Servio Sulpicio Rufo: differenze tra le versioni
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== Fonti e Storiografia ==
Le principali fonti della vita di Servio Sulpicio Rufo sono rappresentate dagli scritti di [[Marco Tullio Cicerone]] (''Epistole ai familiari'', ''Epistole ad Attico'', ''Filippiche'' e ''pro Murena''), [[Quintiliano]] (''Institutio Oratoria''), [[Aulo Gellio]] (''Notti Attiche'') e [[Appiano di Alessandria|Appiano]] (''Storia Romana'').
== Biografia ==
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Servio Sulpicio Rufo apparteneva alla classe dei patrizi, anche se suo padre faceva parte alla classe degli ‘equites'. A causa della scarsità di fonti non è possibile sapere con certezza l'anno di nascita; ma essendo coetaneo di Cicerone e legato a quest'ultimo da una forte amicizia e da una carriera politica simile, si colloca presumibilmente la sua nascita nell'anno 105 a.C.<ref>M. Tulio Cicerone, Bruto, I classici Rizzoli BUR, a cura di E. Narducci, Milano, marzo 1995, p. 227.</ref>
Subito dopo le lotte delle genti italiche, nel 90 a.C., Servio Sulpicio, come lo stesso [[Cicerone]], cominciò a lavorare al Foro come avvocato. Verso la fine del 79 a.C., Sulpicio lasciò [[Roma]] insieme al suo amico per recarsi ad [[Atene]] e a [[Rodi]].
=== Carriera Politica ===
S. Sulpicio Rufo dopo la dittatura di [[Lucio Cornelio Silla|Silla]] nel 78 a.C. fece ritorno a Roma. Nel 76 a.C. si candidò per la questura per l'anno successivo e fu eletto.<ref>Pietro Meloni, Servio Sulpicio Rufo e i suoi tempi, Sassari, 1946. p. 82</ref>. La vittoria fu schiacciante e gli fu assegnata, la [[Provincia di Ostia]]. Sbocco commerciale di rilievo, poiché situata alla foce del Tevere, la città di Ostia non era certamente una terra di facile gestione. Questa magistratura, a causa dei problemi riscontrati, non lo condusse al successo sperato.<ref>M. Tulio Cicerone, Due sbagli politici, pro Murena- pro Sestio, a cura di G. Ferrara, C. Giussani, s. Rizzo, BUR, Milano, 1988 p. 93</ref>.
Nel 66 a.C. Servio Sulpicio si candidò alla pretura per l'anno seguente e fu ancora una volta eletto, ma ottenne la presidenza di una commissione permanente di peculato e non, come da consuetudine, la pretura urbana, assegnata invece a [[Lucio Licinio Murena]]<ref>
Propostogli il ruolo di propretore, essendo un suo diritto in virtù della Lex Cornelia de povinciis ordinandis, che prevedeva l'assegnazione di province ad ex consoli e pretori dopo aver terminato il proprio magistero, Sulpicio Rufo rifiutò preferendo rimanere a Roma<ref>
Nel 63 a.C. si candidò come console, ma fu sconfitto da [[Lucio Licinio Murena]], che successivamente accusò di [[Ambitus (diritto romano)|corruzione]]. Infatti la campagna elettorale si rivelò particolarmente competitiva tra i quattro candidati: [[Decimo Giunio Silano]], [[Lucio Licinio Murena]], [[Lucio Sergio Catilina]] e Servio Sulpicio Rufo.
Sulpicio intuì fin da subito la possibilità di una perdita perché troppo fermo a seguire la morale, dimenticando di essere anche lui un candidato<ref>M. Tulio Cicerone, Due sbagli politici, pro Murena- pro Sestio, a cura di G. Ferrara, C. Giussani, s. Rizzo, BUR, Milano, 1988 p. 133
Dopo questi eventi non vi sono grandi informazioni. Sicuramente dovette partecipare a diverse iniziative politiche nel periodo di grande instabilità della tarda repubblica.
Nel 52 si candidò per le elezioni del consolato assieme a lui presentavano la loro candidatura [[Marco Claudio Marcello]] e [[Catone]]<ref>Pietro Meloni, Servio Sulpicio Rufo e i suoi tempi, Sassari, 1946. p. 131</ref>. Nel 52 a.C. trionfò nelle elezioni con C. Marcello per il consolato del 51 a.C.
