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* {{cita libro|Milica|Kacin Wohinz|Alle origini del fascismo di confine: gli Sloveni della Venezia Giulia sotto l'occupazione italiana 1918-1921|2010|Sklad Dorče Sardoč|Gorizia|ISBN=978-88-903422-8-8|cid= Kacin Wohinz 2010}}
 
* [https://www.legal-tools.org/doc/ab46a4/pdf/]
=Tribunale Straordinario della Dalmazia=
* [https://www.openstarts.units.it/bitstream/10077/21244/1/QS_2_2016.pdf Dimenticare il Balkan]
[[File:Governatorato della Dalmazia.png|thumb|right|250px|Il Governatorato della Dalmazia (1941-1943)]]
Il '''Tribunale Straordinario della Dalmazia''' fu un [[Organo (diritto)|organo]] giudiziario speciale operante all'interno del [[Governatorato della Dalmazia]], col compito di giudicare le più importanti figure di reati a sfondo politico. Istituito dal governatore [[Giuseppe Bastianini]] l'11 ottobre 1941, celebrò quattro processi caratterizzati da una procedura sbrigativa senza alcuna garanzia per gli imputati, irrogando 48 condanne a morte - di cui 35 eseguite - nonché 37 pene detentive di diversa durata. Formalmente affiancato il successivo 24 ottobre dal [[Tribunale Speciale della Dalmazia]], che di fatto ne assunse le medesime funzioni in un quadro legislativo più definito, celebrò il suo ultimo processo il 29 ottobre 1941, venendo infine sciolto ''[[de facto]]'' da Bastianini a novembre dello stesso anno. I suoi tre giudici - Gherardo Magaldi (presidente), [[Pietro Caruso]] e [[Vincenzo Serrentino]] - furono accusati dagli jugoslavi di crimini di guerra. Caruso venne fucilato a Roma il 22 settembre 1944 come [[collaborazionismo|collaborazionista]] e per la partecipazione alla stesura della lista degli ostaggi fucilati alle [[Eccidio delle Fosse Ardeatine|Fosse Ardeatine]]. Serrentino fu arrestato dagli jugoslavi a Trieste il 5 maggio del 1945, condotto in Jugoslavia, sottoposto a processo e fucilato a Sebenico il 15 maggio 1947. Magaldi e Centonze invece non vennero mai portati a processo per i fatti contestatigli dagli jugoslavi.
==Inquadramento storico==
===L'occupazione della Jugoslavia===
{{vedi anche|Invasione della Jugoslavia|Fronte jugoslavo (1941-1945)}}
[[File:Sbarco cinematografico a Spalato.jpg|thumb|right|300px|Aprile 1941: le truppe italiane inscenano a fini propagandistici uno sbarco a [[Spalato]], dopo l'occupazione della città avvenuta via terra]]
A seguito della rapida vittoria nella [[Invasione della Jugoslavia|Campagna di Jugoslavia]] (le ostilità ebbero inizio il 6 aprile 1941), il [[Regno di Jugoslavia|paese]] fu occupato dalle [[potenze dell'Asse]]. Formalmente l'armistizio - con la formula della [[resa incondizionata]] - fu firmato dai rappresentanti jugoslavi il 17 aprile per entrare in vigore a mezzogiorno del giorno dopo, ma già nel notiziario del mattino del 16 l'[[Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche|E.I.A.R.]] aveva annunciato che "Con provvedimento in corso di registrazione è stato nominato Commissario civile nei territori sloveni occupati dalle nostre truppe il Segretario Federale di Trieste [[Emilio Grazioli]]. A Commissario civile per le zone dalmatiche è stato nominato [[Athos Bartolucci]], Federale di Zara"<ref name = "Talpo 2">{{cita|Talpo 1985| p. 146}}.</ref>. La preferenza per uomini di partito al posto di militari - come previsto dalla legge di guerra - o di funzionari di carriera fu una precisa scelta di Mussolini, che intendeva far apparire il successo delle armi italiane come un'affermazione del regime<ref name = "Talpo 2" />.
 
La spartizione del paese venne decisa principalmente da Germania e Italia a seguito di un incontro fra [[Galeazzo Ciano|Ciano]] e [[Joachim von Ribbentrop|Ribbentrop]]: il primo temeva l'inserimento della Germania nel teatro dei Balcani, tradizionalmente ritenuti dagli italiani luogo della propria espansione economico-politica, ma i tedeschi cercarono di tranquillizzare gli alleati affermando di non voler perseguire alcun interesse strategico nell'area, fatte salve le proprie esigenze militari per la guerra in corso<ref>L'incontro si tenne a Vienna il 21 e 22 aprile 1941, ed era stato preceduto il 18 da una riunione di tutti i rappresentanti delle potenze che avevano partecipato all'invasione. Ampia trattazione dei colloqui Ciano - Ribbentrop in {{cita|Talpo 2008|pp. 309-316}}.</ref>.
 
Il 13 aprile era già arrivato a Zagabria proveniente dall'Italia il capo del movimento degli [[ustascia]] [[Ante Pavelić]], con cui Mussolini s'era incontrato due giorni prima a Roma per ribadire i termini di un accordo stretto il 29 marzo, in base al quale il primo sarebbe stato creato ''poglavnik'' (guida, duce) di un nuovo [[stato Indipendente di Croazia|stato indipendente croato]] (già proclamato il 10 aprile), in cambio dell'annessione all'Italia dell'area litoranea dalmata. Tale accordo incontrò l'assenso anche di [[Adolf Hitler|Hitler]], che superò alcune resistenze nel suo stesso ''entourage''<ref>Fra i motivi di frizione, la presenza di numerosi tedeschi etnici a Zagabria e in altre zone della Croazia: l'ingresso delle truppe tedesche in città era stato accolto da scene di giubilo. In merito si veda {{cita|Burgwyn 2006|pp. 56-59}}.</ref>.
 
===Il Trattato di Roma e l'istituzione del Governatorato della Dalmazia===
{{vedi anche|Trattato di Roma (1941)|Governatorato della Dalmazia}}
[[File:Smembramento della Jugoslavia.png|thumb|right|300px|La divisione dei territori jugoslavi nel 1941]]
{{Doppia immagine|destra|Mussolini e Pavelic.jpg|250|Giuseppe Bastianini in uniforme.jpg|108|18 maggio 1941: [[Benito Mussolini|Mussolini]] e [[Ante Pavelić|Pavelić]] s'incontrano a Roma per la firma del [[Trattato di Roma (1941)|trattato]] di delimitazione dei rispettivi confini|[[Giuseppe Bastianini]]}}
A seguito del [[Trattato di Roma (1941)|trattato di Roma]] del 18 maggio 1941 fra il [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] e il neocostituito [[Stato Indipendente di Croazia]] quasi tutta la parte costiera della Dalmazia settentrionale fu annessa al Regno d'Italia, così come fu annessa tutta la zona - prevalentemente abitata da [[Montenegro|montenegrini]] - delle [[Bocche di Cattaro]], un tempo parte dell'antica [[Albania Veneta]]<ref>{{cita|R.D.L. 452/41|art. 1}}</ref>. Il resto della regione entrò a far parte dell'esteso stato croato comprendente anche l'intera [[Bosnia ed Erzegovina|Bosnia Erzegovina]] e dominato dagli [[ustascia]] di [[Ante Pavelić]]. Di fatto il paese era solo nominalmente indipendente, anche perché diviso da nord a sud da una linea di demarcazione che individuava le due zone nelle quali l'Italia a ovest e la Germania a est esercitavano una sorta di protettorato. Il resto del territorio jugoslavo venne smembrato: la [[Slovenia]] venne divisa fra [[Germania nazista|Germania]], Italia e Ungheria: quest'ultima si annetté anche la parte occidentale della [[Voivodina|Vojvodina]]<ref>Entrambe le regioni annesse dall'Ungheria erano abitate anche da popolazioni ungheresi, che in diverse zone costituivano la maggioranza.</ref>; l'[[Regno albanese|Albania]] (che nel 1939 era stata [[Occupazione italiana dell'Albania (1939-1943)|occupata]] dagli italiani) acquisì il territorio più occidentale della [[Banovina del Vardar]] (la [[Metochia]] nel [[Kosovo]] e il ''Dibrano'', nelle attuali regioni [[Repubblica di Macedonia|macedoni]] del [[Regione del Polog|Polog]] e [[Regione Sudoccidentale|Sudoccidentale]]), mentre a spese del Montenegro estese le sue frontiere anche a nord ([[Rožaje]], [[Plav (Montenegro)|Plav]] e [[Dulcigno]]); il [[Regno del Montenegro (1941-1944)|Regno del Montenegro]] ritornò formalmente indipendente come nel periodo pre-jugoslavo, ma di fatto divenne un protettorato italiano; la [[Serbia (1941-1944)|Serbia]] fu uno [[stato fantoccio]] dei tedeschi, dovendo peraltro istituire all'interno dei suoi territori una provincia autonoma corrispondente alla parte occidentale del [[Banato]], ove i tedeschi etnici ivi residenti assunsero le redini del potere<ref>{{cita|Burgwyn 2006|pp. 49-76}}.</ref>. Infine, gran parte della [[Macedonia (regione storica)|Macedonia]] già facente parte del [[Regno di Jugoslavia]] venne annessa alla [[Regno di Bulgaria|Bulgaria]], le cui forze armate peraltro non avevano partecipato alle operazioni belliche.
 
La Dalmazia annessa all'Italia venne suddivisa nelle province di [[provincia di Zara|Zara]], [[provincia di Spalato|Spalato]] e [[provincia di Cattaro|Cattaro]]: tutte parti del [[Governatorato della Dalmazia]], costituito anch'esso in tale occasione. A capo del Governatorato fu posto [[Giuseppe Bastianini]] - preferito infine a Bartolucci - che all'epoca esprimeva posizioni fasciste intransigenti, in linea con la politica che s'intendeva perseguire di intensa e rapida italianizzazione delle terre annesse<ref>{{cita|Monzali 2007|p. 351}}.</ref>.
 
In poche settimane Bastianini, coadiuvato dai prefetti di Zara, Spalato e Cattaro, favorì un'azione di completa eliminazione dell'influenza croata e jugoslava nei territori annessi attraverso licenziamenti di massa, espulsioni, limitazioni del diritto di cittadinanza per gli slavi recentemente immigrati in Dalmazia, nazionalizzazioni forzate, nonché con l'introduzione capillare delle organizzazioni di massa fasciste ([[Gioventù italiana del littorio|GIL]], [[Opera nazionale del dopolavoro|OND]], [[Fasci femminili]]) che via via alienò al regime le già scarse simpatie iniziali della popolazione locale slava, che in breve tempo venne di conseguenza considerata tutta ostile e nemica<ref>{{cita|Monzali 2007|pp. 354-355}}.</ref>.
 
===Le tre zone di occupazione. La rivolta dei serbi. Le forze in campo===
Al termine delle operazioni belliche, la [[2ª Armata (Regio Esercito)|2ª Armata]] (generale [[Vittorio Ambrosio]]) presidiava la Croazia, ma in conseguenza degli accordi di Roma si sarebbe dovuta progressivamente ritirare passando il potere alle autorità croate.
 
I territori occupati vennero suddivisi in [[Stato_Indipendente_di_Croazia#Le_zone_d.27occupazione|tre zone]]: la prima era costituita dalle terre poi annesse all'Italia; la seconda zona (detta anche "zona di demilitarizzazione") comprendeva le isole dalmate assegnate alla Croazia e una parte continentale del paese, delimitata da una linea che correva più o meno parallela alla costa; la terza zona era compresa fra la zona di demilitarizzazione e la già citata linea di demarcazione fra le aree d'influenza italiane e tedesche nel territorio ex jugoslavo<ref>{{cita|Becherelli 2012|p.60}}.</ref>. Fin dalle prime settimane d'occupazione gli italiani si trovarono ad operare - totalmente impreparati - in un territorio abitato da popolazioni di etnia e religione diversa (croati, serbi, cattolici, ortodossi, musulmani ecc.) nel quale gli ustascia scatenarono immediatamente una politica di terrore e di sterminio, nel tentativo di fondare uno stato croato "puro" che avesse come fondamenta la propria ideologia, la religione cattolica e il tradizionale nazionalismo croato di derivazione ottocentesca. Venne perciò scatenata una feroce crociata religiosa rivolta principalmente contro i serbi e gli ebrei<ref>{{cita|Burgwyn 2006|pp. 81 ss.}}</ref>, con innumerevoli episodi di estrema violenza, cui gli italiani assistettero con crescente orrore, misto ad un vago senso di colpa di sentirsi corresponsabili, a causa dell'alleanza politica e militare col governo di Pavelić<ref>{{cita|Gobetti 2013|pp. 28-29}}.</ref>.
[[File:Domobrani Gospic 1941.jpg|thumb|right|250px|Ufficiali dell'[[Hrvatsko domobranstvo]] a [[Gospić]] ([[Lika]]) nell'autunno del 1941]]
Le formazioni ustascia s'accompagnarono e s'integrarono nel tempo con diverse milizie, di derivazione sia partitica che locale, man mano che procedeva la stabilizzazione del nuovo regime con la contemporanea creazione di un nuovo esercito nazionale. All'interno dell'esercito fin dall'aprile del 1941 fu costituita una "Guardia nazionale (o interna) croata" (''[[Hrvatsko domobranstvo]]''), il cui nome si rifaceva alla "Regia guardia nazionale croata" (''Kraljevsko Hrvatsko Domobranstvo''), esistente ai tempi dell'[[Impero austro-ungarico|Impero Austroungarico]]<ref>La "Regia guardia nazionale croata" - sorta nel 1868 - era inserita nel "Regio esercito ungherese", essendo all'epoca la Croazia parte dell'Ungheria.</ref>. Gli appartenenti alla "Guardia nazionale croata" venivano chiamati ''Domobrani'', ma per traslato questo nome venne spesso dato dagli italiani all'intero esercito croato. A queste formazioni croate andarono contrapponendosi delle unità di autodifesa serbe, variamente collegate al movimento dei [[esercito jugoslavo in patria|cetnici]] di [[Dragoljub Mihailović|Draža Mihailović]], che nelle zone occupate dagli italiani cercarono di allearsi ad essi in funzione anticroata<ref>{{cita|Burgwyn 2006|pp. 88-95}}.</ref>. Il rapporto fra le autorità italiane e gli ustascia - che fomentarono una campagna irredentistica nelle terre annesse all'Italia - andò deteriorandosi in breve tempo<ref>{{cita|Burgwyn 2006|pp. 86-88}}.</ref>.
 
