Processo di Bobigny: differenze tra le versioni

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Il '''processo di Bobigny''' vennefu un procedimento penale celebrato a [[Bobigny]] nell'ottobre e novembre del 1972. Si trattò di un [[processo per aborto]], la cui imputata fu la minorenne [[Marie-Claire Chevalier]], la quale venne accusata di aver abortitointerrotto la gravidanza l'anno precedente. Alla fine di questodel eventoprocedimento, l'imputata venne assolta. Questo processo contribuì al raggiungimento della depenalizzazione dell'[[aborto]] in Francia, avvenuto per mezzo della [[Loi Veil|''Loi Veil'']] del 1975.
 
== La contraccezioneContraccezione e l'aborto in Francia ==
Già a partire delladalla sconfitta con la Germania del 1870, la Francia divenne teatro di scontri tra sostenitori dell'aborto e oppositori<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Bibia Pavard|anno=2019|titolo=The Right to Know? The politics of Information about Contraception in France (1950s-80s)|rivista=Medical history|volume=vol. 63|numero=n. 2|pp=174-175|doi=10.1017/mdh.2019.4}}</ref>. Dopo la fine del [[Prima guerra mondiale|Primo conflitto mondiale]], nel 1920 venne approvata una legge che proibì l'aborto, la vendita di contraccettivi e la diffusione della «''anti-conception propaganda''»<ref name=":2">{{Cita pubblicazione|autore=Bibia Pavard|data=2019|titolo=The Right to Know? The Politics of Information about Contraception in France (1950s–80s)|rivista=Medical History|volume=vol. 63|numero=n. 2|p=174|doi=10.1017/mdh.2019.4}}</ref>.[[File:Rue IlMarie-Andrée-Lagroua-Weill-Hallé motivo(Paris) di-panneau questade sceltarue.jpg|miniatura|Via risiedededicata nellaa volontà,Marie-Andrée daLagroua parte della classe dirigente, di accrescere la popolazione, visto la presenza di una forte crisi demografica.Weill-Hallé|sinistra]]
Durante l’occupazione nazista, l’aborto era punito con la pena di morte, in quanto venne considerato dal [[regime di Vichy]] come «crimine contro la sicurezza dello Stato»<ref name=":3" />. Nel dopoguerra, invece, con la caduta del regime nazista, l’aborto tornò a essere vietato dalla [[legge del 1920]]<ref name=":3">{{Cita libro|autore=Lorenza Perini|titolo=Il corpo del reato. Parigi 1972 - Padova 1973: storia di due processi per aborto|data=2014|editore=BraDypUs|città=Bologna|p=19|ISBN=9788898392148}}</ref>.
[[File:Rue Marie-Andrée-Lagroua-Weill-Hallé (Paris) -panneau de rue.jpg|miniatura|Via dedicata a [[Marie-Andrée Lagroua Weill-Hallé]]]]
Durante l’occupazione nazista, l’aborto venne punito con la pena di morte, in quanto venne considerato dal [[regime di Vichy]] come «crimine contro lo Stato». Nel dopoguerra, invece, con la caduta del regime nazista, l’aborto tornò a essere vietato dalla [[legge del 1920]], processato dai tribunali<ref name=":3">{{Cita libro|autore=Lorenza Perini|titolo=Il corpo del reato. Parigi 1972 - Padova 1973: storia di due processi per aborto|data=2014|editore=BraDypUs|città=Bologna|p=19}}</ref>.
 
Nonostante la legge del 1920, cominciarono a presentarsinascere associazioni per denunciare la proibizione della propaganda a favore del controllo delle nascite. Tra queste vi fu la fondazione di «[[La maternité heureuse|''La maternité heureuse'']]», un'organizzazione creata dalla ginecologa [[Marie-Andrée Lagroua Weill-Hallé]] nel 1956. L'obiettivoEssa dell'associazioneebbe fulo scopo di informare le donne, in quanto l'ignoranza sulla [[contraccezione]] èfu molto più pericolosa della propaganda, questo perché essala prima può portare a gravidanze non volute e a conseguenti rischi anche mortali per la salute delle donne<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Bibia Pavard|titolo=The Right to Know? The Politics of Information about Contraception in France (1950s–80s)|rivista=Medical History|volume=vol. 63|numero=n. 2|p=175|doi=10.1017/mdh.2019.4}}</ref>.
 
Anche grazie alle iniziative promosse da diverse associazioni e da diversi attivisti, nel 1967, si assistette a una svolta nel 1967 in Franciasignificativa. In questo anno venne approvata la [[Loi Neuwirth]], la quale concesselegalizzò l'uso dei contraccettivi, in particolare quelli per via orale. Nonostante ciò, il divieto verso la propaganda anti-natalista continuò a permanere<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Bibia Pavard|titolo=The Right to Know? The Politics of Information about Contraception in France (1950s–80s)|rivista=Medical History|volume=vol. 63|numero=n. 2|p=178|doi=10.1017/mdh.2019.4}}</ref>.
 
A partire dagli anni Settanta, grazie alla comparsa del [[movimentoMovimento femminista]], la contraccezione e l'aborto vennero considerati come mezzi per sostenere [[l'emancipazione femminile]]<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Bibia Pavard|titolo=The Right to Know? The Politics of Information about Contraception in France (1950s–80s)|rivista=Medical History|volume=vol. 63|numero=n. 2|p=179|doi=10.1017/mdh.2019.4}}</ref>. Le militanti fecero in modo che le donne prendessero coscienza e conoscenza del proprio corpo.
 
== Eventi antecedenti al processo ==
== Il manifesto delle 343 e ''Choisir'' ==
Il movimento femminista europeo e statunitense, a partire dagli anni Settanta, cominciò a mobilitarsi per dare spazio al disagio vissuto e condiviso in quanto donne, uscendo così dalla sfera privata e dall’ombra a cui erano state costrette per molto tempo.
 
