Junio Valerio Borghese: differenze tra le versioni

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Comandante della [[Xª Flottiglia MAS (Regno d'Italia)|Xª Flottiglia MAS]], dopo l'[[Armistizio di Cassibile|armistizio dell'8 settembre 1943]] aderì alla [[Repubblica Sociale Italiana]] (RSI) come sottocapo di Stato Maggiore della [[Marina Nazionale Repubblicana]], combattendo al fianco dei [[Germania nazista|nazisti]] contro l'[[Alleati della seconda guerra mondiale|esercito anglo-americano]]. Ai suoi ordini la [[Xª Flottiglia MAS (Repubblica Sociale Italiana)|Xª MAS]] della RSI si segnalò per la particolare violenza e brutalità in funzione antipartigiana, compiendo atti per la quasi totalità dei quali, nel dopoguerra, evitò di rispondernerispondere o ebbe una condanna mite<ref>{{Cita libro |autore=Giorgio Bocca |titolo=Storia della Repubblica italiana |editore=Rizzoli |citazione=Il processo a Junio Valerio Borghese è una burletta: presiede la Corte di Assise il dottor Caccavale, amico della famiglia Borghese e vecchio gerarca; nel collegio giudicante ci sono ex fascisti notori. La sentenza il 17 febbraio '47 supera ogni limite di impudenza: vengono concesse a Borghese le attenuanti del valor militare, per il salvataggio delle industrie del nord, perché si è battuto per salvare la Venezia Giulia, per l'assistenza ai deportati dai tedeschi. Insomma sarebbe meritevole di avere assistito i partigiani e gli antifascisti che ha catturato e mandato nei lager nazisti. Con tutte le attenuanti e gli indulti, a Borghese restano ancora nove anni; su suggerimento dei difensori si studiano altri indulti finché al principe resta un solo anno. E su questa condanna a un anno di reclusione il processo farsa sta per chiudersi quando un avvocato difensore ricorda al presidente che per la legge del 1946 il condono deve essere superiore a un anno e allora il dottor Caccavale torna di fretta in camera di consiglio, toglie l'ultimo anno come dal conto del salumaio e Borghese esce libero, portato in trionfo.}}</ref>, a causa delle pressioni dell'[[Office of Strategic Services|OSS]]<ref name="CommissioneParlamentare2006-RelazionediMinoranza" /><ref name="Tranfaglia" /><ref name="RAI" /> e di settori dei servizi italiani<ref name="Pacelli" /><ref name="Tonietto" />.
 
