [[elegia latina|elegiaca]].<ref name="Perelli181">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 181.</ref>
*Aggiunta del link all'archivio https://web.archive.org/web/20070624044345/http://www.txoilgas.com/589.html per http://www.txoilgas.com/589.html
*Aggiunta del link all'archivio https://web.archive.org/web/20091229170612/http://www.terratol.com/sitebuildercontent/sitebuilderfiles/Sinking_The_Myths.pdf per http://www.terratol.com/sitebuildercontent/sitebuilderfiles/Sinking_The_Myths.pdf
*Aggiunta del link all'archivio https://web.archive.org/web/20100518151910/http://www.submarinehistory.com/ThresherScorpionMemorial.html per http://www.submarinehistory.com/ThresherScorpionMemorial.html
*Aggiunta del link all'archivio https://web.archive.org/web/20110927013845/http://www.submarinehistory.com/WWIISubmarineMemorial.html per http://www.submarinehistory.com/WWIISubmarineMemorial.html
*Aggiunta del link all'archivio https://web.archive.org/web/20110927013857/http://www.submarinehistory.com/WWIISubmarineMemorial-East.html per http://www.submarinehistory.com/WWIISubmarineMemorial-East.html
 
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[[File:Fedor Bronnikov 014.jpg|thumb|upright=1.4|''Orazio legge davanti al circolo di Mecenate'', dipinto di [[Stefano Bakalovich]], [[1863]]]]
 
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Altro personaggio autorevole che, fin dai tempi della [[guerra civile romana (44-31 a.C.)|guerra civile tra Ottaviano e Antonio]], diede nuovi impulsi alla cultura del tempo, fu [[Gaio Asinio Pollione]], il quale creò per primo una biblioteca pubblica; restaurò in forme grandiose l'''[[Atrium Libertatis]]'' ed introdusse la pratica delle ''recitationes'', ovvero della lettura di prosa e poesia in pubblico, in apposite sale davanti ad amici e invitati (soprattutto presso la ''[[nobilitas]]'' romana).<ref name="Perelli180"/> Uomo politico del partito cesariano, ebbe attorno al [[40 a.C.]] un momento di grande fortuna, quando Virgilio gli dedicò la [[Bucoliche|quarta ecloga]]. Più tardi Ottaviano lo mise da parte nella vita politica, forse perché anticonformista e contrario a chi stava limitando la libertà, tanto da portarlo a dedicarsi all'attività letteraria.<ref name="Perelli180"/> Compose una storia delle guerre civili, che trattò con grande franchezza, lontano da stili retorici o abbellimenti moralistici.<ref name="Perelli181"/>
 
== Collegamenti esterni modificati ==
L'età di Augusto è considerata uno fra i più importanti e fiorenti periodi della storia della letteratura mondiale per numero di ingegni letterari, dove i principi programmatici e politici di Augusto erano appoggiati dalle stesse aspirazioni degli uomini di cultura del tempo.<ref name="SvetonioAugusto89"/> Del resto la politica a favore del primato dell'[[Italia]] sulle province, la rivalutazione delle antiche tradizioni, accanto a temi come la santità della famiglia, dei costumi, il ritorno alla terra e la missione pacificatrice e aggregante di [[Roma antica|Roma]] nei confronti degli altri popoli conquistati, furono temi cari anche ai letterati di quell'epoca.<ref name="Perelli177"/>
 
Gentili utenti,
I tempi erano ormai maturi perché la letteratura latina sfidasse quella greca, che allora veniva considerata insuperabile. Nella generazione successiva, sotto il principato di Augusto, fiorirono i maggiori poeti di Roma: [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]], che primeggiò nella [[Satira latina|satira]] e nella [[Poesia lirica|lirica]], emulava i lirici come [[Pindaro]] e [[Alceo]], [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]], che si distinse nel genere [[poesia bucolica|bucolico]], nella [[poesia didascalica]] e nell'[[Epos|epica]], rivaleggiava con [[Teocrito]], [[Esiodo]] e addirittura [[Omero]]; e poi ancora [[Publio Ovidio Nasone|Ovidio]], maestro del metro elegiaco, e [[Tito Livio]] nella [[storiografia]].
 
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Lo stesso [[Augusto]] fu un letterato dalle molteplici capacità: scrisse in prosa e in versi, dalle tragedie agli epigrammi<ref>[[Marziale]] ne attesta uno in ''Epigrammaton libri'', XI, 20, vv. 3-8.</ref> fino alle opere storiche. Coltivò l'eloquenza fin dalla prima giovinezza, con grande passione e impegno<ref name="SvetonioAugusto84">{{cita|Svetonio|''Augustus'', 84}}.</ref> non disdegnando le letture in [[lingua greca]].<ref name="SvetonioAugusto89"/>
*Aggiunta del link all'archivio https://web.archive.org/web/20110514103324/http://www.submarinehistory.com/Scorpion.html per http://www.submarinehistory.com/Scorpion.html
 
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== Lingua ==
{{vedi anche|Lingua latina|Latino classico}}
 
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Il [[latino classico|periodo classico]] della [[lingua latina]] è ben conosciuto: il latino, a differenza degli idiomi continuatori, è una lingua di tipo fondamentalmente SOV (soggetto-oggetto-verbo), con cinque declinazioni e quattro coniugazioni verbali. La declinazione dei nomi ha sei [[caso (linguistica)|casi]], tre diretti (''[[nominativo]]'', ''[[accusativo]]'', ''[[vocativo]]'') e tre obliqui (''[[genitivo]]'', ''[[dativo]]'', ''[[ablativo]]''). Rispetto all'indoeuropeo ha perso il ''[[locativo]]'' (che sopravvive in poche formule, ma è assimilato per lo più da genitivo e in qualche caso l'ablativo) e lo ''[[strumentale]]'' (completamente perso ed acquisito dall'ablativo). Anche il modo verbale ''[[ottativo]]'' si perse e così pure la [[diatesi]] media (sopravvissuta parzialmente in quei verbi detti ''deponenti'') e il ''duale'' (di cui restano solo minime tracce). Inoltre nel latino il concetto d'[[Aspetto verbale|aspetto]] non aveva grande importanza: sia l'[[aoristo]] che il [[perfetto]] indoeuropei si fusero in un unico tempo, chiamato dai grammatici latini ''perfectum''. Invece venne conservato l'originario sistema di tre [[Genere grammaticale|generi]]: ''maschile'', ''femminile'' e ''neutro''.
 
== Produzione ==
{| class="wikitable" style="width:99%;margin:auto;clear:both;"
! bgcolor="#dcdcdc" colspan=13 font-size=200%|Letteratura latina: età augustea (31 a.C. - 14 d.C.)
|-
| bgcolor="#dcdcdc" rowspan="2"| <div align="center">Genere letterario</div>
| colspan=7 bgcolor="#db7093" | <div align="center">'''[[Poesia latina|<span style="color:#ffffff;">Poesia latina</span>]]'''</div>
| colspan=5 bgcolor="#6495ed" | <div align="center">'''[[Prosa latina|<span style="color:#ffffff;">Prosa latina</span>]]'''</div>
|-
| colspan=1 bgcolor="#dcdcdc" | <div align="center">[[poesia didascalica latina|Didascalico]]</div>
| colspan=1 bgcolor="#dcdcdc" | <div align="center">[[elegia latina|Elegiaco/epistolare]]</div>
| colspan=1 bgcolor="#dcdcdc" | <div align="center">[[elegia latina|Elegiaco/lirico]]</div>
| colspan=1 bgcolor="#dcdcdc" | <div align="center">[[epica latina|Epico]]</div>
| colspan=1 bgcolor="#dcdcdc" | <div align="center">[[filosofia latina|Filosofico]]</div>
| colspan=1 bgcolor="#dcdcdc" | <div align="center">[[satira latina|Satirico]]</div>
| colspan=1 bgcolor="#dcdcdc" | <div align="center">[[Tragedia latina|Tragico]]</div>
| colspan=1 bgcolor="#dcdcdc" | <div align="center">[[Architettura romana|Architettura]] e<br />altre discipline<br />scientifiche</div>
| colspan=1 bgcolor="#dcdcdc" | <div align="center">[[Diritto latino|Giuridico]]</div>
| colspan=1 bgcolor="#dcdcdc" | <div align="center">[[Grammatica latina|Grammatico]]</div>
| colspan=1 bgcolor="#dcdcdc" | <div align="center">[[Retorica latina|Retorico]]</div>
| colspan=1 bgcolor="#dcdcdc" | <div align="center">[[Storiografia latina|Storiografico]]</div>
|-
| bgcolor="#dcdcdc" rowspan="4"| <div align="center">Principali opere e<br />autori latini</div>
| colspan=1 | <div align="center">''[[Georgiche]]''<br />([[Publio Virgilio Marone|Virgilio]])</div>
| colspan=1 | <div align="center">''[[Epistulae ex Ponto]]''<br />([[Publio Ovidio Nasone|Ovidio]])</div>
| colspan=1 | <div align="center">''[[Bucoliche]]''<br />(Virgilio)<br />''[[Corpus Tibullianum|Elegiae]]''<br />([[Albio Tibullo|Tibullo]])<br />''[[Elegie (Properzio)|Elegiae]]''<br />([[Sesto Properzio|Properzio]])</div>
| colspan=1 | <div align="center">''[[Eneide]]''<br />(Virgilio)</div>
| colspan=1 | <div align="center">''[[Epistole (Orazio)|Epistulae]]''<br />([[Quinto Orazio Flacco|Orazio]])</div>
| colspan=1 | <div align="center">''[[Satire (Orazio)|Satire]]''<br />(Orazio)</div>
| colspan=1 | <div align="center">''Medea''<ref name="Perelli225"/><br />(Ovidio)</div>
| colspan=1 | <div align="center">''[[De architectura]]''<br />([[Marco Vitruvio Pollione|Vitruvio]])<ref name="Perelli243"/></div>
| colspan=1 | <div align="center">''[[Sabiniani|Scuola sabiniana]]''<br />([[Gaio Ateio Capitone|Ateio Capitone]])</div>
| colspan=1 | <div align="center">''[[De verborum significatu]]''<ref name="Perelli243">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 243.</ref><br />([[Verrio Flacco]])</div>
| colspan=1 | <div align="center">''Oratorum et rhetorum sententiae, divisiones, colores''<br />([[Lucio Anneo Seneca il Vecchio|Seneca il Vecchio]])<ref name="Perelli242"/></div>
| colspan=1 | <div align="center">''[[Ab Urbe condita libri]]''<ref name="Perelli232"/><br />([[Tito Livio]])</div>
|-
| colspan=1 | <div align="center">''[[Ars amatoria]]''<ref name="Perelli226"/><br />''[[Remedia amoris]]''<ref name="Perelli227"/><br />''[[Tristia]]''<br />(Ovidio)</div>
| colspan=1 |
| colspan=1 | <div align="center">''[[Le metamorfosi (Ovidio)|Le metamorfosi]]''<ref name="Perelli227"/><br />''[[Amores]]''<br />(Ovidio)</div>
| colspan=1 | <div align="center">''[[Carmen saeculare]]''<br />(Orazio)</div>
| colspan=1 |
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| colspan=1 |
| colspan=1 | <div align="center">''De agri coltura'' e<br />''De apibus''<br />([[Gaio Giulio Igino]])</div>
| colspan=1 | <div align="center">''[[Proculiani|Scuola proculiana]]''<br />([[Marco Antistio Labeone|Antistio Labeone]])</div>
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| colspan=1 | <div align="center">''[[Historiae Philippicae]]''<br />([[Pompeo Trogo]])</div>
|-
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| colspan=2 | <div align="center">''[[Fasti (Ovidio)|Fasti]]''<br />(Ovidio)<br />''[[Heroides]]''<ref name="Perelli225"/><br />(Ovidio)</div>
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| colspan=1 | <div align="center">''De vita rebusque illustrium virorum''<br />([[Gaio Giulio Igino]])</div>
|-
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| colspan=1 | <div align="center">''Amores''<br />([[Gaio Cornelio Gallo|Cornelio Gallo]])<br />''[[Epodi]]''<br />''[[Odi (Orazio)|Carmina]]''<br />(Orazio)</div>
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| colspan=1 | <div align="center">''[[Res gestae Divi Augusti]]''<br />([[Augusto]])</div>
|}
 
=== Epica ===
[[File:Aeneas' Flight from Troy by Federico Barocci.jpg|thumb|left|upright=1.4|''Enea fugge mentre Troia brucia'' [[Federico Barocci]] - [[1598]] - [[Galleria Borghese]] - [[Roma]]]]
{{Vedi anche|Epica latina}}
 
[[Publio Virgilio Marone|Virgilio]] si ispirò ai racconti degli ''[[Annales (Ennio)|Annales]]'' di [[Ennio]],<ref name="Perelli195"/> i cui riferimenti sono molto simili a quelli dell'[[Iliade]] e dell'[[Odissea]]. In questo testo veniva riportato l'arrivo di [[Enea]] nel ''[[Latium]]'' e la storia di [[Romolo e Remo]]. Ancora una volta notiamo che il [[Poema epico|genere epico]] viene utilizzato per narrare e mitizzare la storia di Roma, a cui si dà una missione universale di [[civiltà romana|civiltà]]. Virgilio se ne fa portavoce, come del resto altri poeti del circolo di Mecenate, quale portavoce del ''princeps'', [[Augusto]].<ref name="Perelli191">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 191.</ref>
 
