Biblioteca civica Girolamo Tartarotti: differenze tra le versioni
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[[Girolamo Tartarotti]], col suo testamento, donò la sua ricca biblioteca all'Ospedale dei Poveri Infermi di Loreto, retta dalla Confraternita dei Santi Rocco e Sebastiano. La Confraternita poco dopo decise di metterla in vendita offrendola al Comune di Rovereto.
L'[[Accademia Roveretana degli Agiati]], grazie in particolare all'intervento di Giuseppe Valeriano Vannetti e [[Francesco Saibante]], operò affinché tale importante acquisizione culturale per Rovereto avesse successo e che una delle più importanti biblioteche private di tutto il [[Tirolo]], non solo del [[Provincia autonoma di Trento#Età napoleonica e Restaurazione asburgica|Tirolo italiano]], rimanesse in città. Una parte importante, in quell'occasione, fu svolta da Antonio Conzatti de' Zandonati, Giovanni Antonio Rosmini e Giovanni Battista Graser. In particolare quest'ultimo era stato a suo tempo uno dei [[Accademia dei Dodonei|Dodonei]] ed in quel momento era professore e rivestiva il ruolo di bibliotecario presso la Biblioteca Teresiana di [[Innsbruck]].<ref>{{Cita|G.Baldi|p.55}}.</ref>
Prima di poter acquisire la ricca biblioteca dello studioso scomparso il Comune di Rovereto dovette attendere che varie questioni sia economiche sia organizzative trovassero soluzione e che tutti gli attori della transazione potessero svolgere, in accordo, la loro parte. Furono redatti due diversi inventari dei volumi (risultanti complessivamente 2027), il primo che rispettava l'ordine originale col quale Tartarotti li aveva conservati, e riportante autori, titoli, anno e luogo di edizione, mentre il secondo fu compilato in ordine alfabetico.
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Tali elenchi ebbero lo scopo anche di stimare il valore di mercato delle opere, che in quel momento probabilmente si aggirava sui 4.000 Fiorini (valutazione dei librai veneti). Altre questioni che dovettero essere affrontare e risolte furono l'eredità spettante alla madre dello studioso, che doveva abbandonare la casa di Via della Terra, il diritto di prelazione delle opere da parte di Rosmini e Zandonati (al quale questi ultimi rinunciarono visto che la biblioteca veniva acquistata dalla città), l'autorizzazione del [[Papa]] a non disperdere le opere visto che alcune di queste erano all'[[Indice dei libri proibiti|indice]] e quindi sussisteva il rischio della confisca per [[scomunica]].
Alla fine delle varie trattative si giunse ad un'offerta al Comune che limitava la somma complessiva richiesta a 1.500 Fiorini, quindi l'importantissimo patrimonio librario di Tartarotti poté rimanere unitario ed essere consegnato all'istituzione pubblica.<ref>{{Cita|G.Baldi|pp.59-66}}.</ref>
L'atto formale di compravendita venne registrato il 22 gennaio [[1764]].<ref>{{Cita|Mostra Tartarotti|pp.31.34}}.</ref>
Fu così che, tre anni dopo la morte di Tartarotti, venne creata la prima biblioteca aperta al pubblico a Rovereto. In città sino ad allora esistevano solo biblioteche appartenenti a privati, come ad esempio quella dei Rosmini, dei Vannetti, dei Saibante, oppure conservate in conventi. Stava nascendo quella dell'Accademia Roveretana degli Agiati, ma nessuna di queste era destinata alla consultazione del pubblico.<ref>{{Cita|Mostra Tartarotti|pp.38.39}}.</ref>
[[File:Piazza San Marco - Rovereto.jpg|thumb|La [[Chiesa arcipretale di San Marco]], la sede del Ginnasio, della Biblioteca Comunale e dell'[[Accademia Roveretana degli Agiati]], la Torre Civica e, parzialmente visibile sotto il volto, la casa dove visse [[Girolamo Tartarotti|Tartarotti]]]]
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All'inizio non era previsto un piano di acquisti annuale per aggiornare la raccolta dei volumi, e questo fu affidato ai lasciti di privati o alle donazioni di libri che arrivavano dall'[[Accademia Roveretana degli Agiati|Accademia]]. Con quell'Istituzione del resto erano divisi anche il locale, che si riduceva alla sala del Ginnasio, l'unica sufficientemente ampia ed adatta allo scopo in tutta la città.