Nella regione della [[Regione della Lika e di Segna|Lika]] - confinante con la Dalmazia - e nella Dalmazia interna assegnata alla Croazia la presenza degli italiani aveva costituito fino agli accordi di Roma un efficace deterrente contro gli ustascia, ma di fronte alla nuova situazione di ritiro progressivo delle truppe di occupazione ed alle stragi antiserbe, a fine luglio scoppiò una rivolta armata: gruppi locali di combattenti serbi presero diverse località, fra le quali [[Gospić]] (capoluogo della Lika), [[Gračac]] e [[Tenin|Knin]] (località della Dalmazia interna a pochi chilometri dal nuovo confine italiano), in aperta ribellione contro i croati, con numerosi episodi di ritorsione violenta sulle popolazioni civili<ref>{{cita|Becherelli 2012|pp. 134 ss.}}</ref>. La situazione degenerò al punto che gli italiani decisero di sospendere il ritiro delle truppe di occupazione dalla seconda zona, mentre diverse centinaia di ebrei e serbi passarono il confine per rifugiarsi nel Governatorato<ref>{{cita|Talpo 2008|pp. 501-517}}.</ref>.
 
Nell'estate del 1941 - dopo l'[[Operazione Barbarossa|aggressione]] dalle forze dell'[[Potenze dell'Asse|Asse]] all'[[Unione Sovietica]] - sorse infine in tutta la Jugoslavia un movimento resistenziale d'impronta comunista, capeggiato da [[Josip Broz Tito]], che proponeva contestualmente un progetto di liberazione nazionale e una radicale rivoluzione sociale di stampo sovietico, nella certezza che l'[[Armata Rossa]] avrebbe rapidamente sconfitto i tedeschi, causando una reazione a catena di rivoluzioni proletarie nell'intera Europa<ref>{{cita|Burgwyn 2006|p. 92}}.</ref>. Tito - per ampliare la base dei propri sostenitori - esortò tutte le forze patriottiche e "progressiste" ad aderire alla sua causa in un "Fronte popolare", colpendo contestualmente tanto le forze degli eserciti occupanti quanto qualsiasi forza collaborazionista o comunque ritenuta tale, qualora non avesse aderito al "Fronte"<ref>{{cita|Burgwyn 2006|pp. 92-95}}.</ref><ref>{{cita|Talpo 1985|p. 662}}.</ref>.
 
===La situazione in Montenegro. La rivolta di luglio===
{{vedi anche|Occupazione italiana del Montenegro e del Sangiaccato}}
La creazione del [[Regno del Montenegro (1941-1944)|Regno del Montenegro]] seguì un breve ma intenso dibattito in Italia fra due idee contrapposte: da una parte chi propugnò la ricostituzione di uno stato indipendente, memore dell'antico [[Principato del Montenegro|Principato]] (1852-1910) e del successivo [[Regno del Montenegro|Regno]] (1910-1918), dall'altra i favorevoli all'inglobamento di quelle terre nel territorio metropolitano italiano. Prevalse l'idea di ricostituire il Regno del Montenegro in [[unione personale]] col Re d'Italia, sulla falsariga di quanto era accaduto per l'Albania. Diversi settori della popolazione avevano inizialmente considerato con favore l'arrivo degli italiani, nella speranza che essi favorissero l'ampiamento dei confini del paese. L'amputazione delle [[Bocche di Cattaro]] a favore dell'Italia e di altri territori attribuiti all'Albania creò un malcontento generalizzato. A questo si aggiunsero vari episodi di persecuzione e di vera e propria [[pulizia etnica]] operati dalle popolazioni croate, slavo-musulmane o albanesi ai danni dell'elemento slavo ortodosso (montenegrino o serbo) verificatisi ai margini del Montenegro, nel [[Kosovo]], nei territori al confine albanese, nel [[Sangiaccato]] e nelle zone orientali della [[Bosnia]] e dell'[[Erzegovina]]: la reputazione e il prestigio italiano ne rimasero fortemente scossi. L'attacco all'Unione Sovietica (21 giugno 1941), avvenuto in una fase in cui anche l'assetto costituzionale stesso del Montenegro era ancora in discussione, diede un forte impulso alle tendenze russofile e panslaviste dei montenegrini, favorendo la mobilitazione di tutti gli elementi contrari all'occupazione straniera, non solo dei comunisti di Tito<ref>{{cita|Caccamo 2008|pp. 149-155, 161}}.</ref>.
 
Il 12 luglio si riunì a [[Cettigne]] l'Assemblea costituente, che statuì la fine dell'unione con la Serbia, la decadenza della costituzione jugoslava e la ricostituzione del Montenegro come regno sovrano e indipendente, designandone come reggente [[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele III]]<ref>{{cita|Caccamo 2008|p. 165}}.</ref>.
 
A partire dal giorno successivo divampò in tutto il paese una furiosa rivolta, che costituì il primo episodio di sollevazione popolare nell'Europa occupata, arrivando a coinvolgere oltre 30.000 combattenti. La storiografia jugoslava successiva alla seconda guerra mondiale per circa quarant'anni esaltò il carattere integralmente comunista della rivolta: solo successivamente si riconobbe la natura molto più varia degli eventi, che per la loro ampiezza colsero di sorpresa gli stessi dirigenti comunisti e furono dovuti in buona parte all'attività di gruppi eterogenei locali, in vario modo collegati sia alle cellule comuniste locali (capeggiate dal montenegrino [[Milovan Gilas]], uno dei principali collaboratori di Tito), che ai [[esercito jugoslavo in patria|cetnici]] di [[Dragoljub Mihailović|Mihailović]]<ref>{{cita|Gobetti 2013|pp. 31 ss.}}, {{cita|Caccamo 2008|pp. 166 ss.}}, {{cita|Tomasevich 1975}}, {{cita|Tomasevich 2001}}.</ref>.
 
I reparti italiani erano totalmente impreparati e vennero travolti: intere guarnigioni furono annientate e in pochi giorni si contarono circa 1.000 caduti e 3.000 prigionieri. La direzione delle operazioni di repressione fu affidata al generale [[Alessandro Pirzio Biroli]], all'epoca comandante delle truppe italiane in Albania, che fin dall'inizio ricevette a disposizione uno spiegamento eccezionale di uomini e mezzi: ai suoi ordini furono poste unità provenienti dalle divisioni [[18ª Divisione fanteria "Messina"|"Messina"]], [[38ª Divisione fanteria "Puglie"|"Puglie"]], [[41ª Divisione fanteria "Firenze"|"Firenze"]], [[5ª Divisione alpina "Pusteria"|"Pusteria"]], [[48ª Divisione fanteria "Taro"|"Taro"]] e [[32ª Divisione fanteria "Marche"|"Marche"]], oltre al "Reggimento Cavalleggeri Guide" e al gruppo albanese "Skanderbeg", più alcune aliquote dalle divisioni [[22ª Divisione fanteria "Cacciatori delle Alpi"|"Cacciatori delle Alpi"]] e [[19ª Divisione fanteria "Venezia"|"Venezia"]], per un totale di circa 70.000 uomini<ref>Il Montenegro contava all'epoca all'incirca 400.000 abitanti.</ref><ref>{{cita|Gobetti 2013|p. 40}}, {{cita|Tomasevich 2001|p. 141}}.</ref><ref>Alcuni autori arrivano a contare circa 100.000 uomini impegnati: {{cita|Caccamo 2008|pp. 166-170}}.</ref>.
 
'''PARTE FINALE: REPRESSIONE DELLA RIVOLTA''' - Scotti/Viazzi
 
===I primi incidenti e sabotaggi nella Dalmazia italiana===
[[File:Sabotaggio treno Traù Seghetto 18-19 luglio 1941.xcf|thumb|right|250px|Nella notte fra il 18 e il 19 luglio 1941 viene sabotata la linea ferroviaria fra [[Traù]] e [[Seghetto (Croazia)|Seghetto]]]]
La sera del 2 luglio 1941 a [[Spalato]] avvenne il primo incidente nella Dalmazia italiana: da una finestra sovrastante il caffè Delich - lungo la riva - vennero lanciati dei manifestini comunisti. Trovato l'appartamento vuoto e sentiti dei commenti ironici da parte di una piccola folla nel frattempo radunatasi, si scatenò una rissa generale cui seguì una veemente reazione italiana: ci furono trenta arresti, in varie zone della città diverse persone notoriamente antiitaliane vennero bastonate e il giorno dopo vennero distrutte diverse insegne di negozi in lingua croata. Il governo croato chiese l'istituzione di una commissione mista croato-tedesca per constatare "quanto viene fatto dagli italiani per alterare artificiosamente il carattere croato della Dalmazia". Per diversi giorni in varie località della Dalmazia tanto gli ustascia quanto i comunisti intensificarono la loro opera di propaganda<ref>{{cita|Talpo 1985|p. 663}}</ref>.
 
Il primo atto di sabotaggio vero e proprio nelle terre annesse si registrò nella notte dell'11 luglio, quando una quindicina di metri di binario vennero sollevati nei pressi di [[Castel San Giorgio (Castelli)|Castel San Giorgio]] (vicino a Spalato). I sabotaggi alle vie ferrate e ai pali telegrafici o telefonici si moltiplicarono giorno dopo giorno.
 
===Gli eventi di agosto e settembre. Le prime uccisioni di italiani===
Il 4 agosto Bastianini segnalava che gli "incidenti verificansi ormai ogni notte et lasciano presumere sistematico et organizzato piano". Nello stesso periodo, emanava delle disposizioni per le attività di repressione, coinvolgendo sia i [[Arma dei Carabinieri|Carabinieri Reali]] che i reparti della [[Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale|Milizia]] e alcune aliquote del [[Regio Esercito]], che procedettero a rastrellamenti ed esecuzioni sommarie<ref>{{cita|Talpo 1985|pp. 664-665}}</ref>. Ai sabotaggi si accompagnarono vari [[sciopero|scioperi]] da parte di operai e impiegati di diverse aziende: gli italiani - che da anni ignoravano queste forme di protesta, [[Leggi_fascistissime#La_legge_sulla_stampa_e_l.27abolizione_del_diritto_di_sciopero|vietate dal regime sul territorio nazionale]] - reagirono in modo deciso e intimidatorio con licenziamenti, fermi ed arresti<ref>{{cita|Talpo 1985|pp. 666-667}}</ref>.
 
Il 18 agosto 1941 ad un posto di blocco nella località di Siritovci (Sebenico) un gruppo di partigiani comunisti attaccò un reparto di Carabinieri e di gendarmi croati, uccidendo il [[vice brigadiere|vicebrigadiere]] Umberto Bigoni. Lo stesso giorno in uno scontro a fuoco con i reparti del 220° Battaglione Territoriale Mobile nei pressi della piccola località di Kosovo (Zara) un gruppo di partigiani lasciò sul terreno sei uomini. Altri quattro furono catturati e fucilati sul posto<ref>{{cita|Talpo 1985|p. 667}}</ref>.
{{Doppia immagine|destra|Fucilazione_Ruduša_-_26_agosto_1941.jpg|200|Fucilazione_Ruduša_-_26_agosto_1941_-_2.jpg|250|26 agosto 1941. Fucilazione di partigiani a Ruduša ([[Signo|Sinj]])}}
Nello stesso periodo aumentò la lotta partigiana nel vicino Stato Indipendente di Croazia, anche in zone al confine col Governatorato della Dalmazia: il 14 agosto in una frazione della località di [[Signo|Sinj]] (Signo) nella Dalmazia interna (a circa 35 chilometri da Spalato) venne intercettato da un reparto di ustascia croati il Primo distaccamento partigiano di Spalato (''Prvi splitski partizanski odred''), formato nelle settimane precedenti in città dal locale partito comunista e in fase di spostamento verso le [[Alpi Dinariche]]: dopo un cruento combattimento cui si aggregarono gruppi di domobrani e il 97° Battaglione delle Camicie Nere, venticinque partigiani vennero catturati. Nel corso del combattimento gli ustascia e i domobrani contarono sei morti, mentre fra le Camicie Nere rimase ferito il Capo Squadra Rodolfo Nigi, che morì due giorni dopo<ref>{{cita news|titolo=L'episodio in cui Rodolfo Nigi ascese nel cielo degli eroi|pubblicazione=[[La Nazione]]|data=29 agosto 1941}}</ref>. I partigiani invece contarono fra le proprie file tre morti in combattimento e tre fucilati sul posto. Uno dei partigiani catturati venne picchiato a morte nei giorni scorsi, tre vennero graziati e liberati. Il 26 agosto, a seguito di un processo celebrato da un tribunale ustascia - di stanza a [[Mostar]] e spostatosi per l'occasione a Sinj - ventun partigiani vennero fucilati nella località di Ruduša (Sinj)<ref>L'evento colpì particolarmente gli spalatini, anche perché alcuni fra i partigiani fucilati erano dei calciatori della locale squadra dell'[[Hrvatski Nogometni Klub Hajduk Split|Hajduk]]. {{cita|Kvesić 1960|pp. 135-145}}, {{cita|Dckić 1979|pp. 48, 50}}, {{cita|Ratna Kronika 2010|14.-26. kolovoza}}, {{cita|Borba u Dalmaciji 1981|p. 582}}. Le fucilazioni furono documentate da una serie di fotografie, dalle quali si ricava la presenza anche di militari italiani. In merito si veda {{cita web|url=http://www.ratnakronikasplita.com/prilozi/prvi-splitski-partizanski-odred|sito=Antifašistički Split. Ratna kronika Split 1941.-1945|titolo=Prvi splitski partizanski odred|lingua=croato|accesso=10 marzo 2017}}</ref>.
 
