Ca' Dolfin: differenze tra le versioni

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== Descrizione ==
[[File:Dolfin02.jpg|sinistra|thumb|upright=1.7|Nicolò Bambini e Antonio Felice Ferrari, ''Apoteosi di Venezia'', affresco, 1714 c.|alt=]]
[[File:Dolfin02.jpg|sinistra|thumb|upright=1.7|Nicolò Bambini e Antonio Felice Ferrari, ''Apoteosi di Venezia'', affresco, 1714 c.|alt=]]Ca' Dolfin ci appare oggi esternamente pressoché come l'aveva lasciata Domenico Rossi alla fine della sua ristrutturazione. Al di là delle incertezze sugli autori delle due campagne di restauro del XVII e XVIII secolo sappiamo dai rilievi per il restauro a cura dell'Università che il rivestimento dell'intera facciata sul canale risale a un'unica epoca<ref name=":1">{{Cita|Mantoan-Quaino}}, p. 215</ref>. Questo fronte, di un barocco classicheggiante, denuncia al piano terra la originaria struttura interna tripartita che sopravvive solo in questo piano. È indicativo il gruppo di aperture costituito dalla porta d'acqua accostata ai lati da due finestre desinate all'illuminazione dell'atrio centrale e così le due finestre poste simmetricamente per lato destinate alle più piccole stanze laterali. Le cinque grandi finestre del primo piano invece dissimulano la mancanza di partizioni dell'interno che trasformato, con la demolizione delle quattro stanze laterali, in un unico grande ambiente è allineato al canale: il salone da cerimonia.
 
=== Il palazzo ===
La facciata sebbene non venga considerata di grande qualità riesce a ostentare, con il suo totale rivestimento in bianca pietra d'Istria, la grande nobiltà delle dimora, soprattutto nelie grandi aperture del piano centrale limitate dalla continua balaustrata. Curiosi sono i supporti dei davanzali dell'ultimo piano rastremati verso il basso e ornati da un drappeggio, motivo rintracciabile a Venezia solo nel palazzo Stazio Gradenigo a Santa Sofia costruito un secolo prima,<ref>{{Cita libro|autore=Elena Bassi|wkautore=Elena Bassi|titolo=Palazzi di Venezia - Admiranda Urbis Venetae|anno=1976|editore=Stamperia di Venezia|p=498}}</ref> contrapposti ai modiglioni a voluta dei davanzali sul piano d'acqua.
[[File:Dolfin02.jpg|sinistra|thumb|upright=1.7|Nicolò Bambini e Antonio Felice Ferrari, ''Apoteosi di Venezia'', affresco, 1714 c.|alt=]]Ca' Dolfin ci appare oggi esternamente pressoché come l'aveva lasciata Domenico Rossi alla fine della sua ristrutturazione. Al di là delle incertezze sugli autori delle due campagne di restauro del XVII e XVIII secolo sappiamo dai rilievi per il restauro a cura dell'Università che il rivestimento dell'intera facciata sul canale risale a un'unica epoca<ref name=":1">{{Cita|Mantoan-Quaino}}, p. 215</ref>. Questo fronte, di un barocco classicheggiante, denuncia al piano terra la originaria struttura interna tripartita che sopravvive solo in questo piano. È indicativo il gruppo di aperture costituito dalla porta d'acqua accostata ai lati da due finestre desinate all'illuminazione dell'atrio centrale e così le due finestre poste simmetricamente per lato destinate alle più piccole stanze laterali. Le cinque grandi finestre del primo piano invece dissimulano la mancanza di partizioni dell'interno che trasformato, con la demolizione delle quattro stanze laterali, in un unico grande ambiente è allineato al canale: il salone da cerimonia.
 
La facciata, definita al suo tempo "alla romana", sebbene non venga considerata di grande qualità riesce a ostentare, con il suo totale rivestimento in bianca pietra d'Istria, la grande nobiltà delle dimora,<ref>{{Cita|Christiansen 1998}}, p. 25.</ref> soprattutto nelie grandi aperture del piano centrale limitate dalla continua balaustrata. Curiosi sono i supporti dei davanzali dell'ultimo piano rastremati verso il basso e ornati da un drappeggio, motivo rintracciabile a Venezia solo nel palazzo Stazio Gradenigo a Santa Sofia costruito un secolo prima,<ref>{{Cita libro|autore=Elena Bassi|wkautore=Elena Bassi|titolo=Palazzi di Venezia - Admiranda Urbis Venetae|anno=1976|editore=Stamperia di Venezia|p=498}}</ref> contrapposti ai modiglioni a voluta dei davanzali sul piano d'acqua.
 
