Plotino: differenze tra le versioni
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|Didascalia = Ritratto la cui attribuzione a Plotino è plausibile ma non certa.
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È considerato uno dei più importanti filosofi dell'antichità, erede di [[Platone]] e padre del [[neoplatonismo]], a volte identificato ''in toto'' col suo pensiero. ▼
▲È considerato uno dei più importanti [[Filosofia greca|filosofi]] dell'antichità, erede di [[Platone
Le informazioni biografiche su di lui provengono per la maggior parte dalla ''Vita di Plotino'', composta da [[Porfirio]] come prefazione alle ''[[Enneadi]]'', gli unici scritti di Plotino, che hanno ispirato per secoli [[teologia|teologi]], [[misticismo|mistici]] e metafisici [[Paganesimo|pagani]],<ref>Come ad esempio il suo allievo [[Porfirio]], Amelio, [[Giamblico]], [[Teodoro di Asine]], la scuola siriaca e quella di Pergamo, [[Flavio Claudio Giuliano|Giuliano imperatore]], [[Saturnino Secondo Salustio|Salustio]], [[Plutarco di Atene|Plutarco]], Domnino, [[Siriano (filosofo)|Siriano]], [[Proclo]]</ref> [[Cristianesimo|cristiani]], [[ebrei]], [[Islam|musulmani]] e [[Gnosticismo|gnostici]]. ▼
▲Le informazioni biografiche su di lui provengono per la maggior parte dalla ''Vita di Plotino'', composta
Allievo di [[Ammonio Sacca]], Plotino elaborò la dottrina dell'[[emanatismo]] [[monismo|monistico]], un processo necessario ed eterno, non [[creazione (teologia)|creazionistico]], in cui ognuna delle tre [[ipostasi]] genera quella di livello inferiore: [[Uno (filosofia)|Uno]], [[Nous]], e [[Anima]] universale, da cui traggono vita le anime particolari, soggette a cicli di [[reincarnazione]], e confinate nella [[materia (filosofia)|materia]] che è un semplice non-essere.
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=== L'Uno ===
L'[[Uno (filosofia)|Uno]] è la prima, totalmente trascendente, ''[[ipostasi]]'',<ref>
Anche [[Parmenide]], a cui Plotino intende esplicitamente richiamarsi,<ref>«Noi siamo gli esegeti delle teorie di tanto tempo fa, la cui antichità ci è testimoniata dagli scritti di [[Platone]]. Prima di lui anche [[Parmenide]] affermava una simile dottrina quando riduceva all'unità l'essere e l'intelligenza, e negava che l'essere consistesse nelle realtà sensibili. Egli diceva che l'[[essere]] e il [[pensiero]] sono la stessa cosa» (''Enneadi'', V, 1, 8).</ref> aveva individuato nell'unità l'attributo primario dell'[[essere]] (per un'impossibilità [[logica]] di pensarlo diviso). Ma nel rifarsi a lui, Plotino cerca di dare maggiore coerenza e organicità al pensiero di [[Platone]], di cui si considera erede, conservando la nozione di filosofia come ''[[eros (filosofia)|eros]]'' e come ''[[dialettica]]''. Platone aveva posto al principio di tutto non l'Uno, ma una dualità, tentando così di fornire una spiegazione razionale al molteplice. Secondo Plotino invece la dualità è un principio contraddittorio, che egli collocherà piuttosto nell'Intelletto, da lui identificato anche con l'[[essere]] parmenideo. Plotino così pone l'Uno al di sopra dell'Essere a differenza non solo di [[Parmenide]], ma anche di [[Aristotele]] e [[Platone]].