Il poema epico era stato abbandonato dopo Ennio per circa due secoli, fino a quando Virgilio non scrisse l'[[Eneide]]. Qui Virgilio celebrò anche la gloria di Ottaviano Augusto e della sua casata, la ''[[Gens Giulia]]'', che faceva risalire le sue origini ad [[Enea]]. Vi era anche il raffronto tra il passato mitologico ed il grandioso presente della ''[[pax romana|pax augustea]]''.<ref name="Perelli192">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 192.</ref> Virgilio ebbe come obbiettivo quello di poter rivaleggiare con i poemi [[Omero|omerici]]. Non a caso i primi sei libri dell'Eneide (dei dodici complessivi), dove sono illustrate le peregrinazioni di Enea, hanno molte somiglianze con l'[[Odissea]] di Omero, mentre i restanti sei con l'[[Iliade]].<ref name="Perelli195">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 195.</ref> Manca, però, la finalità di intrattenimento in quanto nasce per essere letta e studiata. Si trattava di un'opera letteraria intessuta di numerose allusioni e citazioni letterarie di grande respiro, redatte con una forma letteraria di elevatissimo pregio.<ref name="Perelli196">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 196.</ref>
 
Le virtù celebrate nell'Eneide non sono poi quelle guerriere, ma la ''[[Mos maiorum#Pietas|pietas]]'' [[religione romana|religiosa]], il senso del dovere nel compiere una missione universale, la tenacia e lo spirito di sopportazione contro ogni avversità, la ''[[clementia]]'' e fratellanza verso i popoli sottomessi, la commossa partecipazione al dolore altrui, la moralità e semplicità del ''[[mos maiorum]]'' (antiche usanze e costumi degli antenati).<ref name="Perelli196"/> In Enea riconosciamo lo stesso Virgilio, il quale esprime la tragicità della vita, il peso del dolore umano e del mistero della nostra esistenza. L'eroe troiano rappresenta un esule, che lasciata la [[Troia|terra natia]] è costretto dagli eventi a trovare rifugio in altri lidi, dove ricostruire una società nuova per sé e le persone superstiti, vivendo in modo angosciato questo suo continuo peregrinare e combattere.<ref name="Perelli196"/><ref name="Perelli197">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 197.</ref> Enea rappresenta l'intero genere umano, alla costante ricerca, seppure dolorosa, di una forma più elevata di giustizia.<ref name="Perelli197"/> L'[[impero romano]] viene visto come un punto d'arrivo per tutte le genti, all'interno del quale si può godere di una nuova età dell'oro di pace.<ref name="Perelli198">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 198.</ref>
 
=== Filosofia e politica ===
{{Vedi anche|Filosofia latina}}
 
L'avvento di [[Augusto]] e dell'[[Impero romano|Impero]] segnarono la fine del progetto culturale politico di Cicerone. Con l'avvento del " ''princeps'' " e la crisi del [[senato]], la filosofia si distacca sempre più dalla politica e acquista toni [[individualismo|individualistici]] legati all'[[etica]] e all'arte del vivere. Dapprima, fu l'epicureismo a conoscere una breve fase di diffusione, in particolare negli ambienti neoterici che praticavano una moderata fronda di opposizione ad Augusto, quali il circolo di [[Messalla Corvino]].
 
Di [[Orazio]] ricordiamo che scrisse le ''[[Epistole (Orazio)|Epistulae]]'', dove trattava di filosofia sotto forma di lettera indirizzata ad amici. Qui erano riprese le tematiche moralistiche in forma di conversazione, come lo erano state le precedenti ''[[Satire (Orazio)|Satire]]'', anche se lo spirito appare differente.<ref name="Perelli209"/> L'originalità di quest'opera è che costituisce un primo esempio di letteratura mondiale di diario intimo della propria anima (''[[Psicoanalisi|psiche]]''). L'obiettivo di Orazio era il raggiungimento di una pace interiore, di una felicità e indipendenza del proprio animo,<ref name="Perelli210">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 210.</ref> che egli riuscì a trovare solo nella vita in campagna, nella quiete della sua villa di [[Tivoli]]. Qui il poeta ebbe il tempo per meditare, seppure con una certa malinconia per la spensieratezza della giovinezza ormai passata, per tutto ciò che si era lasciato alle spalle e che non torna più,<ref name="Perelli211">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 211.</ref> da tradursi ancora una volta nel motto, ''[[carpe diem]]''.<ref name="Perelli208"/>
 
=== Giurisprudenza ===
{{vedi anche|Diritto romano}}
 
[[Gaio Ateio Capitone]] e [[Marco Antistio Labeone]], rivali sia in politica sia nell'ambito più specifico della [[giurisprudenza]], fondarono le due più importanti scuole di diritto della [[Roma antica]], caratterizzate da un differente approccio al diritto:<ref name="D.1.2.2.47">[[Digesta|D.]] [http://www.thelatinlibrary.com/justinian/digest1.shtml D.1.2.2.47]</ref>
* la scuola dei [[Sabiniani]], fondata da Ateio Capitone, si distingueva per un atteggiamento maggiormente conservatore rispetto al diritto;
* la scuola dei [[Proculiani]], fondata da Labeone, caratterizzata da un atteggiamento più innovatore nei confronti del diritto da parte dei suoi adepti.
 
=== Poesia ===
[[File:Virgilio.png|thumb|upright=0.8|[[Publio Virgilio Marone]], massimo poeta dell'[[civiltà romana|antica Roma]]]]
{{Vedi anche|Elegia latina|Poesia didascalica}}
 
{{citazione|Anche nel campo dell'elegia reggiamo il confronto con i Greci.|[[Marco Fabio Quintiliano|Quintiliano]], ''Inst.'' X, 10|Elegia quoque Graecos provocamus.|lingua=la}}
 
A partire dalla seconda metà del [[I secolo a.C.]], abbiamo il periodo di massima fioritura dell'elegia, che a Roma assume soprattutto la connotazione di [[poesia d'amore]] fortemente soggettiva.<ref name="Perelli179">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 179.</ref> In essa la vita del poeta, tutta dedita all'amore, si configura come ''servitium'', come schiavitù alla ''domina'', capricciosa e infedele. La relazione è fatta di rare gioie e di molte sofferenze (oltre a tradire e ingelosire l'amante, gli si concederà a fatica: è un topos, l'innamorato respinto che si duole, di fronte alla porta chiusa, per la crudeltà dell'amata (''Paraclausithyron''). Di questo periodo ricordiamo soprattutto [[Albio Tibullo]] (ed il ''[[Corpus Tibullianum]]''), [[Sesto Properzio]], [[Publio Ovidio Nasone]] e [[Gaio Cornelio Gallo]].
 
A [[Virgilio]] si deve il [[poesia bucolica|componimento lirico]] delle ''[[Bucoliche]]'' che celebrava la vita semplice ed agreste dei pastori, in uno stato di isolamento dal mondo circostante, dove si contempla in modo assai soave e malinconico l'ambiente naturale, spesso idealizzato ed astratto, che affonda le radici negli studi giovanili sull'[[epicureismo]] del poeta.<ref name="Perelli184"/> La natura appare come elemento che dà serenità, conforto e rifugio agli uomini. L'ingiustizia sembra dominare il mondo, contro i valori più puri della vita stessa. L<nowiki>'</nowiki>''[[otium]]'' dei pastori descritti dal poeta, rappresenta una forma di [[atarassia]] predicata dalla filosofia epicurea.<ref name="Perelli185">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 185.</ref> Rientra invece nel [[poesia didascalica|genere didascalico]] virgiliano, le ''[[Georgiche]]'', composte in quattro libri tra il [[37 a.C.|37]] e il [[30 a.C.]] e che celebravano il lavoro nei campi e la natura agreste.<ref name="Perelli187">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 187.</ref> E se nelle Georgiche Virgilio cerca di dare un [[providentia|significato provvidenziale]] al lavoro umano nei confronti della natura in modo concreto e realistico (il contadino è costretto a lavorare, spesso duramente, lottando contro le forze della natura per vivere); nelle Bucoliche la vita pastorale è concepita in modo astratto come ''otium'' e riposo dello spirito, dove la natura è immaginata secondo i desideri del poeta.<ref name="Perelli190">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 190.</ref>
 
Soprattutto in Virgilio ed Orazio, i due massimi poeti dell'[[età augustea]],<ref name="Perelli199">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 199.</ref> si riscontra un maggior impegno morale rispetto a quanto espresso in precedenza dai ''[[poetae novi]]'', con una maggior profondità nella ricerca di meditazione interiore, sui valori universali dell'umanità, traendo ispirazione dai problemi quotidiani della vita comune. A tutto questo si accompagnava una raffinatezza stilistica ed una elaborazione formale di grande pregio. Altra caratteristica era quella di rivolgersi, non più ad un nucleo ristretto di persone colte, come nel passato, al contrario si rivolgeva ad un pubblico più vasto, seppure non fosse ancora paragonabile ad una forma di arte popolare.<ref name="Perelli178"/> Anche Tibullo e Properzio fecero dell'interiorità ed approfondimento lirico, un modo, molto latino, per esporre la loro visione personale dell'amore.<ref name="Perelli179"/>
 
Tibullo, a differenza di [[Catullo]], scrisse poesie d'amore non tanto derivate da passioni ed esperienze personali realmente accadute, ma da pure fantasie del proprio stato d'animo, intrecciando i propri sogni ed aspirazioni con il proprio bagaglio letterario.<ref name="Perelli214"/> Escluse, quindi, la mitologia dalla sua poesia, cercando di esprimere in modo palese i propri sentimenti, pur mantenendo aspetti tipici della poesia erotica alessandrina e "luoghi comuni" tipici dell'[[Letteratura greca#Epigramma|epigramma ellenistico]].<ref name="Perelli215">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 215.</ref> Tibullo fu certamente il poeta più arcardico dell'intera [[letteratura latina]], il più ammirato dai poeti [[Preromanticismo|preromantici]] del [[XVIII secolo]].<ref name="Perelli215"/> In lui ricorre spesso il mito dell'età dell'oro, il rimpianto per i tempi perduti, la semplicità dei sentimenti e le gioie adolescenti. A differenza di Virgilio, il quale esprime un augurio di pace nei confronti dell'intera umanità, Tibullo si rifugia nel suo mondo individuale, risultando così un'anima fragile, languida e femminea, che spesso si immalinconisce nel pianto.<ref name="Perelli215"/><ref name="Perelli216">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 216.</ref>
 
[[Properzio]] compose elegie d'amore in modo molto similare a Tibullio, ma con una maggior passionalità e sofferenza, che si riflettono anche in uno stile meno lineare, al contrario più aspro ed energico.<ref name="Perelli217"/> Trovò ispirazione dalla [[Alessandrinismo|poesia alessandrina]], che si proponeva di imitare, nei suoi più autorevoli esponenti ([[Callimaco]] e [[Fileta di Coo]]).<ref name="Perelli219"/> Il problema della sua poesia consiste, come suggerisce [[Luciano Perelli]], nel riuscire a conciliare due aspetti apparentemente contrastanti: da un lato l'intensistà drammatica della passione amorosa e il conseguente dirompente romanticismo, con l'abbondanza di elementi eruditi, facendo apparire Proprerzio un letterato cerebrale.<ref name="Perelli219"/> E questa dissonanza suscita nel lettore, una serie di emozioni che vanno dalla pura esaltazione ed ammirazione per alcuni passi, fino alla delusione per altri ancora.<ref name="Perelli220">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 220.</ref> Risulta però innegabile quello che riesce a trasmettere sull'assolutezza dell'amore, da cui la vita del poeta sembra essere totalmente assorbita, e che per il poeta rappresenta una comunione di anime, tanto che il tema della fedeltà ricorre in modo ossessionante in tutta la sua opera.<ref name="Perelli220"/> Altra tematica ricorrente è quella della morte, dove il poeta immagina che l'amata venga a piangerlo sulla tomba e che il loro amore possa resistere anche dopo la morte.<ref name="Perelli220"/> Ma l'amore di Properzio è soprattutto sofferenza e tormento, a causa dell'infedeltà dell'amata e odiata ''Cinzia'' che lo ha tradito.<ref name="Perelli220"/>
 
[[File:VirgilAeneidVI.jpg|thumb|left|upright=1.4|''[[Virgilio]] legge l'[[Eneide]] davanti allo stesso Augusto e [[Ottavia minore]]'' (dipinto di [[Jean-Joseph Taillasson]], conservato presso la [[National Gallery (Londra)|National Gallery]] di [[Londra]]).]]
 
