Caffè Florian: differenze tra le versioni
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Alla morte di Valentino Francesconi nel 1814 il caffè passò alla moglie Chiaretta e poi al figlio Antonio. Sotto la direzione di Antonio Francesconi il caffè divenne luogo di incontro dei patrioti italiani come [[Niccolò Tommaseo]], [[Daniele Manin]], [[Pietro Buratti]] e [[Silvio Pellico]], che si riunivano nella Sala del Senato. I fermenti patriottici di questi frequentatori portarono alla rivoluzione veneziana del 1848 che vedrà, per un breve periodo, Venezia di nuovo indipendente dall'Austria. Durante la rivoluzione il Florian raccolse i patrioti feriti durante gli scontri, diventando così un ospedale temporaneo.<ref name="DL39">{{Cita|De Laroche|p. 39}}.</ref>
Nel 1858 la proprietà del Florian passò da Antonio Francesconi ai proprietari di uno dei caffè più in voga del tempo, il Caffè degli Specchi. I nuovi proprietari, Vincenzo Porta, Giovanni Pardelli e Pietro Boccanello, affidarono a [[Ludovico Cadorin]] il compito di dirigere i lavori di restauro del Caffè. Gli arredi del Florian non erano stati mai veramente rinnovati dall'ampliamento nel XVIII secolo ed erano in misere condizioni. Cadorin crea, quindi, un progetto di restauro complessivo e radicale degli spazi del caffè. Tra gli artigiani che collaborano ci sono Battistuzzi per le pitture decorative, Dal Tedesco per i rivestimenti lapidei, Monticelli per i tavolini in marmo, Penato per le dorature, Jacer per gli intagli in legno, Bassani per gli specchi e Beaufre e Faido per i putti reggi-lume a gas.<ref>{{cita|Pastor e Libralesso|p. 54}}.</ref>
Per la Sala Cinese, Cadorin sceglie uno stile {{Citazione necessaria|definito in seguito ''pompadour'' da Tommaso Locatelli}}. Le pitture e i motivi ornamentali sono di Antonio Pascuti, cui si deve la figura del cinese ricordata anche da [[Henri de Régnier]].<ref name="DL">{{Cita|De Laroche}}.</ref>
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