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L'Uno «non può essere alcuna realtà esistente» e non può essere la mera somma di tutte queste realtà (diversamente dalla dottrina [[Stoicismo|stoica]] che concepiva [[Dio]] immanente al mondo), ma è «prima di tutto ciò che esiste». All'Uno quindi non si possono assegnare attributi. Ad esempio, non gli si possono attribuire [[pensiero|pensieri]] perché il pensiero implica distinzione tra il pensante e l'oggetto pensato. Allo stesso modo, non gli si può attribuire una [[volontà]] cosciente, né attività alcuna.<ref>«Nulla affermando sul suo conto, evitando l'errore di attribuirgli proprietà come se lo riguardassero», l'Uno «si riduce al solo ''"è"'' senza attestare caratteri che in Lui non ci sono» (''Enn.'' V, 5, 13).</ref> Plotino nega implicitamente anche una natura senziente o [[autocoscienza|autocosciente]] per l'Uno.<ref>''Enn.'' IV, 5, 6. In altri punti tuttavia Plotino ammette una sorta di [[autocoscienza]] (''Enn.'' V, 4, 2) o di [[volontà]] (ad esempio in V, 3, 11-13) per spiegare la processione dall'Uno.</ref> Acconsente di chiamarlo "[[Bene (filosofia)|Bene]]", ma con tutte le cautele del caso: {{citazione|L'Uno non può essere una di quelle cose alle quali è anteriore: perciò non potrai chiamarlo Intelligenza. E nemmeno lo chiamerai Bene, se Bene voglia significare una tra le cose. Ma se Bene indica Colui che è prima di tutte le cose, lo si chiami pure così.}}
[[File:Emanation 1.png|thumb|upright=1.1|L'Uno emana le ipostasi «come un'irradiazione, come la luce del Sole splendente intorno ad esso».<ref>Plotino, ''Quinta enneade. Il pensiero come diverso dall'Uno'', BUR Rizzoli, 2000 ISBN 88-17-17318-5.</ref>]]
Talora Plotino lo assimila al [[centro (geometria)|centro]] di una serie di [[cerchi concentrici]] provenienti da una fonte luminosa:<ref>{{Cita|G. Reale
Dell'Uno nulla si può dire, a meno di non cadere in [[principio di non contraddizione|contraddizione]]. L'Uno può essere arguito solo per via negativa, dicendo ciò che esso ''non'' è: quella di Plotino è pertanto una [[teologia negativa]] o [[apofatismo|apofatica]], assimilabile alle religioni orientali come l'[[induismo]], il [[buddhismo]] e il [[taoismo]].
«Uno» è anch'esso un termine improprio, usato solo per distinguerlo dai molti. Eppure, come la luce non può essere vista di per sé, ma si rende visibile solo in quanto fa vedere gli oggetti,<ref>{{Cita libro|nome=Thomas Alexander|cognome=Szlezák|wkautore=Thomas Alexander Szlezak|titolo=Platone e Aristotele nella dottrina del Nous di Plotino|url=https://books.google.it/books?id=Dz5vXaaGcGgC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q=plotino%20paragone%20sole%20luce%20rep%20conoscere%20conosciuto%20auto-conoscenza&f=false|accesso=2025-03-02|data=1997|editore=Vita e Pensiero|lingua=it|p=201, nota 481|citazione=L'atto del vedere infatti «non può essere per sé solo distintamente percepito, in quanto l'occhio è rivolto all'oggetto illuminato; ma se l'occhio non vede nulla al di là di esso, allora vede in un'improvvisa intuizione il solo mezzo luminoso; eppure anche allora lo vede in quanto si appoggia su un altro oggetto; ma se invece fosse solo in se stesso e non poggiasse su un altro oggetto, la percezione non potrebbe coglierlo» (
Volendo trovare un perché a questa discesa, si potrebbe immaginare l'Uno come ''[[volontà]]'' che dona all'esterno di sé il risultato della sua natura attributiva (essendo la natura della volontà quella di volere).<ref>''Enn.'' VI, 8, 13. Plotino in proposito parla dell'Uno anche come ''dinamys'': «la potenza di tutte le cose» (''Enn.'' III, 8, 10).</ref> Questo ''donare'' però esula chiaramente da qualunque esigenza [[razionalità|razionale]]; se infatti l'Uno andava ammesso per una necessità della [[logica formale]], poiché non potremmo avere coscienza dei molti senza rapportarli all'uno, una tale necessità viene invece a mancare quando, nel discendere, cerchiamo ragioni che costringano l'Uno a ''uscire da sé'' e generare il [[molteplicità|molteplice]]. Egli infatti è del tutto autosufficiente, essendo "[[causa sui|causa di sé]]".
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Questi stadi non sono temporalmente isolati, ma si susseguono lungo un processo costante, in un ordine eterno. I filosofi [[neoplatonismo|neoplatonici]] successivi, specialmente [[Giamblico]], aggiunsero centinaia di esseri ed emanazioni intermedie tra l'Uno e l'umanità, mentre il sistema plotiniano rimane relativamente semplice.
