Giuseppe Garibaldi: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m - ripet. e spazi superflui |
Varie e ridotto overlinking |
||
Riga 50:
|Didascalia = Garibaldi nel 1866
|Soprannome = ''L'eroe dei due mondi''
|Data_di_nascita = 4 luglio
|Nato_a = [[Nizza]]
|Data_di_morte = {{Calcola età3|1882|6|2|1807|7|4}}
Riga 57:
|Forza_armata = {{simbolo|Military flag of the Roman Republic (19th century).svg}} Guardia Civica [[Repubblica Romana (1849)|Romana]]<br/>{{simbolo|Flag of the Kingdom of Sardinia (1848-1851).svg}} [[Regia Armata Sarda]]<br />{{simbolo|Flag of Italy (1860).svg}} [[Regio Esercito Italiano]]
|Grado = [[Generale]]
|Anni_di_servizio =
|Religione = [[Deismo]]<ref name="Bonanni2008">«Come è noto Garibaldi maturò un forte anticlericalismo, per quanto non fosse ateo, ma anzi profondamente religioso e, una volta iniziato alla massoneria, "appassionatamente credente nel suo Ente deistico"» in ''Garibaldi: cultura e ideali'' Atti del LXIII congresso di storia del Risorgimento italiano (a cura di Stefania Bonanni). Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 2008, p.511</ref><ref>Citato in ''Revue de deux mondes'' dal 15 marzo al 1 maggio 1861; citato in [[Maxime Du Camp]], ''La spedizione delle due Sicilie'', Cappelli, Bologna, 1963 (ed. originale Bourdilliat, Parigi, 1861), pp. 374-375.</ref><ref>«L’ateismo, lo spiritismo, il deismo, un vago cristianesimo liberale» (in [[Massimo Introvigne]], ''Risorgimento e massoneria: camicie rosse & grembiulini'', ''Avvenire'', 29 ottobre 2010)</ref>
|Guerre = [[Guerra dei Farrapos]]<br />[[Guerra civile uruguaiana]]<br />[[Guerre d'indipendenza italiane]]<br />[[Spedizione dei Mille]]<br />[[Guerra franco-prussiana]]
Riga 84:
|Nazionalità = italiano
}}
Figura rilevante del [[Risorgimento]], fu uno dei personaggi storici più celebrati della sua epoca. È noto anche con l'appellativo di «eroe dei due mondi» per le imprese militari compiute sia in [[Europa]], sia in [[America
Considerato dalla [[storiografia]] e nella [[Cultura di massa|cultura popolare]] del [[XX secolo]] il principale [[eroe nazionale]] italiano,<ref>{{cita libro|autore=AA.VV.|titolo=La fabrique des héros|editore=Maison des Sciences de l'Homme|anno=1999|isbn=2-7351-0819-8|p=11}}</ref><ref>{{cita web|url=http://www.150anni.it/webi/index.php?s=20&wid=22#sott151|titolo=La scuola per i 150 anni dell'Unità I protagonisti: Garibald|urlmorto=no|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141027121014/http://www.150anni.it/webi/index.php?s=20&wid=22#sott151}}</ref> iniziò i suoi spostamenti per il mondo come [[ufficiale (forze armate)|ufficiale]] di [[nave mercantile|navi mercantili]], per poi diventare capitano di lungo corso. La sua impresa più nota fu la vittoriosa [[spedizione dei Mille]] che portò all'annessione del [[Regno delle Due Sicilie]] al nascente [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]], episodio centrale nel processo di unificazione della nuova nazione. [[Massoneria|Massone]] di 33º grado del [[Rito scozzese antico ed accettato]], favorevole all'ingresso delle donne in massoneria<ref>Giuseppe Garibaldi, ''Documento autografo'', Archivi del Grande Oriente d'Italia, in Emanuela Locci, ''Storia della Massoneria femminile: dalle corporazioni medievali alla Obbedienze'', BastogiLibri, 2017, {{ISBN|9788894894080}}.</ref> (tanto da iniziare sua figlia Teresita<ref>{{Cita libro|autore=Emanuela Locci|titolo=Storia della Massoneria femminile: dalle corporazioni medievali alla Obbedienze|anno=2017|editore=BastogiLibri|ISBN=9788894894080.}}</ref>), ricoprì anche brevemente la carica di [[Gran Maestro]] del [[Grande Oriente d'Italia]]; dichiaratamente [[Repubblica|repubblicano e]] [[anticlericale]], fu autore di numerosi scritti, prevalentemente di [[Memorialistica garibaldina|memorialistica]] e [[politica]], ma pubblicò anche [[romanzi]] e [[poesie]].<ref>{{Cita pubblicazione |url = http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/speciali/padri/D_Alfonso.html |autore = Alberto D'Alfonso |titolo = Garibaldi: il lessico infiammato |editore = Treccani |urlmorto = no |urlarchivio = https://web.archive.org/web/20141028174321/http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/speciali/padri/D_Alfonso.html }}</ref>
Riga 91:
=== Giovinezza ===
[[File:Loano-Maria Rosa Nicoletta Raimondi.jpg|thumb|left|Targa presso la casa natale di Maria Rosa Nicoletta Raimondi, madre di Garibaldi, a [[Loano]]]]
Giuseppe Garibaldi nacque a [[Nizza]] da una famiglia di origini genovesi il 4 luglio 1807, nell'attuale Quai Papacino, in un periodo in cui la [[Contea di Nizza|relativa contea]] era sotto sovranità [[Francia|francese]], poiché, in quegli anni, erano stati annessi da [[Napoleone Bonaparte|Bonaparte]] all'[[Primo Impero francese|Impero]] tutti i territori continentali sabaudi.<ref>Nizza annessa alla Francia durante l'epopea [[Napoleone Bonaparte|napoleonica]] tornò ai [[Casa Savoia|Savoia]] nel
Giuseppe era il secondogenito di sei figli: Angelo (1804-1853), il fratello maggiore, divenne console negli Stati Uniti d'America; Michele (1810-1866) fu capitano di marina; Felice (1813-1855) fu rappresentante di una compagnia di navigazione e produttore di olio d’oliva pugliese; Maria Elisabetta (1798-1799)<ref>[https://www.geni.com/people/Maria-Elisabetta-Garibaldi/6000000017098713645 ''Geni''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20180313155351/https://www.geni.com/people/Maria-Elisabetta-Garibaldi/6000000017098713645 |data=13 marzo 2018 }}</ref> e Teresa (1817-1820)<ref>[https://www.geni.com/search?search_type=people&names=Teresa+Garibaldi ''Geni'']</ref> morirono in tenera età. Per diverso tempo, gli storici dettero credito a una versione,<ref>Si veda, fra gli altri, il dettaglio elaborato in {{Cita|Sacerdote|pp. 26-31}}</ref> dimostratasi poi falsa, secondo la quale Garibaldi avrebbe avuto origini tedesche.<ref>Il punto debole della teoria, che lo vedeva imparentato, in qualità di illustre avo, con il barone Teodoro Von Neuhof e trovava spunto dal termine garo, «pronto alla battaglia» e da bald, «audace», era la mancanza di documentazione sul matrimonio fra Joseph Baptist Maria Garibaldi e Katharina Amalie Von Neuhof</ref> La famiglia divideva con alcuni parenti, i Gustavin, una casa sul mare.<ref>{{cita libro|Gian Luigi|Alzona |Gli antenati liguri di Giuseppe Garibaldi: genealogie e notizie biografiche alla luce di documenti inediti, pag 156 (seconda edizione)|2007|Genesi||isbn = 978-88-7414-172-2}}</ref> Dell'infanzia di Giuseppe si hanno poche notizie, per lo più agiografiche.<ref>si veda anche: {{Cita|Possieri|pp. 47-48}}</ref><ref>«all'età di sette anni strappò le ali ad un grillo, pentendosi poi piangendo» {{cita libro|Giuseppe|Guerzoni|Garibaldi, pag 11|1882|Barbera|Firenze}}</ref> Risulta invece certa la notizia che a 8 anni salvò una lavandaia caduta in acqua<ref>{{Cita|Dumas|p. 14}}.</ref> e che il soccorso a persone in procinto di annegare fu una costante, tanto che ne salvò almeno 12.<ref name="smith7">{{Cita|Smith|p. 7}}.</ref>
