Pinacoteca Tosio Martinengo: differenze tra le versioni

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Il conte e collezionista [[Paolo Tosio]] decise di allestire in [[palazzo Tosio]], dimora di sua proprietà progettata e ideata nel corso dell'Ottocento dall'architetto [[Rodolfo Vantini]], una prima pinacoteca civica, che volle nel 1832 legare al comune di Brescia tramite lascito testamentario.<ref>{{Cita|D'Adda|p. 27}}.</ref><ref name=":1">{{Cita|Antonio Fappani (a cura di)|''[[Enciclopedia bresciana]]''|Enciclopedia bresciana-13|titolo=Pinacoteca (Civica) Tosio - Martinengo}}.</ref><ref name=":10">{{Cita|Panazza 1958|p. 96}}.</ref>
 
Il palazzo dello stesso nobile bresciano era arrivato, nel corso degli anni, ad ospitare una ricca ed eterogenea collezione di opere d'arte, con dipinti della pittura cinquecentesca italiana appartenenti, tra gli altri, a [[Raffaello Sanzio|Raffaello]], al [[Il Moretto|Moretto]], al [[Lorenzo Lotto|Lotto]] e al [[Savoldo]]. Ciononostante, erano comunque presenti svariati dipinti della [[Pittura fiamminga|scuola fiamminga]] e della [[Secolo d'oro olandese|pittura olandese]] del XVI e XVII secolo, oltre che della [[Neoclassicismo|corrente neoclassica]] e [[Romanticismo|romantica]].<ref name=":0">{{Cita|De Leonardis|p. 43}}.</ref> Questo considerevole patrimonio artistico, per volontà testamentaria dello stesso conte Tosio, fu donato all'autorità comunale «onde siano conservati perpetuamente in Brescia stessa a pubblico comodo».<ref>{{Cita|D'Adda|pp. 30-31}}.</ref><ref>{{cita testo|autore=|curatore=Antonio Fappani|titolo=|enciclopedia=[[Enciclopedia bresciana]]|editore=[[La Voce del Popolo (settimanale di Brescia)|La Voce del Popolo]]|città=Brescia|url=https://www.enciclopediabresciana.it/enciclopedia/index.php?title=TOSIO|volume=19|cid=Enciclopedia bresciana-19|voce=TOSIO (Giovanni) Paolo|anno=2004|SBN=LO10825483|OCLC=955572641}}</ref> Alla morte della moglie del conte, inoltre, si aggiunse a questo cospicuo lascito anche la stessa dimora nobiliare:<ref name=":10" />{{Citazione|[...] ''perché abbia a lasciarvi in perpetuo gli oggetti d'arte disposti a favore della città medesima dall'ottimo mio marito e dove potrebbe a piacere collocarsi con tutto comodo quegli altri oggetti che la munificenza d'altri amatori della patria potesse lasciare ad aumento della collezione.''|Roberta D'Adda (a cura di), Pinacoteca Tosio Martinengo, p. 31.}}
[[File:Museo - Tosio Martinengo.jpg|miniatura|La facciata della pinacoteca progettata da [[Antonio Tagliaferri]] in una visione d'insieme.]]
 
Si venne dunque a creare, a seguito della trasformazione della galleria Tosio in bene pubblico, un primo esempio di [[Pinacoteca|pinacoteca civica]], nonché la prima raccolta pubblica d'arte contemporanea in Italia.<ref>{{Cita|D'Adda|p. 34}}.</ref><ref group="N">Infatti, la Civica Galleria d'Arte Moderna di Torino avrebbe aperto solo nel 1860.</ref> Nel 1851 la stessa galleria fu aperta al pubblico, mantenendo tra l'altro l'originaria disposizione delle opere e degli arredi del palazzo. La collezione di opere esposte aumentò sensibilmente grazie al trasferimento di pale d'altare ed affreschi da [[Chiese di Brescia|chiese cittadine]] soppresse (tra le altre, la [[Chiesa di San Domenico (Brescia)|chiesa di San Domenico]], la [[Chiesa di San Barnaba (Brescia)|chiesa di San Barnaba]], il [[Santuario della Madonna delle Grazie (Brescia)|santuario della Madonna delle Grazie]] e la [[Chiesa di Santa Maria dei Miracoli (Brescia)|chiesa di Santa Maria dei Miracoli]]) da palazzi e dimore signorili demolite oltre che da edifici municipali.<ref>{{Cita|D'Adda|p. 36}}.</ref>
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=== La Pinacoteca Tosio-Martinengo ===
[[File:Pinacoteca Tosio Martinengo Via Martinengo da Barco Brescia.jpg|sinistra|miniatura|250x250px|L'ingresso monumentale della pinacoteca bresciana su via Martinengo da barcoBarco.]]
Già a partire dal 1888, tuttavia, l'assessore del comune di Brescia Pertusati commissiona il trasporto di diverse opere dalla galleria Tosio alla pinacoteca Martinengo. Inoltre, nel 1893, la neonata pinacoteca Martinengo ebbe modo di ospitare altre collezioni private come quelle della galleria Faustini: è già nel settembre del medesimo anno, comunque, che il [[ministro della Pubblica Istruzione]] esorta le autorità comunali affinché fosse creata un'unica pinacoteca civica. Nel corso del 1900, nonostante l'opposizione dei conti Zuccheri, eredi del conte Tosio, sono molte le opere trasferite appunto da palazzo Tosio a quello Martinengo. L'11 luglio, a sancire definitivamente il trasferimento di sede nel palazzo di [[via Moretto]], il comune vota all'unanimità la collocazione delle opere all'interno appunto di palazzo Martinengo. A favore di questa operazione museale si conta anche il parere favorevole di [[Adolfo Venturi (storico dell'arte)|Adolfo Venturi]] e [[Corrado Ricci]].<ref name=":8">{{Cita|D'Adda|p. 42}}.</ref> La creazione della nuova pinacoteca viene anche formalizzata tramite un accordo con gli eredi dei conti Tosio, oltre che con una delibera comunale del 12 marzo 1903: nasceva così la "Civica Pinacoteca Tosio-Martinengo".<ref>{{Cita|D'Adda|p. 41}}.</ref> Nel 1906 l'unione è formalizzata e nel 1908 la sede riapre al pubblico.<ref name=":1" /><ref>{{Cita|Panazza|p. 98}}.</ref>