A differenza del periodo precedente (''Cesariano o Ciceroniano''), in questo periodo vi è un comune denominatore tra tutti i poeti di epoca augustea, dove forse solo Properzio risulta il più romantico ed il meno fluido nello stile, rispetto a tutti gli altri.<ref name="Perelli179"/> Lo stile raggiunse la perfezione nella poetica latina, grazie ad una musicalità armonica, equilibrata, semplice e limpida, che evitava toni enfatici, trovando ispirazione nei poeti greci di età classica come modello stilistico essenziale. I contenuti erano invece diversi e si basavano sull'esperienza personale e sul contesto storico romano del momento.<ref name="Perelli179"/> Questa ricerca della perfezione stilistica, negli ultimi anni del principato di Augusto, cominciò a scadere nel formalismo accademico, retorico, dove si applicava meccanicamente una regola stilistica. Esponente di questa forma di decadimento del classicismo augusteo fu [[Ovidio]], il quale si abbandonò a virtuosismi stilistici, svuotati da una profondità meditativa interiore che lo allontanarono dalla primitiva arte letteraria augustea.<ref name="Perelli180">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 180.</ref> Egli, nei suoi ''[[Amores]]'', riprende l'elegia erotica di Tibullo e Properzio, ma con minor sincerità di sentimenti.<ref name="Perelli225">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 225.</ref>
 
Orazio compose una terza opera: le ''[[Odi (Orazio)|Odi]]'', vale a dire 103 poesie, che si richiamavano alla [[Poesia lirica|lirica classica]] degli antichi Greci, dove cercava un maggior impegno nei confronti del contenuto sentimentale, abbandonando invece la [[poesia neoterica]], intesa come puro divertimento intellettuale. Il linguaggio era essenziale, privo di fronzoli.<ref name="Perelli205"/> Il contenuto era molteplice e lo si può ridurre schematicamente a: ''Odi'' civili e politiche, religiose e mitologiche, su tematiche amorose, di invito simposiaco, di meditazione sulla vita e sulla morte, sulla scelta della tipologia di esistenza.<ref name="Perelli206">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 206.</ref> Da questi scritti emerge che in Orazio l'amore e la donna appaiono come momenti di gioia per l'esistenza umana, come pure lo è il vino, la quiete della natura e l'amicizia. Di tutte queste gioie Orazio invita il lettore a goderne, attraverso il famoso motto ''[[carpe diem]]'', il cui significato profondo non è "godi la vita" in modo superficiale ed edonistico, bensì "cerca di afferrare il tempo", ricavando dentro di noi uno spazio interiore per meditare.<ref name="Perelli208">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 208.</ref> A fianco di quest'opera, Orazio compose anche il ''[[Carmen Saeculare]]'', nel quale era celebrato il programma politico e sociale augusteo di restaurazione dei costumi (''[[mos maiorum]]'') e di propaganda demografica.<ref name="Perelli207">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 207.</ref>
 
Orazio nel [[13 a.C.]] compose tre lunghe epistole, la terza delle quali, [[Epistola ai Pisoni|indirizzata ai Pisoni]] venne più tardi denominata ''[[ars poetica]]''. Si occupava di questioni di ordine e di stile, contenutistiche e linguistiche, dando suggerimenti su come creare uno stile perfetto, spiegando come si debba utilizzare un linguaggio facile da capire. Infine, il poeta doveva saper distribuire ogni particolare in modo appropriato, senza mai spingersi troppo al di là delle proprie capacità. Segue il principio che l'arte deve unire l'utile al dilettevole, dove per comporre una poesia risulta necessaria sia la genialità dell'ispirazione (''ingenium''), sia l<nowiki>'</nowiki>''ars'' per elaborare un componimento in perfetto stile.<ref name="Perelli212"/>
 
=== Retorica ===
{{Vedi anche|Retorica latina}}
 
Con il passaggio dalla [[Repubblica romana|Repubblica]] all'[[Impero romano|Impero]], la retorica perse la sua funzione politica e progressivamente diminuì di importanza, pur rimanendo materia di studio. Molte informazioni sulla pratica e l'insegnamento della retorica in questo periodo si devono all'opera di [[Lucio Anneo Seneca il Vecchio|Seneca il Vecchio]], padre del più noto [[Lucio Anneo Seneca|filosofo]] precettore di [[Nerone]]. Con la concessione della cittadinanza romana da parte di Cesare ai maestri delle arti liberali ([[49 a.C.]]), le scuole di retorica crebbero di numero: qui i futuri retori dovevano esercitarsi nelle ''declamationes'' con tesi (θέσεις o ''quaestiones infinitae'', cioè temi di carattere morale, politico, filosofico) e ipotesi (ὑποθέσεις o ''quaestiones finitae'', specifiche situazioni giuridiche). Queste esercitazioni a loro volta si differenziavano in ''[[suasorie]]'', nelle quali si immaginava di dover persuadere un personaggio storico o mitologico, facendo sfoggio della propria bravura (es. il discorso degli ambasciatori ad Achille per convincerlo a tornare a battersi); e ''[[controversiae]]'', che si collocavano sul terreno giudiziario ed immaginario, prevedevano l'applicazione di un determinato principio legale, seppure in contesti del tutto paradossali, con scarsa attineza con l'attività forense.<ref>G. Cipriani, ''Storia della letteratura latina'', Torino 1999, vol. II, p. 16.</ref><ref name="Perelli241">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 241.</ref>
 
=== Satira ===
{{Vedi anche|Satira latina}}
 
In [[età augustea]] l'autore più rappresentativo della [[satira latina]] fu [[Orazio]], il quale si ispirava a [[Gaio Lucilio|Lucilio]], riuscendo però a creare un genere di satira personale. Egli accusava la sciatteria di Lucilio (il suo procedere torbido: ''fluere lutulentus'', la scarsa cura della forma e la prolissità)<ref name="Perelli203">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 203.</ref> e si servì del ''labor limae'': si allontana così dall'abbassamento linguistico, creando uno stile medio, simile ad una conversazione quotidiana, tanto è vero che le sue satire le chiamò anche ''Sermones''.<ref name="Perelli205">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 205.</ref> Sono infatti una sorta di conversazione colta, raffinata e spiritosa, che prende spunto da casi della propria vita privata e da casi realmente accaduti, dai quali cerca di trarre un insegnamento.
 
Le ''[[Satire (Orazio)|Satire]]'' di Orazio, che avevano sicuramente affinità con i precedenti componimenti poetici (le ''[[Epodi]]''), avevano un tono invettivo meno violento, seppure fossero ugualmente polemiche verso la società, e dove trovava maggior spazio la condizione della vita quotidiana umana.<ref name="Perelli202"/> Orazio proponeva un miglioramento della condizione umana in cui viveva, attraverso un modello che si basasse su solidi principi morali. È vero che aveva trovato ispirazione nelle ''Satire'' di [[Gaio Lucilio]], ma a differenza di quest'ultimo, non vi erano attacchi personali nei confronti di eminenti personaggi del tempo, ma solo nei confronti di generiche persone sconosciute.<ref name="Perelli202"/> E se da un lato troviamo in questa sua opera una critica ai vizi e le meschinità umane, dall'altra Orazio non sembra proporre come correggerli, li rappresenta in modo bonario, quasi il poeta li osservasse da lontano.<ref name="Perelli204">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 204.</ref>
 
Oltre a Lucilio, Orazio trovò ispirazione da [[Bione di Boristene]], vissuto nel [[III secolo a.C.]], riallacciandosi a quel genere letterario ellenistico che trattava tematiche di filosofia morale attraverso un linguaggio arguto, umoristico, brillante, ironico e popolare,<ref name="Perelli203"/> seppur non dando mai l'impressione di trovarsi di fronte ad un trattato di etica. Molti di questi componimenti erano autobiografici, come ad esempio il V, VI e IX del primo libro.<ref name="Perelli203"/> La sua comicità è allusiva, fondata su brevi battute, inserite apparentemente in modo poco vistoso, al contrario della tradizione latina.<ref name="Perelli205"/>
 
=== Storiografia ===
{{Vedi anche|Storiografia latina|storiografia romana}}
 
Nell'opera ''[[Ab Urbe condita libri|Ab Urbe condita]]'' di Tito Livio, la maggior parte del tempo è dedicato alla prima storia di Roma e alla fondazione della città stessa. Nelle storie di Sallustio, la fondazione e la storia antica di Roma era stata invece trattata in poche frasi. L'obiettivo con cui Livio scrisse l'''Ab Urbe Condita'' fu duplice: il primo era stato di commemorare la storia ed il secondo di sfidare la sua generazione per assurgere a quello stesso livello.
{{citazione|Non so se valga davvero la pena raccontare fin dai primordi l'insieme della storia romana. Se anche lo sapessi, non oserei dirlo, perché mi rendo conto che si tratta di un'operazione tanto antica quanto praticata, mentre gli storici moderni o credono di poter portare qualche contributo più documentato nella narrazione dei fatti, o di poter superare la rozzezza degli antichi nel campo dello stile. Comunque vada, sarà pur sempre degno di gratitudine il fatto che io abbia provveduto, nei limiti delle mie possibilità, a perpetuare la memoria delle gesta compiute dal più grande popolo della terra.|[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita]]'', Praefatio, 1-3.|Facturusne operae pretium sim si a primordio urbis res populi Romani perscripserim nec satis scio nec, si sciam, dicere ausim, quippe qui cum veterem tum volgatam esse rem videam, dum novi semper scriptores aut in rebus certius aliquid allaturos se aut scribendi arte rudem vetustatem superaturos credunt. Utcumque erit, iuvabit tamen rerum gestarum memoriae principis terrarum populi pro virili parte et ipsum consuluisse.|lingua=la}}
 
[[File:Altar Mars Venus Massimo.jpg|thumb|upright=1.4|''Altare di Marte'' dove vi è rappresentata la nascita di [[Romolo e Remo]] e la [[lupa capitolina|lupa]] che li allevò]]
 
Livio era impensierito dalla moralità, e usava la storia come fondamento morale, a differenza dei greci, [[Tucidide]] e [[Polibio]], che la utilizzavano per fini politici e pragmatici.<ref name="Perelli234">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 234.</ref> Egli mette in correlazione il successo di una nazione col suo alto livello di moralità e, al contrario, il fallimento di una nazione col suo declino morale. Livio riteneva che a Roma ci fosse stato un declino morale, e gli mancò la fiducia che Augusto potesse invertire tale tendenza. Sebbene condividesse gli ideali di Augusto, non funse da "portavoce del regime".<ref name="Perelli233"/> Lui ebbe a credere che Augusto fosse necessario, ma solamente come rimedio a breve termine.
 
Livio non appare del tutto distaccato dalla condizione e dalla politica del momento. La sua non è una nostalgica idealizzazione del passato. Non è un uomo politico, poiché non è al servizio di nessuna parte. E non ha quello spirito tendenzioso che avevano avuto i suoi predecessori, parteggiando per uno o l'altro partito.<ref name="Perelli232"/> Tuttavia, nel corso della sua opera, lascia trasparire il suo animo e gli ideali repubblicani, la sua simpatia per Pompeo, domandandosi se quella di Cesare fosse stata vera gloria.<ref name="Perelli232"/> E non credette che la tanto sbandierata ''libertas'' del programma propagandistico augusteo, coincidesse con la vera libertà. Malgrado ciò, buona parte dei principi ideologici augustei coincisero con le sue convinzioni, avendo posto Augusto al primo posto la sacra tradizione degli antichi ([[religione romana|religione]] e [[mos maiorum|costumi]] morali), il mantenimento dell'ordine sociale esistente, salvaguardando gli interessi degli Italici, di cui Livio faceva parte; la ''[[pax augustea|pax romana]]''<ref name="Perelli233">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 233.</ref> Per questi motivi, Livio celebrò la [[civiltà romana|romanità]], esaltandone il sentimento nazionalistico di appartenenza ed evocandone i suoi valori ideali.<ref name="Perelli233"/>
 
A Livio interessa comporre un'opera dilettevole sulla storia di Roma, non facendolo scientificamente (come faceva Tucidide in Grecia), ma raccogliendo semplicemente le notizie dando così piacevolezza all'opera. Ciò lo allontana dallo stile secco e chiuso tipico di Polibio e fa sì che la sua narrazione venga caratterizzata da sfumature definibili "drammatiche", senza eccessi. La storia per lui è "''[[Magistra vitae]]''" dal punto di vista morale, vivendo infatti in un periodo difficile per la società romana riteneva che il modello da seguire per tornare la grande potenza di un tempo sarebbe stato quello degli antichi romani, per primo quello di Romolo. Livio era un grande nostalgico del passato soprattutto riguardo alla [[mos maiorum|morale e ai valori]] che avevano reso grande Roma, che in quel periodo erano in grande declino. E questi valori, queste eccelse virtù sono rappresentate nei grandi personaggi politici e militari, i capi,<ref>Un esempio di virtù che questi "grandi uomini" dovevano possedere secondo Livio (Luciano Perelli, ''op. cit.'', pp. 237-238) furono ad es.: l'essere tenace di fronte alle avversità, la laboriosità, il rispetto di riti religiosi e dei vincoli famigliari, il mantener fede alla parola data, il non aspirare alla ricchezza o al piacere, la clemenza verso i vinti, ecc..</ref> che guidarono il popolo romano nei secoli, riuscendo anche a mutare il corso degli eventi.<ref name="Perelli236"/> La grandezza e superiorità di Roma si afferma così grazie ad una classe dirigente superiore per virtù morali, a quella di qualsiasi altro popolo. E così queste virtù del singolo diventano elementi fondamentali al servizio della ''[[salus]]'' della ''[[Repubblica romana|reipublicae]]'', dove l'atto d'eroismo del singolo che sacrifica se stesso, va a beneficio dello [[civiltà romana|stato e società romana]].<ref name="Perelli237">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 237.</ref>
 
Manca nella sua opera il senso del divenire storico e del nesso causale che genera i diversi eventi. La storia da lui raccontata sembra priva di evoluzione temporale, dove battaglie e discorsi politici variano molto poco nell'arco dei sette secoli raccontati. La trattazione annalistica degli avvenimenti militari e politici, impedisce infatti una trattazione più organica e ad ampio respiro riguardo all'interpretazione storica degli accadimenti.<ref name="Perelli234"/> La sua trattazione è equilibrata ed imparziale. Riferisce fedelmente antiche leggende, delle quali, anche se dubita sulla loro veridicità, si astiene dall'avere un atteggiamento critico nei loro confronti. Egli risulta così un mero osservatore imparziale degli eventi.<ref name="Perelli235">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 235.</ref> Altra osservazione che gli venne mossa dalla critica moderna è che dimostrò scarso interesse verso i problemi sociali o economici, oltre ad una mancanza di precisione a causa di scarse conoscenze personali in campo giuridico, militare e geografico.<ref name="Perelli235"/> Le fonti utilizzate, vengono poste spesso sullo stesso piano, indipendentemente dal fatto che siano più o meno valide; ciò che importa a Livio è la verosimiglianza delle fonti con il suo racconto o la simpatia che ne deriva; in alcuni casi riporta più versioni contrastanti, senza dare un suo parere al riguardo e lasciando la questione in sospeso.<ref name="Perelli236">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 236.</ref>
 
Secondo [[Marco Fabio Quintiliano|Quintiliano]], Livio scrisse con ''lactea ubertas'', ovvero abbellì la sua opera con ricchezza di linguaggio, includendovi termini poetici ed arcaici. Introdusse molti anacronismi nel suo lavoro, come tribuni dotati di poteri che vennero loro assegnati molto più tardi. Livio usò anche tecniche retoriche, attribuendo discorsi a personaggi i cui discorsi non erano probabilmente conosciuti. Sebbene lui non sia ritenuto uno storico di prima categoria, il suo lavoro è stato così esteso che le altre [[Fonte (storia)|fonti storiche]] sono state abbandonate per quella di Livio. È un peccato che le altre fonti siano state spesso abbandonate, perché buona parte dell'opera di Livio è andata perduta, lasciando grosse lacune nella nostra conoscenza della [[storia romana]].
 