Riga 98:
Nel 1814 la casa dei Garibaldi fu demolita per ampliare il porto e la famiglia traslocò. Nizza fu restituita al Regno di Sardegna per decisione del [[Congresso di Vienna]] e restò sotto il governo dei Savoia fino al 1860. I genitori avrebbero voluto avviarlo alla carriera di avvocato, medico o sacerdote, ma Giuseppe non amava gli studi, prediligendo gli esercizi fisici e la vita di mare. Egli stesso ebbe a dire che era più amico del divertimento che dello studio.<ref>«Essendo io più disposto a giuocare ed a vagabondare che a lavorare», si veda {{Cita|Dumas|p. 15}}</ref> Vedendosi ostacolato dal padre nella sua vocazione marinara, durante le vacanze tentò di fuggire per mare verso [[Genova]] con tre suoi compagni: Cesare Parodi, Celestino Bernord e Raffaello de Andrè.<ref>{{Cita|Dumas|p. 5}}.</ref> Scoperto da un sacerdote che avvisò la famiglia della fuga,<ref>{{Cita|Possieri|p. 48}}.</ref> fu fermato appena giunto alle alture di Monaco e ricondotto a casa; è forse da ricondursi a questo episodio l'inizio della sua antipatia verso il clero.<ref>{{Cita|Dumas|p. 15}}.</ref>
Tuttavia, si appassionò alle materie insegnategli dai suoi primi precettori, padre Giaume e il "signor Arena". Quest'ultimo, reduce delle campagne napoleoniche, gli impartì lezioni d'[[Lingua italiana|italiano]] e di [[storia antica]] (rimase affascinato soprattutto dalla [[Roma antica]]). Alla fine riuscì a persuadere il padre a lasciargli intraprendere la vita di mare e venne iscritto nel registro dei mozzi a Genova il 12 novembre
Anche se la datazione del primo imbarco è incerta,<ref>Si ipotizzano precedenti imbarchi come passeggero. {{Cita|Possieri|pag 57-58 e 75}}</ref> risulta che il 13 gennaio
L'11 novembre partì per un breve viaggio come mozzo di rinforzo sulla Santa Reparata, costeggiando la Francia in un equipaggio di cinque uomini.<ref name="sciro7"/> Con il padre, tra aprile e maggio del
=== Navigazione ===
[[File:Garibaldi som ung.jpg|thumb|left|Giuseppe Garibaldi da giovane]]
Iniziarono i numerosi viaggi marittimi di Garibaldi; fra quelli che rimasero più impressi al condottiero vi fu quello sul brigantino ''Enea'', al cui comando vi era il capitano [[Giuseppe Gervino]], durante il quale, in una tempesta, vide una [[Feluca (imbarcazione)|feluca]] catalana, a cui non poterono prestare soccorso, sprofondare travolta dalle onde.<ref>{{Cita|Dumas|p. 19}}.</ref> Nel
Il viaggio comunque continuò e nell'agosto del
Nello stesso mese si reimbarcò con la ''Clorinda'' per il mar Nero; si contavano venti uomini a bordo e la paga di Giuseppe fu di 50 lire piemontesi al mese<ref>{{Cita|Scirocco|p. 9}}.</ref> mentre 100 toccarono al comandante, [[Simone Clary]]. Ancora una volta la nave fu presa di mira dai corsari ma questa volta l'equipaggio accolse gli aggressori a fucilate. Garibaldi fu ferito alla mano destra: avrebbe poi ricordato l'accaduto come il suo primo combattimento.<ref name="sciro8" /> Proprio sulla ''Clorinda'' conobbe [[Edoardo Mutru]], suo compagno d'armi in futuro.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 10}}.</ref> Nel 1833 si contarono sui registri navali 72 mesi di navigazione effettiva.<ref name="sciro8" /> L'importanza dello ''spirito marinaro'' in Garibaldi è stata più volte sottolineata, gli scritti di [[Augusto Vittorio Vecchi]], più noto con il nome di [[Jack la Bolina]], influenzarono i successivi studiosi sull'argomento, egli che definiva il [[Mar Mediterraneo]] un ottimo insegnante, vedeva nell'eroe l'ingenuità degli uomini di mare in contrasto con la furbizia degli uomini di terra.<ref>Si veda: A. V. Vecchi, Memorie di un luogo tenente di vascello, Roma, Voghera, 1896 pag 163, riportato anche in: {{Cita|Possieri|pp. 61-62}}</ref> Di parere simile era [[Pino Fortini]], il quale affermò che il mare lo aveva formato ed educato moralmente.<ref>{{cita libro|Pino|Fortini|Giuseppe Garibaldi marinaio mercantile pp. 31-32|1950|C. Corvo|Roma}}</ref>
Dopo 13 mesi di navigazione ritornò a Nizza, ma già nel marzo
Il bastimento sbarcò i francesi a Costantinopoli e procedette per [[Taganrog]], importante porto russo sul [[Mar d'Azov]]. Qui in una locanda, incontrò un uomo detto il ''Credente'',<ref>Non è però del tutto escluso che tale definizione potesse avere a che fare anche con gli ideali della Massoneria che, del resto, Garibaldi abbracciò più tardi con forte convinzione.</ref> che espose a Garibaldi le idee [[Mazzinianesimo|mazziniane]].<ref>Si pensa che il ''Credente'' fosse il giornalista e scrittore [[Giovanni Battista Cuneo]], ma difficilmente poteva esserlo in quanto all'epoca era inquisito e non poteva percorrere certe rotte liberamente, l'incontro fra i due in ogni caso è documentato in seguito al tempo in cui Garibaldi si trovava in America, si veda fra gli altri: {{Cita|Scirocco|p. 20}}</ref> Le tesi di [[Giuseppe Mazzini]] sembrarono a Garibaldi la diretta conseguenza delle idee di Barrault ed egli vide nella lotta per l'Unità d'Italia il momento iniziale della redenzione di tutti i popoli oppressi. Quel viaggio cambiò la vita di Garibaldi; nelle sue ''Memorie'' scrisse: «Certo non provò [[Cristoforo Colombo|Colombo]] tanta soddisfazione nella [[scoperta dell'America]], come ne provai io al ritrovare chi s'occupasse della redenzione patria».<ref>Riportato in {{Cita|Scirocco|p. 18}}</ref>
Riga 124:
Frequentò l'osteria della Colomba, la cui proprietaria Caterina Boscovich, insieme alla cameriera Teresina Cassamiglia, gli saranno d'aiuto in seguito. Fece sfoggio della sua attività, offrendo da bere a sconosciuti con l'intento di arruolare nella causa nuovi elementi,<ref>Alcune delle persone che cerca di arruolare sono militari che riferiscono il tutto ai superiori. Si veda {{Cita|Scirocco|pp. 22-23}}</ref> e fu visto in pubblico, al caffè di Londra, usare parole dispregiative verso il Re. Per tale comportamento venne sorvegliato dalla polizia. Il 3 febbraio 1834 fu poi imbarcato, insieme a Mutru, sulla Conte De Geneys, che stava per partire per il [[Brasile]].<ref>I biografi ipotizzano in questa decisione il voler isolare i due uomini, ma valida è anche l'ipotesi più semplice, di una richiesta di uomini con esperienza in vista di un viaggio impegnativo: si veda {{Cita|Scirocco|p. 23}}</ref> Vi restò solo un giorno in quanto il 4 febbraio,<ref name="pos69">{{Cita|Possieri|p. 69}}.</ref> fingendosi malato, scese a terra, dopo aver dormito all'Insegna della Marina con Mutru.
