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== Origini del nome ==
Il toponimo è di origine incerta.
Il toponimo secondo un'ipotesi deriva dal greco e significa ''intorno alle mura'' o ''dentro le mura''. Una seconda ipotesi vede un nesso con il termine ''parabàtes'' che significa ''soldato di appoggio alla cavalleria''. Una terza ipotesi, oramai definitivamente abbandonata, ricondurrebbe ad una fantomatica città messapica di ''Bavota, città della quale però non esiste alcuna prova storica di effettiva esistenza,'' per cui il primo nome sarebbe stato ''Parabavota'' (presso Bavota). Questa terza ipotesi sarebbe però contraddetta da studiosi eminenti che mettono in dubbio l'esistenza di una città chiamata Bavota collocata tra gli attuali Alezio e Parabita. [http://www.stefanocortese.it/Nuov1.pdf] Il toponimo Bavota altro non sarebbe che la cattiva trascrizione del nome greco della cittadina di Vaste, Βαῡστα, (Bausta), dove il trascrittore ha scambiato la Upsilon per una "V" e il sigma per una "O". ▼
Secondo un'ipotesi deriverebbe dal greco e significherebbe "''intorno alle mura'' o ''dentro le mura",'' ma le mura di Parabita sono state costruite solo intorno 1410 e non sembrerebbe un'ipotesi probabile''.''
Il nome, col passare dei secoli, venne cambiato e a volte riportato non corretto; subì quindi un processo di evoluzione da ''Bavarita'', in ''Paravite'', ''Parabide'', ''Paranate'', ''Paravete'', ''Parabice'', ''Paravita'', fino all'attuale dicitura di ''Parabita''<ref>Corografia Fisica e Storica della Provincia di Terra d'Otranto</ref>. ▼
Una seconda ipotesi vede un nesso con il termine ''parabàtes'' che significa ''soldato di appoggio alla cavalleria, m''a anche questa ipotesi non ha fondamenti logici evidenti.
▲Il toponimo secondo un'ipotesi deriva dal greco e significa ''intorno alle mura'' o ''dentro le mura''. Una seconda ipotesi vede un nesso con il termine ''parabàtes'' che significa ''soldato di appoggio alla cavalleria''. Una terza ipotesi, oramai definitivamente abbandonata, ricondurrebbe ad una fantomatica città messapica di ''Bavota, città della quale però non esiste alcuna prova storica di effettiva esistenza, '' per cui il primo nome sarebbe stato ''Parabavota'' (presso Bavota). Questa terza ipotesi sarebbe però contraddetta da studiosi eminenti che mettono in dubbiosmentiscono l'esistenza di una città chiamata ''Bavota '' collocata tra gli attuali Alezio e Parabita. [http://www.stefanocortese.it/Nuov1.pdf] Il toponimo Bavota altro non sarebbe che la cattiva trascrizione del nome greco della cittadina di Vaste, Βαῡστα, (Bausta), dove il trascrittore ha scambiato la Upsilon per una "V" e il sigma per una "O".
L'ipotesi più probabile è che derivi dal termine neogreco ''para-bata'', che vuol dire vicino ad un varco o passaggio e avrebbe attiinenza con la collocazione dell'originario nucleo di Parabita nel valico attraverso le serre salentine dove la città è sorta nei pressi della Serra di San Eleuterio.
▲Il nome, col passare dei secoli , venneha cambiatosubito eun aprocesso voltedi riportatoevoluzione nondovuto corretto;spesso subìa quindi un processoerrori di evoluzionetrascrizione da ''Bavarita'', in ''Paravite'', ''Parabide'', ''Paranate'', ''Paravete'', ''Parabice'', ''Paravita'', fino all'attuale dicitura di ''Parabita''<ref>Corografia Fisica e Storica della Provincia di Terra d'Otranto</ref>.
