Inca: differenze tra le versioni
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{{nota disambigua}}
{{F|antropologia|arg2=storia|novembre 2024|in questa voce si fa un uso pressoché nullo delle note. La bibliografia è probabilmente un invito alla lettura di testi di varia natura sulla civiltà inca piuttosto che l'elenco dei testi che sono stati utilizzati per redigere questa voce}}
[[File:MapaPerú.Benard.JPG|thumb|upright=1.5|Mappa del [[Perù]] del XVIII secolo.]]
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==== Ricerche archeologiche ====
[[File:Ceramio Inca Provincial.jpg|thumb|upright=0.6|left|Ceramica Inca.]]
Malgrado le promettenti premesse iniziali, l'archeologia non ha permesso di dipanare il mistero dell'origine degli Inca. Scavi approfonditi nell'area del Cuzco hanno dimostrato che l'uso della ceramica inca appare improvvisamente su un anteriore substrato estraneo, a riprova dell'arrivo dei suoi utilizzatori, ''in situ'', quando erano già in possesso delle necessarie tecniche artistiche e costruttive. Successive investigazioni su reperti apparentati trovati in altre aree centroamericane non hanno invece consentito di riconoscervi un'origine comune essendo prevalente l'opinione di uno scambio limitato tra diverse culture, principalmente tre. Manufatti di natura inca prevalentemente metallici sono stati in effetti ritrovati in tutto il continente sudamericano, frutto di scambi o di razzie essendo i loro possessori ad un livello culturale nettamente inferiore a quello peruviano. Si osserva che l'esistenza dell'[[Impero inca]] era già nota ai portoghesi almeno dieci anni prima della sua scoperta, grazie ai racconti degli indigeni della regione del [[Río de la Plata]] con cui erano in contatto. Un avventuriero lusitano, [[Alejo García]], partecipò personalmente nel [[1526]] a una spedizione/razzia degli indigeni [[Guaraní]] giungendo, attraverso la selva, fino ai confini orientali del regno di [[Huayna Cápac]].
==== I miti delle origini ====
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[[File:Inca manco capac.jpg|thumb|upright=1.4|left|Manco Capac (Guaman Poma de Ayala).]]
Anche in questo caso [[Manco Cápac|Manco]] nasce in Pacaritambo, da una caverna situata nella collina di Tambutoco, ma assieme a lui sorgono altri tre fratelli e quattro sorelle, tutti usciti dalla finestra centrale, mentre da due aperture laterali prendono vita altre persone destinate a costituire il popolo Inca. Il mito prosegue narrando le vicissitudini di queste genti che si spostano per la contrada cercando delle terre fertili. Durante la loro marcia tre dei fratelli abbandonano la compagnia, uno, di nome Ayar Cache, eliminato per la sua ferocia; un altro, Ayar Ucho, trasformato in pietra a scopi magico-religiosi e il quarto, [[Ayar Auca]], autoimmolatosi nella conquista della sede del futuro regno, che avrebbe avuto nome [[Cuzco]]. Rimasto solo Manco, ormai chiamato
[[Garcilaso Inca de la Vega]] presenta una variante di questo mito assai apprezzata per la forma poetica con cui è stata immortalata nei suoi "''Commentarios reales''". La coppia primordiale è qui unica, costituita da Manco Capac e da [[Mama Ocllo]] e sarebbe nata dalla mitica finestra sulla collina di Tambutoco, generata da Inti, il Sole con il compito di cercare il sito più adatto per fondarvi la futura stirpe degli Inca. A questo scopo avrebbe avuto in dono una verga d'oro con cui saggiare il terreno per provarne la fertilità. Dopo vari tentativi e lunghe peregrinazioni i due sposi, fratello-sorella, sarebbero giunti nella zona del Cuzco dove la verga, appena appoggiata a terra sarebbe sprofondata senza sforzo. Rese grazie al divino genitore, Manco Capac e Mama Ocllo, avrebbero costruito un tempio in suo onore e successivamente attorno a questo sacro edificio avrebbero fondato la futura capitale dello stato inca.
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Ai capi dei territori annessi, chiamati "''curaca''", erano lasciate tutte le prerogative di cui godevano prima dell'arrivo degli Inca; da loro era solo pretesa una completa sottomissione alle istituzioni incaiche. Di fatto conservavano intatta l'autorità nei confronti dei loro amministrati ma dovevano rendere conto del proprio operato alla corte del Cuzco. I loro figli erano tradotti nella capitale, ufficialmente per frequentare le scuole dell'impero ma anche per svolgervi la funzione di ostaggi, a garanzia della fedeltà dei loro padri. La permanenza al Cuzco degli eredi dei capi locali permetteva altresì di educarli al rispetto delle istituzioni dell'impero e alla morte dei loro genitori di prepararli alla funzione di futuri responsabili delle varie province.
La successione dei "''curaca''" avveniva solitamente per via patrilineare, privilegiando di norma il figlio maggiore, ma le usanze locali erano rispettate e in alcune contrade, specie in quelle della costa del [[Oceano Pacifico|Pacifico]], si osservava il passaggio dei poteri in via matrilineare. Il candidato prescelto era tuttavia soggetto all'approvazione dell'Inca supremo e in caso di manifesta incapacità era immediatamente sostituito con un congiunto ritenuto più idoneo. I capi delle regioni più importanti erano trattati in maniera consona al loro rango e la corretta amministrazione dei territori loro affidata era premiata con munificenza. Ricevevano onori e privilegi e spesso potevano accasarsi con una nobile del Cuzco che, in alcuni limitati casi, poteva essere addirittura una principessa imperiale; in cambio offrivano le loro figlie o congiunte all{{'}}''harem'' del sovrano, allacciando così dei legami parentali che legavano reciprocamente Inca e ''curaca'' con un vincolo di consanguineità.
