Arduino d'Ivrea: differenze tra le versioni
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Dopo l'incoronazione di Enrico II, segue un decennio, quello tra il 1004 e il 1013/1014, scarsamente documentato, in cui si hanno poche informazioni e per di più di difficile individuazione cronologica precisa<ref name=":4" />. Rimane da sottolineare che Arduino, ritiratosi nella rocca di [[Sparone]] in [[valle di Locana]] nel pieno del [[Canavese]], rivendicò la corona d'Italia in contrapposizione ad Enrico II per dieci anni, tra il [[1004]] e il [[1014]], tanto da emettere diplomi regi e coniando una sua moneta<ref>{{Cita pubblicazione|nome=Franca Maria|cognome=Vanni|titolo=il denaro di Arduino trovato a Bolsena|lingua=en|accesso=28 novembre 2018|url=https://www.academia.edu/17962594/il_denaro_di_Arduino_trovato_a_Bolsena}}</ref>. La forte opposizione dei vescovi e di alcuni conti e marchesi fedeli all'imperatore non gli permise però di esercitare la sua autorità su molte terre del regno, anche se doveva essere presente una certa mobilità della corte regia data l'emissione di dieci diplomi; sicuramente Arduino aveva il sostegno del vescovo di Asti [[Pietro (vescovo di Asti)|Pietro]] e dell'astigiano, appartenente alla [[marca di Torino]], retta dall'arduinico [[Olderico Manfredi II]], il quale però si mantenne neutrale<ref name=":4" />. Questa neutralità si mantenne anche quando il fratello di questo, [[Alrico]], venne nominato da Enrico II vescovo di Asti al posto del nemico Pietro: ciò avvenne senza l'assenso dell'arcivescovo Arnolfo, la quale diocesi aveva come suffraganea Asti, e di conseguenza l'arcivescovo accolse Pietro rifiutando la consacrazione del nuovo vescovo; la suddetta cerimonia venne quindi direttamente eseguita dal pontefice [[Giovanni XVIII]] tra il 4 maggio e il 24 giugno 1008, fatto che acuì la collera di Arnolfo; la situazione si risolse quando Olderico Manfredi e Alrico, dopo che l'arcivescovo si era mosso contro Asti a seguito di una condanna ad un sinodo, eseguirono una umiliante cerimonia di penitenza nella [[Basilica vetus|cattedrale di Santa Maria Maggiore]] a Milano tra il 17 ottobre 1008 e la metà di aprile dell'anno seguente; nonostante ciò, Alrico mantenne il seggio vescovile e Arduino non riuscì a sfruttare queste tensioni per trarre dalla propria parte Arnolfo<ref name=":5">{{Cita libro|autore=Alfredo Lucioni|curatore=[[Giuseppe Sergi]]|titolo=Arduino fra storia e mito|editore=[[il Mulino]]|città=[[Bologna]]|pp=74-76|capitolo=Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni|ISBN=978-88-15-27837-1}}</ref>. A partire dai primi mesi di quell'anno, inoltre, nell'astigiano i documenti notarili cominciarono ad essere redatti usando gli anni di regno di Enrico II<ref name=":5" />.
