Roberto Farinacci: differenze tra le versioni

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patto nel 1921, non 1922
 
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Per esempio a [[Rivarolo del Re ed Uniti|Rivarolo]] l'8 aprile 1921 membri delle leghe rosse distrussero i vigneti (tagliandone le [[Vitis vinifera|viti]]) dei proprietari simpatizzanti del movimento fascista; la notte stessa le squadre d'azione occuparono la sede della cooperativa rossa, la incendiarono, sequestrarono un impiegato della cooperativa e (utilizzando le liste degli iscritti colà rinvenute) lo costrinsero a guidarli nelle abitazioni dei dirigenti; poi devastarono tali abitazioni e percossero tutte le persone che vi trovarono<ref name=autogenerato24 />. Lo stesso Farinacci riconobbe che la denuncia delle violenze squadriste da parte socialista era giustificata: "''Certo, gli eccessi dei fascisti furono molti e molto dolorosi; e noi possiamo accettare per vera anche la fosca amplificazione che delle spedizioni punitive fu fatta dai capi del partito socialista ufficiale''"<ref>{{cita|Franzinelli|p. 77}}.</ref>.
 
Intanto il [[patto di pacificazione]] a Roma, sottoscritto da fascisti e socialisti ai primi di agosto fu contestato da Farinacci che lo definì "''un oltraggio alla memoria dei nostri morti''" e dal quel momento assunse la ''leadership'' dello squadrismo più intransigente<ref name="autogenerato152"/><ref name=autogenerato9 /> e dal vecchio settimanale fondò un nuovo quotidiano ''"Cremona nuova"''<ref name="autogenerato152"/>, unendosi a coloro che contestavano la stessa firma apposta da Mussolini.
{{quote|Tu minacci di abbandonarci se non ti seguiamo, tu affermi che noi siamo tuoi figli ma dimentichi che moltissimi di noi abbiamo [''sic!''] raggiunto i 21 anni e quindi emancipati nel giudicare|Roberto Farinacci, ''A proposito di pace'', [[L'Assalto (periodico)|L'Assalto]], 13 agosto 1921, p. 2}}
 
Gli agguerriti leghisti bianchi di Miglioli che avevano il proprio feudo a [[Soresina]] il 10 marzo [[1922]] stipularono un'intesa con i ben più tiepidi massimalisti socialisti della provincia<ref>{{cita|Roberto Vivarelli vol.III|pp. 404-405}}.</ref> con l'obiettivo di "''difendere e riconquistare i diritti dei lavoratori organizzati''"<ref name=autogenerato2>{{cita|Roberto Vivarelli vol.III|p. 405}}.</ref>. Una delle prime azioni della nuova intesa fu quella di celebrare la festività del 1º maggio. Farinacci, conosciuto a questo punto anche come il ''[[Ras (titolo)|ras]]'' di [[Cremona]] ne impedì lo svolgimento in diverse località e a Cremona pretese di poter parlare dal palco organizzato dalle due leghe unite così le forze dell'ordine per evitare disordini preferirono spostare la manifestazione al 7 maggio<ref name=autogenerato9>{{cita|Guido Gerosa|p. 50}}.</ref>. La celebrazione riuscì soltanto a [[Soresina]] e a Crema, in quest'ultima località il corteo si snodò fin davanti alla chiesa nello sventolio di [[Bandiera rossa|bandiere rosse]] associate a quelle bianche<ref name=autogenerato2 />. La fusione tra le due leghe rimase un fatto isolato e fu vista però con molto disagio dal [[Partito Popolare Italiano (1919)|Partito Popolare]] e dal [[Partito Socialista Italiano]]<ref name=autogenerato12>{{cita|Roberto Vivarelli vol.III|p. 406}}.</ref>.
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Non avendo ottenuto risposta, il 6 luglio [[1922]] le squadre d'azione, composte da circa un migliaio di squadristi<ref name=autogenerato26 />, occuparono la città: le forze dell'ordine, che pur avevano ordine di reprimere i moti altresì avevano esplicito divieto di ricorrere alle armi da fuoco e furono impossibilitate a reagire<ref name=autogenerato26 />. La camera del lavoro fu facilmente occupata, così come il [[Municipio (edificio)|Municipio]] e alcune abitazioni private come quella di [[Guido Miglioli]] che fu distrutta<ref name=autogenerato26 />. Farinacci si autoproclamò sindaco<ref name="autogenerato152"/> facendo issare sul balcone il gagliardetto fascista<ref name=autogenerato9 />. L'occupazione della città durò fino al 18 luglio quando gli squadristi, dietro un espresso ordine di Mussolini, si ritirarono<ref name=autogenerato36>{{cita|Roberto Vivarelli vol.III|p. 408}}.</ref>. L'amministrazione comunale fu commissariata dal prefetto<ref name=autogenerato31 /><ref name=autogenerato36 />. Nel giro di una settimana tutti gli amministratori pubblici della provincia di Cremona, sia socialisti, sia popolari decisero di dimettersi<ref name=autogenerato36 /><ref>{{cita|Giuseppe Pardini|p. 85: ""In seguito ai fatti di Cremona, la federazione del Psi decise le dimissioni di massa di tutte le amministrazioni socialiste ancora in carica (35, ma pure le amministrazioni popolari avrebbero fatto altrettanto), paralizzando di fatto la vita politica locale}}.</ref>. Questa scelta dei socialisti e dei popolari nella [[provincia di Cremona]] fece guadagnare consensi al fascismo e fece poi fallire lo [[sciopero legalitario]] proclamato alcuni mesi dopo<ref>{{cita|Giuseppe Pardini|p. 85: In tale situazione lo sciopero generale legalitario indetto dall'Alleanza del Lavoro non trovò possibilità alcuna di riuscita, anzi il solo annuncio servì ancor più a guadagnare al fascismo settori sociali che non ritenevano più i partiti costituzionali idonei a garantire la governabilità del paese}}.</ref>.
 