Di sicura attribuzione al Rossi è l'ampliamento verso il giardino. Un corpo a "L" costituito da un blocco che estende l'edificio per tutta la sua larghezza e da un altro blocco che si prolunga da un lato dentro al giardino<ref name=":1" />. Da questo punto di vista l'edificio appare di quattro piani, compreso il pian terreno, rivelando l'altezza del salone sul canale corrispondente a quella del primo e secondo piano assieme.
 
Senz'altro per quanto riguarda gli interni l'opera di spoliazione finita dal Guggenheim era stata accurata. Oltre alle storie romane e al ritratto di Daniele IV Gerolamo di Tiepolo, il palazzo conteneva moltissime altre opere ora disperse. In precedenza, e per altri motivi, era già stato ceduto a [[Augusto III di Polonia|Federico Augusto II di Sassonia]] con la mediazione di [[Francesco Algarotti]], il presunto, e ora perduto, ''Ritratto della famiglia di Thomas More'' di [[Hans Holbein il Giovane|Hans Holbein]].<ref name="Mariuz_1981">{{Cita|Mariuz 1981}}, p. 184.</ref> Manca certamente il busto che, nelle volontà redatte prima della partenza per Costantinopoli, Daniele III Giovanni si era tanto raccomandato di realizzare affinché rimanesse una sua immagine a coronamento del portale principale del salone.<ref>{{Cita|Mantoan-Quaino}}, p. 197.</ref> Mancano le dieci statue che ne integravano in qualche modo il programma iconografico.<ref>{{Cita|Conticelli 2002}}, p. 260 n. 12.</ref> E di tutti gli altri quadri e arredi enumerati in un inventario del 1771 non rimane più traccia.<ref>{{Cita|Mantoan-Quaino}}, p. 220</ref>
 
