Ross Perot: differenze tra le versioni

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=== Ultimi anni ===
Verso la fine degli [[anni novanta]] molti militanti del Reform Party accusarono Perot di non permettere al movimento di diventare un vero e proprio partito di massa genuino e popolare: Perot infatti pretendeva obbedienza cieca dal partito e inoltre, per molto tempo, non permise la nascita di correnti interne (soprattutto se contrarie al suo modo di pensare) e costrinse molti dirigenti a rinunciare ai loro posti di comando per elargirli ai sostenitori della sua campagna elettorale del 1996.
 
La situazione non migliorò quando [[Jesse Ventura]], uno dei "colonnelli" del Reform Party, venne eletto governatore del [[Minnesota]] nel [[1998]], e anzi si acuì perché Perot non sostenne l'operato di Ventura e decise di sfiduciarlo, almeno dal punto di vista personale. Il comitato centrale del partito fu in questo modo stritolato dai litigi interni tra i sostenitori di Perot e quelli di Ventura e [[Jack Gargan]].
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Alle [[Elezioni presidenziali negli Stati Uniti d'America del 2000|elezioni presidenziali del 2000]] Perot si rifiutò di candidarsi personalmente come leader del Reform Party, preferendo non sostenere né boicottare la coppia scelta dal comitato del partito, che era composta da [[Pat Buchanan]] (teorico di estrema destra) e [[John Hagelin]] (candidato vicepresidente). Perot era infatti insoddisfatto della situazione del partito, che a suo dire si stava disintegrando, e preferì rimanere calmo durante la campagna elettorale delle elezioni presidenziali.
 
Nonostante la sua netta opposizione al [[NAFTA]], Perot rimase sostanzialmente in silenzio<ref>{{cita web |url=http://www.buchanan.org/db00-0524.html |titolo=Copia archiviata |accesso=20 ottobre 2004 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20000816031327/http://www.buchanan.org/db00-0524.html |dataarchivio=16 agosto 2000 }}</ref> riguardo all'espansione dei visti di cittadinanza che il governo degli Stati Uniti elargiva ai lavoratori stranieri (in particolare operai) che emigravano verso gli States. Successivamente, Perot appoggiò il candidato repubblicano [[George W. Bush]] e lo votò come presidente, terminando così ogni suo rapporto con il Reform Party, che ormai non esisteva più in molti stati. I simpatizzanti del Reform Party, rimasi molto sorpresi da questa crisi, si divisero sul da farsi: alcuni passarono nel Partito Repubblicano, altri rimasero indipendenti (come il multimiliardario [[Donald Trump]]), altri ancora rimasero dentro il partito e sostennero [[Ralph Nader]] come candidato presidente durante le elezioni presidenziali del [[2004]].
 
Da questo momento in poi, Perot preferì non occuparsi più in alcun modo di politica. Ogni volta che un giornalista gli proponeva un'intervista, egli accettava domande solo sul suo passato industriale e non su quello politico, preferendo il "no comment" anche su candidati, uomini politici, programmi e campagne elettorali. È comunque certo che egli sostenne George Walker Bush durante le consultazioni politiche del 2004.