In un rapporto della prefettura di Zara si affermò che nel mese di agosto 1941 erano state fucilate dodici persone per aver compiuto atti dinamitardi, fra i quali particolarmente significativo un sabotaggio allo stabilimento "La Dalmatienne" di Sebenico - una società elettro-siderurgica ed elettro-chimica controllata dalla società italiana [[Acciaierie di Terni|Terni]], che provvedeva all'illuminazione di Sebenico e dello zaratino<ref>{{cita|Becherelli 2012|p. 266}}.</ref> - a seguito del quale venne arrestato e giustiziato un uomo. Il solo 6 agosto vennero fucilate nove persone: quattro croati di [[Bencovazzo|Benkovac]] (Bencovazzo), due serbi dello stesso distretto e tre croati di [[Lissane|Lišane Ostrovičke]] (Lissane), tutti accusati di sabotaggio o di detenzione illegale di armi da guerra<ref>{{cita|Talpo 1985|p. 665}}.</ref>.
 
Il 13 settembre cadde il primo resistente spalatino all'interno della città: il giovane comunista Božo Ajduković per sfuggire ad un controllo si arrampicò sul tetto di casa, ma venne colpito da un colpo d'arma da fuoco che in poche ore lo portò alla morte<ref>{{cita|Ratna Kronika 2010|13.-14. rujna}}</ref>. Come risposta, le cellule clandestine del partito organizzarono dei volantinaggi e due azioni<ref>In {{cita|Borba u Dalmaciji 1981|pp. 156 ss.}} sono riportati diversi documenti sulla vicenda, compresi i testi dei volantini.</ref> : il 15 settembre in una strada di periferia di Spalato vennero attaccati a pistolettate due carabinieri di pattuglia: uno dei due - di nome Giuseppe Sacco - morì nella notte. [[File:Đermano Senjanović.jpg|thumb|right|150px|Đermano Senjanović]] Quasi in contemporanea, in un'altra zona della città venne lanciata una bomba a mano contro alcuni militari in transito ferendone cinque. Le autorità risposero con rastrellamenti, fermi ed arresti. Per ordine del prefetto di Spalato [[Paolo Zerbino]] vennero costituite le prime "squadre d'azione", formate da cittadini spalatini fedeli al regime. Il 21 settembre - ancora a Spalato - un banale incidente (il lancio di un sasso da parte di un giovane contro un gruppo di [[piccola italiana|piccole italiane]]) causò una violenta reazione dei fascisti. Tre giorni dopo, il muratore Zvonimir Petraello - spalatino di sentimenti filoitaliani - venne pugnalato alla schiena<ref>Secondo Oddone Talpo ({{cita|Talpo 1985|p. 671}}) Petraello morì a causa della ferita. Lo studioso spalatino Branko Dckić ({{cita|Dckić 1979|p. 25}}) afferma invece che Zvonimir Kukoč Petraello era una nota spia italiana di Spalato e che venne pugnalato dal comunista Jerko Ivančić, riuscendo però a sopravvivere. Dopo l'8 settembre 1943 Petraello si sarebbe rifugiato in Italia. Simile ricostruzione in {{cita|Borba u Dalmaciji 1981|p. 41}}; nello stesso studio si riporta il testo di un volantino comunista nel quale Petraello era indicato come filofascista e rapinatore, affermando in nota che in seguito sarebbe stato ucciso: {{cita|Borba u Dalmaciji 1981|p. 159}}. Qualche decina di pagine dopo - però - si riafferma che Petraello scappò in Italia dopo l'8 settembre 1943: {{cita|Borba u Dalmaciji 1981|p. 186}}. In un'altra fonte croata si afferma che Petraello era un dirigente del [[Partito Rurale Croato]]: ''Historijski Zbornik'', vol. 10, Povijesno društro Hrvatske, Zagreb 1957, p. 14. Jerko Ivančić morì a Spalato il 27 gennaio 1942 come conseguenza delle torture ricevute dalla polizia italiana: {{cita|Ratna Kronika 2010|27. siječnja 1942}}.</ref>.
 
Il 5 ottobre, nel sobborgo spalatino di Glavičina vennero sparati vari colpi contro una pattuglia italiana. Il giorno dopo, venne appiccato un incendio al piroscafo ''Palermo'' ancorato in porto<ref>Originariamente nave greca di nome ''Athinai'', fu requisita dagli italiani a giugno del 1941 mentre era ancorata nel porto di Napoli, venendo ribattezzata ''Palermo''. L'8 settembre 1943 si trovava nel porto di Valona dove venne catturata dai tedeschi. Il 27 maggio 1944 la nave era in trasferimento da Venezia verso Parenzo quando alle ore 3:35 incappo in una mina che la fece colare a picco in pochi minuti. Nell'affondamento persero la vita due marinai.</ref>. L'11 ottobre a Spalato il comunista Đermano Senjanović lanciò una [[SIPE|bomba a mano tipo SIPE]] contro l'auto di Luigi Prassel e Antonio Krstulovich, membri del direttorio del fascio cittadino: il Prassel e un civile che transitava sul posto furono leggermente feriti<ref>{{cita|Ratna Kronika 2010|8. listopada}}. Senjanović fu uno dei condannati a morte in contumacia dal Tribunale Straordinario della Dalmazia: morirà in combattimento il 21 febbraio 1942, venendo in seguito onorato come [[Eroe nazionale della Jugoslavia]]. Il civile era un fornaio di nome Ante Polavić (riportato in: {{cita|Talpo 1985|p. 672}}). Secondo {{cita|Dckić 1979|p. 60}} l'attentatore fu invece il comunista Ante Jonić.</ref>.
 
Lo stesso 11 ottobre venne ucciso in un agguato a [[Sebenico]] lo studente universitario Antonio Scotton. Impiegato nell'ufficio passaporti presso il fascio della sua città, era accusato d'essere un traditore e una spia<ref>Notizie biografiche su Scotton in {{cita libro|||autore=Ante Bego Giljak|Šibenik ustaničke 1941: Sjećanje na događaje iz grada i okolice|1982|Musej grada Šibenik|Šibenik}}, pp. 23 ss.</ref>. Le autorità italiane reagirono imponendo il coprifuoco in tutto il territorio di Sebenico, arrestando numerose persone e procedendo a violenti interrogatori<ref>{{cita|Slobodna Dalmacija 1945|p. 747}}</ref>.
 
==L'istituzione del Tribunale==
{{doppia immagine|destra|VincenzoSerrentino.jpg|150|Pietro Caruso.png|157|Vincenzo Serrentino|Pietro Caruso durante il suo processo (1944)}}
Il giorno dell'omicidio di Scotton, Bastianini - usando i poteri da Governatore previsti dalla legge<ref>{{cita|R.D.L. 453/41|artt. 2-3}}</ref> - istituì con propria ordinanza-decreto il Tribunale Straordinario della Dalmazia<ref>''Ordinanza 11 ottobre 1941, n. 34 - Costituzione del tribunale Straordinario e sua competenza'', in ''Giornale Ufficiale del Governo della Dalmazia'', 1/15 ottobre 1941, Anno I, nn. 6/7, riportato integralmente - in traduzione [[lingua croata|croata]] - in {{cita|Zbornik 1969|pp. 438-439}} e in gran parte anche in {{cita|Begonja 2008|p. 836}}. Per estratto in italiano in {{cita|Talpo 1985| p. 711}}.</ref><ref>La costituzione di questo organo giudiziario ricalcava un'analoga disposizione del commissario civile della Provincia di Lubiana Emilio Grazioli, che l'11 settembre 1941 aveva istituito un Tribunale speciale dotato di ampi poteri. Questo Tribunale si riunì in un'unica occasione l'8 ottobre, condannando a morte tre sloveni (la condanna venne poi commutata nell'ergastolo), e venne sostituito il 7 novembre da un Tribunale militare della Seconda Armata che fino all'8 settembre 1943 giudicò 13186 imputati (di cui 1150 militari del Regio Esercito) in 8737 processi, comminando 83 condanne a morte. In merito si vedano {{cita|Conti 2008|p. 13}} e {{cita|Kersevan 2008|p. 30}}.</ref>.
 
Secondo il decreto istitutivo, il Tribunale sarebbe stato composto da un collegio formato da un presidente e due altri giudici, mentre il pubblico ministero sarebbe stato un ufficiale del Regio Esercito o della Milizia (art. 1). Al presidente spettava convocare il collegio e stabilire la sede del giudizio (art. 2). L'imputato, assistito da un difensore, aveva per ultimo la parola, all'interno di un procedimento regolato dal presidente. La deliberazione della sentenza era segreta, ne era data lettura alla presenza del pubblico ministero, dell'accusato e del difensore ed era immediatamente eseguita, senza possibilità di appello o di presentazione della domanda di grazia (art. 3). Il Tribunale avrebbe avuto competenza su qualsiasi crimine condotto o tentato per motivi politici o contro lo stato, compresa l'istituzione, l'organizzazione o l'affiliazione al partito comunista o a qualsiasi altra associazione sovversiva. Tutti questi crimini erano puniti con la morte (art. 4)<ref name = "Talpo 1">{{cita|Talpo 1985| p. 711}}.</ref><ref name = "Begonja 1"> {{cita|Begonja 2008|p. 836}}.</ref>.
 
In un secondo decreto immediatamente successivo al precedente, Bastianini nominò i membri del Tribunale, scegliendoli tutti fra gli ufficiali del Regio Esercito o della Milizia: presidente del Tribunale Straordinario fu il generale Gherardo Magaldi - all'epoca comandante della guarnigione militare di Sebenico -, componenti il collegio il primo seniore della [[Milizia per la difesa antiaerea territoriale]] [[Vincenzo Serrentino]] e il primo seniore della [[Milizia portuaria]] [[Pietro Caruso]], pubblico ministero il sottocapomanipolo della [[Milizia per la difesa antiaerea territoriale]] Vincenzo Centonze<ref name = "Talpo 1" /><ref name = "Begonja 1" />.
 
Il 12 ottobre Bastianini organizzò una riunione di lavoro con gli ufficiali nella caserma della Milizia di Zara. In tale occasione egli affermò di voler essere "implacabile" contro il comunismo, dal quale voleva "liberare" il Governatorato. Serrentino e Caruso - a Zara in quei frangenti - ricevettero dal console della milizia Ivan Scalchi l'ordine di recarsi in giornata a Sebenico, dove si sarebbero incontrati col generale Magaldi per celebrare il primo processo, che prendeva le mosse dall'omicidio di Scotton ma intendeva perseguire a più ampio raggio le attività di resistenza contro gli italiani<ref>{{cita|Begonja 2008|pp. 836-837}}.</ref>.
 
==Gli eventi e i processi nel periodo di esistenza del Tribunale==
===Il processo di Sebenico del 13 ottobre 1941===
{{Tripla immagine|destra|Sentenza Tribunale Straordinario della Dalmazia.xcf|125|Manifesto Tribunale Straordinario della Dalmazia.xcf|125|Condannati di Sebenico.png|250|La sentenza del processo di [[Sebenico]]|Il manifesto col testo della sentenza in [[lingua croata|croato]]|I condannati vengono trasportati al luogo della fucilazione}}
Il 13 ottobre 1941 si svolsero a Sebenico i funerali di Antonio Scotton, con la partecipazione di tutte le autorità locali e di numeroso pubblico<ref>{{cita|Talpo 1985|p. 676}}</ref>. Al pomeriggio dello stesso giorno si riunì per la prima volta il Tribunale, per giudicare quindici persone, arrestate nelle 48 ore precedenti o già detenute nelle carceri cittadine in quanto accusate di attività sovversive. Sei attivisti comunisti furono condannati a morte: Ante Belamarić (30 anni), Mate Bujas (24), Dragomir Junaković (25), Ivica Lasić (22), Blaž Višić (23), Duško Vrljević (21), tutti di Sebenico tranne Lasić, nativo di [[Slavonski Brod]]<ref>I nomi sono riportati nelle fonti con diverse varianti. qui s'è presa la dizione presente nel memoriale di Sebenico. Nel cippo del parco Šubićevac è indicato anche il nome di Ante Šantić, ucciso circa due mesi prima. Si veda in merito AA.VV., ''Zbornik instituta za historiju radničkog pokreta Dalmacije'', Split 1972, p. 259.</ref>. Sette altri attivisti vennero condannati a varie pene detentive variabili dai due ai quindici anni<ref>{{cita|Borba u Dalmaciji 1981|pp. 648-654}}.</ref>. Secondo la testimonianza di Serrentino, le condanne a morte erano già state decise prima dell'inizio del processo dal presidente Magaldi, che aveva approntato una lista con una crocetta blu accanto ai nomi degli imputati da fucilare. Serrentino stesso - come del resto in occasione di tutti i successivi processi - affermò che si sarebbe opposto per iscritto alla condanna a causa del non raggiungimento della prova della colpevolezza<ref name="Begonja p. 837">Di questa opposizione, come delle altre dichiarate da Serrentino, non v'è però alcuna prova documentale. Si veda {{cita|Begonja 2008|p. 837}}</ref>. Le fucilazioni ebbero luogo nel vicino campo di Šubićevac, che dopo la guerra venne trasformato in parco e memoriale<ref>{{cita|Slobodna Dalmacija 1945|pp. 747-748}}.</ref>, e vennero eseguite da un reparto di [[milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale|camicie nere]] appositamente trasferitosi da Zara<ref name = "Borba 1980">{{cita|Borba u Dalmaciji 1981|p. 664}}.</ref>. In una relazione del 24 ottobre 1941, il commissario capo della questura di Sebenico Vittorio Modica affermò che a seguito del processo in città regnava una "relativa pace"<ref>{{cita|Borba u Dalmaciji 1980|pp. 672-673}}.</ref>.
 