=== Teatro ===
{{Vedi anche|Teatro latino|mimo latino}}
 
I Romani cominciarono a costruire [[Teatro (architettura)|edifici teatrali in muratura]] soltanto dopo il [[30 a.C.]]. Nel periodo precedente i luoghi degli eventi teatrali erano costruzioni di legno provvisorie spesso erette all'interno del circo o di fronte ai templi di [[Apollo]] e della ''[[Magna Mater]]''. I teatri di epoca augustea e poi imperiale furono, invece, edifici costruiti in piano e non su un declivio naturale come quello greco, e ha una forma chiusa, che rendeva possibile la copertura con un ''[[velarium]]'', ed è l'esempio di teatro che più si avvicina all'edificio teatrale moderno.
 
La ''[[cavea]]'', la platea semicircolare costituita da gradinate, fronteggiava il [[palcoscenico]] (''pulpitum''), che per la prima volta assume una profondità cospicua, rendendo possibile l'utilizzo di un [[sipario]] e una netta separazione dalla [[platea (teatro)|platea]].
 
=== Trattato scientifico ===
Fu [[Marco Vitruvio Pollione]], ingegnere e architetto, con il suo trattato scientifico, il ''[[De architectura]]'' a dare di questa disciplina una connotazione scientifica, elevandola al primato, in quanto contiene praticamente tutte le altre forme di conoscenza. È l'unico testo sull'[[architettura]] giunto integro dall'antichità e divenne il fondamento teorico dell'architettura occidentale, dal [[Rinascimento]] fino alla fine del [[XIX secolo]]. L'opera costituisce, inoltre, una delle fonti principali della moderna conoscenza sui metodi costruttivi degli [[antichi romani]], come pure della progettazione di strutture, sia grandi (acquedotti, edifici, bagni, porti) che piccole (macchine, strumenti di misurazione, utensili).
 
== Principali autori del periodo ==
{{Vedi anche|Classici latini conservati (30 a.C. - 192 d.C.)}}
 
=== Livio ===
[[File:Titus Livius.png|thumb|left|upright=0.8|Tito Livio]]
{{Vedi anche|Tito Livio}}
 
[[Tito Livio]] ([[59 a.C.]]<ref name="Perelli231"/>-[[17|17 d.C.]]<ref name="Perelli231"/>), noto anche come Livio, fu uno storico romano conosciuto soprattutto per la sua opera intitolata ''[[Ab Urbe Condita libri|Ab Urbe Condita]]'' (Le origini di Roma) che è una storia di Roma a partire "dalla [[fondazione di Roma|fondazione della città]]". Era nato a ''[[Patavium]]'', l'antica Padova ove morì al tempo di [[Tiberio]].<ref name="Perelli231"/> Alcuni riferirono del suo stile come permeato di "patavinità". Poco si sa della sua vita, ma basandosi su un [[epitaffio]] trovato a Padova, sappiamo che ebbe una moglie e due figli.
 
Livio scrisse larga parte della sua opera durante l'impero di [[Augusto]], di cui fu amico, nonostante le sue idee [[repubblica romana|repubblicane]], tanto che l'imperatore lo chiamava scerzosamente "''[[Gneo Pompeo Magno|pompeiano]]''";<ref name="Perelli231"/> nonostante ciò, la sua opera è stata spesso identificata come legata ai valori repubblicani (compresa la libertà ormai tramontata) e al desiderio di una restaurazione della repubblica, più che all'esaltazione del principato augusteo.<ref name="Perelli178"/> In ogni modo, non vi sono certezze riguardo alle convinzioni politiche dell'autore, dal momento che i libri sulla fine della repubblica e sull'ascesa di Augusto sono andati perduti. Certamente Livio fu critico nei confronti di alcuni dei valori incarnati dal nuovo regime, ma è probabile che il suo punto di vista fosse più complesso di una mera contrapposizione repubblica/impero. D'altro canto, Augusto non fu affatto disturbato dagli scritti di Livio, e anzi lo incaricò dell'educazione di suo nipote, il futuro imperatore [[Claudio]], che venne così iniziato alla storiografia, di cui fu un fervido appassionato anche negli anni a venire.<ref name="Perelli231"/> Livio scrisse anche opere di natura storico-filosofica, che sono andate perdute.<ref name="Perelli231"/>
 
L'opera ''Ab Urbe Condita'' (iniziata nel [[27 a.C.]] e terminata con la morte dell'autore) copre la storia romana dalla sua fondazione, comunemente fissata nel [[753 a.C.]], fino al [[9 a.C.]] (anno della morte di [[Druso maggiore]]).<ref name="Perelli231"/> Consisteva di 142 libri,<ref name="Perelli232">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 232.</ref> sebbene solamente i primi dieci e i libri dal 21 al 45 ci siano giunti, insieme a pochi altri frammenti. I libri erano stati suddivisi in "decadi", perché dieci libri potevano costituire un [[Codice (filologia)|codice]] [[pergamena]]ceo. Le decadi furono ulteriormente suddivise in pentadi:
* I libri da 1 a 5 coprono dalla fondazione di Roma al 390 a.C.
* I libri dal 6 al 10 vanno dal 390 al 293 a.C.
* Sebbene non disponiamo dei libri dall'11 al 20, ci sono testimonianze che attestano che i primi cinque libri trattavano di [[Pirro]] e gli altri cinque della [[Prima guerra punica]].<ref>[[Wikisource:la:Ab Urbe Condita - Periochae|''Periochae'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}}.</ref>
* I libri dal 21 al 30 riguardano la [[seconda guerra punica]]:
** dal 21 al 25 trattano di [[Annibale]];
** dal 26 al 30 trattano di [[Scipione l'Africano]].
* Le guerre contro [[Filippo V di Macedonia]] si trovano nei libri dal 31 al 35.
* Le guerre contro [[Antioco III]] sono nei libri dal 36 al 40.
* La [[terza guerra macedonica]] è trattata nei libri dal 41 al 45.
* I libri dal 45 al 121 sono andati perduti, ma ci sono rimasti dei compendi, riassunti sommari (''[[periochae]]'').<ref name="Perelli232"/>
* Gli scarsi frammenti restanti, dei libri dal 122 al 142, trattano degli avvenimenti dal 42 a.C. fino al 9 a.C.
 
=== Orazio ===
[[File:Quintus Horatius Flaccus.jpg|thumb|upright=0.8|[[Quinto Orazio Flacco]], ritratto di [[Anton von Werner]]]]
{{Vedi anche|Quinto Orazio Flacco}}
 
[[Quinto Orazio Flacco]] ([[65 a.C.|65]]-[[8 a.C.]]), fu, dopo Virgilio, il maggior poeta d'età augustea,<ref name="Perelli199"/> nonché maestro di eleganza stilistica e dotato di inusuale ironia, seppe affrontare le vicissitudini politiche e civili del suo tempo da placido [[epicureismo|epicureo]], amante dei piaceri della vita, dettando quelli che per molti sono ancora i canoni dell<nowiki>'</nowiki>''ars vivendi''.
 
Nacque a [[Venosa]], in [[Apulia]]. Figlio di un fattore [[liberto]] che si trasferì poi a [[Roma antica|Roma]] per fare l'esattore delle aste pubbliche (''coactor''), era dunque di umili origini, ma di buona condizione economica.<ref name="Perelli199"/> Orazio seguì un regolare corso di studi nella capitale, sotto l'insegnamento del grammatico [[Lucio Orbilio Pupillo|Orbilio]], poi fece parte del circolo epicureo di Sirone e Filodemo in Campania, e successivamente andò ad [[Atene]], all'età di circa vent'anni, dove studiò [[Lingua greca|greco]] e [[filosofia]] presso [[Cratippo di Pergamo]].<ref name="Perelli200">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 200.</ref> Qui entrò in contatto con l'epicureismo ma, sebbene se ne sentisse particolarmente attratto, decise di non aderire alla scuola. Sarà all'interno dell'ambiente romano che Orazio aderirà alla corrente, la quale gli permise di trovare un rifugio nell<nowiki>'</nowiki>''otium contemplativo''.
 
Dopo la [[cesaricidio|morte di Cesare]], quando scoppiò la [[guerra civile romana (44-31 a.C.)|guerra civile]] Orazio, che si trovava ancora in Grecia, si arruolò nell'esercito di [[Marco Giunio Bruto|Bruto]]. Nell'esercito dei cesaricidi il poeta incarnò il proprio ideale di libertà in antitesi alla tirannide imperante e combatté come [[tribuno militare]] nella [[battaglia di Filippi]] ([[42 a.C.]]), persa dai sostenitori di Bruto e vinta da [[Augusto|Ottaviano]].<ref name="Perelli200"/> Nel [[41 a.C.]] tornò in Italia grazie a un'amnistia e, appresa la notizia della confisca del podere paterno, cominciò a scrivere [[verso|versi]], che iniziarono a dargli una certa fama. Nel [[38 a.C.]] venne presentato a [[Gaio Cilnio Mecenate|Mecenate]] da [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]] e [[Vario Rufo|Vario]], probabilmente incontrati nel contesto delle scuole [[Epicuro|epicuree]] di Sirone, presso [[Napoli]] ed [[Ercolano]], ed ammesso nel famoso circolo.<ref name="Perelli200"/> Da allora Orazio si dedicò interamente alla letteratura, divenendo amico e confidente di Mecenate, il quale gli fece dono nel [[33 a.C.]] di una villa in [[Sabina]].<ref name="Perelli200"/> Con il trascorrere degli anni, Orazio preferì una vita sempre più appartata, volta alla meditazione interiore, lontano dalla vita mondana della capitale. Rifiutò la carica di segretario dello stesso [[Augusto]] e dichiarò di essere disposto a restituire tutto quanto aveva ricevuto in passato da Mecenate, se quest'ultimo lo avesse costretto a tornare a Roma. Morì nell'[[8 a.C.]] due mesi dopo la morte dell'amico, Mecenate.<ref name="Perelli201">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 201.</ref>
 
La prima raccolta di poesie fu composta a partire dal [[42 a.C.]], ma pubblicata solo nel [[30 a.C.]], sotto il nome di ''[[Epodi]]''. Si trattava di diciassette componimenti in [[giambo|metro giambico]], di derivazione dalla letteratura greca (il cui modello era [[Archiloco]]), con contenuto polemico, rivolto all'invettiva e dal linguaggio aggressivo e realistico, che nascevano da un suo stato di disgusto.<ref name="Perelli201"/> Pochi anni più tardi compose la sua seconda opera, le ''[[Satire (Orazio)|Satire]]'', che aveva sicuramente affinità con la precedenti ''Epodi'', sebbene il tono dell'invettiva è meno violento, ma polemico verso la società, e dove trova maggior spazio la condizione della vita quotidiana umana.<ref name="Perelli202">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 202.</ref> Una terza opera sono le ''[[Odi (Orazio)|Odi]]'', vale a dire 103 poesie, i cui primi tre libri vennero scritti tra il 30 ed il [[23 a.C.]], il quarto attorno al [[13 a.C.]].<ref name="Perelli205"/> Tra il 23 ed il [[20 a.C.]] scrisse le ''[[Epistole (Orazio)|Epistulae]]'', dove trattava di filosofia in venti componimenti indirizzati ad amici in forma di missiva.<ref name="Perelli209">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 209.</ref> Nel [[17 a.C.]] scrisse il ''[[Carmen Saeculare]]'', nel quale aderiva al programma morale e politico di Augusto.<ref name="Perelli207"/> Pochi anni più tardi, nel [[13 a.C.]], compose tre lunghe ''epistulae'', la prima indirizzata ad Augusto, la seconda a Floro, nelle quali in modo spiritoso, aveva da dire contro l'eccessiva ammirazione nei confronti della poesia arcaica, difendendo la poesia raffinata e autonoma del suo tempo. La [[Epistola ai Pisoni|terza epistola]], rivolta ai Pisoni, rimase nota come l<nowiki>'</nowiki>''[[Ars poetica]]''.<ref name="Perelli212">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 212.</ref>
 
=== Ottaviano Augusto ===
[[File:Statue-Augustus.jpg|left|thumb|Statua di Augusto detta "[[Augusto di Prima Porta]]" o "Augusto loricato" , custodita ai [[Musei Vaticani]].]]
{{Vedi anche|Augusto}}
 