Alla fine del [[1764]] la biblioteca civica si poté definire ufficialmente operativa. Nel frattempo anche l'altra importante biblioteca, quella degli Agiati, venne trasferita nello stesso spazio tuttavia, malgrado questa vicinanza spaziale, non si arrivò mai ad una effettiva fusione.<ref>{{Cita|G.Baldi|pp.66-73}}.</ref>
=== Trasformazione nel corso del tempo ===
Dal 1777 nella sala del Ginnasio iniaziarono a tenere le loro riunioni anche i componenti della ''Santa lega del Clero'' e fu probabilmente con questa motivazione che la biblioteca del Clero venne depositata presso quella civica. Si ebbero poi vari lasciti e donazioni effettuati da personalità legate alla memoria di Tartarotti come mons Domenico de Chiusole, don Carlo Lutterotti, e gli stessi Francesco Saibante e Bianca Laura Saibante<ref>{{Cita|G.Baldi|pp.73-77}}.</ref>
Grazie alle numerose donazioni ricordate si arrivò così a 60.000 titoli.
[[File:Palazzo Piomarta Rovereto.jpg|thumb|[[Palazzo Piomarta]], In Corso Bettini a Rovereto, sede della Biblioteca dal 1852 al 1921]]
Tra il [[1795]] ed il [[1813]] tutte le istituzioni cittadine furono coinvolte negli sconvolgimenti che toccarono il Tirolo italiano, e anche la biblioteca e l'[[Accademia Roveretana degli Agiati|Accademia degli Agiati]], che avevano sino a quel momento molti interessi in comune, ne risentirono. La biblioteca affrontò un periodo di crisi, durante il quale si ridusse a semplice deposito di libri. Come istituzione, nel mutato clima culturale accentratore del governo di [[Vienna]], perse autorevolezza, e prese vita, a conferma di questo, una nuova biblioteca cittadina, stavolta la biblioca del Ginnasio.
Del resto gli stessi Agiati vissero una crisi di identità, ed infatti il giovane [[Antonio Rosmini]] fondò una sua Accademia, l'Accademia dei Vannetti, dedicata a Giuseppe Valeriano e a Clementino Vannetti. Questa esperienza ebbe vita nolto breve anche perché il Rosmini, allora diciassettenne, si recò a [[Padova]] per i suoi studi.<ref>{{Cita|G.Baldi|pp.77-80}}.</ref>
=== Seconda sede storica ===
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Un incendio colpì la biblioteca nella sua nuova sede appena inaugurata, e molti volumi furono salvati solo gettandoli dalle finestre. Questo incidente, non troppo grave per l'edificio, fu tuttavia un enorme problema per la gestione e l'apertura al pubblico perché si era da poco terminata l'opera di riordino e catalogazione nelle nuove librerie nei locali del palazzo. La Biblioteca rimanne inutilizzabile sino al [[1862]].
In seguito si decise di trasferire nello stesso edificio, oltre al Ginnasio e alla Biblioteca anche il Museo civico, ed in particolare queste due ultime istituzioni trovarono spazio al secondo piano. Nel [[1869]] il patrimonio librario arrivò a 12.000 volumi, che divenero 23.000 attorno al [[1889]]. In quest'ultimo periodo varie vicissitudini e polemiche sulla gestione, sul mantenimento del patrimonio e sulle diverse proprietà dei testi conservati crearono spesso problemi, ma l'istituzione rimase attiva.<ref>{{Cita|G.Baldi|pp.81-102}}.</ref>
Dopo il 1889 fu redatto un nuovo regolamento bibliotecario e per un breve periodo fu lo stesso podestà di Rovereto Giuseppe Valeriano Malfatti ad assumersi l'[[Pro tempore|interim]] di bibliotecario. Si visse un periodo di rapporti difficili con l'Accademia degli Agiati ed intervennero nuovi problemi di tipo economico e gestionale legati al lascito Tacchi.