=== Le decorazioni del salone ===
 
==== Gli affreschi ====
 
 
Resta veramente di pregio il grande salone con la volta affrescata da [[Nicolò Bambini]] e [[Antonio Felice Ferrari]] e dove un tempo era la serie di storie romane dipinte su tela dal Tiepolo. Nelle lacune rimaste dentro le incorniciature affrescate a finto stucco che ospitavano le tele, Brusa, dopo l'acquisto del palazzo nel 1876, adattò delle specchiere anticheggianti.[[File:Dolfin05.jpg|thumb|upright=1.5|Nicolò Bambini, ''Apoteosi di Venezia'', particolare]]Per comprendere lo spirito del programma iconografico commissionato bisogna ricordare che tra la fine del Seicento e la prima metà del Settecento il gusto dell'aristocrazia veneziana per le dimore private si era spostato dal collezionismo accumulativo verso la commissione di grandi complessi di decorazione celebrative parietali introducendo anche la decorazione alla imperitura a fresco dei soffitti. Tecnica fino ad allora utilizzata per le ville di terraferma piuttosto che a Venezia dove erano ancora preferite le tele.<ref>{{Cita|Pedrocco-Gemin}}, pp. 61-62.</ref> Le famiglie più antiche, per ostentare una presunta e fantasiosa 'romanità' originaria, amavano i riferimenti a storie e personaggi dell'antica Roma (o dell'antica Grecia). E la famiglia Dolfin era appunto tra le venticinque ''case vecchie'' e tra queste una delle dodici definite ''Apostoliche''.<ref>{{Cita|Conticelli 2002}}, pp. 259-260</ref>
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La centrale area ovale affrescata dal Bambini rappresenta, con una notevole discrezione, una glorificazione dei Dolfin attraverso una ''Apoteosi di Venezia'': l'unico indiretto riferimento alla casata è il sorridente delfino che spuntando da una nuvola sorregge [[Anfitrite]]. Tuttavia nella composizione, che si sviluppa verso l'alto a partire dal lato finestrato sul canale, i vari temi esposti sono significativi delle virtù della famiglia. Emblematiche le figure dell'angelo della ''Fama'', quella più a destra, e dell'allegoria dell<nowiki>'</nowiki>''Abbondanza'', che fuoriesce dal basso a sinistra a coprire la quadratura, che in questa diagonale racchiudono il concetto delle conseguenze del buon governo.<ref>{{Cita|Favilla-Rugolo 2008}}, p. 218.</ref> Quasi al centro è la personificazione di ''Venezia'', una donna vestita d'oro, questa volta senza il leone ed esattamente con i medesimi attributi presenti nella tela di [[Paolo Veronese|Veronese]] il [[Trionfo di Venezia]] a [[Palazzo Ducale (Venezia)|Palazzo Ducale]]. Alla sinistra le regole che deve seguire il governo: la ''Giustizia'' con la spada, la ''Pace'' con l'ulivo e più in là la ''Prudenza'' con lo specchio e il serpente. Subito sotto non potevano mancare per la Repubblica marinara le divinità marine: ''Nettuno'' e la sposa ''Anfitrite''.<ref>{{Cita|Mariuz 1981}}, p. 183.</ref> Spostandosi verso destra, per ricordare come un dovere anche la protezione arti, accanto alle Grazie seguono le personificazioni allegoriche della ''Poesia'', dell<nowiki>'</nowiki>''Architettura'', della ''Scultura'' e della ''Pittura'', a cui segue l'inesorabile ''Tempo'' con falce e la clessidra. Per terminare a destra con l'agile figura del messaggero ''Mercurio'' sovrastata da ''Ercole'' che tiene schiacciati sotto una nuvola i vizi.<ref>{{Cita|Mariuz 1981}}, pp. 183-184.</ref>
[[File:Dolfin07.jpg|miniatura|Antonio Felice Ferrari ?, allegoria del ''Consiglio'', sopra l'incorniciatura dove era il ''Trionfo di Mario'' ddi Tiepolo]]
A circondare la scena scendono dalla volta le quadrature di Ferrari, prima in pieno controluce poi aperte dai terrazzini [[Ferdinando Galli da Bibbiena|bibieneschi]] di luminose nicchie.<ref name="Mariuz_1981" /> E in questa discesa si passa dal livello allegorico-concettuale della sommità al livello narrativo delle pareti.<ref>{{Cita|Conticelli 2002}}, p. 261.</ref> Nelle nicchie svettano gli scorci di statue d'eroi e si intravedono degli ovali a monocromo con le effigi di militari in diverse uniformi. Una di queste effigi il cappello tipico dei capitani generali da mar, grado ricoperto da Daniele IV Girolamo, cosa che le fa supporre ritratti perlomeno ideali dei Dolfin.<ref>{{Cita|Conticelli 2002}}, p. 273.</ref> A raccordo finale tra la finta architettura e le incorniciature dei teleri è posta alla sommità di ognuna di queste un'allegoria a monocromo (tutte probabilmente ridipinte) e tutte precisamente riferibili all'''Iconologia'' di [[Cesare Ripa]]. Negli studi più recenti si è potuto dimostrare il preciso legame semantico tra queste allegorie e le storie dipinte da Tiepolo.<ref>{{Cita|Conticelli 2002}}, pp. 260-261</ref>[[File:The Triumph of Marius MET DT9353.jpg|thumb|left|Giambattista Tiepolo, ''Trionfo di Mario'', Metropolitan Museum]]

==== Le storie romane ====
La serie dei dipinti di [[Storie romane di Ca' Dolfin|Storie romane di Tiepolo]] era destinato a narrare le virtù militari e politiche dei Dolfin. L'attenzione a vicende limitate al periodo repubblicano di Roma e l'attenzione particolare ai [[Guerre puniche|conflitti contro Cartagine]] sono evidentemente evocative, da una parte, dello spirito di servizio verso la Repubblica di Venezia, e dall'altra, alla onorevole partecipazione agli eventi bellici contro i turchi che avevano informato l'intera casata.
[[File:Giovanni Battista Tiepolo 069.jpg|miniatura|Giambattista Tiepolo, ''Annibale contempla la testa di Asdrubale'', Kunsthistorisches Museum]]In questa serie la qualità pittorica di Tiepolo diventa improvvisamente più matura. I colori si schiariscono ma al tempo stesso si vivacizzano nel rapporto complementare dei contrasti cromatici. Evolve così ulteriormente la comprensione del colore [[Paolo Veronese|veronesiano]] dei primi artisti rococò come [[Sebastiano Ricci|Ricci]] e [[Giovanni Antonio Pellegrini|Pellegrini]].<ref>{{Cita|Pedrocco-Gemin}}, pp. 62-63.</ref>