Utente:Trabalza2/Sandbox: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
fix da Speciale:LintErrors |
|||
(32 versioni intermedie di 2 utenti non mostrate) | |||
Riga 4:
{{Museo
|NomeMuseo= Museo civico di Bevagna
|Stato = ITA
|Indirizzo= Corso Matteotti, 70, Bevagna (Pg)
|Tipologia= [[Arte]]
|Immagine=
|Didascalia=
|Larghezza=
|Telefono= 0742360031
|Fax=
|e-mail=
Riga 58 ⟶ 59:
===Storia delle collezioni===
[[File:Una sala del Museo di Bevagna.JPG|thumb|
Il Museo di Bevagna è costituito da una pinacoteca e da una raccolta archeologica.
Riga 64 ⟶ 65:
La raccolta archeologica nel [[1838]] fu sistemata lungo la scalinata di [[Palazzo Lepri]], allora sede del Municipio. Essa comprende la collezione raccolta dal [[1787]] dall’[[Abate Fabio Alberti]], studioso mevanate, della quale sono da segnalare alcuni frammenti di sculture colossali (braccia, gamba, piede,forse pertinenti ad una stessa statua).
== Percorso espositivo ==
Riga 111 ⟶ 110:
===Pala Ciccoli===
[[File:Pala Ciccoli.jpg|thumb|left|Pala Ciccoli]]
L’opera realizzata in olio su tela, di dimensioni 210 x 135 cm, proviene dalla chiesa di San Francesco di Bevagna.
Attribuita al pittore assisano [[Dono Doni]] e realizzata tra il [[1565]] e il [[1570]], presenta uno stile caratterizzato "da un'asciutta semplificazione delle cifre manieristiche e da una levigata rifinitura delle forme"<ref>Pinacoteca Comunale di Bevagna, Catalogo regionale dei beni culturali dell'Umbria, a cura di F.F.Mancini, Electa Editori Umbri Associati, Città di Castello,1999 p.26</ref>.
Nella parte superiore, sopra un trono di nuvole, vengono raffigurati la Madonna, il Bambino e una bambina inginocchiata che sta per essere incoronata dal Bambino con una ghirlanda fiorita. Il riconoscimento della fanciulla, appartenente alla famiglia Ciccoli, è reso possibile grazie alle iscrizioni che si trovano nella parte inferiore della tela.
Al centro, dentro una ricca cornice a volute, si legge: “Deo opt. max./ ac virgini deiparae / coelicolarum dominae / viatorum patronae / cunctorumqu(e) reginae / gisb. ciccolus d(onavit)” (A Dio ottimo massimo, alla Vergine Madre di Dio, signora degli abitatori del cielo, protettrice di coloro che vanno e regina di tutti Gisberto Ciccoli offrì). ▼
▲Al centro, dentro una ricca cornice a volute, si legge:
Ai lati, al di sotto di uno scudo che presenta l'arme dei Ciccoli e accanto a quella dei Sermattei di Assisi, si trovano due cartigli con le seguenti iscrizioni. ▼
*A sinistra: “Unica neptis erat prudens pulcherrima, sola haec / Mira suae aetatis corpore et ingenio / Sic dulcis sic chara mihi ut mihi sola senectae / Dulce haec solamen presidiumque foret / Nata decem menses binos compleverat annos, / vivebatque decem quatuor atque Dies / Tunc mors sic neptem invidit mihi saeva quae ausit / Proh Dolor, inferre huic febre furente necem (“Unica nipote, era saggia, bellissima, lei sola meravigliosa nel corpo e nell’ingegno per la sua età, così dolce così cara a me, da essere per me lei sola dolce sollievo e rifugio della vecchiaia; nata, aveva compiuto dieci anni e due mesi, e visse ancora quattordici giorni; a quel punto l’ atroce Morte così me la invidiò che osò, oh dolore, causare la sua fine con una febbre furente). ▼
*A destra: “Non Victrix Mors saeva mei solaminis unquam / Mors in nepte fuit gloria nulla tibi, / Spiritus aeternis, ut cernis, sedibus, Orbe hoc / utque vides longum sic mea Neptis erit. / Sic ego te in vita consolor imagine neptis, / nepte duce et spero sede perenne frui” (“Oh atroce morte, mai (sarai) vincitrice della mia consolazione, la morte di (mia) nipote non ha dato nessuna gloria a te; il (suo) spirito (è), come vedi, nelle sfere immortali e come vedi (sarà) a lungo in questa terra, così mia nepote sarà (sempre fra noi); così io conforterò te in vita con la sua immagine e spero di usufruire. Grazie al suo aiuto, di una dimora eterna”).▼
Gisberto Ciccoli dunque, zio della bambina raffigurata, è il committente di questa pala. Dalle iscrizioni presenti nei cartigli ai lati, si deduce anche il motivo alla base di questa commissione.