Di [[Ottaviano Augusto]] ci rimane il resoconto della sua opera politica a favore del popolo e della [[repubblica romana]] (''[[Res Gestae Divi Augusti]]''), dove viene messo in evidenza il suo rifiuto di contrastare le regole tradizionali dello stato repubblicano e di assumere poteri arbitrari in modo illegittimo.<ref name="Perelli177"/> [[Svetonio]] aggiunge che quando prendeva la parola, che fosse in Senato, davanti al popolo o davanti ai suoi soldati, aveva sempre pronto un discorso ben meditato e scritto, sebbene non gli mancasse la capacità di improvvisare. Il motivo sembra fosse che egli voleva evitare di trovarsi esposto agli scherzi della memoria oppure a perdere tempo, dovendosi ricordare ogni passaggio del suo discorso. Capitava spesso che scrivesse le conversazioni più importanti comprese quelle con la moglie Livia, tanto da scorrere i suoi appunti mentre le parlava. Utilizzava un tono dolce, lavorando spesso con un maestro di dizione e, quando era colpito da raucedine, parlava al popolo attraverso un portavoce.<ref name="SvetonioAugusto84"/>
 
Compose molte opere di prosa ed eloquenza di vario genere, alcune delle quali lesse nella schiera dei suoi familiari, quasi recitasse in un auditorio. Così ad esempio recitò le «''Risposte a Bruto su Catone''». Recitò pure le «''Esortazioni alla Filosofia''», oltre a «''Sulla sua vita''» che scrisse in tredici libri, arrivando fino alla [[guerre cantabriche|guerra dei Cantabri]].<ref name="SvetonioAugusto85">{{cita|Svetonio|''Augustus'', 85}}.</ref> Si occupò anche di poesia. Rimane un suo libro scritto in esametri, il cui titolo e argomento è «''La Sicilia''», e un altro piccolo di «''Epigrammi''» che meditava quando faceva il bagno. Iniziò con grande entusiasmo una tragedia, che poi però distrusse e quando gli amici gli chiesero che cosa fosse accaduto al suo «''Aiace''» rispose che si era gettato su una spugna.<ref name="SvetonioAugusto85"/>
 
Utilizzò un genere di eloquenza semplice ed elegante, evitando le frivolezze prive di contenuto, scritte con eleganza e, come lui stesso diceva, il «fetore » dei discorsi antiquati; il suo principale obbiettivo rimase quello di dare senso al suo pensiero con la massima chiarezza possibile.<ref name="SvetonioAugusto86">{{cita|Svetonio|''Augustus'', 86}}.</ref> Per ottenere ciò, in modo più efficiente, e affinché nulla potesse distrarre o infastidire il lettore o l'uditore, non esitò ad aggiungere le preposizioni ai nomi delle città e a ripetere spesso le congiunzioni, che potevano generare molto spesso confusione, anche se arricchivano la piacevolezza della prosa. Disprezzo coloro che si rendevano ridicoli o antiquati, poiché apparivano viziosi in modo differente, e talvolta li criticava; per primo il suo amico [[Gaio Cilnio Mecenate|Mecenate]], del quale criticava, come sosteneva, «le ricercatezze stilistiche profumate», divertendosi ad imitarle per gioco. Ma non perdonò a [[Tiberio]] il fatto che si occupasse talvolta di vocaboli obsoleti e antiquati.<ref name="SvetonioAugusto86"/>
 
Rimproverava spesso [[Marco Antonio]] per il suo desiderio di scrivere più per stupire la gente, che di essere compreso. In una lettera indirizzata alla nipote [[Agrippina maggiore|Agrippina]], dove la lodava per il suo spirito, le suggeriva: {{Citazione|Ma è necessario che ti adoperi a scrivere, non in modo poco chiaro e discorsivo.|{{cita|Svetonio|''Augustus'', 86}}.}}
 
Si dedicò anche allo studio delle discipline greche fin dalla giovinezza, avendo avuto come maestro di eloquenza [[Apollodoro di Pergamo]], che aveva condotto con sé, ormai anziano, da [[Roma antica|Roma]] ad [[Apollonia (Albania)|Apollonia]], dove apprese della [[cesaricidio|morte]] di [[Gaio Giulio Cesare]]. In seguito continuò ad arricchire la sua cultura con varie discipline grazie alla convivenza con il filosofo Areo ed i suoi figli Dionigi e Nicanore; tuttavia non riuscì a parlare speditamente il greco o si azzardò a comporre qualcosa in questa lingua; infatti se aveva bisogno di qualcosa, componeva il testo in latino e poi lo faceva tradurre da altri. Ma non fu digiuno neppure di poesia greca, si dilettava con la commedia antica e spesso la fece rappresentare in spettacoli pubblici.<ref name="SvetonioAugusto89">{{cita|Svetonio|''Augustus'', 89}}.</ref>
 
Egli, leggendo sia gli autori in [[lingua greca]], sia quelli in [[lingua latina]], cercò i giusti insegnamenti ed esempi utili per la vita pubblica e privata; questi insegnamenti li raccoglieva, parola per parola, e li inviava molto spesso sia ai componenti della sua famiglia, sia ai [[legatus Augusti pro praetore|comandanti delle armate]] e delle [[governatore provinciale romano|province]], sia ai [[magistratura (storia romana)|magistrati]] in Roma, a seconda degli ammonimenti che ciascuno aveva bisogno.<ref name="SvetonioAugusto89"/>
{{citazione|Ed anche lesse in Senato o rese noto al popolo, per mezzo di un editto, interi libri, come le orazioni di Q. Metello «''Sull'aumento della prole''» e quelle di Rutilio «''Su come [costruire] gli edifici''», per persuaderli maggiormente di non essere stato il primo a notare queste due questioni, ma che già gli antichi si erano interessati a ciò.|{{cita|Svetonio|''Augustus'', 89}}.|''Etiam libros totos et senatui recitavit et populo notos per edictum saepe fecit, ut orationes Q. Metelli "de prole augenda" et Rutili "de modo aedificiorum," quo magis persuaderet utramque rem non a se primo animadversam, sed antiquis iam tunc curae fuisse.''|lingua=la}}
 
Con tutti i mezzi favorì gli uomini di ingegno del suo tempo; gli ascoltò recitare con pazienza e benevolmente, non solo di poemi e di opere storiche, ma anche di orazioni e di dialoghi. Tuttavia non volle che fosse preso come soggetto di un'opera, se non in tono serio e dagli scrittori più qualificati, raccomandando ai pretori di non permettere che il suo nome fosse logorato in gare letterarie.<ref name="SvetonioAugusto89"/>
 
=== Ovidio ===
[[File:Publius Ovidius Naso.jpg|thumb|upright=0.8|left|Anton von Werner: ''[[Publio Ovidio Nasone|Ovidio]]'']]
{{Vedi anche|Publio Ovidio Nasone}}
 
[[Publio Ovidio Nasone]] nacque a [[Sulmona]] nel [[43 a.C.]] da [[gens|famiglia]] [[ordine equestre|equestre]]. L'anno della [[battaglia di Azio]] ([[31 a.C.]]) venne inviato a Roma dal padre per compiere i primi studi in [[retorica latina|retorica]]. Ebbe come insegnanti [[Arellio Fusco]] e [[Marco Porcio Latrone]].<ref name="Perelli224">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 224.</ref> Non conobbe l'atmosfera cupa delle [[guerra civile romana (44-31 a.C.)|guerre civili]], ma al contrario quella del [[principato (storia romana)|principato]] di Augusto che, seppure sottomessa al volere di uno solo, lo introdusse nella mondanità della capitale, trascorrendo il tempo tra ozi e piaceri nei salotti dell'aristocrazia romana.<ref name="Perelli224"/> Abbandonata quindi l'avvocatura e la carriera politica, preferì dedicarsi interamente alla poesia, dove dimostrò di avere una notevole facilità nel versificare, avendo appreso dalle varie scuole di retorica a saper trattare ogni argomento, grazie alla tecnica delle ''[[suasoriae]]''. A differenza di Virgilio e Orazio, manca di impegno morale e, a differenza di Tibullo e Properzio, di sincerità di sentimenti e profonde passioni. Per lui la poesia si trasforma in un divertimento nel comporre in bello stile e con bravura, volto a destare stupore nel lettore.<ref name="Perelli224"/>
 
Ovidio fu poeta elegiaco in gioventù e in vecchiaia, con intendimenti totalmente distinti. Caratteristica in questo autore è l'adesione sempre parziale al genere dell'elegia erotica dei suoi modelli, in favore di una costante mescolanza e innovazione.
 
Gli ''[[Amores]]'' sono la sua prima raccolta di elegie (inizialmente in cinque libri, ridotta a tre successivamente),<ref name="Perelli224"/> apparentemente non dissimili da quelle di Tibullo e Properzio, ma dove l'esperienza autobiografica viene in realtà ulteriormente stilizzata: la figura dell'amata, Corinna, ha una presenza episodica e limitata, senza avere la vitalità o la plausibilità delle altre eroine finora citate. Ne consegue che gli ''Amores'' costituiscono una specie di ''lusus'', di gioco teatrale e ammiccante, il banco di prova della padronanza stilistica di Ovidio in cui si scoprono i debiti con l'epigramma e con il [[romanzo greco]]. La costante eleganza del linguaggio ovidiano gli permette di affrontare anche temi spregiudicati.
 
Le ''[[Heroides]]'' sono invece elegie di stampo mitologico:<ref name="Perelli225"/> sono infatti epistole poetiche che amanti tradite inviano ai personaggi mitici che le hanno abbandonate (quattordici eroine del mito e la poetessa [[Saffo]]). Le ultime sei epistole invece sono tre coppie di lettere di scambio epistolare tra amanti tribolati ([[Paride]] ed [[Elena (mitologia)|Elena]], [[Ero e Leandro|Leandro ad Ero]], [[Aconzio]] a [[Cidippe (sposa di Aconzio)|Cidippe]]).<ref name="Perelli225"/> L'elegia è qui motivata dal luogo comune che dalla poesia greca (da [[Omero]] con [[Circe]] e [[Calipso]], da [[Saffo]], dalla [[tragedia greca]], da [[Callimaco]]) attraversa la [[poesia latina]] (il carme LXIV di Catullo e la [[Didone]] virgiliana). L'eroina del mito greco è però ulteriormente raffinata dal vaglio delle scuole di [[retorica]] in cui Ovidio si è formato: spesso le lettere diventano vere e proprie ''suasoriae'' laddove i predecessori avevano riempito le rimostranze di [[Arianna (mitologia)|Arianna]] o di [[Medea]] (opera tragica, andata perduta)<ref name="Perelli225"/> con sdegno e imprecazione. Qui troviamo elementi patetici e melodrammatici, che verranno poi sviluppati nella successiva opera delle ''[[Le metamorfosi (Ovidio)|Metamorfosi'']], ed inoltre Ovidio dimostra di saper analizzare profondamente la psiche femminile.<ref name="Perelli225"/>
 
[[File:Pavel Svedomskiy 010.jpg|upright=0.8|thumb|Rappresentazione di [[Giulia maggiore (figlia di Augusto)|Giulia]], figlia di [[Augusto]], in esilio a [[Ventotene]] a causa dei suoi comportamenti adulterini, da un dipinto di [[Pavel Svedomsky]].]]
 
La terza opera di tipo elegiaco di Ovidio è una sintesi di queste precedenti esperienze: l<nowiki>'</nowiki>''[[Ars amatoria]]'' e successivamente i ''[[Remedia amoris]]'' e i ''[[Medicamine faciei]]'':
* la prima si può definire un [[poesia didascalica|poema didascalico]] di precettistica erotica in tre libri, dal tono leggero e ironico (seppure in parte volgare), dove nei primi due il poeta descrive il modo di conquistare una donna da parte di un uomo e di come comportarsi in amore; nel terzo, l'arte di seduzione al femminile.<ref name="Perelli226">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 226.</ref> Nell'opera viene escluso un amore impegnato, al contrario si propinano modelli volti a fingersi innamorati pur di conquistare l'altro sesso, anticipando di fatto il comportamento tipico del conquistatore [[libertino]] alla ''[[dongiovanni]]'' o ''latin lover'' dei nostri tempi. Risulta interessante per la descrizione che fa dell'alta società del periodo. Lo stile appare molto curato e certamente più evoluto delle precedenti opere.<ref name="Perelli226"/>
* Il ciclo didascalico si conclude con i ''Remedia amoris'' che rovesciando alcuni precetti dell'''Ars'' insegna come liberarsi dall'amore e guarire dalla passione.<ref name="Perelli227">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 227.</ref> Gian Biagio Conte definisce quest'opera come ''esito estremo della poesia elegiaca, di cui chiude simbolicamente la breve intensa stagione''.
* I ''Medicamine faciei'' rappresentano invece un manuale di [[cosmetici|cosmetica]] femminile.<ref name="Perelli227"/>
 
