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Il centro antico di [[Armento]] è noto soprattutto per via della scoperta di reperti straordinari, come la corona d’oro di Kritonios, oggi conservata presso l’Antikensammlungen di Monaco di Baviera, ma la eccezionalità dei reperti riflette l’importanza di un’area archeologica che ricade all’interno del Parco Nazionale dell’Appennino lucano: infatti il santuario di Serra Lustrante dovette essere un importante luogo di riunione e di aggregazione delle aristocrazie locali dei centri indigeni della media valle, all’interno dell’organizzazione territoriale lucana.
Ad [[Armento]], in località Serra Lustrante, è stato rinvenuto e scavato un [[sito archeologico]] di singolare importanza per chiarire meglio le dinamiche dei rapporti tra il mondo magno greco e indigeno tra IV e III sec. a.C.
==Storia==
L’area fu frequentata a partire dagli ultimi decenni del IV sec. a.C. come luogo di culto: a questo periodo si data un piccolo sacello quadrangolare con un percorso pavimentato annesso: alle spalle del sacello sono stati individuati una vasca, una cisterna e un grande pithos (giara di grandi dimensioni per immagazzinamento delle derrate o di liquidi), che sottolineano il ruolo centrale dell’acqua nell’area sacra.
Nel III sec. a.C. il santuario viene monumentalizzato, e impostato su due terrazze raccordate da una scalinata e divise da un muro a blocchi squadrati di arenaria. Sulla terrazza inferiore, al posto del sacello, viene realizzato un edificio sacro a pianta quadrata, in asse con un altare e due basi, di cui una pertinente a una statua: attorno all’edificio viene pavimentato un nuovo percorso cerimoniale. La cisterna raccoglieva le acque canalizzate dalla terrazza superiore e da sorgive sotterranee, mentre dietro l’altare dovevano trovarsi alcuni locali di servizio, con il tetto decorato da antefisse: nel 1969 infatti fu rinvenuto un esemplare a testa di Gorgone.
Nella terrazza superiore tre grandi ambienti erano legati alla funzione cultuale dell’area: in uno dei tre vani sono state ritrovate due fosse con resti di animali sacrificali, un focolare e una banchina con tre patere con ossa di volatili.
La monumentalizzazione del santuario, con la realizzazione dell’impianto scenografico a terrazze, rientra in un quadro edilizio tipicamente ellenistico.
A fine III sec. a.C. si data l’ultima fase edilizia, alla quale si ascrivono alcuni ambienti sul lato sud del santuario, mentre l’abbandono graduale del sito si data a cavallo tra III e II sec. a.C., probabilmente a seguito della definitiva romanizzazione della Val d’Agri.
Il santuario doveva pertanto essere dedicato a Eracle, che si configura come il garante dei valori guerrieri e agonistici giovanili, nella doppia dimensione divina ed eroica. Inoltre, sono attestati sia nel centro che nel sud Italia culti a Eracle legati alla transumanza dei pastori e al culto delle acque.
Il rito sacrificale doveva quindi iniziare nella terrazza inferiore, con il lavaggio dell’animale sacrificale con le acque sacre e con il sacrificio sull’altare, mentre la cerimonia si concludeva nella terrazza superiore, con la consumazione delle carni dell’animale.
Dall’analisi dei materiali rinvenuti, inoltre, si può sostenere che al culto di Eracle fosse associato il culto a una divinità femminile subalterna, che potrebbe identificarsi con quella Mefite protettrice delle acque particolarmente diffusa nel contesto lucano.
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