=== Manifesto delle 343 ===
Esso fece in modo che le donne prendessero coscienza e conoscenza del proprio corpo. Le attiviste posero la seguente domanda a sé stesse, a tutte le donne e alla società: "A chi appartiene il corpo della donna?". Nella risposta apparentemente scontata ma invece rivoluzionaria per l'epoca, in quanto le donne per secoli non furono libere non solo di gestire il proprio corpo ma addirittura di conoscerlo, le femministe trovarono ciò che diede forza e senso alle proprie battaglie a sostegno dell'emancipazione della donna. A partire dal 1971 le attiviste, per il raggiungimento di questo processo, richiesero a gran voce l'aborto libero e gratuito per tutte, evitando così gravidanze non volute.
I collettivi femministi, attraverso le loro iniziative, aiutarono a concorrere al raggiungimento della Loi Veil del 1975. Tra queste vi fu quello che accadde nell'aprile del 1971, quando nella rivista di sinistra «[[Le Nouvel Observateur]]» venne pubblicato dal collettivo femminista separatista, formato cioè da sole donne, «[[Movimento per la liberazione della donna]]» il [[Manifesto delle 343]], il quale provocò una cesura profonda<ref name=":5" />.
[[File:Simone de Beauvoir 1955.jpg|miniatura|Simone De Beauvoir, firmataria del Manifesto delle 343 e fondatrice, con Gisèle Halimi, dell'associazione «Choisir».]]
Infatti, per mezzo di questo manifesto, le 343 donne firmatarie dichiararono pubblicamente di aver abortito su uno dei periodici francesi più venduti (tiratura 350.000 copie a settimana), rifiutando in modo deciso l'anonimato con cui questa pratica, in quanto venne vista come uno stigma sociale, normalmente avveniva. Il manifesto delle 343 ebbe tra le firmatarie più conosciute: l’autrice [[Simone de Beauvoir|Simone De Beauvoir]], l’avvocata franco-tunisina [[Gisèle Halimi]] che difenderà Marie-Claire Chevalier nel processo di Bobigny, la regista [[Agnès Varda]], l’attrice [[Jeanne Moreau]], la cantante [[Brigitte Fontaine]]. Con questo manifesto si cominciò a mettere in discussione ciò che si riteneva essere il destino di ogni donna: la maternità. Fu un momento cruciale non solo per la depenalizzazione dell’aborto, ma anche per l’emancipazione femminile. L’obiettivo del documento fu quello di rivendicare con forza l’aborto libero e gratuito<ref>{{Cita web|lingua=fr|url=https://www.nouvelobs.com/culture/20041126.OBS2461/la-liste-des-343-francaises-qui-ont-le-courage-de-signer-le-manifeste-je-me-suis-fait-avorter.html|titolo=La liste des 343 Françaises qui ont le courage de signer le manifeste "Je me suis fait avorter"|accesso=19 gennaio 2025}}</ref>.
 
=== Associazione femminista «Choisir» ===
Oltre al processo di Bobigny, a concorrere al raggiungimento della Loi Veil del 1975, contribuirono iniziative sostenute dai collettivi femministi. Tra queste vi fu quello che accadde nell'aprile del 1971, quando nella rivista di sinistra «[[Le Nouvel Observateur]]» venne pubblicato il [[Manifesto delle 343]], il quale provocò una cesura profonda rispetto a quanto avvenne prima.
A contribuire al raggiungimento della depenalizzazione dell'aborto in Francia, concorse anche la creazione dell'associazione femminista «[[Choisir]]» fondata tra il 1971 e il 1972 da Simone De Beauvoir e Gisèle Halimi, la quale ebbe tre obiettivi: «rendere la contraccezione libera, totale e gratuita»<ref name=":9">{{Cita libro|autore=Traduzione di Vittoria Nencini Baranelli|curatore=Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|anno=1974|editore=Einaudi|città=Torino|p=189}}</ref>, che era diventata una pratica legale dal 1967, «ottenere la soppressione di tutti i testi repressivi relativi all'aborto, difendere gratuitamente e assistere qualunque persona accusata di aborto o di complicità in esso»<ref name=":9" />. Quest'ultimo punto si realizzerà, per esempio, nel 1972 quando Halimi difenderà Marie-Claire nel processo di Bobigny.
 
== L'imputata Marie-Claire Chevalier ==
Infatti, per mezzo di questo manifesto, le 343 donne firmatarie dichiararono pubblicamente di aver abortito su uno dei periodici francesi più venduti (tiratura 350.000 copie a settimana), rifiutando in modo deciso l'anonimato con cui questa pratica, in quanto venne vista come uno stigma sociale, normalmente avveniva. Il manifesto delle 343 ebbe tra le firmatarie più conosciute: l’autrice [[Simone de Beauvoir|Simone De Beauvoir]], l’avvocata franco-tunisina [[Gisèle Halimi]] che difenderà Marie Claire Chevalier nel processo di Bobigny, la regista [[Agnès Varda]], l’attrice [[Jeanne Moreau]], la cantante [[Brigitte Fontaine]]. Con questo manifesto si cominciò a mettere in discussione ciò che si riteneva essere il destino di ogni donna: la maternità. Fu un momento cruciale non solo per la depenalizzazione dell’aborto, ma anche per l’emancipazione femminile. L’obiettivo del documento fu quello di rivendicare con forza l’aborto libero e gratuito<ref>{{Cita web|url=https://www.nouvelobs.com/culture/20041126.OBS2461/la-liste-des-343-francaises-qui-ont-le-courage-de-signer-le-manifeste-je-me-suis-fait-avorter.html|titolo=Il testo del manifesto e la lista delle firmatarie|sito=nouvelobs.com|accesso=2 gennaio 2025|urlarchivio=/web/20250102104002/https://www.nouvelobs.com/culture/20041126.OBS2461/la-liste-des-343-francaises-qui-ont-le-courage-de-signer-le-manifeste-je-me-suis-fait-avorter.html}}</ref>.
[[File:Tombe de Marie-Claire Chevalier à Meung-sur-Loire.jpg|sinistra|miniatura|Tomba di Marie-Claire Chevalier a Meung-sur-Loire]]
Marie-Claire ([[Meung-sur-Loire]], 12 luglio 1955 – [[Orléans]], 23 gennaio 2022), viveva con la madre Michèle nubile, vicino a Parigi. La situazione economica della famiglia era molto precaria, in quanto a mantenerle era solamente lo stipendio della madre, bigliettaia della metro a Parigi<ref name=":5">{{Cita pubblicazione|autore=Carlo Cavicchioli|data=12 ottobre 1972|titolo=Cortei e scontri a Parigi per un'imputata d'aborto|rivista=La Stampa|volume=a. 106|numero=n. 224|p=13}}</ref>, in quanto il padre le aveva abbandonate.
 
