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===La commissione d'inchiesta italiana===
A febbraio del 1946 il ministro della guerra [[Manlio Brosio]] propose al presidente del consiglio [[Alcide De Gasperi|De Gasperi]] di istituire presso il suo ministero un'apposita commissione che indagasse sui "presunti" criminali di guerra italiani: "sembra conseguirne ormai la necessità, per il Governo italiano, di compiere quegli accertamenti atti a stabilire la verità sui fatti denunciati, allo scopo: a) di salvaguardare l’onore e la dignità di quelli che possono ritenersi immuni dalle accuse loro lanciate; b) di sfatare la leggenda, che potrebbe crearsi all’estero, che lo Stato italiano voglia proteggere gli autori di odiosi reati, o che non voglia attenersi a quella deferente cortesia propria dei rapporti fra Stati sovrani; c) di eliminare la possibilità di arresti e di consegne di italiani agli Stati richiedenti, senza il concorso dello Stato Nazionale; d) di dimostrare che si tiene nel dovuto conto un grave problema quale quello dei criminali di guerra"<ref>{{cita|Commissione parlamentare 2006|pp. 427108-428111}}</ref>. De Gasperi accolse la proposta di Brosio: il 9 aprile 1946 annunciò al capo della [[Commissione alleata di controllo]] Ellery W. Stone l'intenzione del governo di iniziare una "severa inchiesta" volta ad accertare le responsabilità degli italiani macchiatisi di crimini di guerra nei paesi occupati. Il 6 maggio 1946 venne quindi istituita una Commissione d’inchiesta, presieduta dall’ex Ministro della guerra [[Alessandro Casati]]. In autunno a Casati subentrò l'ex ministro dell'aeronautica e futuro ministro della difesa [[Luigi Gasparotto]]<ref>{{cita|Commissione parlamentare 2006|pp. 431111-432112}}</ref>.
 
==La sorte dei giudici==