Alasdair MacIntyre: differenze tra le versioni

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=== Dalle virtù alla virtù e dopo la virtù ===
MacIntyre ritorna nelle utili e chiare pagine iniziali del capitolo su tutti i nodi del suo schema interpretativo. Tutto nel campo della morale diventa difficile, in questo quadro in cui l'egoismo umano è considerato un dato insuperabile di natura ed è affondata l'idea che i valori non siano una proprietà privata né espressioni di sentimenti. Merito e onore sono nozioni che divengono inutilizzabili, in quanto erano legate a una concezione condivisa del bene della comunità, del bene per l'uomo e al contributo di ciascuno alla realizzazione di tale bene. Mancando il riferimento al merito la giustizia distributiva non può che affidarsi all'idea di uguaglianza o a quella del diritto legale, entrambe molto problematiche.
 
Un'altra caratteristica dominante almeno da Hume in avanti è che al posto delle virtù al plurale si parla di virtù al singolare. Le virtù plurali servivano al conseguimento di un bene condiviso nel suo significato; la virtù al singolare è fine a sé stessa, enigmatica nel suo contenuto, spesso coincidente nell'immaginario sociale con la morigeratezza sessuale, o comunque con il controllo delle passioni e con il “seguire le regole”. La morale è fatta di regole, è obbedienza alle regole, le regole servono a garantire che nelle comunità umane non ci si distrugga a vicenda e si possano perseguire l'utile e il piacevole.
«La sostanza della morale si va facendo sempre più sfuggente. Tale carattere sfuggente trasforma la natura sia della vita privata sia di quella pubblica. Ciò che questo comporta in particolare per la vita pubblica dipende dalla sorte della concezione di una specifica virtù, quella della giustizia».