Nel frattempo si era stabilito che l'11 febbraio
Più volte nel corso della fuga sfuggì a eventuali catture, dopo aver superato il [[Varo (fiume)|fiume Varo]]: la prima quando al confine venne condotto momentaneamente a [[Draguignan]],<ref>Prima venne portato a [[Grasse]] e poi condotto a Draguignan in attesa di ordini da Parigi Garibaldi fuggì nell'attesa da una finestra, si veda {{cita libro|Giuseppe |Guerzoni |Garibaldi, pag 22|2010|BiblioLife||isbn = 978-1-149-38210-3}}</ref> poi in un'osteria dove cantò per sfuggire agli sguardi dell'oste che minacciò di farlo arrestare.<ref>Cantò [[il Dio della gente onesta]] di [[Pierre-Jean de Béranger]] (1780-1857), si veda {{Cita|Dumas|pp. 31-32}}</ref> Giunse infine a Marsiglia. Intanto venne indicato come uno dei capi della cospirazione, fu condannato ''alla pena di morte ignominiosa'' in [[contumacia]] in quanto nemico della Patria e dello Stato.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 25}}.</ref> Garibaldi divenne così un [[ricercato]] e in quel tempo visse per un breve periodo dal suo amico [[Giuseppe Pares]].<ref>{{cita libro|Mino |Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), pag 22|1982 |Mursia|}}</ref> Continuò sotto falso nome, assunta l'identità dell'inglese ''Joseph Pane'', a viaggiare: il 25 luglio salpò verso il mar Nero sul brigantino francese ''Union'' raccontando di essere un ventisettenne nato a [[Napoli]].<ref>{{cita libro|Mino|Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), pag 23|1982|Mursia|}}</ref>
Doveva svolgere l'attività di marinaio ma in realtà diventò secondo.<ref>Il motivo per cui ufficialmente non poteva farsi assumere come secondo era la documentazione necessaria che non poteva esibire, si veda {{Cita|Scirocco|p. 26}}</ref> Sbarcò il 2 marzo 1835, e in maggio fu in [[Tunisia]]. Quando tornò a Marsiglia trovò la città devastata da una grave [[epidemia]] di [[colera]]; offertosi come [[Volontariato|volontario]], lavorò in un ospedale,<ref>{{Cita|Smith|p. 13}}.</ref> in qualità di ''benevolo'', e ci rimase per quindici giorni.<ref>{{Cita|Dumas|p. 34}}.</ref> In quel periodo conobbe [[Antonio Ghiglione]]<ref>Si ipotizza che fu lui a iniziarlo alla ''[[Giovine Europa]]''; esiste la testimonianza di [[Agostino Ruffini]] della presenza di Ghiglione in un porto di mare francese, probabilmente Marsiglia, intorno al 7 giugno, mentre in una successiva lettera di Garibaldi, scritta in Brasile, indirizzata a Mazzini afferma di conoscere Ghiglione, si veda {{Cita|Scirocco|p. 27}}</ref> e [[Luigi Canessa]]. Poiché le rotte erano chiuse in parte per via del colera, Garibaldi decise di partire alla volta del [[America Meridionale|Sud America]] con l'intenzione di propagandare gli ideali mazziniani. L'8 settembre
=== Esilio in Sud America ===
[[File:Poncho e camicia rossa di Garibaldi - Museo del Risorgimento di Milano.JPG|thumb|[[Poncho|Poncio]] e camicia rossa di Garibaldi ([[Museo del Risorgimento (Milano)|Museo del Risorgimento di Milano]]).]]
Giunto a [[Rio de Janeiro]] nella fine del 1835 o nel gennaio del 1836, venne accolto dalla piccola comunità di italiani aderenti alla [[Giovine Italia]], avvisati da Canessa poco prima; avviò quindi un piccolo commercio di paste alimentari nei porti vicini. La sua prima lettera venne spedita il 25 gennaio
Scrisse direttamente a Mazzini il 27 gennaio, in una lettera mai giunta a destinazione, chiedendo che rilasciasse «[[Lettera di marca|lettere di marca]]», un'autorizzazione ad avviare una guerra corsara contro i nemici austriaci e piemontesi, una richiesta impossibile da esaudire,<ref>Si trattava di una richiesta impossibile in quanto potevano rilasciarla solo gli Stati di diritto, si veda anche {{cita libro|Mino |Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), pag 125|1982 |Mursia|}}</ref> ma senza le quali le sue azioni sarebbero state solo atti di [[pirateria]].<ref>Corsaro era chi al servizio del governo cedeva parte del ''bottino'' conquistato, ufficialmente riconosciuto dalle leggi internazionali, tale figura venne poi abolita dal [[congresso di Parigi]] del 1956, si veda: {{Cita|Possieri|p. 113}}</ref> Parlò apertamente contro Carlo Alberto sul [[Paquete du Rio]],<ref>{{cita libro|Domus |mazziniana|Bollettino della Domus mazziniana, Volumi 14-15, pag 10|1968 |Domus Mazziniana|}}</ref> curò le stampe della lettera mazziniana a Carlo Alberto e gli furono aperte le porte della [[loggia massonica]] irregolare Asilo di Vertud.<ref>Asil della Vertud, irregolare in quanto non era riconosciuta da quelle principali, si veda {{cita libro|Lauro |Rossi|Garibaldi: vita, pensiero, interpretazioni: dizionario critico, pag 193|2008 |Gangemi||isbn = 978-88-492-1481-9}}</ref>
Riga 138:
==== Nella Repubblica del Rio Grande del Sud ====
{{vedi anche|Repubblica Riograndense|guerra dei Farrapos}}
Nel febbraio del 1837 parlò con [[Livio Zambeccari]], detenuto nella prigione Santa Cruz in quanto segretario di [[Bento Gonçalves da Silva|Bento Gonçalves]],<ref>Anche lui al momento si trovava in prigione, nella fortezza do Mar a Bahia, i due poi usciranno entrambi di prigione. Si veda {{Cita|Dumas|pp. 38-39}}</ref> presidente della [[Repubblica Riograndense]], stato secessionista del Brasile. Sarà l'inizio di una collaborazione ufficiale. Il 4 maggio
La nave comprata tempo prima grazie ai soldi di [[Giacomo Cris]] (vero nome di Giacomo Picasso<ref>A quei tempi sosterrà economicamente più volte Garibaldi. Si veda {{Cita|Sacerdote|pp. 116-117}}</ref> con il quale si fece conoscere), era stata battezzata ''Mazzini'', e con i soldi fruttati da una colletta, 800 lire<ref>{{Cita|Scirocco|p. 46}}.</ref> verranno effettuate delle migliorie. Salperanno il 7 maggio, a bordo si contavano 12-13 uomini in tutto,<ref>l'elenco varia a seconda dei resoconti, Le memorie ad esempio riportano 16 uomini, si veda {{Cita|Dumas|p. 40}}</ref> fra cui il nostromo Luigi Carniglia, il timoniere Giacomo Fiorentino, João Baptista e Miguel un brasiliano che doveva pensare alle armi. Sul giornale [[Jornal do comercio]] si dava come destinazione del viaggio Campos e come comandante Cipriano Alves (altro nome assunto da Garibaldi)<ref>{{cita libro|Mino|Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), pag 33|1982|Mursia|}}</ref> La prima preda fu una lancia da cui prese lo schiavo nero Antonio, che affrancò rendendolo libero. L'11 maggio i corsari avvistarono un [[semalo]] di centoventi [[Tonnellata|tonnellate]] chiamato "Luisa" e lo abbordarono.
