Ca' d'Oro: differenze tra le versioni
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== Storia ==
=== Il committente Marino Contarini ===
La storia di questa fabbrica trova le sue origini in [[Marino Contarini]], personalità appartenente ad una [[Contarini|ricca famiglia dogale]], anche se più abile mercante che politico. Contarini sposò molto giovane Soradamor Zeno, la cui famiglia possedeva una vasta proprietà sul [[Canal Grande]], presso il confino di [[Chiesa di Santa Sofia (Venezia)|Santa Sofia]], comprendente anche una costruzione di dimensioni tali, da essere definita ''Domus Magna''.<ref name=":0">{{Cita web|url=
Dopo la morte della moglie, il Contarini iniziò un'ambiziosa opera di completa ristrutturazione dell'antico edificio:<ref name=":0" />
Il committente trattò per anni con le maestranze lombarde e venete, tanto che alcuni sostengono che a Marino Contarini si deve la fisionomia finale del palazzo. A Marino Contarini si può in particolare addebitare la decisione di conservare alcune reminiscenze dell'edificio precedente: il portico sull'acqua deve essere molto simile, per lo meno planimetricamente, a quello del palazzo precedente, mentre due fregi duecenteschi, rimessi in opera in verticale, sono sicuramente appartenenti al palazzo degli Zeno. Alcune incoerenze costruttive si devono certamente alle volontà del Contarini: le colonnine tortili, che corrono lungo i due spigoli della facciata creando un cordone, non legano però con il coronamento; inoltre la mezzeria dell'edificio, segnata dai tre pinnacoli più alti del coronamento, non coincide con l'apparente mezzeria della facciata, sottolineata dai fregi verticali posti a destra delle logge.
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=== L'opera del barone Franchetti ===
[[File:Ponti, Carlo (ca. 1823-1893) - Venezia - 122 Palazzo detto Ca' d'oro.jpg|thumb|La facciata nell'Ottocento, dopo i lavori di [[
Il manufatto rimase di proprietà della famiglia Contarini sino alle nipoti di Marino, dopodiché subì numerosi cambi di proprietari, che operarono numerosi rifacimenti delle suddivisioni interne e vari altri rimaneggiamenti. L'edificio fu inoltre ampliato con l'acquisizione di alcuni fabbricati sul retro e di alcune stanze nell'edificio di fianco. A metà Ottocento l'edificio venne quindi restaurato dell'ingegner [[
Sul finire dell'Ottocento la casa divenne proprietà del barone [[Giorgio Franchetti]], a seguito di un notevole esborso di 170.000 [[Lira italiana|lire]]: il barone volle intraprendere un attento restauro filologico dell'edificio, tentando di riportarlo il più possibile vicino alla morfologia quattrocentesca, ma nel 1916 Franchetti stipulò con lo Stato Italiano un accordo nel quale si impegnò a cedere il palazzo al termine dei lavori in cambio della loro copertura finanziaria. Questi restauri furono piuttosto scrupolosi, anche se non poterono, ovviamente, restituire il palazzo nel suo aspetto originario, inoltre alcune parti sono delle ricostruzioni difficilmente giudicabili, in particolare la scala del cortile e il portale che fa da ingresso sul rio. Tra i lavori che fece eseguire vi fu pure la demolizione di sovrastrutture in facciata, la riapertura delle finestre quadrate, e la realizzazione ex novo dei pavimenti con disegni ispirati a quelli originali perduti. Il barone fece collocare all'interno alcune opere d'arte appartenenti alla sua collezione, era infatti nel suo volere che l'edificio divenisse un museo, perdendo la sua funzione di abitazione civile. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1922, furono quindi conclusi i lavori di restauro e il 18 gennaio 1927 venne inaugurata la Galleria che prende il suo nome.
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[[File:Paolo Monti - Servizio fotografico (Venezia, 1969) - BEIC 6330573.jpg|thumb|Particolare dell'angolo. Foto di [[Paolo Monti]], 1969]]
La facciata si caratterizza per la marcata asimmetria tra la parte sinistra, in cui si sovrappongono tre fasce traforate (portico per l'attracco delle barche al piano terra e loggiati ai piani superiori), e l'ala destra, in cui prevale la muratura rivestita di marmi pregiati con singole aperture quadrate isolate; la causa di tale specificità è da attribuirsi alle ridotte dimensioni del lotto, che non hanno permesso la realizzazione dell'ala sinistra dell'edificio. Tra la parte sinistra e quella destra della facciata è stato inserito un [[fregio]] proveniente dalla precedente abitazione dei Zeno. L'unico elemento che da continuità alla facciata, condizionandola e dominandola, è il grande [[cornicione]] con la soprastante [[Merlo (architettura)|merlatura]]. A chiuderla ai lati sono presenti triple [[Colonna tortile|colonnine tortili]] che formano come dei codoni sugli spigoli della facciata, completamente slegati però dal coronamento.
Il portico al pian terreno è aperto con cinque grandi archi sull'acqua, con quello centrale dilatato rispetto agli altri, tanto da risultare a sesto ribassato, riprendendo i portici di origine bizantina. Esso è una reminiscenza della duecentesca casa degli Zeno, e non presenta nessuna novità di rilievo. Tra il portico sull'acqua e quello interno si trova una quadrifora di notevole interesse, opera di Giovanni Bono: doppie colonne tortili separano le aperture; in asse con le colonne, sopra di esse, dei trafori a croce; sull'estradosso degli archi delle aperture due [[Quadrilobo|quadrilobi]]. Al piano superiore la loggia del Reverti, composta da un'esafora che risulta invece essere una novità per l'epoca, in quanto sopra i quadrilobi, in asse con i vertici degli archi delle aperture, troviamo dei semiquadrilobi, con i quali il Raverti ottenne un vivo effetto chiaroscurale, esasperato dalle [[Modanatura|modanature]]. I [[Capitello|capitelli]] delle colonne con foglie grasse che salgono a spirale vengono reinterpretati in modo inedito rompendo la classica simmetria veneziana coeva. Perfino le [[Parapetto|balaustre]] tra le colonne hanno un spiccato spirito decorativo. La loggia dell'ultimo piano è composta da un’ulteriore esafora con dei trafori a croce in asse con le colonne, proprio come nella quadrifora del piano terreno, anche se in questo caso troviamo un semiquadrilobio in asse con i vertici degli archi delle aperture in luogo dei due quadrilobi.
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=== Pavimento marmoreo ===
[[File:Ca' d'Oro - pavés 02.jpg|miniatura|destra|Pavimento marmoreo]]
Durante i lavori intrapresi da Giorgio Franchetti venne realizzato il pavimento marmoreo nel portico del piano terreno. Esso copre una superficie di 350 m² utilizzando le tecniche dell{{'}}''[[opus sectile]]'' e dell{{'}}''[[opus tessellatum]]''. I motivi geometrici che compongono la decorazione si ispirano alle pavimentazioni medievali delle chiese della laguna veneta come la [[
== Il museo ==
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== Collegamenti esterni ==
* {{cita web |
{{Canal Grande}}
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