===Il processo di Spalato del 14 ottobre 1941===
[[File:Telegramma Dalmazzo.xcf|thumb|right|150px|Il generale [[Lorenzo Dalmazzo|Dalmazzo]] in un telegramma informa dell'esito del processo di Spalato]]
Appena terminato il processo di Sebenico, i membri del Tribunale Straordinario della Dalmazia si spostarono a Spalato, dove il giorno successivo processarono trentacinque giovani con l'accusa di appartenza al partito comunista, propaganda sovversiva, detenzione di armi e organizzazione di scioperi e disordini<ref>{{cita|Borba u Dalmaciji 1981|pp. 656-661}}</ref>. Furono emesse diciannove condanne a morte (otto di esse in contumacia) e dieci condanne a pene detentive variabili dai tre ai quindici anni. Le condanne a morte vennero immediatamente eseguite - ad opera dello stesso reparto di camicie nere che operò a Sebenico<ref name = "Borba 1980" /> - nella fortezza del [[Camerlengo (Repubblica di Venezia)|Camerlengo]] di [[Traù]]<ref name = "Slobodna Dalmacija 1">{{cita|Slobodna Dalmacija 1945|p. 748}}.</ref>. Secondo alcune fonti<ref name = "Slobodna Dalmacija 1" /> i fucilati sarebbero stati dodici: Josip Mrduljaš (46 anni, di Spalato), Elko Mrduljaš (34, di Spalato), Jure Mrduljaš (34, di Spalato), Toma Mrduljaš (54, di Spalato), Ante Vidović (41, di [[Comisa]]), Ljubo Mašić (36, di Spalato), Mate Čerina (35, di [[Lechievizza|Lećevica]]), Ivo Miletić (21, di Spalato), Sime Krstulović (20, di Spalato), Rudolf Viđak (18, di Spalato), Davor Matković (19, di Spalato), Edo Ferderber (20, di [[Zagabria]]). Elko e Jure Mrduljaš erano gemelli, celebri campioni di canottaggio, Josip il loro fratello maggiore e Toma un loro cugino. In realtà i fucilati furono undici: Elko Mrduljaš - ricercato da tempo dagli italiani, che avevano messo una taglia di 50.000 lire sulla sua testa - non venne arrestato in questa occasione bensì condannato a morte in contumacia<ref>{{cita|Kvesić 1960|pp. 183-184}}</ref><ref name = "Ratna Kronika 1">{{cita|Ratna Kronika 2010|15. listopada}}.</ref>: dopo la liberazione di Spalato nel 1944 fu il promotore principale della rifondazione della locale società di canottaggio<ref>{{cita pubblicazione|autore = Igor Kramarsić|titolo = Gli anni Trenta furono un’epoca d’oro per il canottaggio spalatino| rivista = La Voce del Popolo - La Voce InPiù - Dalmazia|data = 12 marzo 2011}}.</ref>. Gli altri sette condanati a morte in contumacia furono Maksimilijan Santini (20 anni, di Sebenico), Milivoj Barač (20, di Sebenico), Milorad Einspiller (età e luogo di nascita sconosciuti), Frane Barić (20, di Spalato), Mate Golem (18, di Bisko), il già citato Đermano Senjanović (18, di Spalato) e Adolf Doležal (20, di [[Milnà]]). Stando alla relazione del Tribunale, i condannati durante il processo mantennero un atteggiamento passivo affermando di non conoscere la lingua italiana e di non aver mai appartenuto al Partito Comunista. Durante il trasporto verso il luogo dell'esecuzione cominciarono a cantare l'[[L'Internazionale|Internazionale]], scambiandosi un saluto a pugno chiuso prima di andare uno alla volta di fronte al plotone d'esecuzione, inneggiando a Lenin, Stalin e alla lotta di liberazione ed invocando la morte di Mussolini e Hitler<ref name = "Ratna Kronika 1" /><ref>{{cita|Borba u Dalmaciji 1981|p. 248}}.</ref>.
 
===Il processo di Cattaro del 18 ottobre 1941===
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-185-0116-06A, Bucht von Kotor (-), Blick in die Bucht.jpg|thumb|right|150px|Veduta di Cattaro nel 1941]]
Quattro giorni dopo il precedente processo, il Tribunale si riunì a [[Cattaro]] per giudicare un gruppo di civili, accusati di sedizione ed appartenenza ad organizzazioni sovversive. Nella relazione del 31 dicembre 1945 della "Commissione per l'accertamento del delitti degli occupatori e dei loro collaboratori", istituita dal governo jugoslavo dopo la guerra, vengono elencate sette condanne a morte comminate in quell'occasione: Ivo Grgurević, Niko Korda, Krsto Petrović, Mato Petrović, Gracija Grgurević, Đuro Matković e Pasko Čupić<ref>I nomi riportati sono come appaiono nella targa commemorativa eretta nella piccola località [[bocche di Cattaro|bocchese]] di Škaljari. I nomi riportati dalla fonte sono invece quelli di Ivan [G]rgurević, Nikola Korda, Krsto Petroković, Mate Petroković, Grazia Grgurević, Djuro Matković e Paško Čupić: si veda {{cita|Commissione 1945 ss.}}</ref>. Il quotidiano ''Slobodna Dalmacija'' in un suo articolo del 12 ottobre 1945 ne elencò invece sei: Giovanni Grgmerić, Nikolò Korda, Cristoforo Petrović, Graziano Grgurević, Giorgio Masković e Pasquale Kupić<ref name = "Slobodna Dalmacija 1" />. Lo storico Zlatko Begonja parla di sette condanne a morte comminate ma sei eseguite, in quanto un imputato era stato condannato in contumacia<ref name = "Begonja 2">{{cita|Begonja 2008|pp. 837-838}}.</ref>: questo imputato - che scampò di conseguenza alla fucilazione - fu in effetti Pasko Čupić<ref>{{cita web|url=http://www.bokanews.me/vijesti/skaljari-sjecanje-na-pale-borce/|titolo=Škaljari – sjećanje na pale borce (Škaljari – La memoria dei martiri)|autore=|data=19 ottobre 2015|sito = bokanews.me|accesso=8 luglio 2016}}</ref>. Oltre alle condanne a morte, il Tribunale irrogò a dieci imputati delle pene detentive variabili da 5 a 30 anni<ref name = "Slobodna Dalmacija 1" /><ref name = "Begonja 2" />. Un imputato venne invece assolto<ref>{{cita web|url=http://znaci.net/damjan/pojam.php?br=619 | titolo = Kotor u oslobodilačkom ratu (Cattaro nella guerra di liberazione) | autore = | data = | sito = znaci.net | accesso = 5 luglio 2015}}</ref>.
 
===Il processo di Vodice del 29 ottobre 1941===
[[File:Rapporto agguato Vodice 25 ottobre 1941.xcf|thumb|right|150px|Rapporto sull'agguato di Vodice]]
L'ultimo processo del Tribunale Straordinario della Dalmazia si celebrò il 29 ottobre 1941 a [[Vodizze|Vodice]] (in italiano Vodizze), una località a una decina di chilometri a nord di Sebenico considerata dagli italiani fin dagli anni Trenta la roccaforte comunista della Dalmazia<ref>{{cita|Monzali 2007|p. 297}}.</ref><ref>La ricostruzione dei fatti e del processo è tratta principalmente da {{cita|Borba u Dalmaciji 1981|pp. 682-684, 688-694}}: i nomi propri dei militi delle Camicie Nere sono stati tradotti nel corrispondente italiano. Notizie anche in {{cita|Talpo 1985|pp. 679, 681}}, {{cita|Benyovsky 2014|pp. 5-7}}, {{cita|Slobodna Dalmacija 1945|p. 748}}. Per Talpo il processo si sarebbe celebrato a Sebenico, ma tutte le altre fonti parlano invece di Vodice. </ref>, e che all'epoca già contava 150 combattenti clandestini, dotati di 83 fucili, 4 mitragliatrici, 200 granate e 5000 pallottole<ref>{{cita|Kvesić 1960|p. 113}}.</ref>. La notte del 25 ottobre una pattuglia della 4° Compagnia del 229º Battaglione delle [[Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale|Camicie Nere]] composta dai militi Michele Molito, Domenico Ronaldi, Giuseppe Praino, Domenico Jaquale e Francesco Morrone stava percorrendo la strada verso Vodice, coll'ordine di controllare la linea telefonica. Arrivata a circa 600 metri dall'abitato venne attaccata da un gruppo di partigiani, nascosti dietro un muretto che correva parallelo alla strada: Ronaldi e Molito furono uccisi, mentre Morrone fu ferito alla testa. Allertati i carabinieri di Sebenico, scattò una caccia all'uomo: il comandante del XVIº Battaglione CC. RR. Mobilitato di Sebenico - tenente colonnello Gualtiero Sestilli - inviò un gruppo di carabinieri in zona assieme ad un'aliquota di camicie nere. I reparti il giorno dopo furono coadiuvati anche da una compagnia del [[52º Reggimento fanteria "Alpi"]]. La zona di Vodice fu completamente circondata: nel corso del rastrellamento, fra il 25 e il 26 ottobre furono uccise sei persone sospette. Un gruppo di fascisti di Sebenico - assieme ad alcune camicie nere - il 26 arrivò in zona al comando del segretario del Fascio<ref>Nella documentazione non ne è indicato il nome, ma all'epoca la carica era ricoperta dallo zaratino Giuseppe Alacevich. Si veda in merito {{cita|Conti 2008|p. 87}}, {{cita|Di Sante 2005|pp. 224-225}}.</ref> e iniziò a perquisire le abitazioni: avendo ritrovato una miccia e della dinamite, diede fuoco a una mezza dozzina di case fra Vodice e la vicina frazione di Srima<ref>Il numero degli uccisi e le notizie sugli incendi sono contenuti nel rapporto ufficiale del comandante della 107° Legione CC.NN. "Francesco Rismondo" Ivan Scalchi al governatore Bastianini del 27 ottobre 1941 ({{cita|Borba u Dalmaciji 1981|pp. 682-684}}). Talpo parla invece di tre morti ({{cita|Talpo 1985|p. 679}}), mentre la Commissione jugoslava per l'accertamento dei crimini degli occupatori ne indica quattro: {{cita|Commissione 1945 ss.}}</ref>. Ovunque vennero rinvenite delle armi o materiale propagandistico furono eseguiti diversi arresti: ventotto persone furono in seguito rinviate a giudizio (quattro di esse in contumacia) con l'accusa di omicidio, concorso in omicidio, illecita detenzione di armi e attività sovversiva.
 
Furono emesse 16 condanne a morte, di cui quattro in contumacia: Milivoj Skroza (21 anni, di Srima), Ivan Antulov (21, di Prvić Šepurine - villaggio vicino a Vodice), Frederik Kursar (20, di Prvić Šepurine), Ivan Jurić (37, di Vodice), Šime Belan (18, di Vodice), Ante Udovičić (20, di Vodice), Petar Grbelja (21, di Srima), Ante Mijat (22, di Srima), Cvitko Mijat (28, di Srima), Josip Skroza (18, di Srima), Božo Skroza (32, di Srima), Spiro Skroza (25, di Srima), Ante Skroza (40, di Srima - contumace), Zvonimir Cukrov (nessun dato anagrafico - contumace), Nikola Skroza (33, di Srima - contumace), Ivan Maraš (nessun dato anagrafico - contumace)<ref>In un saggio pubblicato all'interno del sito della Città di Vodice e contenente i nomi dei 1422 abitanti che parteciparono alla lotta antifascista fra il 1941 e il 1945, sono presenti i nomi di solo tre condannati a morte, con grafie parzialmente diverse: Šime Bilan, Ivan Juričev Coto, Ante-Kule Udovičić. Si veda {{Cita web|url = http://www.grad-vodice.hr/assets/files/vodicani_i_nob.pdf|titolo = Vodičani u Drugom Svjetskom Ratu 1941.-1945.|sito = www.grad-vodice.hr|data =|lingua = croato|formato = PDF|accesso = 17 maggio 2015}}</ref>. Dieci imputati vennero invece condannati a pene detentive variabili dai due a trent'anni di reclusione. Due furono infine dichiarati innocenti e rilasciati. Le condanne a morte furono immediatamente eseguite<ref>{{cita|Borba u Dalmaciji 1981|pp. 694}}.</ref>.
 
===Il processo non celebrato di Sebenico===
Nel corso degli interrogatori che sostenne durante la sua prigionia in Jugoslavia, Serrentino affermò che immediatamente dopo il processo di Vodice si sarebbe dovuto celebrare un ultimo processo a Sebenico, per giudicare 26 o 27 imputati, dei quali 15 o 16 s'era già deciso sarebbero stati condannati a morte. Ma l'improvvisa decisione dello stesso Serrentino di partire da Sebenico per recarsi a Zara fece venir meno la pienezza del collegio giudicante e così il processo non si celebrò<ref>L'interrogatorio di Serrentino ebbe luogo il 18 ottobre 1945. Begonja fa notare come di questo processo non sia però stato pubblicato nessun documento nella più importante opera di collazione di documenti del periodo bellico in Dalmazia apparsa in Jugoslavia, che è {{cita|Borba u Dalmaciji 1981}}. In merito a tutta la vicenda si veda {{cita|Begonja 2008|p. 838}}.</ref>.
 
===Quadro riassuntivo delle sentenze===
Dall'analisi comparata delle fonti disponibili è possibile quantificare numericamente in modo puntuale ed esaustivo l'intera attività del Tribunale Straordinario della Dalmazia. I dati complessivi risultano essere i seguenti:
{|class="wikitable" style="text-align:center;"
!!!Accusati!!Condanne<br>a morte!!Eseguite!!Condanne<br>a pene detentive!!Imputati<br>prosciolti
|-
!Processo di Sebenico
|15||6||6||7||2
|-
!Processo di Spalato
|35||19||11||10||6
|-
!Processo di Cattaro
|18||7||6||10||1
|-
!Processo di Vodice
|28||16||12||10||2
|-
!TOTALE
|'''96'''||'''48'''||'''35'''||'''37'''||'''11'''
|}
Secondo Zlatko Begonja il Tribunale irrogò 48 condanne a morte - di cui 36 eseguite - e 37 condanne a pene detentive<ref>{{cita|Begonja 2008|p. 838}}.</ref>, mentre Zdravko Dizdar enumera 35 condanne a morte eseguite e "dozzine" di condanne a pene detentive<ref>{{cita|Dizdar 2005|p. 190}}.</ref>. [[Alessandra Kersevan]] ha invece attribuito "quattrocento condanne a morte" al Tribunale Straordinario della Dalmazia e ai suoi giudici<ref>{{cita|Kersevan 2008|p. 39}}.</ref>.
 