Dall’iscrizione si deduce che alla base della commissione ci sia stato un grande dolore per la morte della nipote e un senso di impotenza da parte del Dottor Gisberto Ciccoli per non averla potuta salvare.▼
▲Ai lati, al di sotto di uno scudo che presenta l'arme dei Ciccoli e accanto a quella dei Sermattei di Assisi, si trovano i due cartigli con le seguenti iscrizioni in corsivo.
Ad arrivare al nome dell’autore [[Dono Doni]], possono aver concorso diversi fattori: il fatto che la moglie di Gisberto Ciccoli era una Sermattei di [[Assisi]], come si ricava dallo stemma vicino ai Ciccoli; e il fatto che i Ciccoli erano imparentati con “Domina Finalteria de Meneco de Calamo” moglie del notaio bevanate Bonifacio Lucani e committente di Dono Doni.▼
*A sinistra: ''Unica neptis erat prudens pulcherrima, sola haec / Mira suae aetatis corpore et ingenio / Sic dulcis sic chara mihi ut mihi sola senectae / Dulce haec solamen presidiumque foret / Nata decem menses binos compleverat annos, / vivebatque decem quatuor atque Dies / Tunc mors sic neptem invidit mihi saeva quae ausit / Proh Dolor, inferre huic febre furente necem.''
▲
*A destra: ''Non Victrix Mors saeva mei solaminis unquam / Mors in nepte fuit gloria nulla tibi, / Spiritus aeternis, ut cernis, sed, Orbe hoc / utque vides longum sic mea Neptis erit. / Sic ego te in vita consolor imagine neptis, / nepte duce et spero sede perenne frui''.
▲
▲
▲
Questa pala, all'interno della chiesa di San Francesco, era visibile sullo sfondo di una porta identificata come la ''ianua coeli'' (porta del Cielo), e era inserita in un contesto dedicato al culto della [[Vergine]] come [[Immacolata Concezione]] che inneggiava alla purezza e alla castità. E' evidente che la similitudine che questo contesto voleva suggerire era tra la Vergine e la bambina morta precocemente senza peccato, immacolata.
===Modellino Santuario della Madonna delle Grazie===
È un modello architettonico in scala ridotta che ha il suo corrispettivo monumentale nel grande edificio costruito nel [[1583]] sul colle che sovrasta [[Bevagna]] (Colpulito).
