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== Aggettivo e pronomi ==
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{{Bio
|Titolo =
|Nome = Marco Antonio
|Cognome = Federici
|PostCognomeVirgola = Conte di Arcola
|ForzaOrdinamento = Marco Federici
|Sesso = M
|LuogoNascita = La Spezia
|GiornoMeseNascita = 4 gennaio
|AnnoNascita = 1746
|LuogoMorte = Arcola
|GiornoMeseMorte = 11 gennaio
|AnnoMorte = 1824
|Attività = rivoluzionario
|Epoca = 1700
|Epoca2 = 1800
|Attività2 = politico
|Nazionalità = italiano
|Categorie =
|FineIncipit =
|Immagine =
|Didascalia =
|DimImmagine =
}}
 
=== Dimostrativi ===
 
{| cellpadding=2
==Gioventù e formazione==
| valign=top |
Figlio di Stefano Federici e Maria Cipollini, apparteneva ad una famiglia di antica tradizione aristocratica avendo un suo antenato ottenuto il titolo comitale da [[Alfonso il Magnanimo]]<ref>Alfonso di Trastamara, detto Alfonso il magnanimo, detenne la corona del [[Regno di Napoli]] dal [[1441]] al [[1458]].</ref> [[Re di Napoli]] nel [[1444]]. Sin da molto giovane si dimostrò portato per gli studi che compì inizialmente a [[La Spezia]] dove imparò le lingue classiche. Il padre avrebbe voluto che si recasse all'[[Università di Genova]], gestita dai [[Gesuiti]], ma il giovane Marco preferì [[Pisa]], dove [[Pietro Leopoldo di Lorena]]<ref>Leopoldo II d'Asburgo-Lorena fu [[Granduca di Toscana]] dal [[1765]] al [[1790]].</ref> lasciava una maggiore libertà all'insegnamento nel tentativo di ridare importanza allo [[Università di Pisa|Storico Studio]]. Le opere degli [[Enciclopedisti]], di [[D'Alembert]], [[Diderot]], [[Voltaire]] e [[Rousseau]], che nella città toscana circolavano anche clandestinamente, lasciarono un solco profondo nell'animo del giovane. Laureatosi in Giurisprudenza fece ritorno alla Spezia dove condusse vita da ''rentier'' per alcuni anni, dedicandosi alla lettura nella già fornita biblioteca paterna e arricchendola di diverse opere che faceva appositamente arrivare dalla Francia<ref>Lettera di Marco Federici a Giacomo Luigi Da Pozzo del 29 novembre 1791: ''"[...] a chi sa esser Filosofo puole essere un vantaggio, vi riflette e troverà che dice il vero, quante ombre si vedono di meno; io attualmente mi passo con le Lettere Persiane, il Trattato dei Tre Impostori e l'Histoire du Papisme [...]"'', cit. in Ducci Luigi, ''op.cit.'' p.32.</ref>.
Singolari:
 
* '''questo''' questo, sto, sto chì
Nel [[1779]] sposava Maria Fidelina Battini Ponzò di [[Fivizzano]] figlia di un'abbiente famiglia della [[Lunigiana]].
* '''questa''' questa, sta, sta chì
 
* '''quello''' quélo, quéo, chéo
==Il pensiero politico==
* '''quella''' quéla, quéa, chéa
Dalla fine degli anni Settanta, e per diversi anni, il Federici si trovò a frequentare [[Genova]] con assiduità per una questione di eredità paterna che gli veniva contesa dai fratelli e dallo zio<ref>Ducci Luigi e Daniella, ''op.cit.'', pagg.30-31.</ref>. Il contatto con la Magistratura Genovese, presso cui i parenti querelanti ebbero buon gioco facendo leva sulla fama di liberale<ref>Lettera di Marco Federici a Giovan Maria Saporiti del 17 agosto 1791: ''"Capisco che tutto l'affare non può essere derivato che dalla Cabala, la quale abbia guadagnato il Giudice, o col mezzo dell'avarizia, o di qualche potente Aristocratico, giacché questi sono i due canali per i quali a disonore della Città, e per disgrazia di chi v'ha a che fare, tutto si possa."''</ref> , e con il sistema di potere della [[Repubblica di Genova|Repubblica di San Giorgio]] lo spinsero a parteggiare sempre più per le idee [[Illuminismo|illuministe]] che agitavano la vicina [[Francia]].
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Plurali:
Egli non abbracciò, a differenza della maggior parte dei cospiratori e democratici genovesi<ref>Il Prof.Augusto Franchetti scrive: "Secondavanli inoltre (i novatori) le famiglie Patrizie dei Serra, dei Sauli, dei Gentile, dei Carrega, non tanto per simpatie alle nuove dottrine venute di Francia, quanto per desiderio di private vendette contro gli Spinola ed i Pallavicini la quale inimicizia aveva origine non solo dall'invidia dei Nobili poveri verso quelli ricchi nelle cui mani era il goveno dello Stato [...]", in "Storia politica d'Italia", AA.VV., F.Vallardi Editrice, Milano 1897.</ref>, le idee Rivoluzionarie per interessi personali, ma per la sua forte avversione nei confronti dell'[[Aristocrazia]], della quale pure faceva parte, e soprattutto del [[Clero]]. Aristocrazia che governava la Repubblica con leggi ormai antiquate<ref>L'ordinamento giuridico di stampo feudale su cui si reggeva la Repubblica risaliva al [[1576]] e limitava il potere ad una ristretta cerchia di nobili "forniti di congruo patrimonio" e di ricchi borghesi.</ref> che assicuravano tutto il potere nelle mani del [[Doge]] e dei [[Serenissimi Collegi]], composto da venti senatori e un capo, il Doge appunto, con carica biennale e da tutti gli ex Dogi con carica a vita<ref>Pietro Nurra, ''"Genova durante la Rivoluzione Francese - La Cospirazione Antioligarchica"'', in Giornale Storico Letterario della Liguria, 1927, fasc.IV, pag.336 n.1</ref>.
* '''questi''' questi, sti, sti chì
 