Attorno al [[3|3 d.C.]], Ovidio abbandonò la poesia leggera per dedicarsi contemporaneamente a due opere, le ''[[Le metamorfosi (Ovidio)|Metamorfosi'']] e i ''[[Fasti (Ovidio)|Fasti]]''.<ref name="Perelli227"/>
* Le ''Metamorfosi'' rappresentano un grande poema mitologico in quindici libri in [[esametro|esametri]], dove vengono raccolte tutte le antiche leggende ed il cui intento è anche di natura filosofico-politica, giungendo a glorificare l'[[Impero romano]] di Augusto.<ref name="Perelli227"/> Si tratta in totale di 250 favole mitologiche tratte dalla letteratura alessandrina.<ref name="Perelli227"/> L'atmosfera appare tipica delle favole, di meraviglia e incanto, adornata da immagini da sogno, da effetti a sorpresa e da un mondo fantastico, ricco di colori, luci, sonorità, immagini acquatiche e ridente.<ref name="Perelli228">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 228.</ref>
* I ''Fasti'' costituiscono un'opera "matura" del poeta, che trattava delle [[festività romane|festività]] [[religione romana|religiose]], del [[calendario romano]], dei riti e delle leggende mitologiche. Si trattava di un [[elegia latina|poema elegiaco]] in dodici libri (ma ne furono scritti solo sei a causa dell'esilio), tanti quanti sono i mesi dell'anno.<ref name="Perelli229">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 229.</ref> Qui Ovidio celebra le tradizioni religiose e civili della Roma di Augusto.<ref name="Perelli229"/>
 
Ma dopo la fulgida carriera come poeta civile, il trauma dell'esilio sulle coste del [[Mar Nero]] (a ''[[Tomis]]'', dall'[[8|8 d.C.]]), a causa di un provvedimento di Augusto che, secondo il poeta, era nato dai contenuti scabrosi e di dissolutezza della sua ''Ars amatoria'' (in antitesi con i programmi di moralizzazione del ''princeps''<ref>Sembra, invece, che il poeta venne mandato in esilio, per essere stato testimone degli atteggiamenti adulterini della figlia di Augusto, [[Giulia maggiore (figlia di Augusto)|Giulia]] (cfr. Perelli, ''op. cit.'', p. 230).</ref><ref name="Perelli230">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 230.</ref>), riportò Ovidio a scrivere elegie, più specificamente elegie epistolari: le ''[[Epistulae ex Ponto]]'' e i ''[[Tristia]]'', come una tragica applicazione di quanto scritto nelle ''Heroides''. Nei ''Tristia'' (in cinque libri) Ovidio descrive la solitudine, la durezza del clima, la desolazione del presente, nella grigia ed orrida ''Tomis'', al confine estremo della civiltà romana, in mezzo a genti barbare e selvagge, accompagnata dalla nostalgia del passato e della vita che ha dovuto abbandonare. Il II libro della raccolta è costituito da un'unica lunga autodifesa indirizzata ad Augusto, che cerca di adulare per ottenerne il perdono. Nelle ''Epistuale ex Ponto'' (in quattro libri), formula un'invettiva contro un suo nemico. Vi è infine un'ultima opera, l<nowiki>'</nowiki>''[[Halieutica]]'', poema sulla pesca.<ref name="Perelli230"/> Ovidio morì una decina di anni dopo l'inizio del suo esilio, attorno al [[17]]-[[18|18 d.C.]].<ref name="Perelli231">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 231.</ref>
{{citazione|Quando penso all'immagine di quelle tristissima notte,<br />che fu per me l'ultimo periodo trascorso nell'[[Roma antica|Urbe]],<br />quando ripenso a quella notte, nella quale lasciai tutte le cose a me care,<br />ancora scende una lacrima dai miei occhi.<br />L'alba si stava appropinquando il giorno in cui Cesare mi ordinò<br />di abbandonare gli estremi confini dell'Ausonia (l'Italia). [...]<br />Piangevo, e la sposa amorosa, piangeva e mi abbracciava<br />con pioggia di lacrime lungo le guance innocenti,<br />[la figlia] nata [da un precedente matrimonio] era lontana da me, in Libia<br />né poteva essere a conoscenza del mio destino.<br />Ovunque guardassi, risuonavano lamenti e pianti,<br />l'atmosfera era quella di un funerale, non certo silenzioso.|[[Ovidio]], ''[[Tristia]]'', I, 3.1-22.|''Cum subit illius tristissima noctis imago,<br />quae mihi supremum tempus in urbe fuit,<br />cum repeto noctem, qua tot mihi cara reliqui,<br />labitur ex oculis nunc quoque gutta meis.<br />iam prope lux aderat, qua me discedere Caesar<br />finibus extremae iusserat Ausoniae. [...].<br />uxor amans flentem flens acrius ipsa tenebat,<br />imbre per indignas usque cadente genas.<br />nata procul Libycis aberat diuersa sub oris,<br />nec poterat fati certior esse mei.<br />quocumque aspiceres, luctus gemitusque sonabant,<br />formaque non taciti funeris intus erat.''|lingua=la}}
 
=== Properzio ===
[[File:Prop and Cynth.jpg|upright=0.8|left|thumb|Auguste Jean Baptiste Vinchon, ''Propertius and Cynthia at Tivoli'']]
{{Vedi anche|Sesto Properzio}}
 
Nacque in Umbria, probabilmente ad [[Assisi]], attorno al [[50 a.C.]], da famiglia borghese. La sua condizione economica subì una drastica riduzione con la [[guerra civile romana (44-31 a.C.)|guerra civile]] che devastò le campagne intorno a [[Perugia]], tanto che alcuni possedimenti gli vennero confiscati. Il padre gli morì in tenera età. Questi accadimenti influirono molto sui suoi futuri componimenti, velandoli di grande tristezza e nostalgia per la sua terra natia. Non a caso ricorrono nei suoi componimenti immagini sepolcrali, che ricordano evidentemente questo triste periodo della sua fanciullezza.<ref name="Perelli217"/> Giunto a Roma con la madre, si dedicò ai primi componimenti poetici, lasciando da parte politica ed oratoria, che proprio non gli si addicevano.<ref name="Perelli218">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 218.</ref>
 
Scrisse quattro libri di elegie. Il primo dei quali, con il nome di ''monobiblos'', fu pubblicato nel [[27 a.C.]] ed è interamente dedicato a ''Cynthia'' (che nella realtà sembra si chiamasse ''Hostia'', e con la quale ebbe una relazione di cinque anni). Racconta in modo esplosivo ed intenso la progressione del suo amore: dalla tenerezza nei suoi confronti, alla delusione per l'infedeltà della donna, al distacco (che culminò poi con la morte della ragazza, da qui idealizzata dal poeta).<ref name="Perelli218"/> Dopo questo primo libro, Properzio venne accolto nel "circolo di Mecenate",<ref name="Perelli219">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 219.</ref> generando in lui il proposito di ascoltare tutt'altra ispirazione poetica che si sviluppasse in un prossimo impegno civile (la lode delle gesta di [[Augusto (imperatore romano)|Augusto]]). Ma nelle elegie successive, dove la passione d'amore si fa più complessa e tormentata (nel secondo libro)<ref name="Perelli218"/> e poi più fredda (nel terzo),<ref name="Perelli219"/> traspare una blanda promessa di un carme lirico in un imprecisato futuro (forse l'impegno fu assolto invece da Orazio con il ''Carmen Saeculare''), e un rifiuto a cantare le gesta del ''princeps'' schermendosi di non voler impegnarsi in un compito superiore alle sue forze e di non essere adatto alla poesia civile.<ref name="Perelli219"/>
 
Ma è nel quarto libro (tramandato sotto il nome di ''Elegie romane'') che il poeta s'infiamma ancora per Cinzia, ormai morta e mai completamente dimenticata, per la quale nutre ancora una violenta passione (settima e ottava elegia), in un contesto che vuole celebrare l'amore coniugale<ref name="Perelli219"/> (in particolare l'undicesima elegia, chiamata ''regina elegiarum''<ref name="Perelli223">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 223.</ref>) e [[Roma antica|Roma]], la città e le sue tradizioni (descrivendo i miti di [[Tarpea]], [[Ercole]] e [[Caco (mitologia)|Caco]], il dio [[Vertumno]], [[Giove (divinità)|Giove Feretrio]], fino alla [[battaglia di Azio|vittoria di Augusto ad Azio]]).<ref name="Perelli222">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 222.</ref> Il suo disegno, improntato a riscrivere in senso patriottico gli ''Áitia'' di [[Callimaco]], anticipa in forma di elegia i ''Fasti'' di Ovidio. Ma laddove la trappola della propaganda presagiva una scrittura erudita ed oscura, Properzio assai più di Tibullo esprime un calore e una sincerità di ispirazione che rendono il suo stile un mirabile equilibrio tra epica e [[poesia didascalica]]. Properzio morì in giovane età, attorno al [[15 a.C.]], mentre la sua poesia stava ancora maturando.<ref name="Perelli219"/>
 
=== Tibullo ===
[[File:Tibullus.jpg|upright=1.4|thumb|Il poeta [[Albio Tibullo|Tibullo]] da un dipinto di [[Lawrence Alma-Tadema]] ([[1866]])]]
{{Vedi anche|Albio Tibullo}}
 
[[Albio Tibullo]] ([[55 a.C.|55]]-[[19 a.C.]]), era originario di [[Gabii]], un piccolo paese nel Lazio, da una [[gens|famiglia]] [[ordine equestre|equestre]] molto ricca, andata però successivamente in declino a causa delle [[guerra civile romana (44-31 a.C.)|guerre civili]].<ref name="Perelli213"/> Entrò molto presto nel circolo letterario di Messalla Corvino, dove strinse amicizia con i maggiori poeti dell'epoca. Amava la vita tranquilla, la quiete della campagna dov'era nato e cresciuto. Aveva un'indole malinconica ed una grande fragilità di fronte alle amarezze della vita.<ref name="Perelli214">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 214.</ref> Tre sono le donne da lui amate durante la sua vita: Delia, Glìcera e Nemesi. Il poeta morì pochi mesi dopo Virgilio, nel settembre del [[19 a.C.]].<ref name="Perelli214"/>
 
Più che una raccolta abbiamo una serie di raccolte tramandateci sotto il suo nome (''[[Corpus Tibullianum]]''), ma che in realtà sono di diversi autori. Di quattro libri, sono certamente tibulliani solo i primi due. Nel primo libro, composto da dieci [[elegia latina|elegie]], molte sono dedicate a Delia (il cui vero nome sembra fosse Plania), donna tenera e gentile che ogni cuore innamorato sogna, al tempo stesso incostante e incline al tradimento.<ref name="Perelli214"/> Nel secondo libro (composto da altre sei elegie) il poeta sembra invece aver dimenticato Delia in favore di un'altra protagonista, chiamata Nemesi, figura più sensuale, di cortigiana avida e spregiudicata. Estraneo alla poesia civile che caratterizzava i suoi contemporanei (fu amico di [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]], ma nella sua poesia non sono mai citati né [[Augusto (imperatore romano)|Augusto]] né [[Gaio Cilnio Mecenate]]). Particolare nell'elegia tibulliana vi è l'assenza del mito, sostituita dal fascino per il mondo agreste, diverso da quello [[Teocrito|teocriteo]] o [[Publio Virgilio Marone|virgiliano]]. Un terzo motivo tibulliano è la profonda esecrazione per la guerra e i suoi orrori.<ref name="Perelli214"/> Vi sono quindi elogi sia alla vita agreste, sia al suo protettore Messalla e all'amico Cornuto.<ref name="Perelli214"/>
 
Il terzo libro del ''[[Corpus Tibullianum]]'' (formato da venti componimenti in metro elegiaco, che la critica moderna ritiene appartenere a vari autori del "circolo di Messalla"<ref name="Perelli216"/>) riporta sei componimenti che un misterioso ''[[Ligdamo]]'' rivolge a Neera.<ref name="Perelli217">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 217.</ref> Mentre è normale l'occultamento del nome dell'amata dietro pseudonimi ellenizzanti, è invece anomala la pseudonimia dell'autore. I suoi componimenti sono povera cosa accostati alle elegie tibulliane, in cui l'imitazione letteraria diventa luogo comune. In esse fa capolino l'ossessione funebre che ritroviamo (non è chiaro se prima o dopo) nei ''Tristia'' di Ovidio, tanto che alcuni autori moderni hanno ritenuto che Ligdamo fosse lo pseudonimo di un giovane Ovidio.<ref name="Perelli217"/> Il settimo componimento è invece un ''[[Panegirico|Panegyricus Messallae]]'' che non sembra appartenere a Tibullo, ma ad un giovane adulatore. Le ultime due brevi elegie, la XIX e XX, sembrano invece appartenere a Tibullo.<ref name="Perelli217"/>
 
Il quarto libro del ''[[Corpus Tibullianum]]'' oltre a un elogio di [[Marco Valerio Messalla Corvino|Messalla]] contiene tredici elegie di cui sei (VII-XII) sono un ciclo a sé stante di "biglietti" in distici elegiaci scritti da ''[[Sulpicia]]'' (nipote di Messalla) a Cerinto (grecizzazione del ''cognomen'' latino ''Cornutus''). Esse sono poesie brevi e vibranti di un amore schietto e geloso. Non sussistono motivi né per l'identificazione né per la contraffazione di Sulpicia come autrice delle poesie: nel primo caso avremmo il primo esempio di scrittura letteraria femminile in latino.
 