L'anno del [[consolato (storia romana)|consolato]] fu ricco di difficoltà a causa del comando proconsolare di [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] ormai in scadenza. In più fu un consolato tormentato per i contrasti che interessarono i due consoli<ref>Marco T. Cicerone, Epistole ad Attico, a cura di Carlo di Spigno, UTET, Torino, 1998, p. 451</ref>.
Mentre gli eventi degeneravano nel 49 a.C., essendo Cesare prossimo a Roma, [[Pompeo]] in fuga insieme a molti rappresentanti politici tra cui Cicerone, e anche Sulpicio Rufo decise di abbandonare la città<ref>Marco T. Cicerone, Epistole ad Attico, a cura di Carlo di Spigno, UTET, Torino, 1998, p. 933.
Durante la Seconda Guerra Civile della Roma repubblicana, dopo molte esitazioni, Sulpicio Rufo unì il suo destino a quello di Giulio Cesare<ref>
=== Gli ultimi anni ===
Nel 44 a.C., dopo la morte di [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]], S. Sulpicio Rufo proclamò un [[senatoconsulto]], con il quale proponeva l'abolizione della dittatura; vi era il pericolo che i discendenti di Cesare potessero salire al potere<ref>M. Tulio Cicerone, Le Filippiche, Edizioni dell'orso, a cura di G. Magnaldi, Alessandria, 2008, p.1. “Nessuna tavola contenente alcun decreto o beneficio di Cesare si affiggesse dopo le idi di marzo”.</ref>. Dopo di ciò si presume un allontanamento da Roma<ref>Marco T. Cicerone, Epistole ai Familiari, BUR, Milano, 2007, p. 1211
Ormai, essendo vicino la guerra civile, Sulpicio Rufo, tentò come suo solito la via diplomatica con un'ambasciata ad [[Marco Antonio|Antonio]]<ref>M. Tulio Cicerone, Le Filippiche, Edizioni dell'orso, Alessandria, 2008, pp. 80-81</ref>. Infatti il senato incaricò tre senatori consolari tra cui lo stesso S. Sulpicio Rufo, anche [[Lucio Calpurnio Pisone]] e [[Lucio Marcio Filippo]]<ref>M. Tulio Cicerone, Le Filippiche, Edizioni dell'orso, Alessandria, 2008, p. 167</ref>.
Servio Sulpicio Rufo a causa della sua cattiva salute pensò di rifiutare l'incarico<ref>M. Tulio Cicerone, Le Filippiche, Edizioni dell'orso, Alessandria, 2008, p.170</ref>, ma esortato da tutti accettò infine questo compito.
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=== oratoria e giurisprudenza ===
Come indicano [[Cicerone]] e [[Quintiliano]] nei loro testi l'attività oratoria di Sulpicio era di altissimo valore. Quintiliano parla di tre discorsi (oratio)<ref>Marco Fabio Quintiliano: Institutio Oratoria x. 1, 1,6.</ref> di Sulpicio Rufo, come ancora in uso consueto per gli studenti di Retorica, a 150 anni dalla sua morte. Alcuni di questi furono il discorso ‘contra Murena' e il discorso ‘pro o contra Aufidium'(una causa sull'eredita), dei quali nulla è rimasto oggi, se non pochi frammenti.
Si attribuiscono a lui centottanta libri giuridici,<ref>Wilhelm Siegmund Teuffel-Schwabe: Storia della Letteratura di Roma 174, 4</ref> tra risposte, pensieri e sentenze di Servio Sulpicio da i quali si può evincere tutta la dottrina e le sue capacità giuridiche, ma sono noti solo i titoli di quattro, come le ''Critiche a Quinto Muzio Scevola'' (Lat: ''Reprehensa Scaevolae Capita o Notata Mucii''). Non si conosce da quale brano è tratto direttamente, vi sono solo riferimenti secondari nelle opere di Cicerone e Quintiliano.