== Storia ==
Il territorio parabitano, come tutti i territori del basso Salento, è stato abitato sin dall'antichità: la presenza dell'uomo in quest'area risale probabilmente a {{formatnum:80000}} anni fa. Con ogni probabilità si trattava di ominidi appartenenti alla specie Homo Neanderthalensis. L'evenienza confermata dal ritrovamento di alcune selci in diverse grotte della zona. I rinvenimenti effettuati nel corso del [[XX secolo|Novecento]], alcuni frammenti ossei e le due statuine ([[Veneri di Parabita]]) in osso di bue o cavallo raffiguranti donne in gravidanza e datate fra i 12.000 e 14.000 anni fa, sono riconducibili all'Homo Sapiens Sapiens, apparso nel sud della Puglia intorno a 35.000 anni fa, nel Paleolitico Superiore.
Come già riportato nella sezione precedente, la possibilità di una filiazione dell'attuale Parabita da una presunta antica città denominata Bavota e collocata appena 2 chilometri più ad est dell'attuale abitato è contestato da eminenti studiosi e priva di ogni fondamento. La fonte storica più attendibile a tal proposito è Claudio Tolomeo, che, nella sua Geographia e descrivendo le città messapiche non fa alcuna menzione di una presunta Bavota. Molto probabilmente la leggenda della città è dovuta ad un errore di trascrizione del nome antico della città di Vaste (Poggiardo), oppure è possibile che nelle vicinanze dell'attuale Parabita sia esistita una villa-ripostiglio, fattispecie abbastanza comune in periodo romano, denominata Bavota. Sicuramente non esistono prove storiche né citazioni documentali né nessun tipo di ritrovamento archeologico che facciano pensare ad una antica città, e nemmeno ad un insediamento di una qualche rilevanza nelle vicinanze di Parabita. Molto più probabile che non ci sia stata nessuna filiazione ma che vi sia stato un agglomerato abitativo spontaneo nato intorno agli insediamenti basiliani della zona.
Il nucleo primordiale della città venne costruito probabilmente in periodo normanno riproducendo l'assetto urbanistico tipico del periodo e già questa per se stessa è una prova indiretta dell'inesistenza di un nucleo antecedente, e venne dotata di mura difensive e di quattro porte di accesso (Porta di Lecce a nord, Porta di Gallipoli a ovest, Porta Falsa a est e un'altra porta a sud di cui si ignora il nome). Esattamente secondo i dettami dell'urbanistica normanna del XI secolo.
Con l'avvento del [[feudalesimo]] furono diverse le [[dinastia|casate]] che detennero il controllo del feudo. Nel [[1231]], in epoca sveva, il casale di Parabita appartenevafu infeudato a Bernardo Gentile. cheIn loseguito cedettealla agliconquista [[Angioini]];angioina essidel potenziaronoRegno ildi sistemaNapoli difensivoe edificandoal ilnuovo Castello.assetto Neldato da questi all'organizzazione dei feudi, nel [[1269]] erail delcasale fu accorpato al casale della vicina Matino e assegnato al cavaliere franceseangioino Giovanni de TillioTiglio (Jean Dudu Till),. giàI signoredue dellacasali vicinasaranno Matinodivisi nuovamente 5 anni dopo, alnel quale1273 successeroe avranno differenti destini. Difatti i figliDu Till sono presenti a Parabita ancora nel [[1280]]. Fu poi di Niccolò Aldimari e nel [[XIV secolo]] della famiglia [[Sanseverino (famiglia)|Sanseverino]]. Nel [[XV secolo]] passò a [[Malacarne (condottiero)|Ottino de Caris]] e poi a [[Giovanni Antonio Orsini del Balzo]]. Nel [[1484]] Parabita, insieme a molti altri casali della zona, fu invasa dai [[Repubblica di Venezia|Veneziani]] che avevano occupato [[Gallipoli (Italia)|Gallipoli]]. Nei primi