=== Virgilio ===
{{Vedi anche|Publio Virgilio Marone}}
[[File:GiorcesBardo42.jpg|upright=1.2|left|thumb|Virgilio con l<nowiki>'</nowiki>''Eneide'' tra [[Clio]] e [[Melpomene]], [[Museo nazionale del Bardo]], Tunisi]]
 
[[Publio Virgilio Marone]] nacque ad ''Andes'' ([[Pietole Vecchia]]<ref>[[Dante]], ''Purgatorio'', XVIII, 82.</ref>) nel [[70 a.C.]], non molto distante da ''[[Mantova|Mantua]]'' lungo le rive del [[Mincio]]. Questa campagna [[Georgiche|georgica]] gli rimase sempre impressa nella mente con grande nostalgia.<ref name="Perelli182">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 182.</ref> Il padre, era un piccolo proprietario terriero arricchitosi tramite l'[[apicoltura]], l'allevamento e l'artigianato,<ref>Virgilio, ''[[Bucoliche]]'', V,55.</ref> mentre la madre era la figlia di un facoltoso mercante. Virgilio studiò a [[Cremona]], poi a ''[[Mediolanum]]'' ([[Milano]]) ed infine a [[Roma (città antica)|Roma]] letteratura greca e latina, oltre a matematica e medicina. Qui conobbe molti poeti e uomini di cultura e si dedicò alla composizione delle sue opere. Nella capitale portò a termine la propria formazione oratoria studiando eloquenza alla scuola di Epidio.<ref name="Perelli182"/> Lo studio dell'eloquenza doveva fare di lui un avvocato ed aprirgli la via per la conquista delle varie cariche politiche, ma l'oratoria di Epidio non era certo congeniale alla natura del mite Virgilio, riservato e timido, e dunque quanto mai inadatto a parlare in pubblico. Con la [[cesaricidio|morte di Cesare]] e lo scoppio della [[guerra civile romana (44-31 a.C.)|guerra civile]], la successiva distribuzione di terre ai veterani dopo la [[battaglia di Filippi]] mise in grave pericolo le sue proprietà nel [[Centuriazione di Mantova|mantovano]] ma, grazie all'intercessione dell'allora governatore della [[Gallia cisalpina]], [[Gaio Asinio Pollione|Pollione]] e dello stesso [[Augusto|Ottaviano]], riuscì ad evitare la confisca nel [[41 a.C.]].<ref>Virgilio, ''Bucoliche'', I.</ref> Sembra invece che, dopo la [[guerra di Perugia]], nel [[40 a.C.]], perdette definitivamente il terreno, rischiando la vita poiché si era opposto al centurione a cui era stato attribuito.<ref>Virgilio, ''Bucoliche'', IX.</ref> Entrato in crisi esistenziale, non ancora trentenne, si trasferì dopo il [[42 a.C.]] a ''[[Napoli|Neapolis]]'', dove frequentò la scuola dei filosofi Sirone e Filodemo ed apprese i precetti di [[Epicuro]] e conobbe importanti personaggi nel campo politico ed artistico.<ref name="Perelli182"/>
 
In questi anni scrisse il suo primo importante componimento letterario, le ''[[Bucoliche]]'' o Ecloghe pastorali (tra il 42 ed il [[39 a.C.]]),<ref name="Perelli184">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 184.</ref><ref name="Perelli182"/> che grazie al successo ottenuto, lo misero in contatto con [[Gaio Cilnio Mecenate|Mecenate]] il quale lo portò nel suo circolo letterario. Egli cominciò a frequentare le tenute terriere di Mecenate in [[Campania]] nei pressi di [[Atella (città antica)|Atella]] ed in [[Sicilia]]. In questo periodo cominciò a scrivere le ''[[Georgiche]]'' (in quattro libri, di circa 500 esametri ciascuno), poema didascalico di argomento agricolo (tra 38/37 e 30/29 a.C.). I primi due libri (prima diade) trattavano di coltivazione (rispettivamente di cereali e alberi da frutto), i secondi due di allevamento (il III del bestiame, il IV delle api).<ref>Virgilio, ''Georgiche'', I-IV.</ref>
 
Attraverso Mecenate, Virgilio conobbe [[Augusto (imperatore romano)|Augusto]] e collaborò alla diffusione della sua ideologia politica. Divenne il maggiore poeta di Roma e dell'[[impero romano|impero]]. Morì a [[Brindisi]] il 21 settembre del [[19 a.C.]], di ritorno da un viaggio in [[Antica Grecia|Grecia]]. Prima di morire, Virgilio raccomandò ai suoi compagni di studio [[Plozio Tucca]] e [[Vario Rufo]] di distruggere il manoscritto dell'[[Eneide]], che lo aveva impegnato per dieci anni, dal [[29 a.C.|29]] al [[19 a.C.]]. Egli, da perfezionista qual era, non voleva che fosse pubblicata prima della revisioni dei dettagli, in seguito al suo viaggio in Grecia. Ma i due, per timore o per colpa, consegnarono i manoscritti all'imperatore che salvò l'opera dalla distruzione.<ref name="Perelli192"/> L'Eneide rappresentò per i Romani quello che i [[Omero|poemi omerici]] furono per i Greci: un poema nazionale che rappresentasse le [[fondazione di Roma|origini]] e la [[storia romana|potenza di Roma]].
 
Il sommo poeta romano trovò la sua ispirazione non solo nell'amor patrio, ma soprattutto nell'essere profondamente legato alla terra, alla vita agreste della sua infanzia, alla ''[[Mos maiorum#Pietas|pietas]]'' [[religione romana|religiosa]] ed alla provvidenza divina, valori che vennero a coincidere in parte con il programma politico e civico di Augusto. Si aggiunga che la meditazione profonda del poeta si rifaceva più che alle sorti di Roma, a quelle del destino dell'intero genere umano.<ref name="Perelli178"/>
 
=== Vitruvio ===
[[File:Da Vinci Vitruve Luc Viatour.jpg|thumb|upright=0.8|L'''[[uomo vitruviano]]'' di [[Leonardo da Vinci]], una rappresentazione basata su studi condotti da Vitruvio sulle proporzioni del corpo umano]]
{{Vedi anche|Marco Vitruvio Pollione}}
 
[[Marco Vitruvio Pollione]] (80-70 a.C. — dopo il 15 a.C.), fu ingegnere e architetto, considerato il più famoso [[Teoria dell'architettura|teorico dell'architettura]] romana. Scarse risultano le notizie della sua vita. Fu probabilmente [[genio militare (storia romana)|ufficiale sovrintendente]] alle [[armi d'assedio (storia romana)|macchine da guerra]] sotto [[Gaio Giulio Cesare|Giulio Cesare]] e poi architetto-ingegnere sotto [[Augusto (imperatore romano)|Augusto]], anche se l'unica opera che lui stesso si attribuisce di aver progettato e costruito è la [[basilica di Fano]].
 
Rimase famoso per il suo [[trattato (opera)|trattato]] ''[[De architectura]]'' (''Sull'architettura''), in 10 libri, dedicato ad Augusto (che gli aveva concesso una pensione),<ref name="Perelli243"/> scritto probabilmente tra il [[29 a.C.|29]] e il [[23 a.C.]]. Il ''De architectura'' è l'unico testo integro in latino di [[architettura]], tra i pochi giunti, in modo più o meno frammentario, fino a noi; l'influenza sulla cultura occidentale è principalmente dovuta proprio a questa sua unicità. Tuttavia l'influenza dell'opera di Vitruvio sui suoi contemporanei sembra sia stata molto limitata.<ref>H.-W. Kruft, ''Storia delle teorie architettoniche da Vitruvio al Settecento'', Roma-Bari, Laterza, 1988</ref> Il trattato fu scritto in un momento in cui l'architettura romana stava per rinnovarsi profondamente con le grandi costruzioni in laterizio e l'utilizzo di volte e cupole, di cui Vitruvio sembra non occuparsi. D'altro canto la sua autorità in campo tecnico e architettonico è testimoniata dai riferimenti alla sua opera presenti negli autori successivi come [[Sesto Giulio Frontino|Frontino]]. L'opera trattava oltre che di architettura, anche di geografia, climatologia, astronomia, meccanica, idraulica e matematica, poiché Vitruvio riteneva che non era possibile essere un buon architetto senza conoscere tutte queste altre discipline scientifiche.<ref name="Perelli243"/> Vitruvio dà poi grande importanza tra ciò che sono le teorie matematiche e la loro messa in pratica, vale a dire tra scienza teorica e tecnica applicata, concetto per noi moderno estremamente banale, non altrettanto per gli antichi; uno dei pochi esempi dove scienza e tecnica non rimasero separati fu con [[Archimede]].<ref name="Perelli243"/>
 
Nel XV secolo la conoscenza e l'interesse per Vitruvio crebbero sempre più, grazie soprattutto ad architetti umanisti come [[Lorenzo Ghiberti]], [[Leon Battista Alberti]], [[Francesco di Giorgio Martini]], [[Raffaello]], [[Fabio Calvo]], [[Paolo Giovio]], fra [[Giocondo da Verona]]. Nel 1486 il trattato fu pubblicato a stampa per la prima volta da [[Sulpicio da Veroli]] e nel 1521 uscì la prima edizione tradotta in italiano da [[Cesare Cesariano]].<ref>AA.VV., ''Cesare Cesariano e il classicismo di primo Cinquecento'', 1996</ref> A partire dal XV secolo il trattato è stato uno dei fondamenti teorici dell'architettura occidentale fino alla fine del [[XIX secolo]].
 