In questa fase di debolezza, Arduino venne assediato nel castello di Sparone, ma egli riuscì a vincere l'assedio e lui e i suoi "Sparonisti"<ref group="Riferimenti">L'assedio di Sparone divenne un episodio capitale per gli avversari di Arduino, a giudicare dai continui accenti alla fortezza da parte di Leone di Vercelli. Benzone di Alba, decenni dopo, definisce Arduino «bestia Sparonis» mentre i suoi sostenitori sono definiti nei suoi scritti «Sparonisti»). Si veda {{Cita libro|autore=Alfredo Lucioni|curatore=[[Giuseppe Sergi]]|titolo=Arduino fra storia e mito|editore=[[il Mulino]]|città=[[Bologna]]|p=77, nota 195|capitolo=Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni|ISBN=978-88-15-27837-1}}</ref> pochi mesi dopo, riuscirono ad occupare la città di Vercelli, sede episcopale di [[Leone di Vercelli|Leone]]<ref>{{Cita libro|autore=Alfredo Lucioni|curatore=[[Giuseppe Sergi]]|titolo=Arduino fra storia e mito|editore=[[il Mulino]]|città=[[Bologna]]|p=77|capitolo=Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni|ISBN=978-88-15-27837-1}}</ref>. Sembra addirittura che Arduino riuscì ad occupare Pavia, anche se ciò è provato da un solo documento tramesso in una copia seicentesca, in cui Arduino diede il suo assenso ad una donazione da parte dl figlio Ottone di un complesso fondiario alla diocesi di Pavia retta dal nuovo vescovo Rainaldo<ref>{{Cita libro|autore=Alfredo Lucioni|curatore=[[Giuseppe Sergi]]|titolo=Arduino fra storia e mito|editore=[[il Mulino]]|città=[[Bologna]]|pp=77-78, più note 197 e 198|capitolo=Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni|ISBN=978-88-15-27837-1}}</ref>. Non va tenuto invece conto di un documento che vuole Arduino presso l'[[abbazia di Bobbio]], considerato un falso<ref>{{Cita libro|autore=Alfredo Lucioni|curatore=[[Giuseppe Sergi]]|titolo=Arduino fra storia e mito|editore=[[il Mulino]]|città=[[Bologna]]|pp=78-79|capitolo=Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni|ISBN=978-88-15-27837-1}}</ref
Nonostante questi sforzi, Arduino non poté supportare ulteriormente la situazione politica: Enrico II, che nel frattempo si era dovuto occupare di [[Boleslao I di Polonia|Boleslao di Polonia]], [[Italienzug|scese nuovamente in Italia]] nel [[1013]]; l'anno successivo fu solennemente proclamato imperatore a Roma da [[papa Benedetto VIII]] e riuscì a domare le resistenze dei nobili romani suoi avversari (ed alleati di Arduino): in tale frangente, gli Obertenghi furono annichiliti dal sovrano, alcuni di loro imprigionati e trasferiti Oltralpe, e i loro interessi patrimoniali furono minati alla base con la creazione da parte di Enrico II della [[diocesi di Bobbio]], affidata all'abate dell'abbazia, cuore dei possedimenti obertenghi<ref name=":7" />. Nonostante i fedeli di Arduino, una volta che Enrico II era ritornato in Germania, compissero ancora nel 1014 una serie di incursioni su [[Novara]], [[Vercelli]] e [[Como]]<ref name=":0" /><ref name=":7" />, il sovrano, vista anche una grave infermità sopraggiunta, fu costretto a deporre le insegne reali sull'altare dell'abbazia di Fruttaria, e provò a negoziare i possedimenti della [[Conti di Pombia|contea di Pombia]] per i suoi eredi<ref>[http://www.mondimedievali.net/pre-testi/arduino.htm Fascio V. ''Arduino d'Ivrea ed il regno italico''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20071024182107/http://www.mondimedievali.net/pre-testi/arduino.htm |data=24 ottobre 2007 }}.</ref>.
=== Ritiro e morte ===
Si ritirò quindi nell'[[abbazia di Fruttuaria]] a [[San Benigno Canavese]], eretta sul confine della diocesi di Ivrea e Torino pochi anni prima a inizio secolo da [[Guglielmo da Volpiano|Guglielmo]], [[Abbazia di San Benigno (Digione)|abate di San Benigno]] di [[Digione]], per volontà dei de Vulpiano, stirpe a cui il neo abate apparteneva e fedeli di Arduino<ref name=":6">{{Cita libro|autore=Alfredo Lucioni|curatore=[[Giuseppe Sergi]]|titolo=Arduino fra storia e mito|editore=[[il Mulino]]|città=[[Bologna]]|pp=79-80|capitolo=Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni|ISBN=978-88-15-27837-1}}</ref>. Quest'ultimo era molto legato avendone appoggiato l'edificazione con un diploma del 28 gennaio 1005<ref name="DBI" /><ref name=":6" />; Rosa Maria Dessì<ref>R.M. Dessi, ''[https://www.academia.edu/2587082 La double conversion d'Arduin d'Ivrée. Pénitence et conversion autour de l'an Mil]'', in ''Guerriers et moines. Conversion et sainteté aristocratiques dans l'Occident médiéval (IX-XIIe siècle)'', di M. Lauwers, Antibes, Éditions APDCA, 2002</ref> ha avanzato l'ipotesi che dovesse divenire un ''[[Hauskloster]]'' di Arduino i quanto questo luogo venne scelto dal sovrano ormai decaduto come luogo di sepoltura per sé, la moglie Berta e i propri figli, ma tale tesi non è universalmente accettata<ref>{{Cita libro|autore=Alfredo Lucioni|curatore=[[Giuseppe Sergi]]|titolo=Arduino fra storia e mito|editore=[[il Mulino]]|città=[[Bologna]]|p=80, nota 204 e 205|capitolo=Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni|ISBN=978-88-15-27837-1}}</ref>.