Nell'autunno del 1971 accadde «che un compagno di scuola, tale Daniel P., la minaccia, la picchia e poi la costringe a un rapporto sessuale. Marie-Claire resta incinta. Si rende subito conto del problema e cerca aiuto presso la madre, con la quale ha un buon rapporto e si confida»<ref name=":0">{{Cita libro|autore=Lorenza Perini|titolo=Il corpo del reato. Parigi 1972 - Padova 1973: storia di due processi per aborto|data=2014|editore=BraDypUs|città=Bologna|p=22|ISBN=9788898392148}}</ref>. Così la madre, dopo aver avuto la conferma da Marie-Claire che non avrebbe voluto tenere il bambino, la aiutò ad abortire<ref name=":6" />.
Tra il 1971 e il 1972 Simone De Beauvoir e Gisèle Halimi fondarono l'associazione femminista «[[Choisir]]», la quale ebbe tre obiettivi: rendere la contraccezione, che era diventata una pratica legale dal 1967, disponibile, ottenere la soppressione di tutti i testi contrari all'aborto e difendere gratuitamente (come Halimi farà con Marie-Claire nel processo di Bobigny) o assistere qualunque persona accusata di aborto o di complicità in esso.
 
La madre Michèle decise così di rivolgersi alle proprie colleghe, due delle quali la aiutarono nella ricerca, per trovare un'abortion provider (espressione utilizzata dalla storiografia anglofona, per indicare le persone, con formazione medica e non, che eseguono aborti; la formula scelta evita il ricorso a espressioni stigmatizzanti come “mammana”, “praticona”, “medicona” ecc), in quanto, a causa della propria condizione economica, non potevano permettersi un aborto sicuro in cliniche private estere dove l'interruzione di gravidanza era permessa dalla legge, in Francia, infatti, l'aborto, fino al 1975, era considerata una pratica illegale<ref name=":5" />.
== L'imputata Marie-Claire Chevalier ==
'''(RILEGGI DA QUI)''' {{Bio
|Nome = Marie-Claire
|Cognome = Chevalier
|Sesso = F
|LuogoNascita = Meung-sur-Loire
|AnnoNascita = 12 luglio 1955
|LuogoMorte = Orléans
|AnnoMorte = 23 gennaio 2022
|Attività = Attivista
|Nazionalità = Francese
}}
 
A procurarle l'aborto fu Madame Bambuck, la quale utilizzò la tecnica della sonda. Questa pratica, come spesso avveniva, provocò a Marie-Claire una grave emorragia, costringendola a recarsi in ospedale. Come accadeva spesso alle migliaia di donne che ricorrevano a questa tecnica abortiva, i medici non la denunciarono, in quanto i sintomi di un aborto procurato sono indistinti da quelli a seguito di un aborto spontaneo. Per questo motivo, la maggior parte delle donne non vennero punite.
Marie-Claire e le sue due sorelle vissero con la madre Michèle nubile, vicino a Parigi. La situazione economica della famiglia fu molto precaria, in quanto a mantenerle era solamente lo stipendio della madre, bigliettaia della ''metrò'' a Parigi<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Carlo Cavicchioli|data=12 ottobre 1972|titolo=Cortei e scontri a Parigi per un'imputata d'aborto|rivista=La Stampa|volume=a. 106|numero=n. 224|p=13}}</ref>. Questo perché il padre le abbandonò.
 
Marie-Claire tornò a casa «guarita e libera»<ref name=":1" />. A denunciarla fu Daniel P., il ragazzo che l'aveva violentata, poiché volle distogliere l'attenzione dal suo caso, in quanto venne accusato di aver rubato un'auto<ref name=":10" />.
A peggiorare il contesto socio-economico, già molto complicato, della famiglia fu quello che accadde nel 1971 a Marie-Claire.
 
Così l'11 ottobre 1972 iniziò il processo a Marie-Claire, accusata di aver abortito l'anno precedente, presso il Tribunale dei Minori a Bobigny. Vennero inoltre messe sotto accusa come «complici la mamma, le due amiche che l'hanno consegnata e aiutata e la "fabbricante di angeli" (gli ''abortion providers'' venivano definiti in francese ''faiseuse d'anges'', cioè fabbricanti di angeli) Madame Bambuck»<ref name=":1">{{Cita pubblicazione|autore=Pinuccia Bonetti|data=10 dicembre 1972|titolo=Tutta Parigi con lei|rivista=Noi Donne|volume=a. XXVII|numero=n. 49|p=23}}</ref>.
Infatti, nell'autunno del 1971 accadde «che un compagno di scuola, tale Daniel P., la minaccia, la picchia e poi la costringe a un rapporto sessuale. Marie-Claire resta incinta. Si rende subito conto del problema e cerca aiuto presso la madre, con la quale ha un buon rapporto e si confida»<ref name=":0">{{Cita libro|autore=Lorenza Perini|titolo=Il corpo del reato. Parigi 1972 - Padova 1973: storia di due processi per aborto|data=2014|editore=BraDypUs|città=Bologna|p=22}}</ref>. Così la aiutò ad abortire.
 