Riga 151:
Si organizzò un cantiere navale lungo il [[fiume Camacuã]]: il capo dei lavori era [[John Griggs]], di origini irlandesi, mentre Garibaldi divenne comandante della flotta. Due lancioni erano pronti al varo: il ''Rio Pardo'' (15-18 tonnellate), dove si imbarcò lo stesso Garibaldi,<ref>{{Cita|Sacerdote|p. 199}}.</ref> e l{{'}}''Independencia'', il cui equipaggio contava complessivamente circa 70 persone, tra cui Mutru e Carniglia. Partirono il 26 agosto 1838, e riuscirono a superare lo sbarramento posto dalle navi nemiche. Il 4 settembre avvistarono due navi nemiche: una di esse fuggì mentre l'altra, una sumaca chiamata ''La Miniera'', si arrese.<ref>Garibaldi scrisse nel suo resoconto dell'accaduto (22 settembre) che la nave venne distrutta, si veda {{Cita|Scirocco|p. 60}}</ref> Vi era il problema della spartizione della preda: da dividere in tre parti secondo quanto scritto nell'accordo redatto da Rossetti, 8 (di cui una a Garibaldi)<ref>{{cita libro|Ivan |Boris |Gli anni di Garibaldi in Sud America: 1836-1848, pag 65|1970|Longanesi|}}</ref> secondo quanto si decise alla fine, per decisione del ministro delle finanze Almeida. L'ammiraglio Greenfell, allarmato dall'accaduto, fece scortare ogni nave con quelle di guerra, mentre alla piccola flotta di Garibaldi si aggiunsero altre navi e altre erano in costruzione.
Il 17 aprile
La tattica utilizzata fu singolare: si risalì il fiume [[Capivari]], ingrossato dalle ultime piogge, facendo avanzare le navi per via terra, con l'aiuto di due carri preparati dentro alcune fosse, trainati fino a giungere alla laguna di Thomás José e scendere dal [[Tramandaí]]. Per tale progetto vennero scelti i due nuovi lancioni: ''Farroupilha'' (18 tonnellate, su cui dava gli ordini l'eroe) e il ''Seival'' (12 tonnellate, a cui comando si ritrova Griggs).<ref>{{Cita|Dumas|p. 81}}.</ref> Il 5 luglio inizia il trasporto via terra evitando al contempo l'attacco nemico che si stava preparando più avanti, terminerà l'11 luglio, tre giorni dopo il 14 luglio riprenderanno il mare.<ref>{{Cita|Scirocco|pp. 63-64}}.</ref> La nave di Garibaldi si rivela troppo pesante: il timone si spezza la nave si rovescia, è il 15 luglio 1839.<ref>{{Cita|Possieri|pp. 93-94}}.</ref> Durante la tempesta annegheranno fra gli altri Mutru, Carniglia e Procopio (uno schiavo reso libero che aveva ferito il Moringue).<ref>{{Cita|Dumas|p. 78, 84-88}}.</ref> L'assalto verrà condotto lo stesso con l'unico Lancione rimasto, il Seival, condotto da Garibaldi;<ref>{{Cita|Dumas|pp. 90-91}}.</ref> di fronte hanno un brigantino e quattro lancioni. Si diresse verso sud portando le inseguitrici, consistenti in due lancioni, il ''Lagunense'' e l{{'}}''Imperial Catarinense'', in una trappola. Dei soldati nascosti nella fitta vegetazione assaltarono le navi e le conquistarono; vennero poi utilizzate per distrarre gli altri due lancioni, ''Santa Ana'' e l{{'}}''Itaparica'' si arresero, il brigantino ''Cometà'' fuggì.
Il 25 luglio
In una di queste azioni si trovarono di fronte alla nave ''Regeneração'' che, con i suoi venti cannoni (le tre navi avevano un solo cannone ciascuno,<ref>La terza nave la ''Imperial Catarinense'' rinominata ''Cassapava'' era comandata da Griggs, si veda {{Cita|Scirocco|p. 66}}</ref>) mise in fuga le navi. Fuggirono per lo stesso motivo anche dalla ''Andorinha'', si attendeva di ritornare alla laguna.<ref>In seguito alla Andorinha (o Androgina) si aggiunsero la ''Bella Americana'' e ''Patagonia'', nel combattimento, respinto a fatica, elogiò la bravura di Manuele Rodriguez. {{Cita|Dumas|pp. 97-98}}</ref> Era il 2 novembre, il Rio Pardo tornò pochi giorni dopo. Guidò malvolentieri l'attacco alla cittadina [[Imaruí]] con l'intenzione di punirla del tradimento.<ref>{{Cita|Dumas|pp. 100-101}}.</ref>
Il 4 novembre<ref name="Duma102">{{Cita|Dumas|p. 102}}.</ref> l'esercito imperiale forte di 16 navi con 33 cannoni complessivi e 900 uomini,<ref name="Duma102" /> riconquistò la città e i repubblicani, dopo aver incendiato le navi senza che i soccorsi richiesti fossero giunti, ripararono sugli altopiani, Griggs venne ucciso. Sulla terraferma i combattimenti continuarono, e furono i primi per Garibaldi: il 14 dicembre
{{citazione|Garibaldi è un uomo capace di trionfare in qualsiasi impresa.|[[Alexandre Florian Joseph Colonna Walewski|Alessandro Walewski]] da J. Duprey, ''Un fils de Napoleón dans les pays de la Plata au temps de Rosas'', Parigi-Montevideo 1937, p. 164.}}
Nell'aprile del 1840 si radunarono i due eserciti nei pressi del fiume [[Taquari]]; {{formatnum:4300}} imperiali, al comando del generale [[Manuel Jorge Rodríguez]] che avrebbero affrontato 3.400 riograndesi,<ref>{{cita libro|Ivan|Boris|Gli anni di Garibaldi in Sud America: 1836-1848, pag 137|1970|Longanesi|}}</ref> ma non ci fu alcuna battaglia. Si decise di attaccare [[São José do Norte|San José do Norte]], punto strategico di rifornimento. Dei quattro fortini disposti a difesa tre vennero distrutti in poco tempo, l'azione era guidata da [[Bento Gonçalves da Silva|Gonçalves]] con Teixeira. L'ammiraglio Greenfell inviò i rinforzi, allorché Garibaldi suggerì di bruciare la città ma l'idea non venne accolta; una volta fuggiti, il nizzardo {{chiarire|si fermò su ordini dati a [[San Simón]]|quali?}};<ref>{{cita libro|Jasper Godwin|Ridley |Garibaldi (seconda edizione), pag 101|1976 |Viking Press||isbn = 978-0-670-33548-0}}</ref> poco dopo, il 24 settembre
==== Guerra civile uruguaiana ====
Riga 172:
La navigazione continuò nel Paraná dal 29 giugno e raggiunsero come da programma la ''Bajada'' il 18 luglio.<ref>Precisamente giunsero alla boca del Tiradero come in {{cita libro|Salvatore |Candido|Giuseppe Garibaldi nel Rio della Plata, 1841-1848 (volume I) pag 110|1972|Valmartina|Firenze}}</ref> Continuarono il viaggio superando il porticciolo di Cerrito. Le navi di Brown, a cui si aggiunsero quelle comandate dal maggiore [[Seguì]], raggiunsero le navi del nizzardo vicino alla Costa Brava: da una parte 3 brigantini e 4 golette, con un totale di circa 700 uomini e 53 cannoni, mentre Garibaldi poteva contare su due delle tre navi in quanto la Procida si distaccò precedendoli a Corrientes, 29 cannoni e circa 300 uomini, entrambi avevano anche imbarcazioni minori.<ref>Tali dati insieme alle varie manovre di guerra utilizzate si hanno anche grazie alle dichiarazioni di Gerónimo Quintana {{cita libro|Salvatore |Candido|Giuseppe Garibaldi nel Rio della Plata, 1841-1848 (volume I) pag 158|1972|Valmartina|Firenze}}</ref>
