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Anche il Kinderfilmfest, giunto alla sua decima edizione, mostrò i frutti della [[perestrojka]] con ''[[Naerata ometi]]'' di [[Arvo Iho]] e [[Leida Laius]], produzione ambientata in un orfanotrofio sovietico degli anni ottanta che ricevette il premio [[UNICEF]]. «Ciò che si tende a dimenticare nelle analisi odierne della storia del cinema», commentò il delegato della ''Berlinale'' per i film dell'[[Europa orientale]] Hans-Joachim Schlegel, «è il fatto che un impulso essenziale per la rappresentazione genuina dei problemi nella società sovietica... viene dai film per bambini e ragazzi».
* 1988
Sulla scia della ''[[glasnost']]'' di [[Michail Gorbačëv]], la ''Berlinale'' del 1988 confermò il ruolo assunto l'anno precedente come piattaforma per i nuovi film sovietici. Uno dei più apprezzati fu ''[[La commissaria]]'' di [[Aleksandr Askol'dov]], storia di una commissaria disillusa (interpretata da [[Nonna Viktorovna Mordjukova|Nonna Mordjukova]]) che trova rifugio presso una famiglia ebrea durante la [[guerra civile russa]] del 1917-1922. Realizzato nel 1967, il film era stato accusato di "calunniare la rivoluzione" e di fare "propaganda sionista" e bandito fino al luglio 1987, quando era stato proiettato al [[Festival cinematografico internazionale di Mosca]]. La sua uscita al Festival di Berlino, accompagnata dal [[Orso d'argento, gran premio della giuria|gran premio della giuria]], fu considerata un'ulteriore indicazione dei cambiamenti nella politica culturale sovietica e il regista ricordò in seguito la ''Berlinale'' del 1988 come «probabilmente l'evento più importante della mia vita». Sul ''[[Frankfurter Rundschau]]'', il critico Wolfram Schütte definì il film «unico nella storia del cinema sovietico. Il suo soggetto e l'estetica richiamano le storie di [[Isaak Ėmmanuilovič Babel'|Isaak Babel']] sulla [[Prima armata di cavalleria russa|cavalleria russa]] di [[Semën Michajlovič Budënnyj|Budënnyj]] nella loro intensità creativa e fisica e nel modo in cui Askol'dov è in grado di dare una descrizione amorevole e divertente della vita ebraica all'ombra di pericoli sempre presenti».
L'assenza del cinema italiano: «L'unica offerta è stata ''[[Strana la vita]]'' di [[Giuseppe Bertolucci]]. Potrà essere un giudizio discutibile, ma nella commissione di selezione non ha avuto la maggioranza dei voti. L'[[Associazione nazionale industrie cinematografiche audiovisive e multimediali|Anica]] s'è svegliata a metà gennaio, mandando in cassetta sette film, tipicamente di second'ordine. C'erano pronti ''[[La visione del sabba]]'' di [[Marco Bellocchio]], ''[[Come sono buoni i bianchi]]'' di [[Marco Ferreri]], non ce li hanno sottoposti... La mia impressione è che l'Anica sottovaluti da anni il FilmFest... Resta il nostro amore per il cinema italiano. Anche per darne un segnale abbiamo voluto come presidente della giuria un critico italiano, [[Guglielmo Biraghi]]... girando da mesi per il mondo internazionale del cinema ho constatato quanto Biraghi, da [[Los Angeles]] a [[Tokyo]] a [[Mosca]] a [[Parigi]], goda ovunque della massima stima, del maggiore rispetto, di grandi simpatie» ([[Moritz de Hadeln]]).
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Ma ci furono anche altri presagi di cambiamento: fino a poco tempo prima sarebbe stato impensabile per il pubblico occidentale assistere a film come ''[[Storia di Asja Kljacina che amò senza sposarsi]]'' di [[Andrej Končalovskij]] (1967), ''[[Die Russen kommen]]'' di [[Heiner Carow]] (1968), ''[[Matka Królów]]'' del polacco [[Janusz Zaorski]] o il documentario sovietico ''[[Bol'se sveta!]]'' di [[Marina Babak]]. A completare questo elenco anche ''[[Einer trage des anderen Last]]'' di [[Lothar Warneke]], film della [[Repubblica Democratica Tedesca|Germania Est]] che affrontava criticamente le contraddizioni e i miti fondanti della [[Repubblica Democratica Tedesca|DDR]]. A proposito dell'assenza di film sovietici contemporanei, il direttore [[Moritz de Hadeln]] rispose così a [[Lietta Tornabuoni]] del quotidiano ''[[La Stampa]]'': «A [[Mosca]] abbiamo visto 17 film, nessuno ci è parso adeguato. "[[Glasnost']]" e "[[perestrojka]]" sono belle parole, ma ci vorranno due, tre anni perché queste parole diventino film».
