Gustáv Husák: differenze tra le versioni

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[[Presidenti della Cecoslovacchia|Presidente della Cecoslovacchia]] e leader [[Comunismo|comunista]] della nazione e del [[Partito Comunista di Cecoslovacchia]] per un lungo periodo negli [[anni 1970|anni settanta]] eed [[anni 1980|ottanta]]. Il periodo del suo governo, successivo alla [[Primavera di Praga]], è noto con il nome di [[Normalizzazione (Cecoslovacchia)|normalizzazione]].
 
== Biografia ==
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Durante la [[seconda guerra mondiale]] fu imprigionato dal governo [[clericofascismo|clericofascista]] di [[Jozef Tiso]] per attività sovversiva. Fu uno dei protagonisti dell'[[Insurrezione nazionale slovacca]] contro i [[nazismo|nazisti]] ed a partire dal 5 settembre [[1944]] divenne membro del Presidium del [[Consiglio nazionale slovacco (1943-1992)|Consiglio nazionale slovacco]].
 
Nel dopoguerra iniziò la carriera come funzionario del governo in [[Slovacchia]] e del partito in [[Cecoslovacchia]]. Dal [[1946]] al [[1950]] ricoprì nell'esecutivo slovacco un ruolo paragonabile a quello di primo ministro, e in questa veste ha fortemente contribuito alla liquidazione del [[Partito Democratico di Slovacchia]], che alle elezioni del [[1946]] aveva ottenuto il 62% dei voti impedendo temporaneamente ai comunisti di prendere il potere, e all'instaurazione di un regime comunista in seguito al [[colpo di statoStato cecoslovacco del 1948]].
 
Nell'aprile 1950, durante il IX congresso del ramo slovacco del Partito, fu accusato assieme ai cosiddetti ''posvalci'' (ossia quei dirigenti comunisti che avevano partecipato all'[[insurrezione nazionale slovacca]] del 1944, tra cui il dirigente e poeta [[Ladislav Novomeský]]) di "nazionalismo borghese" e incarcerato senza processo: solo dopo quattro anni fu processato per venire condannato all'[[ergastolo]]<ref>Stanislav Kirschbaum, A History of Slovakia. The Struggle for Survival, New York (USA), Palgrave Macmillan, 1995, p. 232</ref>. Anche nel carcere di [[Leopoldov]], dove rimase rinchiuso dal [[1954]] al [[1960]], non abbandonò la sua fede nel [[comunismo]] e continuò a scrivere ai vertici del partito definendo la sua condanna "un malinteso". A chi gli chiedeva di graziarlo, [[Antonín Novotný]] rispondeva "Voi non sapete cos'è capace di fare se prendesse il potere", anche se, in realtà, egli era mosso da un forte sentimento anti-slovacco.
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Con la [[destalinizzazione]], Husák venne scarcerato nel 1960 e poi riabilitato nel [[1963]], anno in cui poté tornare a far parte della KSČ. Nel [[1967]] fu uno degli artefici della contestazione dentro il partito verso l'odiato Antonín Novotný e in particolare fu tra quanti spinse per un riequilibrio dei poteri nel KSČ a favore della componente slovacca. Dopo che nel gennaio [[1968]] [[Alexander Dubček]], segretario dell'organizzazione di partito slovacca, sostituì Novotný al vertice del partito, a fine marzo questi perse pure la presidenza della Repubblica, aprendo la strada a un rinnovamento del personale politico delle istituzioni statali: nel frattempo presidente della Repubblica divenne l'ex generale [[Ludvík Svoboda]], [[Oldřich Černík]] assurse a presidente del Consiglio dei ministri, ed ebbe come vice-premier l'economista [[Ota Šik]] e appunto Gustáv Husák.
 
Presto però emersero rilevanti differenze tra gli animatori della [[primaveraPrimavera di Praga]], in particolare tra i fautori del "nuovo corso" (il segretario generale Alexander Dubček, il presidente del parlamento [[Josef Smrkovský]], Oldřich Černík, ecc.) e quanti invece erano su posizioni assai più conservatrici ([[Alois Indra]], [[Drahomír Kolder]], il segretario del partito slovacco [[Vasil Biľak]], ecc.). Husák divenne sin dall'inizio assai più cauto e guidò all'interno del partito slovacco la componente che chiedeva di privilegiare il federalismo al processo di democratizzazione, tanto che in luglio il [[Politburo]] del [[PCUS]] lo reputava già una valida alternativa a Dubček per ripristinare l'ordine nel paesePaese. Tuttavia, non riuscendo a contattarlo, la scelta di [[Leonid Il'ič Brežnev|Brežnev]] cadde allora su Biľak, che in agosto avrebbe richiesto segretamente a Mosca l'intervento armato sovietico<ref>[[Andrea Graziosi]], L'URSS dal trionfo al degrado. Storia dell'Unione Sovietica. 1945-1991, Bologna, [[Società editrice il Mulino]], 2008, p. 353</ref>.
 
Successivamente, dopo l'[[Invasione della Cecoslovacchia da parte del Patto di Varsavia|invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe del Patto di Varsavia]], data l'impopolarità della fazione conservatrice guidata da Biľak, Husák tornò a essere il leader di riferimento dei sovietici nel tentativo di riportare sotto controllo la situazione nel paese. Pertanto già nell'agosto del 1968 divenne primo segretario (in seguito, dal [[1971]], segretario generale) del Partito Comunista della Slovacchia (succedendo a Dubček) mentre nell'aprile del [[1969]] cumulò questa carica con quella di segretario della KSČ. Nel [[1975]] Husák venne eletto presidente della Cecoslovacchia: durante i suoi quindici anni di ''leadership'' la Cecoslovacchia fu una delle più fedeli alleate dell'[[URSS]] e lui stesso ricevette nel [[1983]] il titolo di [[Eroe dell'Unione Sovietica]].
 
Negli anni immediatamente successivi all'invasione, egli riuscì a placare gli animi della popolazione civile contribuendo al miglioramento del loro tenore di vita. Meno repressivo rispetto ai suoi predecessori eed a molti altri capi di Stato dei Paesi dell'Europa dell'est, Husák non si può tuttavia definire un liberale perché durante il suo mandato la polizia segreta STB continuò a operare scagliandosi contro l'iniziativa di dissenso denominata [[Charta 77]].
 
Nel [[1987]] si dimise dagli incarichi di partito lasciando il potere a [[Miloš Jakeš]] e [[Ladislav Adamec]], leader più giovani che stavano emergendo in quegli anni. Nel [[1989]], con la [[caduta del muro di Berlino]] ed il conseguente disfacimento dell'URSS, rinunciò anche alla presidenza della Cecoslovacchia. Espulso dal KSČ nel febbraio del [[1990]], venne successivamente ignorato dai vertici e morì l'anno seguente.