* '''queste''' queste, ste, ste chì
Il Federici vedeva in questa gestione privatistica dello Stato la prima causa della sua debolezza, a cui si assommava la tradizionale richiesta di essere elevato al rango di [[Porto Franco (economia)|porto franco]] da parte della città della [[Spezia]] di cui si fece sempre promotore<ref>Il 9 giugno 1797 a casa sua si era tenuta ''"un'adunanza di più persone compresi i primari di questa città, ove si era stabilito di mandar lettera al generale Bonaparte instando che [...] si avesse riguardo a questo golfo e adiacenze, con farle godere i diritti di cittadinanza, franchiggie e libero commercio"'', Arch. di Stato di Genova, Rep. Ligure, 494</ref>.
* '''quelli''' quéli, quéi, chéi
 
* '''quelle''' quéle, quée, chée
 
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{{quote|Non è possibile promuovere l'utile Agricoltura, se non si hanno molte e attive braccia, e non è possibile avere un'abbondante ed industriosa popolazione, ove non regni una discreta libertà di Commercio, almeno per l'esito dei prodotti che avanzano, e per l'introito dei necessari che mancano, né è possibile che questa popolazione abbia la necessaria attività se non vede constantemente puniti i delitti, premiata la virtù, e sbandita la superstizione, madre ben feconda più di ogni altra dell'indolenza. Ora non dico già che noi siamo troppo gravati dai tributi ce alla pubblica cassa rifondiamo, si che lo Stato ha bisogno di un fondo, e che a formarlo vi devono concorrere tutti i Cittadini dello Stato, anzi io sono del parere di quelli che vogliono che nella totalità, o almeno nella sua massima parte, questo si levi dai possidenti, che sono i veri figli dello Stato, che sono quelli a cui più di ogni altro ne deve essere a cuore la conservazione, e la felicità, ma non mi piace nell'esigerlo, né l'inesorabile crudeltà dei nostri Esattori|Lettera di Marco Federici a Luigi D'Isengard del 6 novembre 1791}}
* '''stesso''' stesso
 
* '''medesimo''' mèsimo
==I giacobini della Spezia==
* '''altro''' àötro,
Nei dieci anni successivi al matrimonio giunse a definitiva maturazione la sua adesione alle idee che provenivano da Oltralpe e, sicuramente già nei primi anni Novanta, egli aveva stretto rapporti con elementi rivoluzionari e con emissari del Governo di Francia, come dimostra la visita resagli da La Flotte<ref>Monsieur de La Flotte era allora rappresentante di Francia nel Granducato di Toscana, dal quale fu scacciato nel 1793.</ref> nel febbraio del 1793<ref>Lettera di Marco Federici alla moglie del 22 febbraio 1793:''"Oggi ho avuto il piacere di abbracciare Monsieur La Flotte che è passato di qui di volo e va a portare i reclami e la relazione di Roma mi ha imposto di salutare tutta la Spezia.[...]"'', cit. in Ducci Luigi, ''op.cit.'' p.32.</ref> durante il suo viaggio di ritorno in Francia per riferire sull'omicidio di [[Ugo di Basseville]]<ref>Nicolas Jean Hugon de Basseville era Segretario alla Legazione di Francia presso il [[Regno delle Due Sicilie]]. Venne ucciso a Roma il 13 gennaio 1793 dalla folla mentre percorreva le strade della città.</ref>. Egli era dunque il punto di riferimento del club giacobino della Spezia, che annoverava tra i suoi animatori altre personalità destinate a ricoprire ruoli di rilievo negli anni a venire fra i quali Carlo Comparetti, Luigi D'Isengard, Giovan Battista Bertuccelli, Luigi Torreto e Sebastiano Biagini. Fuori dalla Spezia, Marco si teneva in contatto con il farmacista genovese Felice Morando, a capo del movimento democratico della capitale, e con Ivone Gravier, editore di libri di propaganda democratica.
}|}
 
La sua attività e le sue frequentazioni avevano già messo in allerta l'allora Governatore della Spezia Giacomo Giustiniani, fortemente conservatore e rigido difensore del potere dell'aristocrazia e del clero
 
==Onorificenze==
{{Onorificenze
|immagine=Legion_Honneur_Officier_ribbon.svg
|nome_onorificenza=Ufficiale della Legion d'Onore
|collegamento_onorificenza=Legion d'Onore
|motivazione=
|luogo=
}}
Nel giugno del [[1805]], in seguito all'annessione della [[Repubblica Ligure]] all'[[Impero Francese]], Marco Antonio Federici fu insignito della [[Legion D'Onore]] col grado di Ufficiale e della relativa pensione.
 
 
==Note==
{{references|2}}
 
==Bibliografia==
*{{Cita libro| Luigi e Daniella | Ducci | Marco Antonio Federici e il giacobinismo alla Spezia | 2002 | Zappa | Sarzana}}
*{{Cita libro| Antonino | Ronco | Storia della Repubblica Ligure 1797-1799 | 2005 | Frilli Editore | Genova}}
 
==Voci correlate==
*[[Repubblica Ligure]]
*[[Giacobinismo]]
 
==Collegamenti esterni==
 
*{{lingue|it}} [http://www.francobampi.it/liguria/giacobini/costituzione1797.pdf Testo della Costituzione del 1797]
 
 
{{Portale|biografie}}