Se da una parte la presenza di film censurati o boicottati provenienti dall'[[Europa dell'Est]] fu accolta con favore dagli addetti ai lavori, una critica mossa nei confronti di questa edizione riguardò la crescente presenza di grandi produzioni hollywoodiane che sarebbero uscite nei cinema subito dopo il festival. Sul ''[[Frankfurter Rundschau]]'', Wolfram Schütte accusò la direzione di aver trasformato il festival in una «[[Cape Canaveral]] dove le ''[[Maggiori studi di produzione cinematografica|major]]'' americane possono lanciare i loro razzi». «Per caso ci sono stati offerti molti film americani alla vigilia della loro uscita in Europa», fu la replica di de Hadeln, «per caso la produzione americana attraversa un momento forte. Non conosco alcun direttore di festival che avrebbe detto no a [[Woody Allen]] o a [[Steven Spielberg]], che avrebbe rifiutato i gran ritratti femminili di [[Cher]], [[Holly Hunter]], [[Barbra Streisand]] in ''[[Stregata dalla luna]]'', ''[[Dentro la notizia - Broadcast News]]'', ''[[Pazza]]'', che avrebbe trascurato due film con implicazioni politiche come ''[[Walker - Una storia vera]]'' di [[Alex Cox|Cox]] o ''[[Grido di libertà]]'' di [[Richard Attenborough|Attenborough]]». Accanto alle presenze dell'Europa orientale o di film come ''[[Jane B. par Agnès V.]]'' e ''[[Kung-Fu Master (film)|Kung-Fu Master]]'', una doppia "dichiarazione d'amore" di [[Agnès Varda]] a [[Jane Birkin]], le produzioni hollywoodiane sembrarono piuttosto commerciali e fecero apparire ad alcuni la spesso evocata "funzione mediatrice" della ''Berlinale'' come un eufemismo per gli interessi di esportazione di [[Hollywood]].
Il programma di quest'anno, le cui dimensioni erano viste dai critici sempre più come "gigantomaniache", presentò numerose retrospettive e rassegne distribuite nelle varie sezioni, tra cui un esteso focus asiatico. Il film in concorso ''[[Sorgo rosso (film)|Sorgo rosso]]'' di [[Zhang Yimou]], una ballata sanguinosa e spietata della [[Cina]] degli anni trenta, fu il primo film cinese a vincere l'[[Orso d'Oro]]. La decisione della giuria internazionale non solo rese onore alla qualità cinematografica del film, ma fu anche intesa come una dichiarazione di solidarietà con le forze liberali cinesi, all'epoca una decisione abbastanza coraggiosa (la [[protesta di piazza Tienanmen]] sarebbe arrivata più di un anno dopo).
Il Forum internazionale del giovane cinema presentò il nuovo cinema asiatico con film provenienti da [[Corea del Sud]], Cina, [[Hong Kong]], [[Filippine]] e [[Vietnam]], riflettendo un interesse tematico che era già una tradizione in questa sezione e che l'avrebbe plasmata ancora di più in futuro. Tra i più importanti il film di apertura ''[[Babo seoneon]]'' del regista coreano [[Lee Jang-ho]], definito «una furia cinematografica sperimentale» dallo storico del cinema Wolfgang Jacobsen, e ''[[Shu jian en chou lu]]'' di [[Ann Hui]], un'epopea ambientata nella Cina del 18º secolo che il critico Whilelm Roth giudicò sul ''[[Frankfurter Rundschau]]'' «il ''[[Film di arti marziali|Kung fu film]]'' definitivo». Oltre a una serie di film indiani e un omaggio a [[Totò]], il Forum proiettò ''[[Black Comedy (film 1987)|Black Comedy]]'', secondo lungometraggio di [[Atom Egoyan]] che come [[Aleksandr Askol'dov]] definì il Festival di Berlino un'esperienza cruciale nella sua carriera: «Sono stato completamente sopraffatto da quella sera al Delphy e sono grato al Forum per aver coltivato un pubblico così esigente, curioso e progressista».
I responsabili del Forum espressero lamentele per la mancanza di differenziazione con la sezione Panorama, che quest'anno incluse tra l'altro retrospettiva sul cinema greco e australiano, un ampio programma di documentari dai [[Paesi baltici]] messo insieme in collaborazione con il Festival del documentario di [[Nyon]] e film come ''[[Cura la tua destra...]]'' di [[Jean-Luc Godard]], ''[[Missile (film)|Missile]]'' di [[Frederick Wiseman]] e ''[[Grasso è bello]]'' di [[John Waters (regista 1946)|John Waters]]. Nato nel 1980 come Info-Schau, uno spazio destinato a film esclusi dal concorso, sotto la direzione di [[Manfred Salzgeber]] il Panorama aveva acquisito nel tempo un profilo che alcuni cominciavano a vedere quasi indistinguibile da quello del Forum. I criteri di selezione non differivano più così tanto come in passato e nacque così una sorta di rivalità tra le due sezioni. Terminato il festival, il comitato consultivo ammonì il Panorama di ridimensionare la sua programmazione, una formulazione che però non teneva conto del fatto che le sezioni dovevano definire la loro immagine piuttosto che essere "modeste" al riguardo.
=== Gli anni novanta ===
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