anni del [[XVI secolo|Cinquecento]] Parabita era signorecompresa delnei feudodomini di Francesco Orsini del Balzo conte di Ugento alla cui corte viveva lo scrittore Antonino Lenio. DopoNel lacontesto della guerra tra francesifranco-spagnola edell'inizio spagnoli,del guidatiXVI rispettivamentesecolo dafra [[Francesco I di Francia|Francesco I]] e [[Carlo V]], isi Delebbe Balzoun dovetteroepisodio fuggiresignificativo daanche in Parabita con la cosiddetta battaglia di "Contrada Pergolaci"<ref>{{Cita web|url=https://www.corrieresalentino.it/2017/07/la-battaglia-contrada-pergolaci-e-la-presa-di-parabita/|titolo=Battaglia DalIn [[1531]]Contrada ilPergolaci e la presa di Parabita}}</ref> dove gallipoli e spagnoli guidati da Pirro Castriota prima batterono i veneto-francesi in campo aperto in detta contrada vicino ad Alezio e poi inseguirono le truppe in rotta fino a Parabita entrando in città e scacciandone le truppe lì di stanza fedeli al Del Balzo. Il feudo di Parabita fu gestitoinglobato dalai possedimenti di Gallipoli fino al 1531, poi assegnato al Regio Fisco, equindi ricomprato da Alfonso Branai Duca di Atripalda nel [[1535]] vennee acquistatodonato daal nipote Pirro Branai (Granai) Castriota, figlio di Giovanni e discendente di [[Vrana Konti]], che l'aveva 7 anni prima conquistata e al quale si deve la successiva ristrutturazione del castello eseguita dall'architetto [[Evangelista Menga]]. Il feudo venne gestito dai Branai (Granai) Castriota fino al [[1678]] e nel [[1689]] fu venduto ''sub hasta'' a Domenico Ferrari che lo trasforma in [[Ducato (circoscrizione)|ducato]]. Alla sua morte passò al nipote Giuseppe e ai suoi discendenti che furono gli ultimi feudatari di Parabita fino all'emanazione delle [[leggi eversive della feudalità]], attuate tra il [[1806]] e il [[1808]]<ref>L. A. Montefusco, Le successioni feudali in Terra d'Otranto - Istituto Araldico salentino, Lecce, 1994</ref>.
=== Simboli ===
=== Architetture militari ===
==== Castello angioino ====
IlLa costruzione del castello risalee delle mura sono di epoca angioina e risalenti al primo scorcio del [[XIV secolo]] e<ref>{{Cita sipubblicazione|autore=Francesca deveSogliani|autore2=Brunella agliGargiulo|autore3=Ester [[Angioini]]Annunziata|titolo=Luoghi chedi loCulto edificaronoe perArcheologia potenziarefuneraria|rivista=VIII ilCongresso sistemaNazionale difensivodi dellaArcheologia cittàMedioevale|volume=Vol. 3 pag. 212}}</ref>. Con l'avvento della famiglia Branai (Granai) Castriota, feudatari dal [[1535]] al [[1678]], la fortezza venne ristrutturata e ammodernata secondo i criteri militari dell'epoca. Tra gli anni [[1540]]-[[1545]], i lavori guidati dall'architetto [[Evangelista Menga]] portarono alla demolizione dei vecchi torrioni circolari e alla costruzione di quattro [[bastioni]] a pianta laoncelata. L'attuale fisionomia venne data nel [[1911]] dall'architetto Napoleone Pagliarulo incaricato dal proprietario Raffaele Elia di rendere la fortezza adatta ai bisogni abitativi della famiglia.
Presenta una pianta quadrangolare caratterizzata da una imponente mole centrale decorata con motivi rinascimentali. Pregevole è la [[Corte (architettura)|corte]] interna sul quale si affacciano portali a tutto sesto che conducono negli ambienti interni. Le stanze hanno coperture [[volta a botte|a botte]], a botte ogivale, [[volta a padiglione|a padiglione]]. La cappella di famiglia, dedicata a [[san Francesco d'Assisi]], possiede una copertura con cupola su pennacchi sferici.
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