== Svolgimento del processo ==
La madre Michèle decise così di rivolgersi alle proprie colleghe, due delle quali la aiutarono nella ricerca, per cercare un [[abortion provider]] (espressione utilizzata dalla storiografia anglofona, per indicare le persone, con formazione medica e non, che eseguono aborti. La formula scelta evita il ricorso a espressioni stigmatizzanti come “mammana”, “praticona”, “medicona” ecc), in quanto, a causa della propria condizione economica, non potevano permettersi un aborto sicuro in cliniche private dove l'interruzione di gravidanza era permessa dalla legge, in Francia, infatti, l'aborto, fino al 1975, era considerata una pratica illegale.
Durante il processo vennero giudicate Marie-Claire Chevalier per aver interrotto la gravidanza, come complici la madre Michèle, le sue colleghe e Madame Bambuck per aver procurato l'aborto alla giovane ragazza<ref name=":1" />. Lo storico [[Giambattista Scirè]] ha descritto questo caso come: «uno dei tanti in cui l'indigenza e l'ignoranza avevano portato una ragazza a una gravidanza indesiderata e poi all'aborto»<ref>{{Cita libro|autore=Giambattista Scirè|titolo=L’aborto in Italia. Storia di una legge|anno=2008|editore=Mondadori|città=Milano|p=36|ISBN=9788861595231}}</ref>.
[[File:Gisele Halimi Front de Gauche 2009-03-08.jpg|miniatura|L'avvocata femminista franco-tunisina Gisèle Halimi]]
Il processo avvenne in due momenti: Marie-Claire dovette presentarsi presso il Tribunale dei minori di Bobigny l'11 ottobre per essere giudicata, mentre le altre accusate il 22 novembre<ref name=":1" />. In entrambi i casi la difesa venne gestita gratuitamente dall'avvocata franco-tunisina Gisèle Halimi.
 
Questo processo mostrò alla Francia e al mondo una grave tragedia che migliaia di donne dovettero subire per interrompere la propria gravidanza: quella dell'aborto clandestino<ref name=":3" />. Esso da eccezione drammatica si scoprì essere, invece, una piaga diffusa, un ''vulnus'' sperimentato in maniera violenta e disumana da molte gestanti<ref name=":8" />.
A procurarle l'aborto fu [[Madame Bambuck]], la quale utilizzò la tecnica della sonda. Essa consisteva nell'inserimento di una sonda (di materiali diversi, non necessariamente morbido) all'interno dell'utero della donna e lasciato lì per giorni. Questa pratica provocava la dilatazione dell'aborto e la conseguente emorragia. Tutto ciò successe anche a Marie-Claire.
 
Il processo a Marie-Claire fece in modo che la macchina legislativa contraria all'aborto si inceppasse. A comportare ciò fu un singolo granello di sabbia: il suo nome fu Marie-Claire<ref name=":6">{{Cita pubblicazione|autore=Pinuccia Bonetti|data=10 dicembre 1972|titolo=Tutta Parigi con lei|rivista=Noi Donne|volume=a. XXVII|numero=n. 49|p=22}}</ref>. In tutta la Francia si organizzarono manifestazioni a sostegno dell'imputata: «Marie-Claire e sua mamma non sono più sole: l'opinione pubblica si è mossa»<ref name=":1" />.
La ragazza e la madre Michèle si recarono in ospedale, poiché la figlia «è costretta al ricovero per il sopraggiungere di una forte emorragia»<ref name=":0" /> che, altrimenti, la avrebbe portato a conseguenze anche fatali. Come accadeva spesso alle migliaia di donne che ricorrevano a questa tecnica abortiva, i medici non la denunciarono, in quanto i sintomi di un aborto procurato sono indistinti da quelli a seguito di un aborto spontaneo. Per questo motivo, moltissime donne non vennero punite.
 
=== Il processo a Marie-Claire ===
Marie-Claire tornò a casa «guarita e libera»<ref name=":1" />. A denunciarla ci pensò Daniel P., il ragazzo che l'aveva violentata, poiché volle distogliere l'attenzione dal suo caso, in quanto venne accusato di aver rubato un'auto.
L'11 ottobre 1972 iniziò il processo a Marie-Claire Chevalier, il quale divenne un «clamoroso processo all'aborto»<ref>{{Cita libro|autore=Traduzione di Vittoria Nencini Baranelli|curatore=Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|p=VII}}</ref>. A difendere la ragazza ci pensò l'avvocata franco-tunisina Gisèle Halimi, la quale si sentì pienamente coinvolta dalla questione a tal punto da volerla difendere gratuitamente, lei stessa disse nella propria arringa: «Ebbene, ciò che tento di esprimere oggi qui, è che mi identifico precisamente e totalmente con la signora Chevalier e con queste tre donne che la legge definisce complici, con queste donne presenti all’udienza, con le donne che manifestano nelle piazze, con i milioni di donne francesi e di altri paesi. Esse sono la mia famiglia, sono la mia battaglia, sono la mia pratica quotidiana»<ref>{{Cita libro|autore=Traduzione di Vittoria Nencini Baranelli|curatore=Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|p=142}}</ref>.
 
Halimi definì nella propria arringa negando ogni valore alla legge del 1920, ancora vigente, che criminalizzava la pratica abortiva. Infatti, essa veniva continuamente violata da migliaia di donne, per questo motivo non poté più essere considerata valida<ref>{{Cita libro|autore=Traduzione di Vittoria Nencini Baranelli|curatore=Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|pp=146-147}}</ref>.
Così l'11 ottobre 1972 iniziò il processo a Marie-Claire, accusata di aver abortito l'anno precedente, presso il Tribunale dei Minori a Bobigny. Vennero inoltre messe sotto accusa come «complici la mamma, le due amiche che l'hanno consegnata e aiutata e la "fabbricante di angeli" (gli ''abortion providers'' venivano definiti in francese ''[[faiseuse d'anges]]'', cioè fabbricanti di angeli) Madame Bambuck»<ref name=":1">{{Cita pubblicazione|autore=Pinuccia Bonetti|data=10 dicembre 1972|titolo=Tutta Parigi con lei|rivista=Noi Donne|volume=a. XXVII|numero=n. 49|p=23}}</ref>.
 
