Lorenzo Lotti nasce a San Casciano in provincia di Firenze. Frequentò il liceo Newton dove conobbe per la prima volta il Crinello con il quale imparò felicemente la lingua latina. Divenuto più che intelligente frequento la Bocconi di Milano dove però fu cacciato più volte in seguito a comportamenti scorretti. Con il trasferimento a [[Bergamo]], una realtà culturale posta ai margini del dibattito intellettuale dei centri maggiori, le inquietudini maturate a Roma ed espresse nei dipinti marchigiani si acquietano, lasciando libero il Lotto di esprimersi in quella che si potrebbe definire un'arte provinciale, una scelta che si dimostrerà perdente di fronte al grande movimento romano. L'artista, stimolato anche dalla committenza locale, tenta una sintesi tra la rinnovata arte veneta e la tradizione lombarda, venendo in contatto con l'opera di [[Gaudenzio Ferrari]] e forse anche del [[Correggio (pittore)|Correggio]], sicuramente approfondendo attraverso le [[incisione|incisioni]] la conoscenza dell'arte nordica e in particolare di [[Hans Holbein]].
Termina la grande ''Pala Martinengo'' solo nel [[1516]], forse a causa dell'assedio imperiale subito da Bergamo, commissionata nel [[1513]] per la chiesa dei Santi Stefano e Domenico – poi demolita; la pala, priva di cornice, pilastri laterali, cimasa e predella, è conservata nella chiesa di San Bartolomeo. Il Lotto inserisce le figure, contrariamente al solito, verso la fuga di colonne della navata, e non sullo sfondo dell'abside, al limite fra l’ombra e la luce, in una struttura architettonica classica ma adorna di drappi e aperta nella cupola verso il cielo, da dove piove la luce e si affacciano due angeli; i simboli recati da questi, alternati a cartigli che recano la scritta ''DIVINA IUSTITIA SUAVE IOGUM''.