=== Altri autori minori ===
* [[Gaio Cornelio Gallo]] ([[69 a.C.|69]]-[[26 a.C.]]), scrisse ''Amores'' in quattro libri, in cui cantò la sua passione per Citeride, sotto il nome di Licoride. La sua [[elegia latina|elegia]] è debitrice a [[Partenio di Nicea]], non meno che a [[Euforione di Calcide]], per l'ampliamento dell'elegia rispetto al breve giro di versi degli epigrammi, e per l'erudizione geografica e mitologica. All'elegia di Cornelio Gallo si fa risalire la concezione della poesia come forma di corteggiamento in cui la donna amata sia la destinataria privilegiata delle poesie.<ref name="Perelli213">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 213.</ref> Tibullo e [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]] gli tributarono sincero omaggio nelle loro opere dimostrandone l'influenza. Si può considerare intermediario fra i ''poetae novi'' e gli ''elegiaci'' di [[età augustea]].
* [[Vario Rufo]] ([[74 a.C.|74]]-[[14 a.C.]]), poeta del circolo di Mecenate. Amico di [[Virgilio]], dopo la morte di questi curò insieme a [[Plozio Tucca]] la pubblicazione sia dell'[[Eneide]] che delle opere di [[Orazio]]. Da [[Macrobio]]<ref>[[Macrobio]], ''Saturnalia'', VI, 1.39 e 2.19.</ref> sappiano che Vario compose un poema epico (''De morte''). La sua produzione letteraria più famosa fu la tragedia ''[[Tieste (Vario Rufo)|Tieste]]'', che [[Marco Fabio Quintiliano|Quintiliano]] riteneva non essere inferiore ad alcuna tragedia greca.<ref>[[Marco Fabio Quintiliano|Quintiliano]], ''Institutio Oratoria'', X, 1 e 98.</ref> In onore dell'imperatore, scrisse anche un breve ''carmen'' il cui titolo era ''Panegyricus Augusti'', rinunciando però ad un grande poema epico che gli era stato richiesto da Augusto e [[Gaio Cilnio Mecenate]].
* [[Grazio Falisco]] ([[43 a.C.]]-[[14|14 d.C.]], poeta che scrisse il ''Cynegeticon'', un trattato sulla cinegetica (caccia con i cani) in 540 versi.<ref>Vd., ad esempio, ''Venatici et bucolici poetæ latini'', Hanoviæ, 1613</ref>.
* [[Marco Manilio]] ([[I secolo a.C.]] - [[I secolo d.C.]]), astrologo e poeta. Autore di un [[poema didascalico]], gli ''Astronomica''. Sulle sue origini si possono soltanto avanzare delle ipotesi, la più accreditata è quella di origini orientali, dove l'[[astronomia]] godeva di grande importanza. È comunque sicuro che visse sotto gli imperatori [[Ottaviano Augusto]] (nel libro I degli ''Astronomica'' è ricordata la [[Battaglia di Teutoburgo]]) e [[Tiberio (imperatore romano)|Tiberio]]. L'opera, che tratta di [[astronomia]] e [[astrologia]], ha come modello strutturale il ''[[De rerum natura]]'' di [[Tito Lucrezio Caro|Lucrezio]], ma è impregnata di [[filosofia]] [[stoicismo|stoica]].
* [[Gaio Giulio Igino]] ([[64 a.C.]]-[[17|17 d.C.]]), bibliotecario, poeta e mitografo, [[liberto]] dell'imperatore [[Ottaviano Augusto]]. Fu direttore della biblioteca del tempio di [[Apollo]] sul [[Palatino]]. Uomo di cultura, fu amico di [[Ovidio]]. Scrisse numerose opere di [[filologia]], [[geografia]], [[storia]], [[agricoltura]] e critica, di cui ci sono giunti solamente i titoli o pochi frammenti.
* [[Verrio Flacco|Marco Verrio Flacco]] ([[55 a.C.]]-[[20|20 d.C.]]), grammatico e filosofo, era un [[liberto]] forse originario di [[Preneste]]. Insegnò ed introdusse un nuovo sistema educativo. A differenza dei suoi colleghi, che prediligevano un tipo di apprendimento passivo da parte degli studenti, Verrio Flacco ne utilizzava uno basato sulla competizione e la promessa di un premio (di solito un libro di valore) per il vincitore. Questo sistema, per i tempi certo innovativo, gli valse grande fama, tanto che lo stesso [[Augusto (imperatore romano)|Augusto]] lo scelse come precettore dei suoi figli. La sua opera più importante è il ''[[De verborum significatu]]'', il prodotto più completo ed erudito dell'antica lessicografia latina. Il testo è a noi noto grazie al compendio che ne fece [[Sesto Pompeo Festo|Festo]] ([[II secolo]])<ref name="Perelli243"/> e il successivo compendio di Festo operato da [[Paolo Diacono]] ([[VIII secolo]]). Si trattava di un "vocabolario" di termini rari e eruditi, ordinati alfabeticamente e corredati di citazioni di autori precedenti utili a capirne contesto e significato.
* [[Marco Antistio Labeone]] (morto il [[10]]/[[11|11 d.C.]]), giurista e filologo, fu allievo del [[giureconsulto]] [[Gaio Trebazio Testa|Trebazio]]. Fu per tradizione familiare un convinto repubblicano ed il suo più famoso rivale, sia in politica, sia nell'ambito specifico della [[giurisprudenza]], fu [[Gaio Ateio Capitone]], famosissimo giureconsulto romano. Trovandosi a dover vivere il momento di passaggio dalla [[repubblica romana|repubblica]] al [[Principato (storia romana)|principato]] non esitò a schierarsi a favore della prima, arrivando a rifiutare il [[console (storia romana)|consolato]] offertogli da [[Augusto (imperatore romano)|Augusto]]. Il suo ''[[cursus honorum]]'' si fermò, pertanto, alla carica di [[Pretore (storia romana)|pretore]]. Fu un fecondissimo scrittore di opere giuridiche. Secondo quanto scrive il giurista [[Sesto Pomponio|Pomponio]] nel ''Liber singularis enchiridii'', fu l'autore di ben 400 opere giuridiche, un numero certo di assoluta eccezionalità nell'[[antica Roma]].<ref name="D.1.2.2.47"/>
* [[Gaio Ateio Capitone]] ([[38 a.C.]] - [[22|22 d.C.]]), fu il più insigne giurista della prima età imperiale insieme al rivale, Marco Antistio Labeone, dal quale si differenziava sia per le opinioni politiche, sia nell'ambito più specifico della [[giurisprudenza]]. Capitone aderì precocemente al nuovo ordine costituzionale romano legandosi ben presto ad [[Augusto (imperatore romano)|Augusto]]. Le sue idee politiche gli garantirono il favore dell'imperatore che lo ricompensò facendolo accedere al [[console (storia romana)|consolato]] (sebbene solo come ''consul suffectus'') all'età di 43 anni, nel [[5|5 d.C.]].
* [[Lucio Cestio Pio]] (I secolo a.C. & d.C.), educatore e retorico latino era nativo di [[Smirne|Smyrna]], città di origine greca. Secondo Gerolamo esercitava a Roma come insegnante di latino nel [[13 a.C.]]. Visse fino a dopo la ''[[clades variana]]'' del [[9|9 d.C.]].<ref>[[Lucio Anneo Seneca il Vecchio]], ''Controversiae'', I, 3.10.</ref> Cestio ebbe grande reputazione come insegnante. Le sue opere e le sue declamazioni oratirie sono ricordate soprattutto da [[Seneca]], nella sua opera ''Oratorum et rhetorum sententiae, divisiones, colores''.
* [[Pompeo Trogo|Gneo Pompeo Trogo]] ([[I secolo a.C.]]), storico e naturista, era oriundo della [[Gallia Narbonense]] ed apparteneva all'aristocrazia ellenizzata che aveva collaborato con i Romani ottenendo la cittadinanza. Il nonno aveva combattuto per [[Pompeo Magno]] diventandone ''cliens'' ed aveva avuto il privilegio di fregiarsi del suo nome. La sua opera principale è le ''Historiae Philippicae'' in 44 libri, una vera e propria storia universale, che andava dalle antichissime vicende di [[Babilonia]] fino ai suoi tempi.<ref name="Perelli240">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 240.</ref> Possediamo solo il compendio di [[Marco Giuniano Giustino]]. L'opera è una storia dell'Oriente che ha come perno la [[Dinastia antigonide|dinastia macedone]], come si desume dal titolo che si ricollega a [[Filippo II di Macedonia]] fondatore della dinastia macedone. La storia di Trogo si fonda sul principio della successione degli imperi: da quello [[assiri|assiro]]-[[civiltà babilonese|babilonese]] a quello [[impero persiano|persiano]], al [[impero macedone|macedone]], fino a [[impero romano|quello romano]], che divideva il mondo con quello dei [[Parti]], per i quali sembra nutrire una certa simpatia e ammirazione. Questo atteggiamento di Trogo, anti-romano, dimostra che, per quanto fosse [[cittadinanza romana|cittadino romano]], nelle province vi era un certo dissenso verso il dominio romano.<ref name="Perelli240"/>
* [[Marco Porcio Latrone]] ([[58 a.C.|58]]/[[55 a.C.]] - [[3]]/[[4|4 d.C.]]), fu un celebre retore romano del [[I secolo]], considerato uno dei fondatori della [[retorica]] scolastica. Appartenente alla [[Gens Porcia]], nacque in [[Spagna romana|Spagna]]. Fu coetaneo, conterraneo ed amico di [[Seneca il Vecchio]], che gli dedicò vari scritti che costituiscono anche la maggiore fonte di informazioni. Intorno al 30 a.C. divenne professore di retorica ed aprì una propria scuola che fu frequentata da illustri personaggi fra cui [[Ovidio]] e [[Abronio Silo]]. Nel [[17 a.C.]], declamò davanti ad [[Augusto]] e [[Marco Vipsanio Agrippa]].
* [[Gaio Valgio Rufo]] ([[65 a.C.]] - ''post'' [[12 a.C.]]), ebbe una formazione [[retorica]], come era prassi per i giovani romani che si avviavano alla [[Cursus honorum|carriera politica]]. Egli si collocò politicamente nell'area vicina ad [[Augusto]] e fu ''[[consul suffectus]]'' nel [[12 a.C.]]. Fece parte del Circolo di [[Gaio Cilnio Mecenate|Mecenate]] dove venne apprezzato anche da [[Orazio]] che lo menzionò nella [[Satire (Orazio)|Satira]]<ref>Orazio, [[s:Satire (Orazio)/Libro I/Satira X|(I, 10)]].</ref> e gli indirizzò l'[[Odi (Orazio)|Ode]]<ref>Orazio, [[s:Le odi di Orazio/Libro secondo/IX|(II, 9)]].</ref> Contemporaneamente si avvicinò anche al Circolo di [[Messalla Corvino]], dove era celebrata la [[poesia pastorale]] e si esaltava la pace della campagna e l'amore. [[Tibullo]] lo cita nelle sue [[Elegie]].<ref>Tibullo, ''elegie'' I, 10.</ref> e nel ''[[Panegirico|Panegyricus Messallae]]''. Valgio non si limitò alla poesia. Discusse questioni [[Grammatica latina|grammaticali]] per corrispondenza, tradusse in latino ed elaborò il [[Retorica|manuale di retorica]] ''Tèkne retorikè'' del suo maestro [[Apollodoro di Pergamo]] e cominciò un trattato sulle [[piante medicinali]], dedicato ad [[Augusto]], andato perduto, ma che viene ricordato dalla citazione di [[Plinio il Vecchio]].
* [[Lucio Anneo Seneca il Vecchio]] ([[60 a.C.]] circa - [[40|40 d.C.]]), scrittore romano originario di [[Cordova]] in [[Spagna romana|Spagna]] e padre di [[Lucio Anneo Seneca]], il filosofo alla corte di [[Nerone]]. La sua opera principale, in undici libri (dieci di ''[[controversiae]]'' ed una di ''[[suasoriae]]''), fu ''Oratorum et rhetorum sententiae, divisiones, colores'', cioè "Le tesi sostenute nelle opere degli oratori e dei retori, la distribuzione della materia, il colorito e lo stile dell'esposizione". Si tratta di lezioni di eloquenza e di [[retorica]], che forniscono un quadro preciso della formazione culturale di uno studente del tempo. L'opera di Seneca ha più che altro un valore documentaristico, piuttosto che pregi o originalità letteraria. Contiene elementi di moralismo pessimistico e di rimpianto per la libertà perduta.<ref name="Perelli242">[[Luciano Perelli]], ''Storia della letteratura latina'', p. 242.</ref>
 
== Note ==
<references/>
 
== Bibliografia ==
;Fonti primarie
{{Colonne}}
* {{Bibliografia|Appiano|[[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''Historia Romana'' (Ῥωμαϊκά), (Versione in inglese disponibile [http://www.livius.org/sources/content/appian/? qui]).}}
* {{Bibliografia|Aulo Gellio|[[Aulo Gellio]], [[Wikisource:la:Noctes Atticae|''Noctes Atticae'' (testo latino)]]. {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}}}}
* {{Bibliografia|Aurelio Vittore, ''De viris illustribus Urbis Romae''|[[Aurelio Vittore]] (attr.), ''De viris illustribus Urbis Romae'' (Testo in latino disponibile [http://www.thelatinlibrary.com/victor.ill.html qui]).}}
* [[San Girolamo|Girolamo]], ''[[Chronicon (Girolamo)|Chronicon]]''.
* [[Tito Livio|Livio]],
:* [[Wikisource:la:Ab Urbe Condita|''Ab Urbe condita libri'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}};
:* [[Wikisource:la:Ab Urbe Condita - Periochae|''Periochae'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}}.
* [[Publio Ovidio Nasone|Ovidio]],
:* [[Wikisource:la:Amores|''Amores'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}};
:* [[Wikisource:la:Ars amatoria|''Ars amatoria'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}};
:* [[Wikisource:la:Epistulae ex Ponto|''Epistulae ex Ponto'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}};
:* [[Wikisource:la:Fasti|''Fasti'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}};
:* [[Wikisource:la:Halieutica|''Halieutica'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}};
:* [[Wikisource:la:Heroides|''Heroides'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}};
:* [[Wikisource:la:Ibis|''Ibis'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}};
:* [[Wikisource:la:Medicamina Faciei Femineae|''Medicamina Faciei Femineae'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}};
:* [[Wikisource:la:Metamorphoses (Ovidius)|''Metamorphoses'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}};
:* [[Wikisource:la:Remedium Amoris|''Remedium Amoris'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}};
:* [[Wikisource:la:Tristia|''Tristia'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}};
{{Colonne spezza}}
* [[Sesto Properzio|Properzio]], ''[[Elegie (Properzio)|Elegie]].
* [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]],
:* [[Wikisource:la:Ars poetica|''Ars poetica'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}};
:* [[Wikisource:la:Carmen Saeculare|''Carmen Saeculare'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}} e [[Wikisource:it:Il carme secolare|traduzione italiano]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}};
:* [[Wikisource:la:Carmina (Horatius)|''Carmina'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}} e [[Wikisource:it:Le odi di Orazio|traduzione italiano]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}};
:* [[Wikisource:la:Epistulae (Horatius)|''Epistulae'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}};
:* [[Wikisource:la:Epodi|''Epodi'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}};
:* [[Wikisource:la:Sermones (Horatius)|''Sermones'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}} e [[Wikisource:it:Satire (Orazio)|traduzione italiano]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}}.
* {{cita libro | autore=[[Gaio Svetonio Tranquillo|Svetonio]]|titolo=Vite dei Cesari|pagine=libri I-II-III|url=https://la.wikisource.org/wiki/De_vita_Caesarum_libri_VIII|cid= Svetonio}} {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}}
* [[Albio Tibullo|Tibullo]],
:* [[Wikisource:la:Elegiae (Albius Tibullus)|''Elegiae'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}}.
* [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]],
:* [[Wikisource:la:Aeneis|''Aeneis'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}} e [[Wikisource:it:Eneide (Caro)|traduzione italiano]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}};
:* [[Wikisource:la:Eclogae vel bucolica|''Eclogae vel bucolica'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}};
:* [[Wikisource:la:Georgicon|''Georgicon'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}} e [[Wikisource:it:Georgiche|traduzione italiano]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}}.
* [[Marco Vitruvio Pollione|Vitruvio]],
:* [[Wikisource:la:De architectura|''De architectura'' (testo latino)]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}}.
{{Colonne fine}}
 
;Letteratura critica
* {{Cita libro|cognome=Beare|nome=William|titolo=I Romani a teatro|città=Roma-Bari|editore=Laterza|anno=2008|annooriginale=1986|mese=gennaio|ISBN=978-88-420-2712-6|traduttore=Mario De Nonno|cid=Beare}}
* {{cita libro|autore=[[Gian Biagio Conte]]|titolo=Letteratura latina - Manuale storico dalle origini alla fine dell'impero romano|editore=Le Monnier|anno=1992|annooriginale=1987|ISBN=88-00-42156-3|capitolo=Nevio|cid=GBConte}}
* {{cita libro|wkautore=Concetto Marchesi|cognome=Marchesi|nome=Concetto|titolo=Storia della letteratura latina|città=Milano|annooriginale=1927|editore=Principato|ed=8|anno=1986|mese=ottobre}}
* {{cita libro|wkautore=Ettore Paratore|cognome=Paratore|nome=Ettore|titolo=Storia della letteratura latina|città=Firenze|editore=Sansoni|anno=1979}}
* {{cita libro|autore=[[Luciano Perelli]]|titolo=Storia della letteratura latina|anno=1969|editore=Paravia|ISBN=88-395-0255-6|cid=LPerelli}}
* {{cita libro|wkautore=Giancarlo Pontiggia|nome=Giancarlo|cognome=Pontiggia| coautori=Maria Cristina Grandi|titolo=Letteratura latina. Storia e testi|editore=Principato|città=Milano| anno=1996|mese=marzo|ISBN=978-88-416-2188-2}}
* {{cita libro|Benedetto|Riposati|Storia della letteratura latina|1965|Società Editrice Dante Alighieri|Milano-Roma-Napoli-Città di Castello|cid=Riposati}}{{NoISBN}}
 
{{Lingua e letteratura latina (storia romana)}}
{{Ottaviano Augusto}}
{{Portale|Antica Roma|Età augustea|Letteratura}}
 
[[Categoria:Storia della letteratura latina|05]]
[[Categoria:Ottaviano Augusto]]