L'avvocata sostenne inoltre che questa legge condannava solamente le donne povere, coloro che, come Marie-Claire, non poterono permettersi di abortire in modo sicuro e legale nelle cliniche svizzere o inglesi<ref name=":10">{{Cita pubblicazione|autore=L. Bo|data=12 ottobre 1972|titolo=Assolta una giovane che aveva abortito|rivista=Il Corriere della Sera|volume=a. 97|numero=n. 226|p=19}}</ref>. Halimi proseguì sostenendo che la ragazza non ricevette un'adeguata [[educazione sessuale]], in quanto la madre non ebbe i mezzi per impartirgliela e nelle scuole non si insegnava. L'altro tragico problema che gravò su tutte le donne è quello che riguardò la contraccezione che, nonostante fosse resa legale nel 1967 per mezzo della Loi Neuwirth, avveniva per lo più in modo clandestino<ref>{{Cita libro|autore=Traduzione di Vittoria Nencini Baranelli|curatore=Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|p=152}}</ref>.
== Il processo ==
Durante questo processo vennero giudicate Marie-Claire Chevalier per aver interrotto la gravidanza, come complici la madre Michèle, le due colleghe della metro della medesima e Madame Bambuck per aver procurato l'aborto alla giovane ragazza<ref name=":1" />. Questo caso viene così descritto dallo storico Giambattista Scirè: «era uno dei tanti in cui l'indigenza e l'ignoranza avevano portato una ragazza a una gravidanza indesiderata e poi all'aborto»<ref>{{Cita libro|autore=Giambattista Scirè|titolo=L’aborto in Italia. Storia di una legge|anno=2008|editore=Mondadori|città=Milano|p=36}}</ref>.
[[File:Gisele Halimi Front de Gauche 2009-03-08.jpg|miniatura|L'avvocata femminista franco-tunisina Gisèle Halimi]]
Il processo avvenne in due "round", infatti Marie-Claire dovette presentarsi presso il Tribunale dei minori di Bobigny l'11 ottobre per essere giudicata, mentre le altre accusate il 22 novembre<ref name=":1" />. In entrambi i casi la difesa venne gestita gratuitamente dall'avvocata franco-tunisina Gisèle Halimi.
 
Halimi considerò la legge del 1920 come «la pietra di paragone dell'oppressione che colpisce la donna»<ref>{{Cita libro|autore=Traduzione di Vittoria Nencini Baranelli|curatore=Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|p=143}}</ref>, questo perché venne tolto alle donne il «diritto di scegliere di dare la vita»<ref>{{Cita libro|autore=Traduzione di Vittoria Nencini Baranelli|curatore=Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|p=166}}</ref>.
Questo processo mostrò alla Francia e al mondo una grave tragedia che migliaia di donne dovettero subire per interrompere la propria gravidanza: quella dell'aborto clandestino. Esso da eccezione drammatica si scoprì essere, invece, una piaga diffusa, un ''vulnus'' sperimentato in maniera violenta e disumana da molte gestanti.
 
L'avvocata, inoltre, alla fine della sua arringa, spronò i giudici ad assumersi le proprie responsabilità<ref>{{Cita libro|autore=Traduzione di Vittoria Nencini Baranelli|curatore=Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|pp=169-171}}</ref>.
Il processo a Marie-Claire ha fatto in modo che la macchina legislativa contraria all'aborto si inceppasse. A comportare ciò fu un singolo granello di sabbia: il suo nome è Marie-Claire<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Pinuccia Bonetti|data=10 dicembre 1972|titolo=Tutta Parigi con lei|rivista=Noi Donne|volume=a. XXVII|numero=n. 49|p=22}}</ref>. In tutta la Francia si organizzano manifestazioni a sostegno dell'imputata: «Marie-Claire e sua mamma non sono più sole: l'opinione pubblica si è mossa»<ref name=":1" />.
 
Marie-Claire venne assolta, in quanto non ebbe scelta nel compiere il reato per cui è stata accusata, è la prima volta che un'imputata viene assolta, dopo aver confessato di aver compiuto il crimine per cui è stata processata<ref name=":1" />.
=== Il processo a Marie-Claire ===
L'11 ottobre 1972 inizia il processo a Marie-Claire Chevalier, il quale è diventato un «clamoroso processo all'aborto»<ref>{{Cita libro|autore=A cura dell’Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|p=VII}}</ref>. A difendere la ragazza ci pensò l'avvocata franco-tunisina Gisèle Halimi, la quale si sentì pienamente coinvolta dalla questione a tal punto da volerla difendere gratuitamente, lei stessa disse nella propria arringa: «Ebbene, ciò che tento di esprimere oggi qui, è che mi identifico precisamente e totalmente con la signora Chevalier e con queste tre donne che la legge definisce complici, con queste donne presenti all’udienza, con le donne che manifestano nelle piazze, con i milioni di donne francesi e di altri paesi. Esse sono la mia famiglia, sono la mia battaglia, sono la mia pratica quotidiana»<ref>{{Cita libro|autore=A cura dell’Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|p=142}}</ref>.
 
=== Il processo alle «complici»<ref name=":1" /> ===
Halimi prosegue nella propria arringa negando ogni valore alla legge del 1920, ancora vigente, che criminalizzava la pratica abortiva. Infatti essa veniva continuamente violata da migliaia di donne, per questo motivo la legge non può più essere considerata valida<ref>{{Cita libro|autore=A cura dell’Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|pp=146-147}}</ref>.
 
Il 22 novembre iniziò la seconda parte del processo, nel quale vennero giudicate: la madre Michèle, le due colleghe della metro e l'''abortion provider'' Madame Bambuck. La difesa, presieduta sempre dall'avvocata femminista Gisèle Halimi, venne sostenuta dai testimoni. Tra essi vi furono: «[[Jacques Monod]] e [[François Jacob]], premi Nobel per la fisiologia e la medicina; il prof. [[Paul Milliez]] docente della Facoltà di Medicina di Broussais, il dottor [[Raoul Palmer]], ginecologo, capo chirurgo della Facoltà; il biologo [[Jean Rostand]] dell'Accademia Francese»<ref name=":1" />.
L'avvocata sostiene inoltre questa legge condanna solamente le donne povere, coloro che, come Marie-Claire, non possono permettersi di abortire in modo sicuro e legale nelle cliniche svizzere o inglesi<ref>{{Cita pubblicazione|autore=L. Bo|data=12 ottobre 1972|titolo=Assolta una giovane che aveva abortito|rivista=Il Corriere della Sera|volume=a. 97|numero=n. 226|p=19}}</ref>. Halimi prosegue sostenendo che la ragazza non ricevette un'[[educazione sessuale]], in quanto la madre non ebbe i mezzi per impartirgliela e, all'epoca, nelle scuole non si insegnava. L'altro grave problema che gravava su tutte le donne è quello che riguarda la contraccezione che, nonostante fosse resa legale nel 1967 per mezzo della ''Loi Neuwirth'', avveniva per lo più in modo clandestino<ref>{{Cita libro|autore=A cura dell’Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|p=152}}</ref>.
 