Il 16 agosto Brown iniziò a fare fuoco. Risultano inutili i tentativi di resistenza; Urioste cercò di portare lo scontro sulla terra ma venne sconfitto, intanto [[Alberto Villegas]] con il suo gruppo fuggì. Dopo tre giorni di combattimenti,<ref>{{Cita|Dumas|p. 154}}.</ref> le navi vennero incendiate, ma alcuni dei corsari saltarono in aria con esse. Garibaldi si trasferì prima a [[Goya (Corrientes)|Goya]] e, dopo vari spostamenti, il 19 novembre si ritrovò a [[Paysandú]]; qui ricevette l'ordine dal generale [[Felix Edmondo Aguyar]] di compiere alcune azioni militari. Venne poi richiamato a Montevideo, ma prima di raggiungerli dovette bruciare nuovamente la flottiglia che comandava. Giunto nel dicembre del 1842 con l'incarico di ricostruire la flotta perduta, con un attacco affondò il 2 febbraio
[[File:Insegna Legione Italiana 1846.jpg|alt=Insegna Legione Italiana 1846.jpg|miniatura|Insegna della Legione Italiana in Uruguay (1846)]]
Alla fine dell'anno prese il comando della [[Legione italiana (Garibaldi)|Legione italiana]]. Il colore scelto per le divise fu il rosso,<ref>Erano delle tuniche di lana rosse, erano state preparate per chi lavorava nei macelli (i saladeros), ma interrotto il traffico fu merce mai giunta a destinazione. Il governo approfittò del prezzo basso.{{Cita|Scirocco|p. 101}}</ref>; la bandiera, un drappo nero rappresentava il [[Vesuvio]] in eruzione.<ref>L'ammiraglio Winnington-Ingram raccontò i vari particolari e vide lo stesso Garibaldi indossarne una durante l'attacco a Montevideo nel testo: {{cita libro|H.F.|Winnington-Ingram |Hearts of Oak|1889|Allen|Londra}} Si veda anche: {{Cita|Possieri|pp. 103-104}}</ref> In seguito venne tradito dal colonnello [[Angelo Mancini]],<ref>Disertò insieme ad altri ufficiali. {{Cita|Smith|p. 27}}</ref> Dopo piccole vittorie conseguite rifiutò in una lettera del 23 marzo
Si cercò di far finire l'assedio: si opposero senza successo gli ammiragli [[Samuel Ingliefeld]] e [[Émile Lainé]]<ref>[http://www2.assemblee-nationale.fr/sycomore/fiche/%28num_dept%29/10897 ''Assemblée nationale''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170803131634/http://www2.assemblee-nationale.fr/sycomore/fiche/%28num_dept%29/10897 |data=3 agosto 2017 }}</ref>, mentre Brown si ritirò, e tempo dopo volle salutare il suo avversario. Nell'agosto 1845 Ingliefeld iniziò insieme a Garibaldi ad aprirsi un varco, con l'intenzione di conquistare porti nemici.<ref>{{Cita|Possieri|p. 105}}.</ref> Il nizzardo comandava due brigantini: ''Cagancha'' (64 uomini)<ref>{{cita libro|Ivan |Boris |Gli anni di Garibaldi in Sud America: 1836-1848, pag 248|1970|Longanesi|}}</ref> e il ''28 de marzo'' (36 uomini), e altre navi. Si aggiunsero i validi aiuti di [[Juan de la Cruz]] e [[José Mandell]]. Dopo aver preso l'[[isola del Biscaino]] e [[Gualeguaychú]]<ref>Dove il comandante militare era un certo colonnello Villagra e non il torturatore Millán, equivocando con Gualeguay, città del passato di garibaldi. Si veda {{Cita|Scirocco|p. 112}}</ref> si aggiunse la goletta francese ''Eclair'' al cui comando vi era [[Hippolite Morier]], si giunse davanti a Salto, occupata dagli uomini di [[Manuel Lavalleja]].<ref>Manuel, fratello del più celebre generale [[Juan Antonio Lavalleja]], ignorò il messaggio inviatogli da Garibaldi, era il 6 ottobre. Si veda {{cita libro|Ivan |Boris |Gli anni di Garibaldi in Sud America: 1836-1848, pag 253|1970|Longanesi|}}</ref> Egli, dopo essere stato sconfitto da [[Francesco Anzani]], abbandonò la città che il 3 novembre fu occupata da Garibaldi.
Giuseppe Garibaldi entrò in Massoneria nel 1844 nella Loggia “Asil de la Vertud” di Montevideo (o forse come alcuni vogliono del Rio Grande del Sud), una loggia “spuria”, emanazione della Massoneria brasiliana e non riconosciuta dalle grandi Comunioni mondiali. Nello stesso anno, il 18 agosto, fu regolarizzato nella Loggia “Amis de la Patrie” di Montevideo all’obbedienza del Grande Oriente di Francia, nel libro matricola della Loggia gli fu assegnato il numero 50.
[[File:Giuseppe Garibaldi at the battle of San Antonio....jpg|thumb|left|Garibaldi nella battaglia di San Antonio]]
[[Justo José de Urquiza]] iniziò l'[[assedio]] alla cittadina il 6 dicembre;<ref>{{Cita|Sacerdote|p. 298}}.</ref> dopo diciotto giorni di attacchi lasciò una parte dei suoi uomini, 700 di essi e abbandonò l'impresa. Il 9 gennaio
I morti verranno raccolti e seppelliti in una fossa comune su cui verrà piantata una bandiera in loro onore: è l'8 febbraio
=== Giuseppe e Anita ===
Giuseppe e Anita si erano conosciuti a Laguna nel 1839: si narra che, dopo averla inquadrata con il cannocchiale mentre si trovava a bordo dell'''Itaparica'', una volta raggiunta le disse, in [[Lingua italiana|italiano]]: «Tu devi essere mia»<ref>Della validità di questo resoconto non si può essere certi. Si è certi dell'immediata simpatia fra i due, si veda per la citazione e per i dubbi espressi {{Cita|Scirocco|p. 79}}, Dumas cita «Angelo, tu sarai mio» {{Cita|Dumas|p. 95}}</ref>. [[Anita Garibaldi|Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva]] (questo il nome completo) si era sposata<ref>Per diverso tempo si era dato credito alla teoria che non fosse sposata, ma fidanzata. Tale malinteso era nato a seguito delle ricerche di [[Giuseppe Guerzoni]] e dalla dichiarazione sostenuta da Anita quale nubile sul certificato di matrimonio del 1842, ipotesi confermata da Ricciotti. Fra gli storici che dettero credito a questa affermazione: [[George Maculay Trevelyan]] in {{cita libro|George |Macaulay Trevelyan |Garibaldi's Defence of the Roman Republic, pag 31|2008|Cosimo, Inc||isbn = 978-1-60520-473-4}} e [[Jessie White]] che aggiunse che Garibaldi chiese in moglie la figlia al padre, in realtà morto tempo prima. Ancora la si vedrà sposa con [[Juan Manuel de Rosas]]. Per le teorie a proposito si veda: {{cita libro|J.|Ridley|Garibaldi, pag 110-119|1975|Mondadori|}}</ref> il 30 agosto
Garibaldi e Ana Maria, passata alla storia e quasi alla leggenda del [[Risorgimento]] italiano con il diminutivo Anita, si sposarono il 26 marzo
Cercò di far allontanare Anita e i figli da sua madre, ma nel giugno 1846 ottenne un parere contrario del ministro degli esteri di Carlo Alberto, [[Clemente Solaro della Margarita|Solaro della Margarita]].<ref>{{Cita|Scirocco|p. 122}}.</ref> I legionari progettarono di tornare in patria, e grazie alla raccolta organizzata fra gli altri da [[Stefano Antonini]], Anita, con i tre figli, e altri familiari dei legionari partirono nel gennaio del
=== Prima guerra d'indipendenza ===
{{vedi anche|Prima guerra di indipendenza italiana}}
Giuseppe Garibaldi rientrò in
[[File:Roverbella-Lapide a Garibaldi.jpg|thumb|[[Roverbella]], lapide in ricordo dell'incontro con Carlo Alberto.]]