[[File:Sala museo - Copia.jpg|thumb|modello ligneo e immagine del Santuario]]
Come narra la cronaca conservata all'interno del santuario, la chiesa nasce sul luogo dove già si trovava un’edicola fatta costruire un secolo prima. “Un uomo di Bevagna, soprannominato Pancascio, e residente temporaneamente a [[Roma]], assalito d’infermità gravissima dubitava morire. Raccomandatosi alla Vergine, gloriosissima salute degli infermi, la pregò che per sua misericordia gli concedesse grazia poter ritornare prima morisse alla disiata sua patria. Messosi in cammino e giunto dopo vari giorni sul luogo dove è oggi il santuario, non appena da quell’altura vide la cara e disiata sua patria, sentendosi perfettamente ristabilito, decise di ringraziare la Vergine costruendo un’edicola in suo onore, dove fece dipingere una bellissima e devotissima immagine della gloriosissima [[Vergine Maria]]; con Gesù nostro salvatore in braccio, che sta in atto di benedire e altre immagini di Santi”. Tutto questo avvenne nel 1462 (data che si leggeva sull’altare della piccola cappella)<ref>"Vicende narrate in una cronaca conservata all'interno del santuario" - Pinacoteca Comunale di Bevagna, Catalogo regionale dei beni culturali dell'Umbria, a cura di F.F.Mancini, Electa Editori Umbri Associati, Città di Castello,1999 p.65.</ref>. L’immagine, in breve tempo, divenne oggetto della devozione popolare per i suoi poteri miracolosi.
Il progetto del santuario fu affidato all’architetto perugino [[Valentino Martelli]] (Perugia 1550 circa – 1630), che prima di dare inizio ai lavori, consegnò alla
La costruzione, fedele al modello, venne realizzata in laterizio, travertino e arenaria. L’utilizzo del modello ligneo, prima dell’inizio dei lavori, è tipico dell’età rinascimentale, come raccomandava anche l’[[Leon Battista Alberti|Alberti]], a tutti i buoni architetti, nel suo “De re edificatoria”.
Riga 139 ⟶ 147:
===San Giuseppe e Sant’Antonio da Padova===
[[File:S.Giuseppe.tif|left|100px|thumb|San Giuseppe]]
[[File:S.Antonio da Padova.tif|right|100px|thumb|Sant'Antonio da Padova]]
Le due tavole dipinte ad olio da [[Andrea Camassei]], provengono dalla Chiesa Bevanate di [[San Domenico]] e Giacomo <ref>Pinacoteca Comunale di Bevagna, Catalogo regionale dei beni culturali dell'Umbria, a cura di F.F.Mancini, Electa Editori Umbri Associati, Città di Castello,1999 p.37</ref>. Facevano forse parte di un trittico di cui sono rimasti solo i due comparti con Sant' Antonio e San Giuseppe.
La modesta qualità pittorica e le rigide ed acerbe fattezze dei due santi, evidenziano l'appartenenza alla primissima fase di attività artistica del Camassei, prima del 1625 quando affrescò la cappella Spetia e prima della partenza per [[Roma]]<ref>Pinacoteca Comunale di Bevagna, Catalogo regionale dei beni culturali dell'Umbria, a cura di F.F.Mancini, Electa Editori Umbri Associati, Città di Castello,1999 p.37</ref>. Il primo soggiorno romano documentato al [[1626]], metterà l’artista a diretto contatto con la cultura classicista e lo porterà all’incontro decisivo con il [[Domenichino]], il cui influsso sarà poi dominante.
Riga 152 ⟶ 161:
E' un'opera realizzata ad [[olio su tela]] di dimensioni 152 x 113 cm. Ritenuto in passato di [[scuola veneta]], il dipinto fu poi attribuito a [[Corrado Giaquinto]]<ref>Pinacoteca Comunale di Bevagna, Catalogo regionale dei beni culturali dell'Umbria, a cura di F.F.Mancini, Electa Editori Umbri Associati, Città di Castello,1999 p.55</ref>. Appartiene quasi certamente alla maturità del maestro, che forse lo realizzò intorno al [[1750]], alla vigilia della partenza per la [[Spagna]]<ref>Pinacoteca Comunale di Bevagna, Catalogo regionale dei beni culturali dell'Umbria, a cura di F.F.Mancini, Electa Editori Umbri Associati, Città di Castello,1999 p.55</ref>.