=== L'Intelletto (''
La seconda ipostasi è quella dell'[[Intelletto]],<ref>Nelle diverse traduzioni italiane delle ''[[Enneadi]]'' il termine ''noos'' (o νούς, pronunciato ''nùs'') viene reso con "Intelligenza", "Intelletto" e "Spirito". Sulla questione cfr. [[Giovanni Reale|G. Reale]], ''Presentazione'', pp. XIII-XIV, in Plotino, ''Enneadi'', trad. di [[Giuseppe Faggin|G. Faggin]], Milano, Rusconi, 1992.</ref> generato — non creato — per emanazione o [[processione (teologia)|processione]] (''apòrroia''). L'emanazione avviene per una sorta di auto-contemplazione [[estasi|estatica]] dell'Uno: nel contemplarsi, l'Uno si sdoppia in un soggetto contemplante e un oggetto contemplato. Questa autocontemplazione non appartiene propriamente all'Uno, perché in Lui non c'è dualismo alcuno. L'autocontemplazione o [[autocoscienza]] è soltanto la conseguenza del traboccare dell'Uno, che ne rimane al di sopra.
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Le idee platoniche non sono per Plotino degli oggetti di pensiero: l'Intelletto non ''pensa'' le idee, piuttosto, le Idee sono tutte identiche all'Intelletto stesso, e sono perciò principalmente [[soggetto (filosofia)|Soggetti]] di pensiero. In altri termini, le idee sono infiniti modi di prospettarsi dell'unico Intelletto. In esso è presente un'alterità solo in potenza; nell'[[Essere]] ogni idea è tutte le altre.
Il ''Nous'' è rivolto verso l'Uno, ne guarda la [[bellezza]], la pienezza originaria,<ref>L'Intelletto, «per restare sé stesso, bisogna che guardi a Quello di lassù» (''Enn.'' V, 1, 6).</ref> e non potendola più raggiungere, pensa sé stesso, all'interno di un [[circolo ermeneutico]] soggetto
=== L'Anima ===
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Al culmine delle potenzialità umane si ha l'[[estasi]], vissuta dall'[[asceta]] quando l'anima è rapita in Dio, e si identifica con l'Uno stesso, compenetrandosi in Lui. L'Uno non viene contemplato perché non è un [[oggetto (filosofia)|oggetto]], ma il fondo stesso dell'anima: questa non lo può possedere, viceversa ne viene posseduta.
{{Citazione|Questa è la vita degli Dèi e degli uomini divini e beati: liberazione dalle cose di quaggiù, vita sciolta dai legami corporei, fuga del ''solo verso il Solo''.<ref>Parole riprese dal ''De bono'' di [[Numenio di Apamea]], cit. da [[Eusebio di Cesarea|Eusebio]], ''[[Praeparatio evangelica]]'', XI, 22.</ref>|''Enneadi'', VI, 9, 11, trad. di G. Faggin}}
È opportuno evitare anche di parlare di [[panteismo]] [[Naturalismo (filosofia)|naturalistico]] nel plotinismo,<ref>{{Cita
Oltre all'[[etica]], un'altra via fondamentale indicata da Plotino consiste nella ricerca [[estetica]] del [[bellezza|bello]]. Quell'unione che il filosofo teorizza, infatti, la vivono in primo luogo (senza rendersene conto del tutto) il [[musica|musico]] e l'[[amore|amante]]. Plotino corregge in parte il giudizio negativo che Platone aveva dato dell'[[arte]]: l'operare dell'artista non deriva dalla semplice imitazione di un'imitazione, ma è ispirato da un'[[idea]] attinta da una visione interiore del bello a lui rivelatasi.<ref>«Davanti allo spettacolo di tutta la bellezza sensibile,… potrà mai esserci qualcuno così ottuso e così privo di trasporto che … non resti pieno di meraviglia, risalendo dalla qualità delle nostre realtà a quella dei loro princìpi? Certo che, se costui non ha capito il nostro mondo, neppure saprà contemplare l'altro» (''Enn.'' II, 9, 16).</ref>
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=== Plotino e il pensiero cristiano ===