Riga 210:
Intanto [[Ferdinando II delle Due Sicilie|Ferdinando II]], re delle [[Regno delle Due Sicilie|Due Sicilie]], inviò i suoi uomini, guidati dal generale [[Ferdinando Lanza]] e dal colonnello Novi, che giunsero verso le 12<ref>{{cita libro|Piero |Pieri |Storia militare del Risorgimento, (seconda edizione, Vol 71) p. 423|1962 |Einaudi|}}</ref> del 9 maggio a [[Battaglia di Palestrina|Palestrina]]; a respingerli furono il nizzardo e [[Luciano Manara]]; dopo un combattimento di tre ore, i borbonici si ritirarono, perdendo 50 dei loro uomini.
Il 19 maggio, [[Battaglia di Velletri (1849)|nei pressi di Velletri]], Garibaldi disobbedì agli ordini, in realtà ormai superati dagli eventi, di [[Pietro Roselli]]<ref>Nominato a capo dell'esercito al di sopra di Garibaldi stesso, si veda per approfondimento {{Cita|Smith|pp. 46-47}}</ref>; nell'occasione Garibaldi venne travolto dai cavalieri, cadde a terra dove fu alla mercé di cavalli e nemici, ma venne salvato per intervento del patriota [[Achille Cantoni]]:<ref>"Cantoni pel primo [...] gittossi tra me ed un nemico che mi travagliava da vicino, e contro cui io difficilmente mi difendevo essendo rotto dalle contusioni, e mentre il borbonico mi feriva, forse con un colpo sulla testa, la sciabola liberatrice lo colpiva e bestemmiando si ritirava con il braccio penzolone", così riferisce il fatto Giuseppe Garibaldi in ''Cantoni il volontario'', cap. XLI. Velletri.</ref> seguirono aspre critiche al suo operato.<ref>Come quelle di [[Carlo Pisacane]], si veda: {{Cita|Possieri|pp. 124-125}} I contrasti furono evidenti in seguito, si pensi che pochi giorni dopo, il 26 maggio, quando Mazzini chiese consiglio a Garibaldi su come difendere Roma egli rispose o di dargli poteri di «dittatore illimitatissimo» o di retrocederlo a soldato semplice, per la lettera si veda {{cita libro|Giuseppe |Garibaldi |Epistolario di Giuseppe Garibaldi, Volumi 1-2, pag 37|1885 |A. Brigola e comp|}}</ref> Il 26 maggio
La notte fra il 2 e il 3 giugno 1849 Oudinot guidò i suoi verso Roma e conquistò, dopo continui capovolgimenti, i punti chiave di Villa Corsini e Villa Valentini; rimase in mano ai difensori Villa Giacometti. Morirono {{formatnum:1000}} persone, fra cui [[Francesco Daverio]], [[Enrico Dandolo (patriota)|Enrico Dandolo]] e [[Goffredo Mameli]] che, ferito, morirà in seguito per [[gangrena]]; verrà incolpato Garibaldi della sconfitta; i francesi potevano contare su circa {{formatnum:16000}} uomini Garibaldi su circa {{formatnum:6000}}.<ref>Nell'occasione verrà ricordato da Gustav Hoffstetter come uomo impassibile che non fugge davanti al pericolo, si veda per la testimonianza tratta da ''Giornale delle cose di Roma nel 1849'', Gustav von Hoffstetter, 1850 e i dati numerici {{Cita|Scirocco|p. 163}}</ref> Il 28 giugno
=== Fuga da Roma e morte di Anita ===
[[File:Giuseppe e Anita Garibaldi trovano rifugio a San Marino.JPG|thumb|
{{vedi anche|marcia di Garibaldi dopo la caduta di Roma}}
L'assemblea che si era costituita diede i poteri a Garibaldi e Roselli: la sera del 2 luglio
Dopo aver rifiutato l'offerta fatta dall'[[ambasciatore]] degli [[Stati Uniti d'America]],<ref>Il 2 luglio 1849 ricevette l'invito, doveva recarsi al l'Hotel De Russie, si veda {{cita libro|Gustavo |Sacerdote|La vita di Garibaldi: (Volume 1), p. 380|1957|Rizzoli & c. |}}</ref> sulla strada di [[Tivoli]] affidò una parte dei soldati a [[Gaetano Sacchi]] e un reggimento della cavalleria al colonnello [[Ignazio Bueno]] compagno del Sudamerica, con lui il polacco [[Emilio Müller]]. Fece credere al nemico di dirigersi verso gli Abruzzi mentre andava a nord, divise in piccoli gruppi la cavalleria che mandava in esplorazione facendo pensare che potesse contare su un numero superiore di soldati.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 169}}.</ref> Intanto atti criminali commessi dal suo gruppo lo preoccupavano, e giunse a dover minacciare di morte chiunque commettesse furto e, il 5 luglio, a dover far giustiziare un ladro colto in flagrante.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 170}}.</ref>
Riga 227:
Continuano gli aiuti trovati per strada: vengono guidati dall'[[operaio]] Nicola Zani con Anita sempre più febbricitante, fino a [[Cesenatico]] dove si imbarcano 13 bragozzi (barche da pesca),<ref>{{cita libro|Mino|Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), pag 210|1982 |Mursia|}}</ref> alla volta di Venezia, il 2 agosto. Arsi dalla sete a circa {{M|80|u=km}} dall'obiettivo, all'altezza della punta di [[Goro]], vengono avvistati e attaccati da un brigantino austriaco, l{{'}}''Oreste'', che con rinforzi li insegue catturando gli equipaggi di 8 bragozzi, più di 160 prigionieri che verranno condotti a Pola. Garibaldi, con Anita in braccio, guada per circa 400 metri<ref>{{Cita|Scirocco|p. 173}}.</ref> giungendo infine sulla spiaggia, saluta i rimasti fra cui il barnabita [[Ugo Bassi]] e [[Giovanni Livraghi]], che saranno fucilati a Bologna l'8 agosto, e [[Angelo Brunetti]] e i due figli, fucilati in seguito anch'essi. Garibaldi arriva a [[Porto Garibaldi|Magnavacca]] nelle [[Valli di Comacchio]], con Anita agonizzante e [[Giovanni Battista Culiolo]] detto ''Leggero''. Aiutati dall'umile Battista Barillari riescono a dissetare la moglie dell'eroe. Il 4 agosto ripartono e salgono sul biroccino guidato da Battista Manelli; arrivano alle [[Mandriole]] dove si fermano alla fattoria Ravaglia con Anita che muore, nonostante gli sforzi del medico Nannini, appositamente convocato.