Sempre alla guida delle squadre d'azione<ref name="autogenerato152"/>, il 3 e il 4 agosto [[1922]] le squadre di Farinacci presero parte a Milano all'occupazione di [[Palazzo Marino]] da cui fu cacciata l'amministrazione socialista e poi alla [[Fatti di Parma|fallita azione a Parma]]<ref name=autogenerato9 />. Intanto il [[patto di pacificazione]] a Roma, sottoscritto da fascisti e socialisti ai primi di agosto fu contestato da Farinacci che lo definì "''un oltraggio alla memoria dei nostri morti''" e dal quel momento assunse la leadership dello squadrismo più intransigente<ref name="autogenerato152"/><ref name=autogenerato9 /> e dal vecchio settimanale fondò un nuovo quotidiano ''"Cremona nuova"''<ref name="autogenerato152"/>.
Gli assalti contro le cooperative rosse, nonostante che Mussolini ricercasse più moderazione, continuarono<ref>{{cita|Giordano Bruno Guerri|pp. 112-113}}.</ref> e le stesse forze dell'ordine in data 16 settembre lo avessero ufficialmente diffidato dal contestare i deputati Garibotti e Miglioli<ref>Giorgio Alberto Chiurco, Storia della Rivoluzione Fascista 1919-1922 Volume IV Anno 1922 parte I pag 327</ref>.
 
