Io, l'erede: differenze tra le versioni

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|Scena=
|Epocacomposizione=[[1942]]
|Primarappresentazione=[[5 marzo]] [[1942]]
|Teatro=[[Teatro La Pergola]] di [[Firenze]]
|Primaitaliana=
|Teatroprimaitaliana=
|Premi=
|Versionisuccessive= nel [[1972]] tradotta in [[lingua italiana]]
|Personaggi=
*Ludovico Ribera, quarantacinque anni
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==Trama==
 
La [[scena (spettacolo)|scena]] iniziale vede una sorta di consiglio di famiglia presieduto dall'[[avvocato]] Amedeo Selciano riunitosi per commemorare la morte di Prospero Ribera, vissuto per trentasette anni nella casa come ospite del generoso padre dell'avvocato, il vecchio Selciano, da sempre benefattore dei diseredati.
 
Prospero Ribera aveva un figlio, Ludovico, il quale, come suo legittimo [[eredità|erede]] pretende ora, così come era stato per il padre, di essere accolto dalla facoltosa famiglia Selciano. Di fronte al rifiuto dei Selciano Ludovico prima li accusa di aver reso il padre, con la loro ostentata magnanimità, un [[parassita]], e poi riesce a convincerli, soprattutto perché darà loro la possibilità di continuare ad esercitare quell'opera di benefattori che dà tante soddisfazioni al loro ipocrita amor proprio, facendoli sentire in pace con la loro coscienza.
 
Egli però sarà, come il padre, oggetto di scherno e derisioni, quasi fosse un buffone di [[corte (seguito)|corte]], ma in cambio vivrà alle spalle della famiglia e in più godrà dei favori di una delle donne dei Selciano, così come era già accaduto per il defunto Prospero.
 
==Analisi della commedia==
 
Eduardo si misura in questa commedia con le tematiche [[Luigi Pirandello|pirandelliane]] <ref>Racconta [[Andrea Camilleri]] che ebbe frequentazioni di amicizia e di lavoro con Eduardo per la trasposizione televisiva delle sue commedie:«''Io gli chiesi una volta dei suoi rapporti con [[Luigi Pirandello|Pirandello]]. Avevano fatto ‘L’Abito Nuovo’ insieme. Lui aveva una sorta di stima-disistima. Stima l’aveva come uomo di teatro, aveva minore stima come inventore di commedie. Mi raccontò che i "Sei Personaggi...." in realtà non erano originali, ma risalivano non so a quale fonte. Però diceva alla fine: "Come l’ha saputo strutturare lui..." ''».</ref> volendo però mantenere i contatti con la [[farsa]] [[dialetto|dialettale]] [[Napoli|napoletana]]. Vuole dimostrare come questo teatro [[popolo|popolare]] possa assumere a dignità d'[[arte]], come sia possibile cioè la conciliazione tra un uso comico e uno drammatico del dialetto per arrivare ad un tipo di commedia dove permanessero assieme i toni comici alla Scarpetta e quelli drammatici del Teatro d'Arte.<br />
Il fratello Peppino molto sensibile ai gusti del [[pubblico]] avrebbe voluto che la commedia non fosse rappresentata ed infatti l'accoglienza degli spettatori fiorentini del [[Teatro La Pergola]] fu piuttosto tiepida. Eduardo tradusse in italiano e rivide profondamente il testo nel [[1972]] che in questa nuova versione ebbe successo ma egli non recitò più alcun ruolo nella commedia.
 
Il tema apparentemente stravagante della commedia che cioè la [[beneficenza]] è qualcosa di vantaggioso sia per chi la fa, soddisfacendo il proprio spirito di [[altruismo]], sia per chi la riceve è qui mescolato alla [[critica]] di una certa [[società]] [[borghese]] che con gli avanzi della propria ricchezza soddisfa il proprio ipocrita buonismo.
Altrettanto [[paradosso|paradossale]] e pirandelliana è la figura di Ludovico Ribera che ragiona con una logica tipica delle [[maschera|maschere]] di Pirandello: è lui, l'erede, in fondo che benefica la famiglia perché le dà la possibilità di presentarsi agli occhi del mondo con l'ipocrita facciata di benefattori.
 
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== Bibliografia ==
*Eduardo De Filippo, ''Teatro <small>(Volume primo)</small> - Cantata dei giorni pari'', Mondadori, Milano 2000, pagg. 1371-1457 (con una ''Nota storico-teatrale'' di Paola Quarenghi e una ''Nota filologico-linguistica'' di Nicola De Blasi)
*''Uno scrittore tra dialetto e italiano'', di Nicola De Blasi in "Eduardo De Filippo, Teatro-Vol.1-Cantata dei giorni pari", ed. Mondadori, collana Meridiani, Milano 2000
*Giovanni Antonucci, ''Eduardo De Filippo: introduzione e guida allo studio dell'opera eduardiana - storia e antologia della critica'', Firenze 1981