Molti di questi atti, poi riconosciuti come [[Crimine di guerra|crimini di guerra]]<ref name="Bocca1995">{{Cita libro |url=https://books.google.it/books/about/Storia_dell_Italia_partigiana.html?id=VNQhAQAAIAAJ&redir_esc=y |autore=[[Giorgio Bocca]] |titolo=Storia dell'Italia partigiana |anno=1995 |p=478}}</ref>, furono occultati per decenni e vennero alla luce solo dopo il 1994 con la scoperta degli "[[Armadio della vergogna|armadi della vergogna]]"<ref>{{Cita web|url=https://www.cittadellaspezia.com/2017/06/25/il-museo-navale-tra-le-polene-e-il-teschio-nero-con-la-rosa-in-bocca-236880/|titolo=Il Museo navale, tra le polene e il teschio nero con la rosa in bocca|sito=Citta della Spezia|data=25 giugno 2017|lingua=it|accesso=5 ottobre 2022}}</ref><ref name="CommissioneParlamentare2006">{{Cita|Commissione Parlamentare, ''Relazione finale'', 2006|pp. 108-109}}.</ref>.
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Immediatamente dopo l'[[Armistizio di Cassibile|armistizio dell'8 settembre]], molti marò della Xª Flottiglia MAS tornarono a casa<ref>{{Cita|Bertoldi, 1976|p. 151}}.</ref> o si rifugiarono sulle colline in attesa degli eventi<ref name="Bertoldi-pag.157">{{Cita|Bertoldi, 1976|p. 158}}.</ref>, mentre il comando di stanza nella caserma della [[La Spezia|Spezia]] non si sbandò e, messo in allarme, attese ordini disciplinatamente<ref name=autogenerato2>Giampaolo Pansa, Il gladio e l'alloro, Le Scie, Mondadori editore, Milano, 1991, pag 186</ref>, evitando però di distruggere i piccoli mezzi navali all'ancora fuori della caserma, di cui parte poi cadde momentaneamente in mani tedesche<ref>{{Cita|Bertoldi, 1976|pp. 153-157}}.</ref>.
La seratasera stessa Borghese raggiunse l'[[ammiraglio]] [[Aimone di Savoia-Aosta (1900-1948)|Aimone d'Aosta]] e inutilmente cercarono insieme di contattare Roma per avere conferma dell'armistizio e ricevere ordini<ref name=autogenerato2 />. Tuttavia la mattina seguente Aimone ricevette l'ordine di trasferirsi al sud presso il re<ref>{{Cita libro |autore=Giampaolo Pansa |titolo=Il gladio e l'alloro |collana=Le Scie |editore=Mondadori editore |città=Milano |anno=1991 |p=87}}</ref>. La Xª MAS, continuando a rimanere priva di ordini<ref>{{Cita libro |autore=Sole De Felice |titolo=La Decima Flottiglia Mas e la Venezia Giulia 1943-1945 |editore=Edizioni Settimo Sigillo |città=Roma |anno=2003 |p=53 |citazione=Relazione giurata del capitano di vascello Agostino Calosi responsabile dell´Ufficio Informazioni della Regia Marina del Sud nel corso del processo tenuto contro Borghese il 24 novembre 1948 "nel caso specifico della X Flottiglia Mas debbo dire che a questo comando non arrivarono mai ordini precisi, benché dallo stesso sollecitati anche telefonicamente}}</ref>, mantenne l'attività nella caserma immutata e per tutto il tempo la bandiera italiana rimase sul pennone. Borghese inoltre dispose di aprire il fuoco contro chiunque avesse tentato di attaccare la caserma<ref>{{Cita|Bertoldi, 1976|p. 156}}.</ref>, riuscendo a respingere alcuni tentativi tedeschi di disarmare i marò<ref>{{Cita|Greene, Massignani, 2008|p. 160 |citazione=I tedeschi fecero numerosi tentativi di penetrare nella caserma della Xª Mas, ma, come scrisse Borghese, ''Li respingemmo tutti malgrado l'enorme sproporzione di forze''. Nessuno ne ha mai dubitato e, anzi la fermezza dimostrata dalla flottiglia nella circostanza è stata spesso presa ad esempio di ciò che sarebbe stato possibile fare in quei giorni difficili se si fosse potuto contare su unità altrettanto motivate}}.</ref>.
[[File:Foto di gruppo Borghese Bardelli Bertozzi decima mas.jpg|thumb|left|Foto di gruppo: sono riconoscibili Borghese (alla guida), [[Umberto Bardelli|Bardelli]], [[Umberto Bertozzi|Bertozzi]], con i militi della [[Xª Flottiglia MAS (Repubblica Sociale Italiana)|Decima MAS]] (1944)]]
Il 9 settembre gli ufficiali si riunirono per decidere la strada da intraprendere e Borghese ribadì la lealtà all'alleato tedesco. L'11 settembre radunò invece i marinai della Spezia, spiegando la situazione e dando il permesso di congedarsi a coloro che non se la fossero sentita. La maggioranza si congedò<ref>{{Cita|Greene, Massignani, 2008|p. 161}}.</ref>. In questo periodo la Decima si dotò di un proprio regolamento che costituisce un unicum nella storia militare italiana: prevedeva la totale uguaglianza fra ufficiali e truppa (panno della giubba uguale per tutti, pasti in comune), promozioni guadagnate solo sul campo, [[pena di morte]] per i marò colpevoli di furto, saccheggio, diserzione o vigliaccheria in faccia al nemico. La Decima adottò inoltre il proprio saluto: "''Decima, comandante''" cui veniva risposto "''Decima, marinai''"<ref name="Ganapini">{{Cita libro |url=https://books.google.com/books?id=z21oAAAAMAA |autore=Luigi Ganapini |titolo=La repubblica delle camicie nere editore=Garzanti |città=Milano |isbn=978-88-11-69417-5 |annooriginale=1999 |anno=2010 |pp=61-62 |urlmorto=sì }}</ref>.
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**Valerio.
 
== Albero genealogicoAscendenza ==
{{Ascendenza
| 1 = Junio Valerio Borghese