Garibaldi, secondo quanto riporta l'uomo di chiesa Falconieri, avrebbe voluto dare degna sepoltura alla moglie e trasportarla alla vicina [[Ravenna]], ma non vi era il tempo e fu scavata frettolosamente una buca nella sabbia della pineta<ref>Denis mack Smith "Garibaldi" ed. Il Giornale p.56</ref>. Dopo pochi giorni, il 10 agosto una ragazzina, Pasqua Dal Pozzo, scoprì il cadavere<ref>{{Cita|Possieri|p. 135}}.</ref> che fu tumulato nel cimitero di [[Mandriole]]. Le cause della morte di Anita furono a lungo discusse negli anni successivi, anche per attaccare Garibaldi.<ref>il giudice Giuseppe Francesconi e il medico [[Luigi Fuschini]] accorsero; inizialmente si pensò a un [[omicidio]], la donna mostrava segni di [[strangolamento]]. L'ispettore Zeffirino Socci arrestò i fratelli Ravaglia (uno dei due era assente all'epoca dei fatti) con l'accusa di omicidio il 14 agosto
Garibaldi e Leggero fuggono dapprima a [[Forlì]]; poi, il giorno 16, lasciano Forlì per raggiungere il vicino confine del [[Granducato di Toscana]]: Si tratta della cosiddetta ''[[trafila di Garibaldi]]''. Sono aiutati, tra gli altri, da Ercole Saldini, dal sacerdote [[Giovanni Verità]] e dall'ingegnere Enrico Sequi, a cui Garibaldi lascerà la [[fede nuziale]] di Anita.
Riga 236:
{{citazione|La Camera dichiara che l'arresto del Generale Garibaldi e la minacciata sua espulsione dal Piemonte, sono lesioni dei diritti consacrati dallo Statuto e dei sentimenti di nazionalità e della gloria italiana|da ''Garibaldi e i Mille'' di [[George Macaulay Trevelyan]]}}
Garibaldi venne quindi liberato e si parlò anche della possibilità dell'[[Immunità (diritto)|immunità parlamentare]] attraverso una sua candidatura a [[Recco]] per le elezioni suppletive della camera, ma egli rifiutò l'idea.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 184}}.</ref> Gli fu concessa una visita di un giorno ai familiari, durante la quale salutò la madre per l'ultima volta e affidò i figli maschi ad Augusto, mentre la figlia continuò a rimanere con i Deideri. Dopo vari spostamenti (prima a Tunisi, dove gli fu rifiutata ospitalità, quindi a La Maddalena) partì sul [[brigantino]] da guerra ''Colombo'' per [[Gibilterra]], giungendovi il 9 novembre, e il 14 novembre ripartì su una nave spagnola, ''La Nerea''. Accompagnato dagli ufficiali "Leggero" e [[Luigi Cocelli]] si diresse a [[Tangeri]], dove accettò l'ospitalità dell'ambasciatore piemontese in [[Marocco]] [[Giovan Battista Carpenetti]]. Nel mese di giugno partì nuovamente, questa volta in compagnia del [[maggiore]] [[Paolo Bovi Campeggi]]. Il 22 fu a [[Liverpool]], e il 27 giugno
Abitò in compagnia di [[Eleuterio Felice Foresti|Felice Foresti]] con Michele Pastacaldi. Conobbe [[Teodoro Dwight]] che ricevette le sue ''Memorie'', con l'accordo di non pubblicarle; Garibaldi gli diede il consenso di farlo solo anni dopo, nel 1859<ref>Prima di questa era già stata pubblicata da Cuneo una sua biografia nel 1850, 94 pagine in totale, si veda: {{Cita|Scirocco|pp. 184-190}}</ref>
Abitò con [[Antonio Meucci]], che lo fece lavorare nella propria fabbrica di candele.<ref>{{cita libro|Giuseppe |Garibaldi |Memorie autobiografiche, 10 edizione p. 265|1888 |G. Barbèra|}}</ref> Dopo nove mesi lasciò New York e si imbarcò sulla ''Georgia'' per i [[Caraibi]]. Continuò a navigare, assumendo il nome di Anzani e l'antico Giuseppe Pane. Arrivò il 5 ottobre a [[Callao]] nel [[Perù]], poi a Lima dove dopo tanto tempo fu nuovamente capitano di una nave, un brigantino di nome ''Carmen''.<ref>Nave comprata tempo prima grazie all'aiuto economico di Pietro Denegri</ref> Il 10 gennaio 1852 parte alla volta della [[Cina]], e navigò ancora dalle [[Filippine]], costeggiò l'[[Australia]], giunse infine a [[Boston]] il 6 settembre
=== Rientro in Italia e seconda guerra d'indipendenza ===
Riga 248:
Nell'agosto del 1855 gli venne concessa la patente di capitano di prima classe: navigò con il "Salvatore", un piroscafo a elica; in seguito prese un [[cutter (imbarcazione)|cutter]] inglese chiamato ''Anglo French'', a cui diede il nome del suo nuovo amore, ''Emma''. Dopo che la nave si arenò, Garibaldi abbandonò l'attività di marinaio per dedicarsi all'agricoltura, lavorando come [[Agricoltore|contadino]] e [[Allevamento|allevatore]]: possedeva un uliveto con circa 100 alberi d'[[Olea europaea|ulivo]], oltre a un vigneto, con cui produceva [[vino]], e allevava 150 [[Bovinae|bovini]], 400 [[Gallus gallus domesticus|polli]], 200 [[Capra hircus|capre]], 50 [[Sus scrofa domesticus|maiali]] e più di 60 [[Equus asinus|asini]].<ref>''Leggendo qua e là'', «La Settimana Enigmistica», 2007, n. 3924, ISSN 1125-5226</ref>
Il 4 agosto rese pubblico il suo pensiero distanziandosi dalle prese di posizioni mazziniane.<ref>Lo dimostrò con una lettera ai giornali del tempo, si veda {{Cita|Scirocco|p. 205}}, si veda anche quanto detto a [[Aleksandr Ivanovič Herzen|Aleksandr Herzen]] contenuto in {{cita libro|Mino |Milani |Giuseppe Garibaldi, seconda edizione p. 236|1982|Mursia|}}</ref> Il 20 dicembre 1858 incontrò Cavour. Divenne vicepresidente della [[Società nazionale italiana|Società Nazionale]]<ref>Fondata il 1º agosto 1857 alla direzione vi era [[Giorgio Pallavicino Trivulzio]], si veda {{cita libro|Giuseppe |Ricciardi |Vita di G. Garibaldi, p. 25|1860|G. Barbèra|}}</ref> mentre si pensava di metterlo a capo di truppe: il 17 marzo
Marciò verso [[Arona]]: i suoi uomini erano convinti di pernottarvi, Garibaldi comunicò a Torino l'intenzione di giungervi,<ref>Avvisò il ministro a Torino tramite telegrafo elettrico, si veda: {{cita libro|Francesco |Carrano |I cacciatori delle alpi comandati dal generale Garibaldi nella guerra del 1859 in Italia: Racconto popolare, p. 235|1860|Unione tipogr.-ed|}}</ref> al che ordinando l'assoluto silenzio,<ref>Neanche la fioca luce di un fiammifero si doveva vedere, si veda {{Cita|Scirocco|p. 214}}</ref> raggiunse [[Castelletto sopra Ticino|Castelletto]], fermò due reggimenti e con il terzo avanzò; il 23 maggio, superato il [[Ticino (fiume)|Ticino]], con le barche attaccò [[Sesto Calende]] riuscendo ad avere la meglio sugli austriaci ed entrando in Lombardia.