L'attività del giurista in genere consisteva in tre compiti: rispondere, cavere, agere<ref>
Fu un giurista di grande fama in epoca repubblicana al quale Cicerone diede numerosi riconoscimenti,<ref>[[Elizabeth Rawson]]: [http://www.worldcat.org/title/cicero-a-portrait/oclc/57895688?referer=di&ht=edition Cicero, a portrait (1975) p.14].</ref> considerandolo il primo che elevò la Giurisprudenza alla categoria della scienza, (questo perché unì al diritto, la filosofia greca e la dialettica oltre che la retorica portando il tutto a un'estrema armonia<ref>Cicerone, Bruto, I classici Rizzoli BUR, Milano, 1995, pp. 228-229.</ref><ref>
=== La scuola ===
Sulpicio fondò la ''Scuola Serviana'', che superò quella di ''Scevola''. Nei responsi di Servio Sulpicio Rufo e dei giuristi della scuola serviana troviamo un'innovazione che consiste nel superamento della valutazione della condotta del debitore in termini di colpa e dolo, attraverso il ricorso a concetti come forza e vizio. L'idea di fondo che guida le soluzioni di Servio e dei suoi ‘auditores' è rappresentata dall'impossibilità di estendere il prestare del debitore non dominus ai perimenti dovuti alla forza, mentre per contro viene delineata la possibilità di uno stare garante del contraente dominus anche per eventi dovuti alla forza.<ref>[http://www.unilibro.it/find_buy/Scheda/libreria/autore-miglietta_massimo/isbn-9788884433282/servius_respondit_studi_intorno_a_metodo_e_interpretazione_nella_scuola_giuridica_serviana_prolegomena_1__.htm «Servius Respondit». Studi Intorno A Metodo E Interpretazione Nella Scuola Giuridica Serviana.Prolegomena] Miglietta Massimo ,Quaderni Dip.Scienze Giuridiche, 649 pag., 2010
Egli aveva molti discepoli tra i quali citiamo Aufidio Manusa e Pacuvio Labeone, padre di Labeone Ofilio di classe equestre e amico di Giulio Cesare, che commentò gli editti in un'opera più grande del suo maestro. Di tutti i suoi discepoli, si mette in evidenza [[Alfeno Varo]], il cui lavoro può essere consolidato e sistematicamente ordinato in un numero enorme di risposte e decisioni scolastiche (forse in gran parte di Servio), delle quali si conservano grandi frammenti nel [[Digesto]] e nel ''[[Corpus Iuris Civilis]] ''di [[Giustiniano]].
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=== Libri ===
Si potrebbe parlare anche di un corposo numero di testi di sua attribuzione, ma a causa scarsità di fonti c'è molta incertezza. Però possiamo considerare di sua mano un trattato sulla dote intitolato ''De Dotibus''<ref>
=== Lettere ===
Due ottimi esempi dello stile di Servio Sulpicio Rufo si conservano negli scritti di Cicerone<ref name="Marco. T. Cicerone 2007, p. 394">Marco. T. Cicerone, Epistole ai Familiari, BUR, Milano, 2007, p. 394</ref>. Il più famoso di questi è una lettera<ref>Marco. T. Cicerone, Epistole ai Familiari, BUR, Milano, 2007, p. 367</ref> di condoglianze scritta da Rufo dopo la morte di Tullia metà marzo del 45 a.C, la figlia di Cicerone. Si tratta di un cordoglio che i posteri hanno ammirato, pieno di malinconia e di sottile riflessione sulla caducità di tutte le cose. È un testo molto suggestivo tanto da credere che abbia ispirato [[Sant'Ambrogio]] in una lettera a San Faustino, riprendendo la descrizione della tragica situazione vissuta dalle istituzioni a Roma. Anche Lord Byron citò questa lettera nel suo libro ‘Childe Harold's Pilgrimage'.<ref>Henry Joseph Haskell: This was Cicero: modern politics in a Roman toga, Secker & Warburg Editores, Londres 1943, p.250-251.</ref>.
Altro testo preziosissimo è un'epistola<ref
Queste due lettere ci offrono una panoramica, seppur limitata, della sua tecnica scrittoria che risente della significativa formazione giovanile e dello stile giuridico ricco di arcaismi.
=== Poesia ===
Grazie a [[Quintiliano]] abbiamo testimonianza del fatto che si dedicò anche a parafrasare la poesia latina in prosa<ref>Marco F. Quintiliano, Istitutio Oratoria, a cura di Adriano pennacini, Einaudi, Torino, 2011, p.509</ref>. Si dice anche che lui fosse uno scrittore di poesie erotiche.
Le principali caratteristiche del suo stile letterario erano la lucidità, una profonda conoscenza dei principi del Diritto Civile e naturale, e di potenza senza precedenti di espressione negli sviluppi giuridici.
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