Processo di Bobigny: differenze tra le versioni

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Durante l’occupazione nazista, l’aborto venne punito con la pena di morte, in quanto venne considerato dal [[regime di Vichy]] come «crimine contro lo Stato». Nel dopoguerra, invece, con la caduta del regime nazista, l’aborto tornò a essere vietato dalla [[legge del 1920]], processato dai tribunali<ref name=":3">{{Cita libro|autore=Lorenza Perini|titolo=Il corpo del reato. Parigi 1972 - Padova 1973: storia di due processi per aborto|data=2014|editore=BraDypUs|città=Bologna|p=19}}</ref>.
 
Nonostante la legge del 1920, cominciarono a presentarsi associazioni per denunciare la proibizione della propaganda a favore del controllo delle nascite. Tra queste vi fu la fondazione di «[[La maternité heureuse|''La maternité heureuse'']]», un'organizzazione creata dalla ginecologa [[Marie-Andrée Lagroua Weill-Hallé]] nel 1956. L'obiettivo dell'associazione è quellofu di informare le donne, in quanto l'ignoranza sulla [[contraccezione]] è molto più pericolosa della propaganda, questo perché essa può portare a gravidanze non volute e a conseguenti rischi anche mortali per la salute delle donne<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Bibia Pavard|titolo=The Right to Know? The Politics of Information about Contraception in France (1950s–80s)|rivista=Medical History|volume=vol. 63|numero=n. 2|p=175}}</ref>.
 
Anche grazie alle iniziative promosse da diverse associazioni e da diversi attivisti, si assistette a una svolta nel 1967 in Francia. In questo anno venne approvata la [[Loi Neuwirth|''Loi Neuwirth'']], la quale concesse l'uso dei contraccettivi, in particolare quelli per via orale. Nonostante ciò il divieto verso la propaganda anti-natalista continuò a permanere<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Bibia Pavard|titolo=The Right to Know? The Politics of Information about Contraception in France (1950s–80s)|rivista=Medical History|volume=vol. 63|numero=n. 2|p=178}}</ref>.
 
A partire dagli anni Settanta, grazie alla comparsa del [[movimento femminista]], la contraccezione e l'aborto vennero considerati come mezzi per sostenere [[l'emancipazione femminile]]<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Bibia Pavard|titolo=The Right to Know? The Politics of Information about Contraception in France (1950s–80s)|rivista=Medical History|volume=vol. 63|numero=n. 2|p=179}}</ref>.
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Esso fece in modo che le donne prendessero coscienza e conoscenza del proprio corpo. Le attiviste posero la seguente domanda a sé stesse, a tutte le donne e alla società: "A chi appartiene il corpo della donna?". Nella risposta apparentemente scontata ma invece rivoluzionaria per l'epoca, in quanto le donne per secoli non furono libere non solo di gestire il proprio corpo ma addirittura di conoscerlo, le femministe trovarono ciò che diede forza e senso alle proprie battaglie a sostegno dell'emancipazione della donna. A partire dal 1971 le attiviste, per il raggiungimento di questo processo, richiesero a gran voce l'aborto libero e gratuito per tutte, evitando così gravidanze non volute.
 
Oltre al processo di Bobigny, a concorrere al raggiungimento della ''Loi Veil'' del 1975, contribuirono iniziative sostenute dai collettivi femministi. Tra queste vi fu quello che accadde nell'aprile del 1971, quando nella rivista di sinistra ''«[[Le Nouvel Observateur]]''» venne pubblicato il [[Manifesto delle 343]], il quale provocò una cesura profonda rispetto a quanto avvenne prima.
 
Infatti, per mezzo di questo manifesto, le 343 donne firmatarie dichiararono pubblicamente di aver abortito su uno dei periodici francesi più venduti (tiratura 350.000 copie a settimana), rifiutando in modo deciso l'anonimato con cui questa pratica, in quanto venne vista come uno stigma sociale, normalmente avveniva. Il manifesto delle 343 ebbe tra le firmatarie più conosciute: l’autrice [[Simone de Beauvoir|Simone De Beauvoir]], l’avvocata franco-tunisina [[Gisèle Halimi]] che difenderà Marie Claire Chevalier nel processo di Bobigny, la regista [[Agnès Varda]], l’attrice [[Jeanne Moreau]], la cantante [[Brigitte Fontaine]]. Con questo manifesto si cominciò a mettere in discussione ciò che si riteneva essere il destino di ogni donna: la maternità. Fu un momento cruciale non solo per la depenalizzazione dell’aborto, ma anche per l’emancipazione femminile. L’obiettivo del documento fu quello di rivendicare con forza l’aborto libero e gratuito<ref>{{Cita web|url=https://www.nouvelobs.com/culture/20041126.OBS2461/la-liste-des-343-francaises-qui-ont-le-courage-de-signer-le-manifeste-je-me-suis-fait-avorter.html|titolo=Il testo del manifesto e la lista delle firmatarie|sito=nouvelobs.com|accesso=2 gennaio 2025|urlarchivio=/web/20250102104002/https://www.nouvelobs.com/culture/20041126.OBS2461/la-liste-des-343-francaises-qui-ont-le-courage-de-signer-le-manifeste-je-me-suis-fait-avorter.html}}</ref>.
 
Tra il 1971 e il 1972 Simone De Beauvoir e Gisèle Halimi fondarono l'associazione femminista ''«[[Choisir]]''», la quale haebbe tre obiettivi: rendere la contraccezione, che era diventata una pratica legale dal 1967, disponibile, ottenere la soppressione di tutti i testi contrari all'aborto e difendere gratuitamente (come Halimi farà con Marie-Claire nel processo di Bobigny) o assistere qualunque persona accusata di aborto o di complicità in esso.
 
== L'imputata Marie-Claire Chevalier ==
'''(RILEGGI DA QUI)''' {{Bio
{{Bio
|Nome = Marie-Claire
|Cognome = Chevalier