Giuseppe Garibaldi: differenze tra le versioni

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Il 19 maggio, [[Battaglia di Velletri (1849)|nei pressi di Velletri]], Garibaldi disobbedì agli ordini, in realtà ormai superati dagli eventi, di [[Pietro Roselli]]<ref>Nominato a capo dell'esercito al di sopra di Garibaldi stesso, si veda per approfondimento {{Cita|Smith|pp. 46-47}}</ref>; nell'occasione Garibaldi venne travolto dai cavalieri, cadde a terra dove fu alla mercé di cavalli e nemici, ma venne salvato per intervento del patriota [[Achille Cantoni]]:<ref>"Cantoni pel primo [...] gittossi tra me ed un nemico che mi travagliava da vicino, e contro cui io difficilmente mi difendevo essendo rotto dalle contusioni, e mentre il borbonico mi feriva, forse con un colpo sulla testa, la sciabola liberatrice lo colpiva e bestemmiando si ritirava con il braccio penzolone", così riferisce il fatto Giuseppe Garibaldi in ''Cantoni il volontario'', cap. XLI. Velletri.</ref> seguirono aspre critiche al suo operato.<ref>Come quelle di [[Carlo Pisacane]], si veda: {{Cita|Possieri|pp. 124-125}} I contrasti furono evidenti in seguito, si pensi che pochi giorni dopo, il 26 maggio, quando Mazzini chiese consiglio a Garibaldi su come difendere Roma egli rispose o di dargli poteri di «dittatore illimitatissimo» o di retrocederlo a soldato semplice, per la lettera si veda {{cita libro|Giuseppe |Garibaldi |Epistolario di Giuseppe Garibaldi, Volumi 1-2, pag 37|1885 |A. Brigola e comp|}}</ref> Il 26 maggio 1849 Giuseppe Garibaldi giungeva a [[Ceprano]], ordinando a [[Luciano Manara]] di entrare con i suoi bersaglieri nel [[Regno di Napoli]], per combattere i borbonici che si erano attestati nella Rocca d'Arce. Mazzini voleva però concentrarsi sulla difesa dell'Urbe e, anche perché era giunta notizia dell'arrivo di forze spagnole a Gaeta e di un esercito austriaco, richiamò Garibaldi.<ref>{{cita libro|Garibaldi|pag 47|1993|Denis Mack Smith|}}</ref>
 
La notte fra il 2 e il 3 giugno 1849 Oudinot guidò i suoi verso Roma e conquistò, dopo continui capovolgimenti, i punti chiave di Villa Corsini e Villa Valentini; rimase in mano ai difensori Villa Giacometti. Morirono {{formatnum:1000}} persone, fra cui [[Francesco Daverio]], [[Enrico Dandolo (patriota)|Enrico Dandolo]] e [[Goffredo Mameli]] che, ferito, morirà in seguito per [[gangrena]]; verrà incolpato Garibaldi della sconfitta; i francesi potevano contare su circa {{formatnum:16000}} uomini Garibaldi su circa {{formatnum:6000}}.<ref>Nell'occasione verrà ricordato da Gustav Hoffstetter come uomo impassibile che non fugge davanti al pericolo, si veda per la testimonianza tratta da ''Giornale delle cose di Roma nel 1849'', Gustav von Hoffstetter, 1850 e i dati numerici {{Cita|Scirocco|p. 163}}</ref> Il 28 giugno 1849 i legionari di Garibaldi tornarono a indossare le loro tuniche rosse di lana.<ref>La richiesta fu fatta tempo prima, dopo la battaglia di Palestrina, come in {{cita libro|autore =[[Ermanno |Loevinson]] |titolo = Giuseppe Garibaldi e la sua legione nello Stato romano 1848-49 (Volume 2 di Giuseppe Garibaldi e la sua legione nello Stato romano 1848-49), p. 126|anno = 1904 |editore = Società editrice Dante Alighieri|}}</ref>
 
=== Fuga da Roma e morte di Anita ===