Teodosio II: differenze tra le versioni

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Quando gli arretrati raggiunsero le 6000 libbre d'oro, nel 447, Attila protestò, e al rifiuto dell'Imperatore di sborsare le 6000 libbre d'oro in questione, il re unno reagì con la guerra.<ref>Heather, pp. 374-375.</ref> Nell'invasione del 447, Attila sconfisse più volte gli eserciti romano-orientali, avvicinandosi pericolosamente a [[Costantinopoli]], intendendo approfittare degli effetti devastanti di un terremoto, che il 27 gennaio 447, alle due di notte, aveva fatto crollare una parte dei terrapieni che costituivano parte delle difese della città, per impadronirsene. Quando però gli Unni giunsero sotto le mura, queste erano state già riparate dallo zelo del prefetto del pretorio d'Oriente, [[Costantino (prefetto del pretorio)|Costantino]], che incaricò le fazioni dell'ippodromo di riparare i danni. Attila comunque ottenne una vittoria schiacciante, annientando ben due eserciti campali romani e devastando gli interi Balcani Orientali e costringendo l'Impero romano d'Oriente ad accettare una pace umiliante:
{{Citazione|[Tutti] i fuggiaschi dovettero essere riconsegnati agli Unni, e bisognò versare 6000 libbre d'oro per le rate arretrate del tributo; e di lì in avanti il tributo stesso sarebbe stato di 2100 libbre d'oro all'anno; per ogni prigioniero di guerra romano [preso dagli Unni] che fosse scappato e riuscito a tornare in patria senza [che per lui fosse pagato alcun] riscatto, si sarebbero versati dodici solidi ... e ... i Romani non avrebbero dovuto accogliere gli Unni fuggiaschi.|Prisco, ''Storie''.}}
Inoltre l'Impero d'Oriente dovette evacuare la zona a sud del DabubioDanubio «larga cinque giorni di viaggio».<ref>Heather, p. 380.</ref> Le dure condizioni di pace mandarono in relativa crisi finanziaria l'[[Impero romano d'Oriente]], che, per racimolare il denaro necessario per pagare il gravoso tributo, si vide costretto a revocare in parte i privilegi fiscali ai proprietari terrieri e ad aumentare le tasse.<ref>Heather, p. 379.</ref> Prisco narra addirittura che:
{{Citazione|Per questi pagamenti di tributi e altri versamenti da corrispondere agli Unni, essi costrinsero tutti i contribuenti (anche quelli che per qualche tempo erano stati dispensati - chi con esenzione legate chi con beneplacito imperiale - alla corresponsione della tasse più onerose sulle proprietà terriere) a partecipare. Perfino i membri del [[senato bizantino|senato]] contribuirono con una quantità d'oro fissata secondo il loro rango. Per molti di loro ricoprire un'alta posizione sociale comportà un netto peggioramento nello stile di vita: ebbero grandi difficoltà a pagare quanto era loro richiesto... e molti cittadini facoltosi furono costretti a vendere sul mercato i gioielli delle mogli e i mobili. Questa è stata la sciagura che colpì i Romani dopo la guerra, e il risultato fu che molti si tolsero la vita, lasciandosi perire di fame, o impiccandosi.|Prisco, ''Storie''}}
Questo brano di Prisco è stato interpretato da Thompson come non completamente veritiero, ma piuttosto come esagerazione retorica oppure come prova di solidarietà di classe nei riguardi delle classi più agiate.<ref>Luttwak, p. 70.</ref> Pur essendo una cifra dieci volte superiore a qualunque altro tributo pagato finora dall'Impero, il tributo versato dagli Unni era comunque una cifra paragonabile alle rendite delle persone più agiate dell'Impero, e non era una cifra così straordinaria. La [[Battaglia di Capo Bon (468)|spedizione di Leone I contro i Vandali del 468]] costò all'erario ben 100.000 libbre d'oro, una cifra enormemente superiore alle 2.100 da versare ad Attila, prova che per le casse dello Stato pagare 2.100 libbre d'oro non era uno sforzo eccessivo.