Durante questo processo, le tesi sostenute dai testimoni contribuirono a sostenere le istanze della difesa. In particolare riguardarono: la [[questione di classe]], infatti il professor Milliez affermò: «Se ho accettato di venire qui è perché sono ben cosciente della grande ingiustizia sociale che fa sì che non esiste una sola donna ricca, in questo nostro paese, che non possa abortire, ma le povere...quante ne ho viste morire perché avevano abortito clandestinamente!»<ref name=":7">{{Cita pubblicazione|autore=Pinuccia Bonetti|data=10 dicembre 1972|titolo=Tutta Parigi con lei|rivista=Noi Donne|volume=a. XXVII|numero=n. 49|p=24}}</ref>. Il prof. Palmer continuò affermando che, nel 1966, ben 3600 donne, su un milione di aborti avvenuti in Francia, morirono per pratiche illecite. Lo stesso sostenne: «Per evitare questi drammi molti medici decidono di far abortire pur sapendo i rischi penali a cui si espongono. Per aiutare chi deve essere aiutato, vanno forse contro la legge, ma non contro la loro coscienza!»<ref name=":7" />.
Halimi considera la legge del 1920 come «la pietra di paragone dell'oppressione che colpisce ogni donna»<ref>{{Cita libro|autore=A cura dell’Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|p=143}}</ref>, questo perché viene tolto alle donne il «diritto di scegliere di dare la vita»<ref>{{Cita libro|autore=A cura dell’Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|p=166}}</ref> che la stessa definisce nel seguente modo: «l'atto di procreazione è l'atto di libertà per eccellenza. La libertà fra tutte le libertà, la più fondamentale, la più intima delle nostre [delle donne] libertà»<ref>{{Cita libro|autore=A cura dell’Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|p=161}}</ref>. L'avvocata, alla fine della sua arringa, sprona i giudici ad assumersi le proprie responsabilità<ref>{{Cita libro|autore=A cura dell’Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|pp=169-171}}</ref>.
 
Inoltre, l'altra tesi sostenuta dai testimoni, in particolare dal biologo Rostand, dal premio Nobel Jacob e dal prof. Monod, fu quella di smontare l'ipocrisia che si cela dietro alla rappresentazione dell'aborto come infanticidio<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Pinuccia Bonetti|data=10 dicembre 1972|titolo=Tutta Parigi con lei|rivista=Noi Donne|volume=a. XXVII|numero=n. 49|pp=24-25}}</ref>, posizione difesa dalla Chiesa<ref>{{Cita libro|autore=Giambattista Scirè|titolo=L'aborto in Italia. Storia di una legge|anno=2008|editore=Mondadori|città=Milano|pp=20-24|ISBN=9788861595231}}</ref>.
Marie-Claire alla fine venne assolta, in quanto non ebbe scelta nel compiere il reato per cui è stata accusata, è la prima volta che un'imputata viene assolta, dopo aver confessato di aver compiuto il crimine per cui è stata processata<ref name=":1" />.
 
Grazie all'avvocata Halimi, sostenuta dall'istanza testimoniale, alla fine del processo Michèle venne punita con «una multa per lei (che non dovrà pagare), una pena simbolica per Madame Bambuck, l'assoluzione per le altre»<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Pinuccia Bonetti|data=10 dicembre 1972|titolo=Tutta Parigi con lei|rivista=Noi Donne|volume=a. XXVII|numero=n. 49|p=25}}</ref>.
=== Il processo alle «complici»<ref name=":1" /> ===
 
=== Importanza del processo ===
Il 22 novembre iniziò la seconda parte del processo, nel quale vennero giudicate: la madre Michèle, le due colleghe della metro e l'''abortion provider'' Madame Bambuck. La difesa, presieduta sempre dall'avvocata femminista Gisèle Halimi, venne sostenuta dai testimoni. Essi furono: «[[Jacques Monod]] e [[François Jacob]], premi Nobel per la fisiologia e la medicina; il prof. [[Paul Milliez]] docente della Facoltà di Medicina di Broussais, il dottor [[Raoul Palmer]], ginecologo, capo chirurgo della Facoltà; il biologo [[Jean Rostand]] dell'Accademia Francese»<ref name=":1" />.
Il processo di Bobigny, dal punto di vista mediatico, fu un successo. Per settimane esso catalizzò l'attenzione dei media, l'aborto divenne il centro del dibattito pubblico non solo francese, o europeo, ma addirittura occidentale. Infatti, gli Stati Uniti seguirono con attenzione lo svilupparsi del dibattito attorno a questo tema. Questo perché, solo pochi mesi dopo, ci sarà la sentenza della [[Corte suprema degli Stati Uniti d'America|Corte Suprema]] [[Roe contro Wade|Roe vs Wade]] del 1973.
 
In primo luogo, il punto di forza dell'arringa dell'avvocata Halimi fu che riuscì a rendere la storia privata di Marie-Claire eredità di tutte le donne e dell'umanità intera<ref>{{Cita libro|autore=Maud Anne Bracke|titolo=La nuova politica delle donne. Il femminismo in Italia 1968-1983|anno=2019|editore=Edizioni di Storia e Letteratura|città=Roma|p=112|ISBN=9788893592024}}</ref>, che la storica Lorenza Perini descrive così: «“la donna” diventa “le donne”, il suo caso diventa la condizione di tutte, il suo scontro con il Codice Penale diventa il problema dei diritti di uguaglianza di ogni cittadino di fronte alla legge»<ref name=":8">{{Cita libro|autore=Lorenza Perini|titolo=ll corpo del reato. Parigi 1972 - Padova 1973: storia di due processi per aborto|anno=2014|editore=BraDypUs|città=Bologna|p=32|ISBN=9788898392148}}</ref>.
Grazie all'avvocata Halimi, sostenuta dall'istanza testimoniale, alla fine del processo: Michèle venne punita con «una multa per lei (che non dovrà pagare), una pena simbolica per Madame Bambuck, l'assoluzione per le altre»<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Pinuccia Bonetti|data=10 dicembre 1972|titolo=Tutta Parigi con lei|rivista=Noi Donne|volume=a. XXVII|numero=n. 49|p=25}}</ref>.
 