Il 14 dicembre [[1015]]<ref name="DBI" /> Arduino morì nell'[[abbazia di Fruttuaria]] e fu tumulato nell'[[altare maggiore]] della chiesa abbaziale, ove per secoli fu venerato da [[monaci]] e [[pellegrinaggio|pellegrini]]. [[Tietmaro di Merseburgo|Tietmaro]] riferisce che la sua morte avvenne il 30 ottobre del medesimo anno<ref>{{Cita libro|autore=[[Tietmaro di Merseburgo|Tietmaro]]|traduttore=Matteo Taddei|titolo=Cronaca di Tietmaro|collana=Fonti tradotte per la storia dell'Alto Medioevo|editore=Pisa University Press|p=205|capitolo=Libro VII, 24|ISBN=978-8833390857}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=[[Tietmaro di Merseburgo]]|curatore=Piero Bugiani|traduttore=Piero Bugiani|titolo=Chronicon. L'anno mille e l'impero degli Ottoni|collana=Bifröst|anno=2020|editore=Vocifuoriscena|città=Viterbo|p=575|capitolo=Libro VII, 24 (17.)|ISBN=978-88-99959-29-6}}</ref>, ma la storiografia ha ritenuto più precisa la data del 14 dicembre, morte registrata dall'obituario dell'[[Abbazia di San Benigno (Digione)|abbazia di San Benigno]] di [[Digione]] per volere dell'abate [[Guglielmo da Volpiano|Guglielmo]], fondatore di Frutturaria<ref>{{Cita libro|autore=Alfredo Lucioni|curatore=[[Giuseppe Sergi]]|titolo=Arduino fra storia e mito|editore=[[il Mulino]]|città=[[Bologna]]|p=31, nota 19|capitolo=Re Arduino il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni|ISBN=978-88-15-27837-1}}</ref>.
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Sulle spoglie di re Arduino si è tramandata - veri o falsi che siano i particolari - la seguente storia (raccontata anche dallo scrittore [[Giuseppe Giacosa]]).
Verso la seconda metà del [[XVI secolo]], il cardinale Ferrero, abate di Fruttuaria, considerava indegno il fatto che le ossa di Arduino, scomunicato in vita dal vescovo d'Ivrea, fossero conservate come preziose reliquie sotto l'altare maggiore dell'abbazia e venisse loro tributato un vero e proprio culto, come se fosse un santo. Decise dunque di violare il sepolcro e di seppellire in terra sconsacrata le ossa che si erano conservate. Ma un pio frate si incaricò di spiare l'abate, di segnare il luogo della sepoltura. Molti anni dopo il conte [[Filippo San Martino di Agliè|Filippo di Agliè]], che
Racconta il Giacosa che: <br />
{{Citazione|...Al conte di Masino coceva il pensiero di quelle poche ceneri, già tolte alla sacra volta e ai canti della chiesa, già rapite alla ferace terra di Fruttuaria, mal guardate e cadute ora... a tale padrone, cui non le consacrava nessun vincolo di sangue, nessuna ragione né di nome né di memorie. Però le sue alte cariche non gli permettevano aperta dimostrazione, né la remotissima agnazione potevagli attribuire il diritto di rivendicare le spoglie mortali del grande antenato. Chiudeva nell'animo la pietosa ira, alla quale era conforto l'amore della marchesa e il sapernela partecipe. Ma la pietà femminile è industre e temeraria...}}
Cristina, per amore di Francesco e per dispetto verso i Savoia, fece in modo di introdursi nel [[
La storia si inserisce con evidenza nelle strategie di nobilitazione dinastica perseguite con frequenza nel passato e testimonia la grande popolarità di cui ha continuato a godere in [[Canavese]] la figura di re Arduino, sospesa tra storia e leggenda.
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