Incomincia nel tempo di Plotino l'intensa attività della [[patristica]], nel tentativo di dare alle comunità cristiane una [[filosofia]] e una [[teologia]] conciliabili con la [[religione cristiana|religione]], e nello stesso tempo all'altezza della [[filosofia antica]]. Più di altri filosofi vicino alla nascente [[teologia cristiana]], Plotino tuttavia non attribuisce all'Uno una volontà, né un finalismo, a differenza del Dio cristiano.<ref>Nella Trinità cristiana le tre persone divine costituiscono un'assoluta unità sufficiente a se stessa e trascendente; e la creazione del mondo, che è opera diretta del Dio uno e trino, non è necessaria come la generazione e l'emanazione, ma è un atto libero della volontà creatrice. Da queste differenze sostanziali è nata la tematica delle numerose polemiche neoplatonico-cristiane: il grado di immanenza di Dio, il valore [[ontologico]] del mondo sensibile, la possibilità delle relazioni dell'anima con Dio. ("Plotino" in ''Storia della filosofia'' di [[Giuseppe Faggin]], vol.1, pag. 157, Principato editore, Milano, 1983).</ref> Molti suoi temi saranno comunque fatti propri dai padri della Chiesa, e in special modo dalla [[scuola catechetica di Alessandria|scuola alessandrina]]. In ogni caso proprio ad Alessandria molti teologi si erano già appropriati di concetti tipici del [[medioplatonismo]]: lo stesso [[Origene]] aveva frequentato per qualche tempo la scuola di Ammonio Sacca, maestro di Plotino.<ref>Manlio Simonetti, "Introduzione" ad ''Origene: i princìpi'', UTET, 2010, pp. 37-45.</ref><ref>Quanto ai rapporti tra Plotino e Origene si è ipotizzato che il primo avesse frequentato un altro Origene, omonimo del più noto teologo di Alessandria, che sarebbe stato un filosofo neoplatonico contemporaneo di Plotino, e autore di un iniziale tentativo di sintesi tra cristianesimo e pensiero greco che vedeva le tre Persone della [[Trinità cristiana]] corrispondere alle tre ipostasi plotiniane, ma concependo il loro rapporto di processione non più in senso degradante, bensì in un'ottica di parità o [[consustanzialità]] (Claudio Moreschini, ''Storia del pensiero cristiano tardo-antico'', Bompiani, 2013, p. 367).</ref>
[[Agostino d'Ippona]], che a lui ampiamente si rifece, riprese in particolare il tema della [[libertà]]:<ref>Charles Boyer, ''Christianisme et néo-platonisme dans la formation de saint Augustin'', G. Beauchesne, Parigi 1920, p. 84 e segg.</ref> per Plotino infatti l'uomo è l'unico essere libero che può tornare all'Uno. Si tratta di una libertà, quella umana, che si scontra con la necessità, alla quale sono invece sottoposti tutti gli altri enti; il [[libero arbitrio]] dell'uomo diventa così foriero di un [[dualismo]] lacerante dovuto alla scelta tra [[Bene (filosofia)|bene]] e [[male]]. Agostino cercherà di approfondire l'aspetto del ''male radicale'', in virtù del quale l'essere umano sembra capace di compiere azioni malvagie per sé stesse, volgendo volontariamente le spalle a Dio. Mentre però per Agostino Dio dona all'uomo la [[Crocifissione di Gesù|croce di Cristo]] mediatore,<ref>Per Agostino infatti Cristo è «mediatore tra Dio e gli uomini» (''Confessioni'', libro VII, 18, 24).</ref> come ancora di salvezza per riscattarlo da questo voltafaccia, per Plotino egli ha le forze per salvarsi.<ref>Cfr. in proposito Régis Jolivet, ''Essai sur les rapports entre la pensée grecque et la pensée chrétienne. Aristote et saint Thomas ou l'idée de création. Plotin et saint Augustin ou le problème du mal'', Vrin, Parigi 1931.</ref> Secondo il teologo cattolico [[Battista Mondin]], il principale tentativo di sintesi fra filosofia classica e cristiana sarà quindi compiuto da [[Tommaso d'Aquino]]<ref>Giovanni Battista Mondin, ''Storia della metafisica'', Volume 2, p. 476, Edizioni Studio Domenicano, 1998</ref>. Una tesi simile è sostenuta da [[William Ralph Inge]], per il quale Tommaso d'Aquino «è più vicino a Plotino di quanto non sia al ''vero'' Aristotele»<ref name="Inge">[[William Ralph Inge|W. R. Inge]], citato in [[Bertrand Russell]], ''Storia della filosofia occidentale'', Londra, George Allen & Unwin Ltd., 1946, p. 286. Lo stesso Inge sottolinea anche come «il platonismo fa parte della struttura vitale della teologia cristiana, con la quale nessun'altra filosofia, oserei dire, può venire a contatto senza contrasti»; a parere dell'autore inglese, quindi, vi è un'«assoluta impossibilità di separare il platonismo dal Cristianesimo, senza mandare in pezzi il Cristianesimo».</ref>.
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