==L'istituzione del Tribunale Speciale e la soppressione del Tribunale Straordinario==
Vista la situazione sempre più turbolenta, Mussolini decise di istituzionalizzare la presenza di un organo giudiziario speciale in Dalmazia, sistematizzando nel contempo l'intricata questione dell'accavallamento delle competenze fra quest'ultimo e i tribunali militari. Il 24 ottobre il Duce emise quindi un bando col quale creò il [[Tribunale Speciale della Dalmazia]], colla competenza di istruire processi relativamente ad una serie di reati commessi nel territorio del Governatorato della Dalmazia da persone estranee alle Forze armate dello Stato<ref>{{cita|Bando 24 ottobre 1941}}.</ref>. Pubblicato il bando nella Gazzetta Ufficiale del Regno del 28 ottobre, il giorno successivo il Tribunale Straordinario della Dalmazia celebrò comunque il processo di Vodice. Il 13 novembre 1941 Bastianini inviò al generale Magaldi una lettera per informarlo ufficialmente della situazione nella quale il nuovo organo giudiziario andava a sostituire in modo "permanente" il precedente tribunale, elogiando l'opera dei tre giudici<ref>{{cita|Borba u Dalmaciji 1981|p. 716}}.</ref>. Magaldi fu nominato presidente del Tribunale militare d'armata di Atene, carica dalla quale venne in seguito sollevato a causa della sua eccessiva severità<ref>{{cita|Cappellano 2008|pp. 40, 44}}.</ref>. Caruso venne trasferito a Trieste, dove divenne comandante della 3ª Legione Portuaria della Milizia. Serrentino riprese il suo ruolo nella Milizia di Zara.
 
==Le accuse jugoslave al Tribunale Straordinario della Dalmazia==
{{vedi anche|Crimini di guerra italiani|Armadio della vergogna}}
===Premessa===
Negli ultimi mesi di guerra e nel dopoguerra vennero elevate dagli jugoslavi diverse accuse ai membri del Tribunale Straordinario della Dalmazia, ritenuti passibili di giudizio in quanto criminali di guerra. La questione va inserita nella più ampia vicenda del trattamento dei criminali di guerra italiani - e più specificamente di quelli che operarono in Jugoslavia - all'interno di un quadro storico-politico in rapida evoluzione: alla fine del 1943 l'Italia passò da potenza nemica a cobelligerante, e già negli ultimi mesi del 1944 si prefigurò la futura suddivisione postbellica fra blocchi contrapposti. Le potenze occidentali mirarono a porre l'Italia sotto la propria influenza, opponendosi all'Unione Sovietica e alla Jugoslavia che invece cercarono di destabilizzarne il quadro politico, anche in vista delle trattative sui confini che videro gli jugoslavi reclamare [[Zara (Croazia)|Zara]], [[Fiume (Croazia)|Fiume]], [[Istria]], [[Trieste]], [[Gorizia]] e la [[Slavia Friulana]]. Le autorità italiane - dal canto loro - si adoperarono in tutti i modi per evitare di estradare gli accusati verso i paesi che li reclamavano, mettendo in campo una tattica dilatoria che via via ottenne sempre più l'appoggio di Stati Uniti e Regno Unito. Ulteriore fattore che ebbe il suo peso sulla sorte dei criminali di guerra italiani fu la volontà degli alleati occidentali di armare rapidamente in funzione antisovietica la parte di Germania da loro occupata: gli italiani non chiesero la consegna dei criminali di guerra tedeschi che avevano operato sul fronte italiano per evitare di destabilizzare la Germania, avendo così la possibilità di giustificare la propria decisione di non consegnare a loro volta agli jugoslavi i propri criminali<ref>Oramai ampia la bibliografia su questo complesso tema. Per quanto riguarda gli studi apparsi in Italia, si vedano a titolo d'esempio (in ordine cronologico) {{cita|Focardi 2000}}, {{cita|Battini 2003}}, {{cita|Di Sante 2005}}, {{cita|Conti 2011}}, nonché le relazioni dell'apposita Commissione parlamentare d'inchiesta {{cita|Commissione parlamentare 2006}}; per una prospettiva dal punto di vista degli alleati occidentali si veda invece {{cita|Pedaliu 2004}}.</ref>.
 
Oltre a queste dinamiche, lo scontro fra Jugoslavia e Italia sulla questione dei crimini di guerra - unitamente alle connesse questioni dei risarcimenti per danni di guerra e del rimpatrio dei prigionieri italiani - fu utilizzato dai governi di Belgrado e di Roma per mobilitare le rispettive opinioni pubbliche ai fini di acquisire il consenso interno. In Jugoslavia era finalizzato a consolidare la base del nuovo stato socialista, che dall'epopea resistenziale contro gli occupatori aveva tratto un nuovo elemento unitario; in Italia era funzionale alla politica di stampo anticomunista volta ad indicare il PCI come alleato internazionale di Tito e quindi nemico interno dell'interesse nazionale rispetto alle questioni di [[Questione triestina|Trieste]], dei [[Esodo istriano|profughi istriano-dalmati]] e del ritorno dei prigionieri catturati dall'[[EPLJ]]<ref>{{cita|Conti 2011|p. 242}}</ref>.
 
===Inquadramento giuridico-diplomatico===
L'art. 29 dell'[[Armistizio lungo|armistizio dell'Italia]] (29 settembre 1943) prevedeva che "Benito Mussolini, i suoi principali associati fascisti e tutte le persone sospette di aver commesso delitti di guerra o reati analoghi, i cui nomi si trovino sugli elenchi che verranno comunicati dalle Nazioni Unite (...) saranno immediatamente arrestati e consegnati alle Forze delle Nazioni Unite". Questa clausola armistiziale può essere messa in relazione con la dichiarazione inter-alleata del 13 gennaio 1942 (c.d. "Dichiarazione di Palazzo San Giacomo") che prevedeva la creazione di una commissione per i crimini di guerra col compito di investigare le atrocità commesse dalle [[Potenze dell'Asse]]<ref name = "Mosconi 1">{{cita|Mosconi 2002|p. 770}}</ref>. Il 20 ottobre 1943 in una riunione al [[Foreign Office]] di [[Londra]] venne istituita dai rappresentanti di 17 fra le [[alleati della seconda guerra mondiale|nazioni alleate]]<ref>Francia, Grecia, Norvegia, Olanda, Australia, Canada, Usa, Regno Unito, Polonia, Jugoslavia, Cecoslovacchia, Belgio, Cina, India, Nuova Zelanda, Lussemburgo. Il Sud Africa in seguito non partecipò ai lavori, la Danimarca fu ammessa nel luglio 1945.</ref> la "Commissione per i crimini di guerra delle Nazioni Unite" (''United Nation War Crimes Commission'' - UNWCC) che iniziò i suoi lavori a Londra l’11 gennaio 1944<ref>Un'ampia trattazione storica sull'UNWCC in {{Cita web
|url = http://www.unwcc.org/wp-content/uploads/2014/11/UNWCC-history-contents.pdf|titolo = 1948 History of the United Nations War Crimes Commission and the Development of the Laws of War |sito = http://www.unwcc.org|editore = UNWCC|data = 1948|lingua = inglese|formato = pdf|accesso = 14 febbraio 2016}}</ref>. Fra i paesi interessati non vi fu l'Unione Sovietica, che preferì perseguire i criminali di guerra con dei contatti diretti coi paesi interessati. Questa commissione doveva raccogliere la documentazione sui crimini di guerra proveniente dai vari uffici nazionali, verificare che vi fossero elementi sufficienti per un'incriminazione e creare quindi una lista di criminali di guerra da diramare alle autorità militari per la loro ricerca, l’arresto e la consegna ai vari governi nazionali. Con la [[dichiarazione di Mosca]] del 30 ottobre-1 novembre 1943 gli alleati stabilirono che "gli ufficiali tedeschi e i membri del partito nazista" accusati di crimini di guerra sarebbero stati riportati nei luoghi dove tali crimini erano stati commessi e giudicati dai tribunali di quei paesi<ref>Il testo esatto della dichiarazione così recita: "those German officers and men and members of the Nazi party who have been responsible for or have taken a consenting part in the above atrocities, massacres and executions will be sent back to the countries in which their abominable deeds were done in order that they may be judged and punished according to the laws of these liberated countries and of free governments which will be erected therein". Il virgolettato è tratto da {{cita|Mosconi 2002|p. 770}}. Il testo della dichiarazione è anche leggibile dal sito dell'ONU {{cita web|url=http://unterm.un.org/dgaacs/unterm.nsf/0f99a7d734f48ac385256a07005e48fb/d909da1dbe08e8e6852569fa00008e50?OpenDocument|titolo=Declaration of German Atrocities|data=1 novembre 1943|sito=http://unterm.un.org/|lingua=inglese|accesso=14 febbraio 2016}}.</ref>. Nel [[Trattato di Parigi fra l'Italia e le potenze alleate|trattato di pace fra l'Italia e le potenze alleate]] (10 febbraio 1947) venne infine prescritto all'art. 45 che l'Italia avrebbe dovuto prendere "tutte le misure necessarie per assicurare l'arresto e la consegna ai fini di un successivo giudizio delle persone accusate di aver commesso od ordinato crimini di guerra e crimini contro la pace o l'umanità, o di complicità in siffatti crimini".
 
===La Commissione statale jugoslava e l'atteggiamento di Gran Bretagna e Stati Uniti===
[[File:Relazione Commissione Jugoslava.png|thumb|right|175px|Copertina di un volume della relazione finale della Commissione statale per l'investigazione dei crimini degli occupatori e dei loro sostenitori, pubblicato a Belgrado nel 1945]]
Il 30 novembre 1943 l'[[AVNOJ]] istituì presso il [[Comitato Nazionale per la Liberazione della Jugoslavia]] la "Commissione statale per l'investigazione dei crimini degli occupatori e dei loro sostenitori" (''Državna komisija za utvrđivanje zločina okupatora i njihovih pomagača''), che successivamente si articolò in diverse sezioni regionali: la commissione croata divenne operativa a maggio del 1944<ref>Notizie dettagliate in {{cita pubblicazione|autore=Martina Grahek Ravančić|data=2013|titolo=Ustrojavanje organa nove vlasti: Državna/Zemaljska komisija za utvrđivanje zločina okupatora i njihovih pomagača – organizacija, ustroj, djelovanje|rivista=Historijski zbornik|numero=1|pagine=149-172|lingua = croato}} e in {{cita web|url=http://arhinet.arhiv.hr/details.aspx?ItemId=3_1350 | titolo = Zemaljska komisija za utvrđivanje zločina okupatora i njihovih pomagača Hrvatske | autore = ARHiNET | data = | sito = http://arhinet.arhiv.hr | lingua = croato | accesso = 5 luglio 2015}}. Si veda anche {{cita|Di Sante 2005|pp. 17 ss.}}</ref>. Essa si occupò dell'attività del Tribunale Straordinario della Dalmazia nella relazione numero 32 del 31 dicembre 1945 dal titolo "I tribunali italiani erano lo strumento per l'annientamento dei nostri popoli", firmata da Vjenceslav Celigoj e Ante Štokić, rispettivamente segretario e presidente della sezione croata della commissione. Venne ricordata l'attività del Tribunale e la sua composizione, concludendo che "questi giudizi del tribunale fascista straordinario non erano altro che una rappresaglia, che gli occupatori fascisti esercitavano tanto spesso sulla pacifica popolazione a causa delle azioni dei reparti di liberazione". Come responsabili dell'attività repressiva esercitata dal tribunale, vennero indicati "i membri del governo fascista di Roma, con a capo Benito Mussolini, il cosiddetto governatore della Dalmazia Giuseppe Bastianini, i prefetti, i comandanti dei carabinieri, i commissari civili a Zara, Spalato e Cattaro quali datori di ordini ed il generale Magaldi Gherardo, i ten.col. Sorrentino [sic] Vincenzo, Caruso Pietro ed il sottotenente Centonze Francesco, come esecutori"<ref>La relazione è leggibile integralmente - pur presentando essa diversi errori fattuali, di trascrizione e traduzione - in {{cita | Commissione 1945 ss.}}.</ref>. In una seconda versione della relazione un breve paragrafo fu dedicato al Tribunale Straordinario della Dalmazia, di cui venne ricordata la sua composizione - peraltro senza più citare Centonze - sottolineandone il carattere antigiuridico, nonché l'ingiustizia e la proditorietà delle condanne da esso promanate. In tale versione succinta, dei quattro processi celebrati vennero ricordati solo quelli del 13 e del 29 ottobre 1941, riportando i nominativi dei diciotto condannati a morte effettivamente fucilati in quelle due occasioni<ref>La relazione completa della Commissione venne pubblicata a partire dal 1945 a Belgrado in serbo-croato, francese ed inglese. Per la parte riguardante gli italiani è stata ripubblicata in riduzione in {{cita|Dokumenti 1999}}: la parte relativa al Tribunale Straordinario della Dalmazia è a p. 35. In italiano in {{cita|Di Sante 2005|pp. 59-72}}.</ref>. Nel 1946 gli jugoslavi pubblicarono una sorta di volume riassuntivo delle proprie accuse in [[lingua inglese|inglese]], da utilizzare al tavolo delle trattative di pace per sustanziare le proprie richieste<ref>{{cita|Report 1946}}.</ref>. Al suo interno, un paragrafo - che pur presenta alcune imperfezioni - ripresentò la storia del Tribunale Straordinario della Dalmazia. Si affermò che questo organo giudiziario venne creato da Bastianini in modo "illegale e predatato" (''unlawful and antedated''), con un decreto che prevedeva come unica condanna la morte, avendone comminate "cinquanta" nei quattro processi che celebrò. In successione, venne citato un [[affidavit]] rilasciato da Serrentino (all'epoca prigioniero degli jugoslavi) nel quale questi così descrisse la propria attività: "I membri del Tribunale si spostarono di luogo in luogo e condussero i processi con stupefacente velocità, comminando sentenze di morte a persone la cui colpevolezza non fu mai provata. Essi apparvero a Sebenico il 13 ottobre per arrivare a Spalato la mattina seguente; raggiunsero Cattaro il 18 e Vodice il 27 ottobre, lasciando al loro risveglio i corpi delle loro vittime. Non vennero predisposte delle indagini in preparazione dei processi, né queste mai ebbero luogo; le prove della colpevolezza degli accusati non erano richieste. Le persone accusate vennero processate sulla base di mere denunce degli agenti di polizia o sulla base dei rapporti dei carabinieri"<ref>{{cita|Report 1946|pp. 33-34}}.</ref>.
 