Si ignora la provenienza della tela, probabilmente realizzata per qualche nobiluomo o prelato di Bevagna (e non per una chiesa o per il Palazzo Comunale).Bruno Toscano sostiene che l'opera fu commissionata in ambito locale successivamente alla realizzazione di una grande pala raffigurante San Francesco in estasi e l'Immacolata Concezione per l'altare maggiore della chiesa dei Cappuccini a Foligno, che suscitò molto interesse nel territorio<ref>Pinacoteca Comunale di Bevagna, Catalogo regionale dei beni culturali dell'Umbria, a cura di F.F.Mancini, Electa Editori Umbri Associati, Città di Castello,1999 p.56</ref>.
Prima del restauro del 1970, il quadro era in pessime condizioni di lettura: era sporco e appannato e dubbia era la sua attribuzione. Il restauro ha restituito all’opera la luminosità originaria e ha tolto ogni dubbio sull’artista che l’ha eseguita: Corrado Giaquinto, considerato tra i più grandi pittori del [[Rococò]] internazionale dopo [[Tiepolo]] (tra i due artisti non corse mai buon sangue).
L’attribuzione non è stata semplice: il dipinto era fortemente malridotto e si pensò a lungo che si trattasse di una copia (tanto più che esiste un’altra versione pressoché identica a questa di [[Bevagna
Non si hanno notizie del dipinto prima che esso entrasse a far parte della collezione civica. Sembrerebbe quasi senza storia: si ignora la sua provenienza (collezione privata bevanate o piccola cappella gentilizia?). Le dimensioni della tela, comunque, la vorrebbero più proveniente dall’altare di una piccola cappella.
Tutti i personaggi che vi figurano, dalla [[Madonna]] col Bambino ai tre [[Magi]] a [[San Giuseppe]] al guerriero, corrispondono ai tipi cari all’artista.
Riga 166 ⟶ 175:
Giaquinto è infatti un pittore di grandi pale d’altare e di grandi decorazioni. Si afferma soprattutto come grande decoratore internazionale.
===
[[File:Sacrificio di Vitellio 1.jpg|left|350px|thumb|Sacrificio di Vitellio di Francesco Providoni]]Il dipinto eseguito ad [[olio su tela]], fu realizzato da [[Francesco Providoni]] nella seconda metà del [[XVII secolo]]. Si tratta dell'unica opera profana nota di questo pittore<ref>Pinacoteca Comunale di Bevagna, Catalogo regionale dei beni culturali dell'Umbria, a cura di F.F.Mancini, Electa Editori Umbri Associati, Città di Castello,1999 p.52</ref>.
Il quadro è inserito in una antica cornice di legno, verniciata in marrone e decorata con motivi vegetali dorati.
Il soggetto del dipinto è tratto dal racconto di [[Tacito]] presente nel terzo libro delle ''Historiae'', e riassunto sul plinto in basso a destra.
Vengono raffigurati i presagi negativi che colpirono l’imperatore [[Vitellio]] mentre parlava alle truppe, accampate presso Mevania (Bevagna),durante la guerra con [[Vespasiano]]:
"Infine, dopo insistenti pressioni dell’esercito stanziato a Mevania, con gran seguito di senatori, trascinati molti dall’ambizione, i più dalla paura, si recò all’accampamento pieno di incertezze e facile preda di malfidi consigli.
Mentre parlava all’esercito, si spiegò sopra di lui, raccapricciante prodigio, un volo di uccelli di malaugurio così fitto da oscurare in una nera nube la luce del sole. S’aggiunse un altro funesto presagio: un toro, scompigliando i preparativi del sacrificio fuggì dall’altare e fu sgozzato lontano, un modo per le vittime, non rituale. <ref> Historiae- III libro, Tacito (55-56)</ref>
L'episodio è ambientato entro una scenografia prospettica costituita da architetture classiche che evidenziano l'interesse dell'artista per soggetti architettonici e vedute.
== Note ==
|