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Francesco Baldovini nacque a Firenze, da Cosimo e da Iacopa Campanari. La sua famiglia discende indirettamente da quella dei Baldovini-Riccomanni.<ref name=TrecDBI>{{DBI|nome=Baldovini, Francesco|nomeurl=francesco-baldovini_(Dizionario-Biografico)|accesso=12 maggio 2019}}</ref>
 
La sua carriera di studi incluse gli studi classici nel collegio dei [[Compagnia di Gesù|gesuiti]], gli studi di [[filosofia]] e di [[fisica]], prima a [[Firenze]] e poi a [[Pisa]], nella celebre università dove insegnò [[Galileo Galilei]], anche se si laureò in [[legge]] e da quel momento si dedicò agli studi letterati.<ref name=TrecDBI /><ref name =oxf>{{Cita web | url=https://www.oxfordreference.com/view/10.1093/oi/authority.20110803095442604 | titolo=Francesco Baldovini | lingua = en | accesso= 12 maggio 2019}}</ref>
 
È certo comunque che, rientrato in Firenze dopo la morte dei padre ([[1661]]), scrisse quel ''Lamento di Cecco da Varlungo'', che gli garantì una notorietà e popolarità.<ref name=TrecDBI />
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All'età di quaranta anni, nel [[1674]], prese i voti e si trasferì a San Lorenzo d'Artimino, dove trascorse quasi diciotto anni, dove proseguì anche la sua attività letteraria, scrivendo rime burlesche e laudi sacre, e ripubblicando il suo già famoso Lamento con con lo pseudonimo-anagramma di Fiesolano Branducci. Nel 1700 ottenne infine la carica di priore del [[Chiesa di Santa Felicita (Firenze)|monastero di Santa Felicita]] in Firenze.<ref name ="le muse" /> Morì in Firenze il 18 novembre 1716.<ref name=TrecDBI />
 
Si dedicò oltre che alla prosa scientifica, ai generi letterari più frivoli e accademici: capitoli burleschi e satire, poemi eroicomici e commedie letterarie e quei poemetti, o "idilli" rusticali,<ref name =oxf /> nei quali ultimi, più che uno schietto intento satirico nei confronti della gente del contado, trovavano espressione il diletto erudito e la mania linguaiuola, caratteristica dei letterati toscani.<ref name=TrecDBI />
 
Paragonabile ad un'esercitazione linguistica o di uno svago colto, va considerata anche l'opera più importante, il ''Lamento di Cecco da Varlungo'' ([[1694]]), un poemetto erotico-rusticale col quale si ispirò alla poesia burlesca e popolareggiante che nel Quattrocento ebbe importanti rappresentanti, come [[Lorenzo de' Medici]] con le sue satire del villano (''Nencia da Barberino''), oltre che i successivi seguaci [[Luigi Pulci]] (''Beca da Dicomano'') e [[Francesco Berni]].<ref name=TrecDBI /><ref name ="le muse" />