Sulla base del lavoro della Commissione jugoslava, vennero quindi approntate diverse liste di presunti criminali di guerra, inviate in successione all'UNWCC per la definizione dei diversi casi segnalati. Inizialmente il governo italiano venne a conoscenza dei nomi degli accusati dalla stampa o da canali informali, ma partire da luglio 1945 iniziò a ricevere dagli alleati degli elenchi<ref>Le liste provenivano da Unione Sovietica, Jugoslavia, Gran Bretagna, Grecia, Albania ed Etiopia.</ref>. Il [[Ministero degli Affari Esteri]] (MAE) italiano produsse nel 1947 la seguente parziale tabella riassuntiva<ref>Diverse persone richieste con nota verbale non vennero incluse nella lista UNWCC.</ref>:
 
{|class="wikitable" style="text-align:center;"
!Paesi richiedenti!!Inclusi nella lista UNWCC!!Richiesti al [[Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale|MAE]]<br>con nota verbale
|-
!Jugoslavia
|729||27
|-
!Grecia
|111||74
|-
!Francia
|9||4
|-
!Alleati
|833||600 ca.<small><sup>1</sup></small>
|-
!URSS
|12||-
|-
!Albania
|3<small><sup>2</sup></small>||-
|}
<small><sup>1</sup>Casi direttamente sottoposti ai tribunali alleati</small><ref>La tabella e le notizie relative alle liste sono in {{cita|Commissione parlamentare 2006|pp. 410-412}}</ref>.<br>
<small><sup>2</sup>L'Albania presentò all'UNWCC una lista con 142 nomi.</small><ref>{{cita|Conti 2011|p. 159}}</ref>
 
La prima lista di italiani reclamati dagli jugoslavi fu pubblicata dalla stampa italiana a febbraio del 1945<ref>{{cita|Commissione parlamentare 2006|pp. 420-421}}</ref>: fra i quaranta nomi indicati non figurarono i membri del Tribunale Straordinario della Dalmazia<ref>{{Cita news|url = http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1945_02/19450211_0001.pdf|titolo = La Jugoslavia esige la consegna dei criminali fascisti di guerra|pubblicazione = [[l'Unità]]|data = 11 febbraio 1945|p = 1|accesso = 28 febbraio 2016|formato = pdf}}.</ref>. Negli elenchi successivi recuperati dagli italiani o ad essi forniti furono inseriti i nomi di Magaldi (accusato sia dalla Jugoslavia in quanto comandante del presidio di Sebenico e giudice del Tribunale Straordinario della Dalmazia, sia dalla Grecia in quanto presidente del Tribunale militare di Atene), Serrentino (spesso indicato come Sorrentino) e Caruso. Accanto al nome di quest'ultimo venne aggiunta negli elenchi la parola ''deceduto'' in quanto fucilato il 22 settembre 1944 per aver collaborato coi tedeschi nell'eccidio delle Fosse Ardeatine. Allo stesso modo venne indicato come ''deceduto'' Serrentino, dopo la sua fucilazione a Sebenico (15 maggio 1947). Francesco Centonze venne accusato dalle relazioni iniziali della commissione jugoslava ed inserito nei primi elenchi, ma col passare del tempo il suo nome non apparve più fra i ricercati.
 
Col passare dei mesi i principi relativi alla dichiarazione di Mosca erano però già stati radicalmente modificati per quanto concerne l'Italia: successivamente alla dichiarazione di guerra di quest'ultima alla Germania (13 ottobre 1943) e all'assunzione dello status di cobelligerante, l'estradizione dei criminali italiani non venne più considerata di primaria importanza da Gran Bretagna e USA, che peraltro condussero diversi processi in proprio direttamente sul territorio italiano, in quanto potenze occupatrici<ref>{{cita|Pedaliu 2004|p. 506}}</ref>. Nel periodo successivo alla guerra subentrarono diversi ordini di considerazioni che portarono britannici ed americani a non insistere nelle estradizioni dei criminali di guerra italiana in Jugoslavia o in altri paesi, ponendo in essere delle condotte dilatorie o apertamente d'opposizione: da un lato vi era il desiderio di assicurarsi la propria influenza nei confronti dell'Italia postbellica, dall'altro quello di opporsi all'influenza del [[PCI]] e - attraverso di esso - dell'Unione Sovietica nella politica italiana. Un terzo fattore che contribuì in maniera decisiva a determinare l'atteggiamento anglo-americano derivò dalla dura [[Occupazione jugoslava dell'Istria e della Venezia Giulia|occupazione militare jugoslava di Trieste e della Venezia Giulia]]: l'amministrazione [[Harry Truman|Truman]] riteneva che [[Josip Broz Tito|Tito]] non fosse altro che una pedina in mano a [[Stalin]], iniziando a considerare le richieste jugoslave per l'estradizione dei criminali di guerra italiani come una mera mossa propagandistica per screditare l'Italia agli occhi dell'opinione pubblica mondiale<ref>{{cita|Pedaliu|pp. 507-512}}</ref>.
 
Parallelamente a questo processo, a partire dal 1944 si era affermata fra tutti i partiti antifascisti italiani - ad eccezione del solo PCI - la posizione politica secondo la quale sarebbe spettato all'Italia processare i propri presunti criminali di guerra, senza ricorrere all'estradizione verso i paesi che li richiedevano<ref>{{cita|Conti 2008|pp.205 ss.}}</ref>.
 
===Gli articoli della stampa jugoslava===
Prima della pubblicazione delle relazioni della commissione jugoslava, il 12 ottobre 1944 il quotidiano spalatino ''Slobodna Dalmacija''<ref>All'epoca organo del movimento partigiano, la ''Slobodna Dalmacija'' oggi è il principale quotidiano della città dalmata.</ref> aveva pubblicato un articolo dal titolo "Nell'ottobre 1941 il Tribunale militare straordinario per la Dalmazia ha condannato a morte 43 patrioti dalmati", nel quale venne ricordata specificamente - sia pure in modo enfatico e rivendicando come "cinta costiera del nostro paese" il tratto adriatico che va da [[Monfalcone]] a [[Dulcigno]] - l'attività dell'organo giudiziario voluto da Bastianini. In particolare, si segnalò che Serrentino (definito "noto criminale di guerra") stava collaborando con le autorità jugoslave dalle carceri di Sebenico. Rivendicato l'omicidio di Scotton dell'11 ottobre 1941 ("malfamata spia, primo in Dalmazia"), si citò l'immediata successiva costituzione del Tribunale Speciale della Dalmazia, "istituito per la distruzione del nostro popolo" e "fucina delle sentenze di morte". Denunciato l'uso di vari mezzi di tortura da parte degli italiani, l'articolo proseguì ricordando tutti e quattro i processi celebrati, concludendo che "i fucili vendicatori nelle mani dei combattenti popolari sotto la bandiera di Tito hanno raggiunto molti criminali. E a molti criminali attende il meritato premio"<ref>{{cita|Slobodna Dalmacija 1945}}.</ref>.
 
Il 21 ottobre lo stesso giornale aveva pubblicato un altro articolo dal titolo "I duri fascisti italiani occupatori in Dalmazia": in un più ampio quadro di denuncia delle attività repressive nel corso degli anni di occupazione vennero descritti per sommi capi anche i crimini imputati al Tribunale Straordinario della Dalmazia, ripresi però segnalando solo i due processi di Sebenico e Vodice<ref name = "Di Sante 1">{{cita|Di Sante 2005|p. 18}}</ref>.
 
==Le reazioni italiane==
===La raccolta di testimonianze e le controinchieste===
[[File:Renato PRUNAS.jpg|thumb|right|150px|[[Renato Prunas]]]]
Fu a seguito di quest'ultimo articolo che il [[segretario generale del Ministero degli affari esteri|segretario generale del Ministero degli Affari Esteri]] italiano - [[Renato Prunas]] - decise di preparare una controinchiesta per contrastare l'azione jugoslava, incaricando il maggiore Domenico Lo Faso di coordinare il lavoro<ref>{{cita|Di Sante 2005|p. 17}}.</ref>. Tale controinchiesta si sviluppò in contemporanea con un'analoga attività di raccolta di informazioni, organizzata dallo stesso Prunas e dal [[Capo di stato maggiore della difesa|Capo di Stato Maggiore Generale]] [[Giovanni Messe]] con riferimento a presunte illegalità delle forze armate [[Grecia|greche]] contro i militari italiani di stanza in quel paese successivamente all'armistizio<ref>{{cita|Conti 2011|pp. 7 ss.}}</ref>. Col passare del tempo l'attività fu stutturata in maniera più completa: la documentazione di difesa venne quindi compilata dall'Ufficio Informazioni dello Stato Maggiore del Regio Esercito su incarico del Ministero della Guerra in concerto con quello degli Affari Esteri e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri<ref>{{cita|Di Sante 2005|p. 111}}</ref>.
 
Fra le testimonianze raccolte da Lo Faso vi fu una relazione del [[tenente generale]] Umberto Meranghini, inviato in Dalmazia nel 1941 per assumere il ruolo di pubblico ministero nel Tribunale Speciale della Dalmazia<ref>Il ruolo di Meranghini nel Tribunale Speciale è indicato in {{cita libro|autore=Giacomo Scotti|titolo=«Bono Taliano». Gli italiani in Jugoslavia (1941-1943)|città=Milano|editore=La Pietra|data=1977}}, p. 49.</ref>. Riferendosi al Tribunale Straordinario, egli ne rilevò la sua arbitrarietà: "Lo componevano, presidente compreso, solo tre membri, la difesa vi era soltanto facoltativa; il presidente dettava le regole del rito; il presidente ne rendeva esecutiva la sentenza. Ma se tutto ciò era impressionante in teoria, peggio ancora era la pratica: codesto Tribunale Straordinario (...) aveva funzione per reati che sol perché devoluti alla sua cognizione venivano colpiti con la morte (...). Come seppi, i processi si svolgevano con rapidità che, per esser esemplare, era riuscita invece a gettar lo spavento. Esso girava per la Dalmazia, e dove si fermava le poche ore strettamente indispensabili per un frettoloso giudizio, pronunciava sentenze di morte, e queste erano senz'altro eseguite"<ref>{{cita|Di Sante 2005|p. 19}}</ref>.
 
In una relazione del tenente dei Carabinieri Reali Mario Castellani del 5 febbraio 1945, il processo di Sebenico venne descritto come segue: "La prima [condanna] era dovuta all'uccisione proditoria (...) del giovane Scotton (...). Alle 13:00 del 13.10, dopo un effettivo troppo sommario giudizio e senza precisi indizi, venivano fucilati i 6 giovani elencati tutti minorenni". Castellani sbaglia però nell'indicare l'età dei fucilati: nessuno di essi era minorenne. Riguardo invece all'agguato e al processo di Vodice: "Il 28 ottobre 1941 una pattuglia di nostri militari, cadeva in un'imboscata tesagli presso il villaggio di Vodizze, e i quattro militari vennero uccisi. Nella stessa giornata, per rappresaglia, il villaggio veniva incendiato dalle nostre truppe e 26 uomini del villaggio vagamente indiziati di aver partecipato al fatto, deferiti al Tribunale. Il Tribunale si riuniva e dopo un'ora e mezza di seduta condannava a morte 14 e alla deportazione gli altri". Tale ricostruzione presenta degli errori in ordine alla data dell'agguato, al numero dei militari italiani uccisi, al numero delle persone deferite e al tipo di condanne inflitte<ref>La testimonianza in {{cita|Di Sante 2005|pp. 19-20}}.</ref>.
 
Nelle testimonianze iniziali raccolte dagli italiani, in generale venne riconosciuta la veridicità delle violenze descritte dagli jugoslavi, affermando però che tali violenze erano state quasi sempre commesse come reazione ad aggressioni o a precedenti episodi di violenza dei partigiani jugoslavi<ref name = "Di Sante 1" />. Via via che passarono i mesi, si rafforzò sempre più la linea difensiva che tendeva a rappresentare le violenze e gli "eccessi" come risposta alle "barbare sevizie" subite dai soldati italiani, mentre le efferatezze più gravi venivano quasi sempre addossate ai tedeschi, agli ustascia e alle lotte intestine fra le diverse fazioni e i popoli jugoslavi, nel contempo evidenziando le gesta di "umanità e aiuto" prestate agli abitanti delle zone sotto controllo delle autorità italiane<ref>{{cita|Di Sante 2005|p. 20}}.</ref>.
 
Vennero quindi preparate varie note e promemoria a difesa dei militari e dei politici che operarono nel teatro jugoslavo, contenenti allo stesso tempo dei memoriali contro ustascia e partigiani comunisti: l'obiettivo fu non solo quello di discolpare o giustificare il comportamento degli italiani nel territorio occupato, ma anche di lanciare delle precise accuse contro l'attività delle formazioni partigiane<ref>{{cita|Di Sante 2005|p. 23}}.</ref>.
 
Ad aprile del 1945 gli italiani produssero un documento dal titolo ''Direttive seguite dalle autorità e dalle truppe italiane di occupazione nell'azione pacificatrice svolta in Jugoslavia''<ref>{{cita|Di Sante 2005|pp. 113-130}}</ref>. Non avendo a disposizione gli archivi del Tribunale Straordinario della Dalmazia - rimasti in loco - per quanto riguarda la sua qualificazione ci si rifece esclusivamente alle testimonianze raccolte: "Tale tribunale fu in effetti arbitrario sia perché non trovava base in nessuna norma legislativa sia per la sua costituzione ed il modo di funzionare. Lo componevano, presidente compreso, solo tre membri (Gen. Gherardo Magaldi, Vincenzo Sorrentino [sic] e Pietro Caruso), la difesa vi era soltanto facoltativa, il presidente dettava le regole del rito e ne rendeva esecutiva la sentenza. In pratica, poiché, in forza del decreto su cui si fondava, aveva funzione solo per reati che venivano colpiti con la pena di morte, sembra abbia fatto ampio uso di tanta sua rigorosa potestà"<ref>{{cita|Di Sante 2005|p. 127}}</ref>. Con riferimento al successivo Tribunale Speciale, le ''Direttive'' così conclusero: "Questo tribunale restituì alla giustizia dignità di funzionamento che il Tribunale straordinario aveva forse offuscato"<ref>{{cita|Di Sante 2005|p. 128}}</ref>.
 