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Si pensò ad un trasferimento nei locali del [[Castello di Rovereto|castello]] ma ormai i tempi non permettevano più di affrontare questo tipo di problemi. La città di Rovereto, a partire dal [[1915]], dovette subire l'evacuazione forzata della popolazione verso i campi in territorio asburgico, ed anche il patrimonio più prezioso della biblioteca venne trasferito ad [[Innsbruck]].<ref>{{Cita web |url =http://www.trentinocultura.net/doc/radici/storia/grande_guerra/grande_esodo_h.asp |titolo =Il grande esodo del 1915 |autore =[[Aldo Gorfer]] |sito =trentinocultura.net |editore =Provincia Autonoma di Trento |accesso =30 luglio 2016 |urlmorto =sì |urlarchivio =https://web.archive.org/web/20160304105936/http://www.trentinocultura.net/doc/radici/storia/grande_guerra/grande_esodo_h.asp |dataarchivio =4 marzo 2016 }}</ref>
Furono anni tragici per le persone e difficili per le istituzioni culturali come la Biblioteca. Parte del materiale ancora a Rovereto venne trasferito a [[Trento]]. Don [[Antonio Rossaro|Rossaro]], in anni seguenti, ricordò l'importante azione di salvaguardia e protezione del patrimonio della biblioteca da parte del professor [[Giovanni de Cobelli]]. Tra il 1915 ed il 1918 tuttavia, malgrado i tentativi di preservare i volumi e tutto il materiale rimasto a Rovereto nel palazzo Piomarta, vi furono furti e danneggiamenti di ogni genere. Con la fine degli eventi bellici ed il passaggio della città all'[[Regno d'Italia (1861-1946)|Italia]] molte opere trasferite ad Innsbruck vennero restituite, e la biblioteca lentamente tornò alla normalità, dopo le indispensabili operazioni di riordino. Il comune iniziò a pensare al trasferimento della sede nel palazzo Annona.<ref>{{Cita|G.Baldi|pp.102-117}}.</ref>
=== Terza sede storica ===
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La biblioteca venne infine riaperta al pubblico e la data ufficiale dell'evento non è certa (Si parla del [[1928]] e del [[1930]]). Nei periodi seguenti si procedette a riordinare ogni tipo di patrimonio, ed in particolare si capì l'importanza dell'[[emeroteca]], si decise di investire risorse per valorizzare autori e personalità locali e si realizzò un catalogo a stampa degli [[Incunabolo|incunaboli]]. Vennero approntate nuove scaffalature e si iniziò a preparare uno ''schedario a soggetti''.
Gli eventi bellici legati alla [[seconda guerra mondiale]] bloccarono ancora una volta i lavori di sistemazione definitiva, e si dovette di nuovo trasferire in locali più sicuri il patrimonio. Venne scelto per questo il rifugio antiaereo del Castello, e parte del materiale fu occultato pure nei sotterranei della stessa Biblioteca. Alla fine del conflitto, il 1º luglio [[1946]], la Biblioteca venne riaperta al pubblico.<ref>{{Cita|G.Baldi|pp.118-141}}.</ref>
Solo nella seconda metà del [[XX secolo]], attormo agli [[Anni 1970|anni 70]], ci fu una vera rivoluzione nella concezione della biblioteca, integrando la prevalente finalità storica e conservativa e cominciando a fornire un servizio moderno ed aggiornato. Si usarono quindi scaffali di facile consultazione come già avveniva nelle biblioteche anglosassoni.
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