Vigevanasco: differenze tra le versioni

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== Storia ==
Fu costituito nel [[1532]] su impulso di [[Francesco II Sforza]], ultimo [[Duca di Milano]] ed esponente di [[Sforza|una dinastia]] da sempre profondamente legata alla città, il quale ne aveva fatto richiesta a [[Papa Clemente VII]]. Già nel [[1530]], secondo le medesime modalità, il capoluogo lomellino aveva ottenuto, [[Città d'Italia#Lombardia|primo in Lombardia]], il titolo di città, oltre che dila [[Diocesi di Vigevano|sede vescovile]]. Formato da alcuni comuni della [[Lomellina]] settentrionale, staccati dal Principato di [[Pavia]], il Vigevanasco radunava alcuni dei centri più importanti del territorio in due blocchi tra loro separati: a est il capoluogo [[Vigevano]] con i vicini comuni di [[Cassolnovo]], [[Gravellona Lomellina]], [[Cilavegna]] e [[Gambolò]]; a ovest la cittadina di [[Robbio]] con i comuni di [[Palestro]], [[Confienza]], [[Nicorvo]] e [[Vinzaglio]]<ref>[http://www.lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/9000932/?view=toponimi&hid= Contado di Vigevano, 1532 - 1743 – Istituzioni storiche – Lombardia Beni Culturali]</ref>.
 
L’annuncio di questa concessione venne dato al consiglio generale di Vigevano nella seduta del 6 giugno 1531. La formazione effettiva del contado nel 1532 si ebbe accorpando territori già appartenenti alla giurisdizione di Novara (Gravellona, Cassolvecchio, Cassolnuovo e Villanova) e alla giurisdizione di Pavia (Gambolò, Cilavegna, Nicorvo, Palestro, Vinzaglio, Confienza, Robbio e Torrione): queste terre continueranno a pagare i dazi alle città di origine (Colombo 1916). Ma queste terre erano per la maggior parte infeudate, e quindi economicamente già sfruttate dai rispettivi signori che riscuotevano i dazi. Cominciarono da allora lunghissime liti proprio tra questi ultimi e l’amministrazione del contado. La situazione era resa ancor più problematica dalla disposizione di queste terre, a volte inframmezzate da altre appartenenti alla Lomellina, cosicché un contadino per recarsi a vendere le proprie mercanzie doveva pagare un cospicuo numero di dogane (Cardinali 1976).