==== Il popolo ====
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Su tutto il sistema vegliava un corpo di ispettori, i temuti "''Tucuiricuc''" che riferivano personalmente all'Inca o ai suoi incaricati. L'Inca supremo, infine, controllava tutta la complessa macchina burocratica avvalendosi di un Consiglio particolare composto dai rappresentanti di ciascuna delle parti dell'impero, dall'erede e dal sommo sacerdote, ma la cui composizione variava a seconda dell'epoca.
L'organizzazione amministrativa, pur elaborata e articolata, era quanto mai rapida ed efficace e, soprattutto, non era minimamente affetta dalla paralisi e dalla corruttela,{{
=== I tributi ===
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L'importanza della manodopera per l'apparato statale inca è resa evidente dalle leggi che garantivano la prosperità e lo sviluppo delle varie comunità. Il celibato, per esempio, non era ammesso e i funzionari regi procedevano periodicamente ad unire in matrimonio coloro che, pur avendo raggiunto l'età prevista, non avevano ancora provveduto di loro iniziativa a scegliersi il ''partner'' adatto.
In ogni caso l'indigeno comune aveva la percezione di dedicare il suo lavoro a qualche cosa di armonico che trascendeva la sua singola persona e che comunque lo avrebbe ricompensato delle sue fatiche. Egli vedeva lo Stato come un organismo che rifletteva l'armonia della natura e che riproduceva, nell'universo terreno, le regole che sovraintendevano alle strutture di quello divino. In questo contesto la evidente condizione favorevole dei membri dell{{'}}''élite'' non suscitava in lui un sentimento di invidia perché riconosceva la necessità di una differente posizione sociale determinata dalle diverse responsabilità{{
== Le discipline militari ==
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Salvo i casi di resistenze particolarmente accanite, i vinti erano trattati con moderazione. I capi ribelli erano eliminati e sostituiti con soggetti più duttili, ma la popolazione veniva risparmiata ed accolta nell'impero in cui finiva per integrarsi. Se poi la resistenza fosse continuata, gli Inca intervenivano con la tecnica delle "''Mitimae''", ossia trasferendo in sito delle popolazioni di provata fedeltà e deportando, in alcuni casi, quelle ostili in altre parti del loro vasto Stato.
== Cultura ==
=== Le strade ===
{{vedi anche|Sistema stradale inca}}
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{{vedi anche|Chaski}}
La imponente rete stradale che collegava, tra loro, le varie regioni dell'impero inca, aveva reso possibile la creazione di un sistema di comunicazioni particolarmente efficace.
[[File:
Si trattava di una sorta di corrieri scelti tra i giovani più veloci delle varie contrade. Lungo le strade andine sorgevano delle particolari costruzioni per ospitarli, svolgendo la funzione di vere stazioni di posta. Erano situate ad intervalli appositamente studiati per dividere lo spazio in uguali misure temporali e, così, in presenza di salite o di altre asperità erano più vicine l'una all'altra di quelle poste in pianura. Le staffette umane, dette ''[[Chaski]]'' (o ''chasqui''), percorrevano la frazione di strada loro attribuita alla massima velocità possibile per portare dei messaggi o dei piccoli oggetti. Quando era vicino alla stazione successiva il ''chaski'' avvisava della sua presenza con il suono di una particolare conchiglia e, a questo richiamo, un altro giovane gli si portava incontro. I due corrieri percorrevano insieme un tratto di cammino per permettere al portatore dei messaggi di passare le consegne, quindi la corsa continuava fino al nuovo cambio e così ininterrottamente fino a destinazione.
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Gli Inca non conoscevano la scrittura, almeno nella forma con cui noi la intendiamo, tuttavia avevano escogitato altri metodi per registrare dati e per rappresentare in forma convenzionale le informazioni ritenute interessanti.
Lo strumento più usato era il ''[[quipu]]'', costituito da una corda principale da cui pendevano una quantità di funicelle minori. Le funicelle secondarie avevano differenti colori e su ciascuna di esse comparivano diversi nodi. Il tipo di colore, la natura dei nodi e la loro posizione rappresentavano informazioni differenziate che un lettore esperto di quipu era in grado di interpretare. Tutti gli studiosi moderni sono concordi nel ritenere che, tramite i ''quipu'', gli Inca erano in grado di annotare dati statistici con una meticolosità impressionante. Vi è discordanza, invece, sulla tesi, seguita da alcuni, secondo la quale i ''quipu'' permettevano di esprimere anche concetti astratti e di registrare avvenimenti storici. Sappiamo con certezza che numerosi funzionari spagnoli sono stati testimoni di resoconti narrati da anziani indigeni sulla base della lettura dei loro ''quipu'', ma si
Accanto al quipu, nelle raffigurazioni dell'epoca, troviamo spesso la ''[[yupana]]'' che si presenta come una sorta di pallottoliere. La ''yupana'' classica era costituita da venti caselle su cui erano distribuiti dei semi o delle pietruzze. Gli indigeni più abili, semplicemente spostando i semi, riuscivano a compiere dei calcoli anche molto complicati che lasciavano esterrefatti gli osservatori spagnoli, regolarmente superati in destrezza e rapidità.
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{{Inca}}
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|conquista spagnola delle Americhe}}
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