Danilo Abbruciati: differenze tra le versioni
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All'interno della Banda, però, nonostante le strette regole auto-imposte dagli stessi componenti, il ''Camaleonte'' manterrà sempre una certa indipendenza che rispecchia il suo ''spirito imprenditoriale'' e che lo porterà a stringere rapporti di collaborazione con politici corrotti, estremisti di destra, mafiosi del calibro di [[Pippo Calò]], boss palermitano della famiglia di Porta Nuova e punto di riferimento di [[Cosa Nostra]] a [[Roma]] e, indirettamente, anche con faccendieri come [[Flavio Carboni]] con i quali Abbruciati investe i proventi dello spaccio della droga in operazioni immobiliari in [[Sardegna]]. Grazie al buon rapporto con Calò e con l'altro boss palermitano [[Stefano Bontade]], Abbruciati porta inoltre in dote alla Banda, un prezioso canale di rifornimento di stupefacenti direttamente connesso a [[Cosa Nostra]].
{{Citazione|Aveva amicizie che gli garantivano l'impunità nei processi, e poi otteneva appalti, soldi: quelli del Testaccio, grazie a lui, avevano comprato o preso in gestione anche la ''Casina Valadier'', uno dei ristoranti più "in" della capitale. Poi ''Renatino'' [De Pedis, ndr] prese la discoteca ''Jackie O''' con Enrico Nicoletti ... Non so quanta roba hanno preso. Tanta sicuramente. Quando noi della Magliana siamo stati arrestati loro hanno fatto un salto economico spaventoso, acquisendo immobili e società per decine di miliardi. I testaccini avevano cominciato a investire negli anni Settanta-Ottanta, con Flavio Carboni, in Sardegna.|Rivelazioni di Abbatino.<ref>{{cita libro| nome=Raffaella | cognome=Fanelli | capitolo=La versione del Freddo| titolo=La verità del Freddo| curatore= | anno=2018 | editore=[[Chiarelettere]] | città=Milano | ed=1 | p=59| ISBN=9788832960389 }}</ref> }}
Oltre al fiuto per gli affari, il ''Camaleonte'' è anche un killer senza scrupoli ed agisce sia per regolare interessi personali (o della Banda) sia su commissione, pagato da terzi. Il 3 febbraio del [[1981]], ad esempio, nel periodo in cui la resa dei conti all'interno della Banda inizia a prendere la forma di una vera e propria mattanza, partecipa alla esecuzione di [[Antonio Leccese]], cognato dell'altro boss della Magliana [[Nicolino Selis]], ucciso da Abbatino ed [[Edoardo Toscano]], che viene giustiziato da Abbruciati e [[Antonio Mancini (criminale)|Antonio Mancini]] per strada, mentre a bordo della sua A112 faceva ritorno a casa dopo aver firmato la presenza al commissariato di zona. E della faida interna che, da lì a poco, dividerà per sempre gli ex sodali della Banda ne sarà vittima anche [[Domenico Balducci]], detto ''Memmo er Cravattaro'' che, nello stesso anno, compie il fatale errore di trattenere per sé una parte del denaro (150 milioni) destinato a Pippo Calò, firmando così la sua condanna a morte che avviene, sempre per mano di Abbruciati (accompagnato questa volta da De Pedis e [[Raffaele Pernasetti]]), la sera del 16 ottobre [[1981]] quando, rincasando in motorino nella sua lussuosa villa all'Aventino, viene ucciso dai testaccini. Ne seguirà un litigio acceso tra Abbruciati e Abbatino, il quale rinfaccia al testaccino di perseguire propri scopi personali al di fuori dell'interesse comune del gruppo. In pratica, ai testaccini viene rivolta l'accusa di essere dei traditori che mettono in pericolo i compagni unicamente per proteggere gli affari dei Corleonesi.
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