Ad agosto dello stesso anno venne approntato un altro documento: ''Note alle prime quattro relazioni compilate dalla Commissione di Stato jugoslava per l'accertamento dei misfatti compiuti dagli occupatori e dai loro coadiutori''<ref>{{cita|Di Sante 2005|pp. 139-168}}</ref>, con l'obiettivo dichiarato di "esaminare in dettaglio" le accuse jugoslave. Un paragrafo intero fu dedicato alle accuse contro Magaldi, Sorrentino [sic] e Caruso, "accusati come responsabili di numerose condanne a morte emesse senza possedere elementi di prova". Rifacendosi sempre alle testimonianze raccolte e ai documenti jugoslavi all'epoca conosciuti - che riportavano solo la descrizione dei processi di Sebenico e Vodice - le ''Note alle prime quattro relazioni'' riconobbero che "il tribunale straordinario (...) ha dato luogo a molte critiche". In successione vennero nuovamente ricordati i termini generali dei due processi, ripetendo nuovamente gli stessi errori fattuali derivati dalle testimonianze: si affermò che i condannati di Sebenico furono tutti "compagni di scuola" di Scotton nonché "minorenni", aggiungendo che "sembra che in epoca susseguente alla esecuzione si sia potuto accertare che qualcuno dei condannati era effettivamente colpevole"<ref>{{cita|Di Sante 2005|p. 144}}</ref>. Anche il racconto dei fatti di Vodice ripresentò gli stessi errori riportati nelle testimonianze in ordine alle date e al numero dei militari italiani uccisi dai partigiani jugoslavi, dei rinviati a giudizio e dei condannati a morte, nonché alla tipologia delle altre condanne inflitte<ref>{{cita|Di Sante 2005|pp. 144-145}}</ref>.
[[File:Note occupazione italiana in Jugoslavia.png|thumb|right|175px|La copertina delle ''Note relative all'occupazione italiana in Jugoslavia (settembre 1945)]]
A settembre vennero preparate le ''Note relative all'occupazione italiana in Jugoslavia'', esplicitamente al fine di contrastare la "vasta campagna propagandistica" messa in campo dagli jugoslavi<ref>{{cita|Note 1945|p. 3}}. Il testo è riportato integralmente in {{cita|Di Sante 2005|pp. 171-204}}</ref>. Il quadro descritto è quello di un Regio Esercito accolto dalla popolazione jugoslava "in un modo del tutto cordiale e, in talune zone, in modo veramente caloroso. (...) La naturale correttezza dei reparti italiani, il rigorosissimo controllo esercitato perché in modo assoluto fosse rispettata la proprietà privata e la istintiva cordialità dei soldati italiani contribuirono a creare un'atmosfera di reciproca intesa per cui la popolazione locale considerò le truppe italiane con stima e con ammirazione e queste guardarono al popolo jugoslavo con fiducia e simpatia"<ref>{{cita|Note 1945|p. 6}}.</ref>. Alla situazione in Dalmazia è dedicato un paragrafo apposito. In esso non si fa alcun cenno al Tribunale Straordinario della Dalmazia e si rovescia totalmente la responsabilità delle tensioni e dei disordini agli "atti di banditismo o di efferata crudeltà che nulla avevano a che fare con una vera e propria guerra partigiana", laddove le responsabilità del regime vennero limitare a "certi sistemi amministrativi e provvedimenti del Governo della Dalmazia che, instaurando per ordine di Roma, anche nelle forme esteriori taluni metodi organizzativi e istituti fascisti già esistenti in Italia, ma non sempre aderenti agli usi e alla mentalità di quelle popolazioni, urtavano la suscettibilità di [taluni ambienti slavi]"<ref>{{cita|Note 1945|p. 25}}.</ref>.
 
Le ''Note'' elencano "alcuni esempi di atrocità e di atti di terrorismo commessi in Dalmazia da partigiani jugoslavi". Fra quelli di cui si occupò il Tribunale Straordinario della Dalmazia v'è l'omicidio di Antonio Scotton e l'attentato di Vodice del 28 ottobre 1941. Quest'ultimo è però descritto sulla base delle testimonianze raccolte, e si persevera nell'errore di ritenere che "quattro militari di pattuglia cadevano in un'imboscata e venivano barbaramente uccisi"<ref>{{cita|Note 1945|p. 27}}.</ref>, quando in realtà i morti furono due. Secondo le ''Note'', ad agosto del 1941 sempre a Vodice ci sarebbe stato un altro attentato - la cui stringata descrizione è molto simile a quella dell'ottobre successivo - nella quale sarebbero caduti "due sentinelle e un carabiniere"<ref>{{cita|Note 1945|p. 26}}.</ref>. Tale attentato non risulta da nessun'altra fonte.
 
All'interno della terza parte del documento, si trovano gli unici accenni all'operato degli organi di giustizia italiani nel teatro Jugoslavo, ma solo con riferimento ai tribunali militari: "L'azione della magistratura militare si svolse attraverso i tribunali di guerra (...). Questi tribunali ottennero ovunque attestazioni di equanime e corretto funzionamento e dimostrarono sempre una longanimità che è sicura prova della comprensione con la quale giudicarono (...)<ref>{{cita|Note 1945|pp. 91-92}}.</ref>.
 
===La commissione d'inchiesta italiana===
A febbraio del 1946 il ministro della guerra [[Manlio Brosio]] propose al presidente del consiglio [[Alcide De Gasperi|De Gasperi]] di istituire presso il suo ministero un'apposita commissione che indagasse sui "presunti" criminali di guerra italiani: "sembra conseguirne ormai la necessità, per il Governo italiano, di compiere quegli accertamenti atti a stabilire la verità sui fatti denunciati, allo scopo: a) di salvaguardare l’onore e la dignità di quelli che possono ritenersi immuni dalle accuse loro lanciate; b) di sfatare la leggenda, che potrebbe crearsi all’estero, che lo Stato italiano voglia proteggere gli autori di odiosi reati, o che non voglia attenersi a quella deferente cortesia propria dei rapporti fra Stati sovrani; c) di eliminare la possibilità di arresti e di consegne di italiani agli Stati richiedenti, senza il concorso dello Stato Nazionale; d) di dimostrare che si tiene nel dovuto conto un grave problema quale quello dei criminali di guerra"<ref>{{cita|Commissione parlamentare 2006|pp. 427-428}}</ref>. De Gasperi accolse la proposta di Brosio: il 9 aprile 1946 annunciò al capo della [[Commissione alleata di controllo]] Ellery W. Stone l'intenzione del governo di iniziare una "severa inchiesta" volta ad accertare le responsabilità degli italiani macchiatisi di crimini di guerra nei paesi occupati. Il 6 maggio 1946 venne quindi istituita una Commissione d’inchiesta, presieduta dall’ex Ministro della guerra [[Alessandro Casati]]. In autunno a Casati subentrò l'ex ministro dell'aeronautica e futuro ministro della difesa [[Luigi Gasparotto]]<ref>{{cita|Commissione parlamentare 2006|pp. 431-432}}</ref>.
 
==La sorte dei giudici==
Dei quattro giudici che formavano il Tribunale Straordinario della Dalmazia, Magaldi e Centonze sopravvissero alla guerra e non furono mai processati per la loro partecipazione a quest'organo. Le loro vicende personali sono qui sintetizzate.
===Gherardo Magaldi===
Gherardo Magaldi, nato ad agosto del 1882, proveniva dall'arma di artiglieria<ref>Le informazioni biografiche sono tratte - salvo diversa indicazione - da {{cita|Cappellano 2008|pp. 44 ss}}.</ref>. Ufficiale dal 1902, pluridecorato al valor militare (tre medaglie d'argento, una croce di merito), fu grande invalido e mutilato della [[Prima guerra mondiale|Grande guerra]]. Dopo la guerra fu riassunto in servizio presso il corpo d'armata di Firenze. Negli anni '30 fu segretario dell'[[Ordine militare di Savoia]]<ref>{{cita libro|titolo=Giornale Ufficiale del Regio Esercito|città=Roma|anno=1934|p=662}}</ref>. Nel 1937 fu nominato generale. Durante la seconda guerra mondiale fu comandante del presidio militare di Sebenico, poi presidente del Tribunale Straordinario della Dalmazia. Al suo scioglimento fu nominato presidente del Tribunale Militare d'Armata di Atene. Sostituito a causa della sua eccessiva severità, rientrò in Italia. Dopo l'8 settembre aderì alla Repubblica Sociale Italiana, divenendo comandante della Regione Militare di Roma e poi di Bologna. Qui presiedette anche un tribunale straordinario di guerra che condannò a morte diversi partigiani. Incarcerato a Milano nel dopoguerra, ad agosto del 1945 venne cancellato dai ruoli di ufficiale dell'esercito per aver "cooperato dopo il 13 ottobre 1943 con le forze armate in guerra contro l'Italia<ref>{{cita news|titolo=Ufficiali dell'Esercito cancellati dai ruoli|pubblicazione=[[La Stampa]]|data=18 agosto 1945|pagina = 1}}.</ref>. Aperto un procedimento penale a suo carico dalla Procura di Bologna, il 18 novembre 1946 venne condannato a 18 anni di carcere - ridotti a dodici per condono e per la concessione delle attenuanti generiche - per le fucilazioni e le varie condanne comminate dal dicembre 1943 al gennaio 1944 dal tribunale straordinario di Bologna<ref>{{cita news|titolo=Diciott'anni al Gen. Magaldi che condannò a morte molti patrioti|pubblicazione=[[Corriere d'Informazione]]|data=18 dicembre 1946|p=1}}</ref>. Interrogato in altro procedimento come testimone, Magaldi aveva rivendicato con tono "spavaldo e quasi arrogante" l'operato del tribunale straordinario<ref>{{cita news|titolo=Testimone arrestato in udienza alla Corte d'Assise speciale|pubblicazione=[[Corriere d'Informazione]]|data=5-6 settembre 1946|p= 2}}</ref>, sull'attività del quale venne chiamato a testimoniare anche nel processo contro il questore di Bologna della RSI Giovanni Tebaldi<ref>{{cita news|titolo=La deposizione dei congiunti di dieci ostaggi fucilati a Bologna|pubblicazione=[[Corriere della Sera]]|data=4 ottobre 1953|p=6}}</ref>. In quanto invalido, scontò la sua condanna sia nella casa penale per minorati fisici e psichici di Soriano nel Cimino che a Viterbo<ref>{{cita libro|curatore=Anna Laura Sanfilippo|titolo=Le carte Pasquali Coluzzi. Le corrispondenze dei fascisti detenuti a Viterbo (1946-1953)|editore=Cavinato Editore International|città=Brescia|anno=2016|ISBN=9788869823787|pp=94-95}}</ref>.
 
===Francesco Centonze===
Negli anni '20 - giovane fascista in Umbria - polemizzò contro le le organizzazioni giovanili cattoliche<ref>{{cita libro|autore=Alberto Monticone|titolo=Cattolici e fascisti in Umbria: (1922-1945)|editore=Il Mulino|città=Bologna|anno=1978|pp=308 ss.}}</ref>. Nel 1928 pubblicò il saggio ''Il diritto al nome''<ref>{{cita libro|autore=Francesco Centonze|titolo=Il diritto al nome|città=Città di Castello|editore=Leonardo Da Vinci|anno=1928}}</ref>. Divenuto magistrato, nel 1939 fu pretore in Puglia<ref>{{cita libro|titolo=Italy Zone Handbook: Apulia|editore=Foreign Office|anno=1943| p=17}}</ref>. Dopo l'8 settembre 1943 aderì alla Repubblica Sociale Italiana. A Milano fu pubblico ministero del Tribunale Militare Straordinario che fra gennaio e marzo del 1945 emise 25 condanne a morte contro i partigiani. Nel 1947 fu processato per questo assieme al presidente del tribunale - generale Pasquale Spoleti - e al tenente Giuseppe Libois, giudice a latere. Tutti e tre erano latitanti. Spoleti venne condannato a 30 anni di reclusione, Libois a 10 anni, mentre Centonze venne assolto per [[Amnistia Togliatti|amnistia]]<ref>{{cita news|pubblicazione=Corriere della Sera|data=11 gennaio 1947|titolo=Trent'anni di reclusione al generale Spoleti|p=2}}</ref>. Tornato a fare il magistrato, nel 1959 - mentre ricopriva la carica di consigliere della Corte d'Appello di Genova - si candidò alle prime elezioni per il [[Consiglio Superiore della Magistratura]], non venendo eletto<ref>{{cita news|titolo=Le elezioni per il Consiglio superiore della Magistratura|pubblicazione=Corriere della Sera|data=20 gennaio 1959|p=4}}</ref>. Andò in pensione nel 1972 col titolo onorifico di magistrato di Corte di Cassazione<ref>{{cita libro|titolo=Il Consiglio superiore della magistratura|volume=2|editore= Istituto poligrafico dello Stato|città=Roma|anno=1972|pp=59, 93}}</ref>.
 