In secondo luogo: «Grazie all’abile difesa della Halimi e ad un clima sociale informato e consapevole, l’azione intentata contro la giovane Marie-Claire si trasforma in Francia in un clamoroso ''processo all’aborto''»<ref name=":3" />. Questo caso, inoltre, divenne un «dibattito educativo»<ref name=":3" /> per combattere la piaga dell'aborto clandestino. Una realtà che, stando al professor Palmer, testimone nella seconda parte del processo, contò 400.000 aborti (dati ufficiali). Tuttavia, la cifra che si ritenne essere reale, come suggerito anche dall'arringa di Halimi, oscillerebbe tra gli 800.000 e un milione di casi<ref>{{Cita libro|autore=Traduzione di Vittoria Nencini Baranelli|curatore=Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|anno=1974|editore=Einaudi|città=Torino|p=145}}</ref>.
=== L'importanza del processo ===
Il processo di Bobigny, dal punto di vista mediatico, fu un successo. Per settimane catalizzò l'attenzione dei media, l'aborto divenne il centro del dibattito pubblico non solo francese, o europeo, ma addirittura occidentale. Infatti, gli Stati Uniti seguirono con attenzione lo svilupparsi del dibattito attorno a questo tema. Questo perché, solo pochi mesi dopo, ci sarà la sentenza della Corte Suprema [[Roe contro Wade|Roe vs Wade]] del 1973.
 
InIl primo luogo, il punto di forza dell'arringa dell'avvocata Halimi fudibattito che riuscìsi acreò rendereattorno laal storiaprocesso, privatadiffuso diattraverso Marie-Clairei ereditàmedia, diportò tuttei lesuoi donnefrutti. eInfatti dell'umanitàgià intera<ref>{{Citanel libro|autore=Mauddicembre Anne1974, Bracke|titolo=Lail nuovaministro politicadella delleSanità donne.del Ilgoverno femminismo[[Jacques in Italia 1968-1983Chirac|anno=2019|editore=EdizioniChirac]] di[[Simone Storia e Letteratura|città=Roma|p=112}}</ref>Veil]], chepropose launa storicalegislazione, Lorenzaricordata Perinicon descriveil così:nome «“laLoi donna” diventa “le donne”Veil, il suo caso diventaper la condizionedepenalizzazione di tuttedell'aborto, il suo scontro conapprovata il Codice1 Penalegennaio diventa il problema dei diritti di uguaglianza di ogni cittadino di fronte alla legge»1975<ref>{{Cita libro|autore=Lorenza Perini|titolo=llIl corpo del reato. Parigi 1972 - Padova 1973: storia di due processi per aborto|annodata=2014|editore=BraDypUs|città=Bologna|p=3272|ISBN=9788898392148}}</ref>.
 
== Echi del processo in Italia ==
In secondo luogo: «Grazie all’abile difesa della Halimi e ad un clima sociale informato e consapevole, l’azione intentata contro la giovane Marie-Claire si trasforma in Francia in un clamoroso processo all’aborto»<ref name=":3" />. Questo caso, inoltre, divenne un «dibattito educativo»<ref name=":3" /> per combattere la piaga dell'aborto clandestino. Una realtà che, stando al professor Palmer, testimone nella seconda parte del processo, conta 400.000 aborti (dati ufficiali), ma la cifra che si ritiene essere reale, come suggerito anche dall'arringa di Halimi, oscillerebbe tra gli 800.000 e un milione di casi<ref>{{Cita libro|autore=A cura dell’Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|anno=1974|editore=Einaudi|città=Torino|p=145}}</ref>.
Il dibattito costruito in Francia, attorno alla piaga dell'aborto clandestino grazie al processo di Bobigny, uscì dai confini e arrivò anche in Italia, dove, anche qui stavano avvenendo manifestazioni, organizzate dalle organizzazioni femministe, per chiedere la legalizzazione della pratica abortiva<ref>{{Cita libro|autore=Giambattista Scirè|titolo=L’aborto in Italia. Storia di una legge|data=2008|editore=Mondadori|città=Milano|p=46|ISBN=9788861595231}}</ref>.
 
L'esito del processo contro Marie-Claire e il successo mediatico dello stesso entusiasmò le militanti che, già a partire dal 1971, avevano iniziato a organizzare iniziative per rendere l'aborto libero, legale e sicuro. In Italia, l'interruzione di gravidanza, infatti, era punita, fino al 1978, dal X titolo «Dei delitti contro la integrità e la sanità della stirpe» del [[Codice penale Rocco]] del 1930, risalente al periodo fascista<ref>{{Cita libro|autore=Giambattista Scirè|titolo=L’aborto in Italia. Storia di una legge|data=2008|editore=Mondadori|città=Milano|p=7|ISBN=9788861595231}}</ref>.
Il dibattito che si creò attorno al processo, diffuso attraverso i media, portò i suoi frutti. Infatti già nel dicembre 1974, il ministro della Sanità del governo [[Jacques Chirac|Chirac]] [[Simone Veil]], propose una legislazione, ricordata con il nome Loi Veil, per la depenalizzazione dell'aborto, approvata il 1 gennaio 1975.
 
