Perdita Basigheddu: differenze tra le versioni

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Le notizie su Perdìtta Basigheddu (Pedrita Basigueddo o Basiquedo nei documenti dell'Archivo Histórico Nacional di [[Madrid]]) sono poche e frammentarie: gli atti originali del suo processo sono andati perduti, e le informazioni su di lei sono contenute nella ''Relación de las causas pendientes y despachadas'' dell'anno 1605<ref>AHN, INQUISICIÓN, L. 783: Cerdeña.</ref>, e negli atti del secondo processo a carico di [[Julia Carta]]<ref>AHN, L. 771, f. 325v, citato in Salvatore Loi (a cura di), Inquisizione, magia e stregoneria in Sardegna, AM&D edizioni, Cagliari, 2000,</ref>, una ragazza di [[Siligo]] accusata di stregoneria, che fu compagna di cella della nuorese.
 
Perdita fu inquisita a causa della sua attività di preparazione di unguenti a base di erbe, che le valsero la qualificazione di ''hechizera y sortílega'' (fattuchhierafattucchiera e maga). Fu arrestata senza sequestro di beni (segno che era povera), e mantenuta nelle carceri segrete del castello aragonese di [[Sassari]] dove venne presumibilmente torturata: confessò infatti tutto ciò di cui era accusata secondo le testimonianze contro di lei, ammettendo di essere idolatra del demonio e avere abbandonato la fede. La confessione fece sì che la nuorese venisse annotata nei documenti come “eretica e apostata formale”<ref>INQUISICIÓN, 1748, Exp.9, f. 86r, citato in S. Loi, Op. Cit.</ref>, accusa gravissima che indusse gli [[Inquisizione spagnola|inquisitori]] a condannarla alla pena di morte<ref>AHN, Inquisición, libro 771, f 203 v, citato in T. Pinna, Op. Cit.</ref>. Le confessioni di Julia Carta, nel suo secondo processo, non dovettero giovare alla causa: la silighese disse che il diavolo in persona le aveva offerto la sua protezione, così come aveva già fatto con Perdita, che senza di lui sarebbe morta in carcere<ref>AHN, INQUISICIÓN, 1748, Exp.9, f. 39v, citato in S. Loi, Op. Cit.</ref>.
 
Perdita e la sua compagna ebbero comunque una sorta di trattamento di favore in carcere: l'[[alcalde]] (il direttore della prigione) concesse infatti loro di stare nella sua casa, in cambio del loro servizio nel distribuire i pasti ai prigionieri regolari<ref>AHN, Inquisición, libro 771, f. 203v, citato in T. pinna, Op. Cit.</ref>.