==Note==
{{references|2}}
 
==Bibliografia==
===Regi Decreti===
* {{Cita web|url = http://augusto.digitpa.gov.it/#giorno=07&mese=06&anno=1941 | titolo = R.D.L. 18 maggio 1941, n. 452 - Sistemazione dei territori che sono venuti a far parte integrante del Regno d'Italia | sito= Au.G.U.Sto - Automazione Gazzetta Ufficiale Storica | cid= R.D.L. 452/41 | accesso= 19 aprile 2015 }}
* {{Cita web|url = http://augusto.digitpa.gov.it/#giorno=07&mese=06&anno=1941 | titolo = R.D.L. 18 maggio 1941, n. 453 - Circoscrizioni territoriali delle provincie di Zara, Spalato e Cattaro e attribuzioni del Governatore della Dalmazia | sito= Au.G.U.Sto - Automazione Gazzetta Ufficiale Storica | cid= R.D.L. 453/41 | accesso= 26 aprile 2015 }}
* {{Cita web|url = http://augusto.digitpa.gov.it/#giorno=28&mese=10&anno=1941 | titolo = Bando del Duce del Fascismo, Primo Maresciallo dell'Impero, Comandante delle truppe operanti su tutte le fronti - 24 ottobre 1941 - Disposizioni penali per i territori annessi al Regno d'Italia in forza dei Regi Decreti Legge 3 maggio 1941 n. 291 e 18 maggio 1941 n. 452 | sito = Au.G.U.Sto - Automazione Gazzetta Ufficiale Storica | cid = Bando 24 ottobre 1941 | accesso = 21 giugno 2015 }}
 
===Atti parlamentari===
* {{cita testo|autore = Commissione parlamentare d'inchiesta sulle cause dell'occultamento di fascicoli relativi a crimini nazifascisti|titolo = Proposte di relazione dei deputati Raisi e Carli|pubblicazione = Atti Parlamentari - XIV Legislatura|editore = Camera Deputati–Senato Repubblica|città = Roma|data = 24 gennaio 2006|url = http://www.camera.it/_bicamerali/leg14/crimini/inddoc.htm|formato = PDF|pp = 39-293, 294-847|cid = Commissione parlamentare 2006|accesso = 17 maggio 2015}}
 
===Articoli giornalistici===
* {{cita pubblicazione|titolo = Nell'ottobre 1941 il Tribunale militare straordinario per la Dalmazia ha condannato a morte 43 patrioti dalmati| autore=|rivista=Slobodna Dalmacija|numero=221|data=12 ottobre 1945|cid=Slobodna Dalmacija 1945}} L'articolo è riportato in traduzione in {{cita libro|||autore=Oddone Talpo|Dalmazia. Una cronaca per la storia (1941)|1985|Ufficio storico dello Stato Maggiore dell'Esercito|Roma|pagine=745-749}}
 
===Studi a stampa===
* {{cita libro|titolo = Antifašistički Split. Ratna Kronika 1941.-1945.|anno = 2010|editore = Udruga antifašističkih boraca i antifašista grada Splita|città = Split|cid=Ratna Kronika 2010|ISBN= 9789539937209|lingua = croato}}
* {{cita libro|autore = Michele Battini|titolo = Peccati di memoria. La mancata Norimberga italiana|anno = 2003|editore = Laterza|città = Bari|cid = Battini 2003|ISBN = 9788842068990}}
* {{cita pubblicazione|autore=Zlatko Begonja|data=dicembre 2008|titolo=Vincenzo Serrentino - posljednji talijanski prefekt Zadarske provincije|rivista=Časopis za suvremenu povijest|numero=40/3|pagine=833-850|url=http://hrcak.srce.hr/file/62386|formato=PDF|cid=Begonja 2008|lingua = croato|accesso=5 marzo 2017}}
* {{cita libro|autore=Alberto Becherelli|titolo=Italia e Stato Indipendente Croato (1941-1943)|anno=2012|editore=Nuova Cultura|città=Roma|ISBN=9788861347809|cid=Becherelli 2012}}
* {{cita libro|autore=Alberto Becherelli|autore2=Paolo Formiconi|titolo=La quinta sponda. Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943|anno=2015|editore=Stato Maggiore della Difesa. V Reparto - Ufficio Storico|città=Roma|ISBN=9788898185160|cid=Becherelli - Formiconi 2015}}
* {{cita libro|autore=Lucija Benyovsky|titolo=Vodice u II. svjetskom ratu 1941.-1944.|anno=2014|editore=Tiskara Malenica|città=Vodice|cid=Benyovsky 2014|url=http://tris.com.hr/wp-content/uploads/2014/10/KATALOG-Oslobodiocima.pdf|formato=PDF|lingua=croato}}
* {{cita pubblicazione|autore=Walter Burella|titolo=Gli "Accordi di Monfalcone"|rivista=Il Territorio||città=Monfalcone|url=http://www.ilterritorio.ccm.it/lib/files/territorio_bollettino_it_1725_pdf_.pdf|formato=PDF|pagine=3-9|data=novembre 2003|numero=19|editore=Consorzio Culturale del Monfalconese|cid=Burella 2003}}
* {{cita libro|||autore = H. James Burgwyn|titolo = L'impero sull'Adriatico. Mussolini e la conquista della Jugoslavia 1941-1943|editore = Libreria Editrice Goriziana|città = Gorizia|anno = 2006|ISBN = 8886928890|cid = Burgwyn 2006}}
* {{cita libro|autore=Francesco Caccamo|titolo=L'occupazione del Montenegro: dai progetti indipendentistici alla collaborazione coi četnici|curatore=Francesco Caccamo|curatore2=Luciano Monzali|editore=Le Lettere|città=Firenze|anno=2008|opera=L'occupazione italiana della Jugoslavia (1941-1943)|pp = 133-219|ISBN=8860871131|cid=Caccamo 2008}}
* {{cita pubblicazione|autore=Filippo Cappellano|data=luglio-agosto 2008|titolo=L’occupazione italiana della Grecia (1941-43)|rivista=Nuova Storia Contemporanea|numero=4-2008|pagine=19-46|cid=Cappellano 2008}}
* {{cita libro|autore=Davide Conti|titolo=Criminali di guerra italiani. Accuse, processi e impunità nel secondo dopoguerra|data=2011|città=Roma|editore=Odradek|cid=Conti 2011|ISBN=9788896487143}}
* {{cita libro|autore=Davide Conti|titolo=L'occupazione italiana dei Balcani. Crimini di guerra e mito della "brava gente" (1940-1943)|data=2008|editore=Odradek|città=Roma|cid=Conti 2008|ISBN=9788886973922}}
* {{cita libro|||autore=Branko Dckić|Kronologija Splita 1941.-1945.|1979|Institut za Historiju Radničkog Pokreta Dalmacije|Split|cid=Dckić 1979|url=http://www.znaci.net/00001/220.htm|lingua = croato}}
* {{cita libro|||autore=Mario de' Vidovich|titolo=Vincenzo Serrentino. Una vita per la Patria|1985|Associazione nostalgica degli amici zaratini|Ancona|cid=de' Vidovich 1985}}
* {{cita libro|autore=Costantino Di Sante|titolo=Italiani senza onore. I crimini in Jugoslavia e i processi negati (1941-1951)|data=2005|editore=Ombre Corte|città = Verona|cid = Di Sante 2005|ISBN = 8887009651}}
* {{cita pubblicazione|autore=Zdravko Dizdar|data=dicembre 2005|titolo=Italian policies toward Croatians in occupied territories during the Second World War|rivista=Review of Croatian History|numero=I/1|pagine=179-210|cid=Dizdar 2005|url=http://hrcak.srce.hr/file/35407|formato=PDF|lingua = inglese}}
* {{cita pubblicazione|autore = Michele Focardi|data=2000|titolo = La questione della punizione dei criminali di guerra in Italia dopo la fine del secondo conflitto mondiale|rivista=Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken|numero = 80 | pagine = 543-624| città = Tübingen| editore = Deutschen Historischen Institut in Rom - (Max Niemeyer Verlag)|cid = Focardi 2000|url=http://www.perspectivia.net/publikationen/qfiab/80-2000/0543-0624|ISSN = 00799068}}
* {{cita libro|autore=Eric Gobetti|titolo=Alleati del nemico. L'occupazione italiana in Jugoslavia (1941-1943)|data=2013|città=Bari|editore=Laterza|cid=Gobetti 2013|ISBN=9788858106730}}
* {{cita libro|autore=[[Virgilio Ilari]]|titolo=I crimini di guerra nell'immagine internazionale dell'Italia|curatore=Virgilio Ilari et alii|editore=Leone Editore|città=Milano|anno=2014|opera=Fondo H8, Crimini di guerra. Studi storici e consistenza archivistica|pp=36-74|ISBN=9788863932027|url=http://docplayer.it/41563945-I-crimini-di-guerra-nell-immagine-internazionale-dell-italia-virgilio-ilari-donati.html|cid=Ilari 2014}}
* {{cita libro|autore = [[Alessandra Kersevan]]|titolo = Lager italiani. Pulizia etnica e campi di concentramento fascisti per civili jugoslavi 1941-1943|editore = Nutrimenti|città = Roma|anno = 2008| ISBN = 9788888389943|cid = Kersevan 2008}}
* {{cita libro|||autore = Sibe Kvesić|titolo=Dalmacija u Narodnooslobodilačkoj Borbi|anno=1960||città=Zagreb|cid=Kvesić 1960|lingua = croato|url=http://www.znaci.net/00001/124.htm}}
* {{cita libro|||autore=[[Giovanni Lovrovich]]|Zara dai bombardamenti all'esodo. (1943-1947)|1986|Tipografia Santa Lucia|Marino|ed=2|cid=Lovrovich 1986}}
* {{cita libro|autore=Luciano Monzali|titolo=Antonio Tacconi e la Comunità italiana di Spalato|editore=Scuola Dalmata dei SS. Giorgio e Trifone||città=Venezia|anno=2007|cid=Monzali 2007}}
* {{cita libro |autore=Franco Mosconi | altri = a cura di Cristina Campiglio | editore=CEDAM | città=Padova | anno=2009 | volume=I | annooriginale=2002 | opera=Scritti di diritto internazionale privato e penale | titolo=Crimini di guerra, mancate estradizioni e ragionevole durata dei processi | pp=761-778|ISBN=9788813290436| cid=Mosconi 2002}}
* {{cita libro|titolo = Narodnooslobodilačka Borba u Dalmaciji 1941.-1945.|anno = 1981|editore = Institut za Historiju Radničkog Pokreta Dalmacije| città = Split|volume = 1 - 1941|cid = Borba u Dalmaciji 1981|url=http://www.znaci.net/zb/4_21_1.htm|lingua = croato}}
* {{Cita libro|titolo = Note relative all'occupazione Italiana in Jugoslavia |anno = s.d. (1945)|cid = Note 1945}} <small>Il testo è anche in {{cita|Di Sante 2005|pp. 171-206}}</small>
* {{Cita pubblicazione|titolo = Britain and the 'Hand-over' of Italian War Criminals to Yugoslavia, 1945-48 |autore = Effie G. H. Pedaliu | rivista = Journal of Contemporary History | volume = 39 |numero = 4 - Special Issue: Collective Memory| editore = Sage Publications Ltd. | città = London |anno = 2004 | mese = Ottobre | pp = 503-529 | lingua = inglese | cid = Pedaliu 2004|url=https://www.jstor.org/stable/4141408?seq=1#page_scan_tab_contents}}
* {{cita libro|titolo = Report on Italian Crimes against Yugoslavia and its Peoples|anno = 1946|editore = The State Commission fot the Investigation of war crimes | città = Belgrado | cid = Report 1946 |url=http://www.diecifebbraio.info/2015/10/report-on-italian-crimes-against-yugoslavia-and-its-peoples/|lingua = inglese}}
* {{cita libro|titolo = Spomenici Revolucije|anno = 1980|editore = Općinski odbor SUBNOR-a Šibenik|città = Šibenik|cid=Spomenici Revolucije 1980|lingua = croato}}
* {{cita libro|autore=Oddone Talpo|titolo=Dalmazia. Una cronaca per la storia (1941)|anno=1985|editore=Ufficio storico dello Stato Maggiore dell'Esercito|città=Roma|cid=Talpo 1985}}
* {{cita libro|autore=Jozo Tomasevich|titolo=War and Revolution in Yugoslavia, 1941-1945. The Chetniks|anno=1975|editore=Stanford University Press|città=Stanford|ISBN=9780804708579|cid=Tomasevich 1975|lingua=inglese}}
* {{cita libro|autore=Jozo Tomasevich|titolo=War and Revolution in Yugoslavia, 1941-1945. Occupation and Collaboration|anno=2001|editore=Stanford University Press|città=Stanford|ISBN=9780804736152|cid=Tomasevich 2001|lingua=inglese}}
* {{cita libro|titolo = Zbornik dokumenata i podataka o narodnooslobodilačkom ratu naroda Jugoslavije | editore = Izdaje Vojnoistorijski Institut | città = Beograd | anno = 1969 | lingua = serbo-croato | volume = XIII | cid = Zbornik 1969 | url=http://www.znaci.net/00001/4_13_1_1.pdf|formato=PDF}}
* {{Cita libro|titolo = Dokumenti iz istorije Jugoslavije | curatore = Miograd Ð. Zečević | curatore2 = Jovan P. Popović | editore = Archiv Jugoslavije | città = Beograd | anno = 1999 | lingua = serbo-croato | volume = III | cid = Dokumenti 1999 |url=http://www.znaci.net/00003/399.htm}}
 
[http://www.znaci.net/zb/4_21_1_2.pdf Sentenze del Tribunale - pp. 264-272-304]
[http://www.ratnakronikasplita.com/prilozi/heroji Ratna Kronika Splita]
[http://arhinet.arhiv.hr/_Pages/PdfFile.aspx?Id=1364 Inventario]
[http://www.znaci.net/00003/399.htm Commissione jugoslava sui crimini degli occupatori (1)]
[http://www.znaci.net/00003/444.htm Commissione jugoslava sui crimini degli occupatori (2)]
[http://archivio.lastampa.it/m/articolo?id=c86e8e112d3678b94c0053ff0db1baedcae49fb7 Articolo La Stampa su criminali di guerra]
[https://books.google.it/books?id=Y14hGuXwucQC&pg=PA91&dq=Criminali+di+guerra+secondo+gli+jugoslavi&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwj_iMy4tbjKAhUJpnIKHZzrCPIQ6AEIKTAC#v=onepage&q=Criminali%20di%20guerra%20secondo%20gli%20jugoslavi&f=false Libro "Pagine di storia rimosse..."]
[https://books.google.it/books?id=7rEWAQAAIAAJ&q=Criminali+di+guerra+secondo+gli+jugoslavi&dq=Criminali+di+guerra+secondo+gli+jugoslavi&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwj_iMy4tbjKAhUJpnIKHZzrCPIQ6AEIMDAD Borgomaneri, "Crimini di geurra..."]
[https://books.google.it/books?id=18RPFrNTG_sC&pg=PA68&dq=dichiarazione+di+mosca+1943&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwiApYvK_PbKAhVHzRQKHayHAOsQ6AEIKzAB#v=onepage&q=dichiarazione%20di%20mosca%201943&f=false Libro sulla ricostruzione giudiziale dei crimini nazifascisti in Italia]
 
==Collegamenti esterni==
* {{cita web|titolo=Il Tribunale Straordinario della Dalmazia|url=http://www.criminidiguerra.it/TribunaleStraDalm.shtml|editore=www.criminidiguerra.it|accesso=19 aprile 2015}}
* {{cita web|url=http://www.criminidiguerra.it/DocTribStraDalm.shtml | titolo = Stralcio della relazione della commissione regionale croata per l'accertamento dei crimini dell'occupatore e dei suoi satelliti | autore = Commissione per l'accertamento del delitti degli occupatori e dei loro collaboratori | data = 1945 ss.| sito = criminidiguerra.it | accesso = 13 febbraio 2016 | cid = Commissione 1945 ss.}}