Il 3 ottobre [[1922]] Farinacci, con le proprie squadre si spostò a Trento dove assunse il comando di tutti gli squadristi che erano confluiti laggiù per pretendere le dimissioni del commissario civile [[Luigi Credaro]] che era accusato di scarso impegno nella difesa della minoranza italiana in [[Provincia autonoma di Bolzano|Alto Adige]]<ref>{{cita|Roberto Vivarelli vol.III|p. 456}}.</ref>. Credaro, anche su consiglio delle autorità militari, si dimise il 5 ottobre<ref>{{cita|Roberto Vivarelli vol.III|pp. 456-457}}.</ref>. Il 17 ottobre [[1922]] il governo italiano soppresse la figura del commissario civile e al suo posto fu nominato un prefetto con giurisdizione anche sull'Alto Adige<ref>{{cita|Roberto Vivarelli vol.III|p. 458}}.</ref>
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==== La fucilazione ====
[[File:Farinacci fucilazione.jpg|thumb|La fucilazione di Farinacci.]]
Il 25 aprile [[1945]] il vecchio avversario [[Guido Miglioli]] volle incontrarlo per convincerlo ad arrendersi<ref>{{cita|Giuseppe Pardini|p. 458}}.</ref>, ma Farinacci si rifiutò: "''Non siamo ancora alla fine''"<ref name=autogenerato33>{{cita|Guido Gerosa|p. 59}}.</ref>. In seguito allo sfaldarsi della RSI per l'avanzata degli [[Alleati della seconda guerra mondiale|Alleati]], e quando già gruppi di insorti muovevano alla liberazione di Cremona, Farinacci lasciò la città il mattino del 26 aprile diretto in [[Ridotto Alpino Repubblicano|Valtellina]]<ref name=autogenerato33 /><ref name=autogenerato23>{{cita|Giordano Bruno Guerri|p. 115}}.</ref><ref>{{cita|Luigi Cazzadori|p. 71: "Ubbidendo agli ordini ricevuti dal governo di Mussolini di ritirarsi a [[Como]] e poi in Valtellina, egli uscì da Cremona con una colonna"}}.</ref><ref>{{cita|Silvio Bertoldi|p. 48: Voleva dirigersi verso il fantomatico "ridotto della Valtellina"}}.</ref> insieme a un manipolo di fedeli, ma giunto nei pressi di [[Bergamo]] decise di staccarsi dalla colonna per recarsi a [[Oreno]], insieme alla marchesa Maria Carolina Vidoni Soranzo in [[Medici del Vascello]]<ref name=autogenerato33 />, segretaria dei Fasci femminili<ref name=autogenerato18 />. Il cambio di percorso fu fatale, poiché a [[Brivio|Beverate]] la macchina fu investita dal fuoco di una pattuglia partigiana e Farinacci fu catturato<ref name=autogenerato22>{{cita|Guido Gerosa|p. 59: "Il suo ultimo grido fu Viva l'Italia"}}.</ref><ref>{{cita|Silvio Bertoldi|p. 48: "Viaggiarono abbastanza tranquilli fin quasi Bergamo, poi Farinacci ordinò di staccarsi dalla colonna e di dirigersi a Oreno, dove aveva una villa la sorella della marchesa, sposata a un Gallarati Scotti. È difficile dirsi se avesse intenzione di nascondersi, oppure se avesse in mente di mostrarsi gentile con la signora, a costo di gravi rischi. La diversione gli fu fatale. A [[Beverate]] un [[partigiano]] sparò sulla vettura che non si era fermata all'alt. La macchina si schiantò contro un albero"}}. L'autista rimase ucciso sul colpo mentre la marchesa morì alcuni giorni dopo, a causa delle ferite riportate.</ref>. Il giorno dopo, il 28 aprile, Farinacci fu sommariamente processato in una sala del Comune di [[Vimercate]]<ref name=autogenerato22 /><ref>{{cita|Giuseppe Pardini|p. 459: basandosi su alquanto generiche imputazioni (persino di complicità nel delitto Matteotti...), condannò Farinacci, in appena un'ora di dibattimento e in un clima di feroce ostilità}}.</ref><ref>{{cita|Silvio Bertoldi|p. 48: Lo processarono nella sala del Consiglio comunale. L'atto d'accusa era giuridicamente approssimativo, umanamente irreprensibile."}}.</ref>, in cui anche alcuni colpi di [[fucile]] furono esplosi in aria<ref name=autogenerato33 />. Farinacci tentò una difesa: "''Portatemi a Cremona. Là vi diranno che ho fatto del bene e che bisogna liberarmi''"<ref name=autogenerato33 /> e contestò ogni singola accusa<ref name=autogenerato18 />. I giudici esitarono nel pronunciare la condanna a morte<ref name=autogenerato33 />; i rappresentanti della [[Democrazia Cristiana]] e del [[Partito Liberale Italiano]] propendevano per consegnarlo agli Alleati<ref>{{cita|Silvio Bertoldi|p. 48:}}.</ref><ref name=autogenerato5>{{cita|Luigi Cazzadori|p. 72}}.</ref>, mentre ebbero un peso decisivo i rappresentanti del [[Partito Comunista Italiano]] e del [[Partito Socialista Italiano#Nascita_del_Partito_Socialista_Italiano_di_Unità_Proletaria|Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria]]<ref>{{cita|Silvio Bertoldi|p. 48: "I socialisti e i comunisti spingevano per la fucilazione"}}.</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.centrostudigentili.it/storiainmartesana/pdf/numero11/Perego,%20Giorgio%20[Le%20ultime%20ore%20di%20Farinacci].pdf|titolo=Storia in Martesana, Giorgio Perego: Le Ultime ore di Farinacci, pag 11}}</ref>.
 
{{Citazione|Farinacci, il cui arresto era già stato annunciato nel nostro numero di ieri, è stato giustiziato. La sua cattura è avvenuta a Rovagnate, in provincia di Como, ad opera della Brigata “Adda”. Al momento dell’arresto egli si trovava su una automobile militare germanica, in compagnia di un maresciallo tedesco e di due donne. Farinacci venne accompagnato con la stessa macchina al Comando della Brigata “Adda” a Vimercate. Qui, alla presenza dei familiari dei giovani patrioti assassinati recentemente ad Arcore e di tutta la popolazione accorsa, è stato fatto un sommario processo che si chiudeva con la condanna a morte. La fucilazione è avvenuta alle ore 9.20 di ieri, nella piazza del Comune di Vimercate|''[[Avanti!]]'' 29 aprile 1945}}