L'evento oltralpe, venne reso noto in Italia grazie ai giornali e grazie al periodico «[[Noi donne|Noi Donne]]». In quest'ultimo, infatti, vi furono, nel numero 49 del 1972, due inchieste dedicate al processo di Bobigny: la prima, dal titolo ''Tutta Parigi con lei'', fu scritta da Pinuccia Bonetti, la seconda, di notevole importanza, fu scritta da Gabriella Lapasini e intitolata ''Quante Marie Claire in Italia?''<ref name=":4">{{Cita pubblicazione|autore=Gabriella Lapasini|data=10 dicembre 1972|titolo=Quante Marie Claire in Italia?|rivista=Noi Donne|volume=a. XXVII|numero=n. 49|p=20}}</ref>''.''
== Quante Marie-Claire in Italia? ==
 
L'inchiesta di Gabriella Lapasini permise di utilizzare il caso Chevalier come mezzo per parlare dell'aborto clandestino all'interno del contesto italiano. Marie-Claire venne presa come: «un emblema: una figura che riassume in sé anche le vicende e le difficili storie di centinaia di altre Marie Claire del nostro paese»<ref name=":4" />. L'obiettivo del periodico è «rivendicare il diritto della donna a decidere della propria maternità con consapevolezza», inoltre vuole: «rivendicare alla maternità un preciso valore sociale»<ref name=":4" />. La donna, quindi, non deve più essere lasciata sola di fronte a una gravidanza.
 
Il caso Chevalier, inoltre, divenne il modello preso dalle militanti del gruppo padovano «[[Lotta femminista]]» nel giugno 1973 per gestire nel migliore dei modi un processo simile, poiché il reato compiuto era sempre l'aborto, ma allo stesso dissimile per l'esito, che coinvolse la padovana [[Gigliola Pierobon]], la quale nella propria autobiografia scrisse: «Bisogna assolutamente che ci teniamo in contatto da un paese all'altro anche per poterci comunicare le informazioni e le esperienze che ci permetteranno di evitare gli scogli del riformismo»<ref>{{Cita libro|autore=Gigliola Pierobon|titolo=Il processo degli angeli (Storia di un aborto)|data=1974|editore=Tattilo|città=Roma|p=69}}</ref>.
 
== Note ==
<references />
== Bibliografia ==
 
== Bibliografia ==
=== Fonti dell'epoca (fonti primarie) ===
=== Fonti primarie ===
* A cura dell’Associazione «Choisir», ''Un caso di aborto: il processo Chevalier'', Torino, Einaudi, 1974.
* Carlo Cavicchioli, ''Cortei e scontri a Parigi per un'imputata d'aborto'', in «La Stampa», a. 106, n. 224, 12 ottobre 1972, p. 13.
* Gabriella Lapasini, ''Quante Marie Claire in Italia?'', in «Noi Donne», a. XXVII, n. 49, 10 dicembre 1972, p. 20.
* Gigliola Pierobon, ''Il processo degli angeli (Storia di un aborto)'', Roma, Tattilo, 1974.
* L. Bo, ''Assolta una giovane che aveva abortito'', in «Il Corriere della Sera», a. 97, n. 226, 12 ottobre 1972, p. 19.
* Pinuccia Bonetti, ''Tutta Parigi con lei'', in «Noi Donne», a. XXVII, n. 49, 10 dicembre 1972, pp. 22-23-24.
*Traduzione di Vittoria Nencini Baranelli, ''Un caso di aborto: il processo Chevalier'', a cura di Associazione «Choisir», Torino, Einaudi, 1974.
 
=== Saggi e Studi (fontiFonti secondarie) ===
* Bibia Pavard, ''The Right to Know? The Politics of Information about Contraception in France (1950s–80s)'', in ''Medical History'', vol. 63, n. 2, 2019, pp. 173-188, DOI:10.1017/mdh.2019.4.
 
* Giambattista Scirè, ''L’aborto in Italia. Storia di una legge'', Milano, Mondadori, 2008, ISBN 9788861595231.
* Bibia Pavard, ''The Right to Know? The Politics of Information about Contraception in France (1950s–80s)'', in ''Medical History'', vol. 63, n. 2, 2019, pp. 173-188.
* Lorenza Perini, ''Il corpo del reato. Parigi 1972 - Padova 1973: storia di due processi per aborto'', Bologna, BraDypUs, 2014, ISBN 9788898392148.
* Giambattista Scirè, ''L’aborto in Italia. Storia di una legge'', Milano, Mondadori, 2008.
* Maud Anne Bracke, ''La nuova politica delle donne. Il femminismo in Italia 1968-1983'', Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2019, ISBN 9788893592024.
* Lorenza Perini, ''Il corpo del reato. Parigi 1972 - Padova 1973: storia di due processi per aborto'', Bologna, BraDypUs, 2014.
* https://www.nouvelobs.com/culture/20041126.OBS2461/la-liste-des-343-francaises-qui-ont-le-courage-de-signer-le-manifeste-je-me-suis-fait-avorter.html, La liste des 343 Françaises qui ont le courage de signer le manifeste "Je me suis fait avorter", nouvelobs.com. /web/20250119101527/https://www.nouvelobs.com/culture/20041126.OBS2461/la-liste-des-343-francaises-qui-ont-le-courage-de-signer-le-manifeste-je-me-suis-fait-avorter.html.
* Maud Anne Bracke, ''La nuova politica delle donne. Il femminismo in Italia 1968-1983'', Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2019.
 
== Voci correlate ==
 
* [[Aborto]]
* [[Contraccezione]]
* [[Movimento femminista]]
* [[Manifesto delle 343]]
* [[Simone de Beauvoir|Simone De Beauvoir]]
* [[Gisèle Halimi]]
* [[Educazione sessuale]]
* [[Roe contro Wade|Roe vs Wade]]
*[[Simone Veil]]
*[[Gigliola Pierobon]]
 
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
 
* Archivio «La Stampa» - http://www.archiviolastampa.it/
* Archivio «Il Corriere» - https://archivio.corriere.it/Archivio/pro/landing.shtml
* Archivio Storico «Noi Donne» - https://www.noidonnearchiviostorico.org/
* «Le Nouvel Observateur» - https://www.nouvelobs.com/culture/20041126.OBS2461/la-liste-des-343-francaises-qui-ont-le-courage-de-signer-le-manifeste-je-me-suis-fait-avorter.html
{{Portale|storia|Politica|Francia|Femminismo}}
 
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[[Categoria:Aborto]]
[[Categoria:Quinta Repubblica francese]]