Riga 262:
{{citazione|Qui si fa l'Italia o si muore.|durante la [[battaglia di Calatafimi]]; citato in [[Giuseppe Cesare Abba|G.C. Abba]], ''Storia dei Mille'', cap. ''[[s:Storia dei Mille/Dopo la vittoria|Dopo la vittoria]]''<ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/vocabolario/qui-si-fa-l-italia-o-si-muore/|titolo=Treccani.it Qui si Fa l'Italia o Si Muore|pubblicazione=[[Enciclopedia Treccani]]|accesso=13 maggio 2012|urlmorto=no|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121219061032/http://www.treccani.it/vocabolario/qui-si-fa-l-italia-o-si-muore/}}</ref>}}
[[File:Scoglio dei Mille.JPG|thumb|La [[stele]] commemorativa dell'impresa dei Mille sullo scoglio da cui partì la spedizione, a [[Genova]]-[[Quarto dei Mille|Quarto]]]]
Rinunciò alla Società Nazionale (aveva ottenuto il comando a ottobre), diventando poi presidente della ''Nazionale Armata'', una nuova associazione che presto fallì.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 225}}.</ref> Intanto Nizza era passata ai francesi, e Garibaldi, eletto deputato, tenne un discorso a tal proposito il 12 aprile
Il 27 aprile 1860 dall'isola di Malta [[Nicola Fabrizi]] inviò un telegramma cifrato: l'unico ad avere il codice per decifrare lo scritto<ref>Il telegramma recitava: «Offerta botti 160 rum America, pence 45 venduto botti 66 Inglese 47 anticipo lire 114 botti 147. Brandy senza offerta. Avvista incasso tratta lire 99. Rispondete subito». Come da: {{Cita|Mino|p. 284 e 581}}, si veda anche {{cita libro|Francesco |Crispi|I mille (a cura di Tommaso Palamenghi-Crispi) p. 104, |1912|Fratelli Treves|}}</ref> era [[Francesco Crispi]], che tradusse inizialmente in maniera negativa il messaggio, deludendo Garibaldi che stava preparando il suo ritorno a Caprera.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 239}}.</ref> A nulla valsero i consigli di La Masa, Bixio e Crispi che premevano affinché il nizzardo partisse lo stesso. Crispi ritornò due giorni dopo, affermando di aver ricevuto in realtà buone notizie,<ref>l'ipotesi più accreditata resta quella della falsificazione del telegramma, si veda fra gli altri {{cita libro|Indro|Montanelli|L'Italia del Risorgimento (1831-1861) (nona edizione) p. 609|1972 |Rizzoli|}}, infatti soltanto lui poteva decifrare i codici come in {{Cita|Scirocco|p. 239}} per i dubbi si veda {{Cita|Mino|pp. 284-285}}</ref> e la spedizione ebbe inizio.
Riga 286:
[[File:CasaGaribaldi.jpg|thumb|La casa della famiglia Fasanelli, che ospitò Garibaldi a [[Rotonda (Italia)|Rotonda]]]]
Il 26 Garibaldi con i suoi uomini, ora circa 750, giunse vicino a Palermo e ricevette i rinforzi di [[Giuseppe La Masa]]; la sera stessa attaccò la città entrando da [[Porta Termini]], raggiungendo alle sei del mattino del 27 maggio piazza della Fieravecchia. Si combatté per diversi giorni, e in aiuto avvenne l'[[insurrezione di Palermo (1860)|insurrezione popolare]]; poi, iniziati gli incontri fra Garibaldi e il generale [[Giuseppe Letizia (generale)|Giuseppe Letizia]],<ref>Fra i due il 6 giugno venne stabilita una convenzione che prevedeva fra l'altro la consegna dei malati e feriti e la liberazione di sette detenuti a Castellamare, si veda: {{cita libro|Giuseppe |Da Forio |Vita di Giuseppe Garibaldi, Volume 2 p. 66|1862 |Perrotti|}}</ref> che rappresentava Landi, dopo vari [[Armistizio|armistizi]] il 6 giugno
Il 4 giugno chiamò ''esercito meridionale'' i suoi uomini, mentre il 13 sciolse i gruppi dei picciotti. Era rimasto senza adeguate risorse, ma giunsero vari rinforzi a partire da [[Carmelo Agnetta]] giunto il 1º giugno con i suoi 89 uomini, Salvatore Castiglia, [[Enrico Cosenz]] e [[Clemente Corte]].<ref>Alla fine furono più di 20 le spedizioni. {{Cita|Possieri|p. 173}}. Per un resoconto dettagliato dei rinforzi si veda: {{cita libro|G.|Maculay Trevelyan|Garibaldi e la formazione dell'Italia (appendice B), pp 376-380|1913|Zanichelli|Bologna}}</ref> Le donne palermitane tesserono la nuova bandiera dell'esercito: un drappo nero ornato di rosso con l'effigie di un vulcano al centro.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 266}}.</ref>
Riga 295:
[[File:Le Gray, Gustave (1820-1884) - Palerme. Portrait de Giuseppe Garibaldi, juillet 1860.jpg|thumb|left|Garibaldi fotografato a Palermo nel luglio 1860]]
Il 27 luglio Garibaldi giunse a [[Messina]]. Lo stesso giorno ricevette una lettera dal conte [[Giulio Litta-Modignani]] il mittente era Vittorio Emanuele, nella missiva si leggeva una richiesta a desistere nell'impresa di sbarcare sul territorio napoletano,<ref>Della missiva esistono varie versioni, in una di esse si legge: «Per cessare la guerra fra Italiani ed Italiani io la consiglio a rinunziare all'idea di passare colla sua valorosa truppa sul continente Napoletano» stralcio della missiva, contenuto integrale in {{cita libro|Cavour |Camillo Benso |Carteggi: Il carteggio Cavour-Nigra dal 1858 al 1861, (volume IV), p. 98|1961 |Zanichelli|Bologna}}</ref> a questa prima seguì una seconda, letta a voce o consegnata<ref>Gli storici dubitano della veridicità in quanto la seconda missiva fu resa pubblica soltanto nel
Il 1º agosto anche [[Siracusa]] e [[Augusta (Italia)|Augusta]] vennero liberate.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 271}}.</ref> Tempo prima aveva formato un governo con 6 dicasteri che divennero 8. Il 7 giugno, abolì la [[tassa sul macinato]], pretese che parte del demanio dei comuni venisse diviso fra i combattenti, fondò un istituto militare dove venivano raccolti i ragazzi abbandonati e diede un sussidio alle famiglie in povertà della città di Palermo, cercando nel frattempo l'appoggio dei ceti dominanti. Chiese l'invio di [[Agostino Depretis]] a cui venne affidato l'amministrazione civile, mentre Cavour si preoccupava per le intenzioni del nizzardo.<ref>Cavour e Garibaldi avevano progetti diversi sull'isola: mentre il primo sollecitava l'acquisizione dell'isola al potere di Vittorio Emanuele, il secondo voleva più tempo a disposizione per farne una base per la liberazione del resto del mezzogiorno, si veda {{Cita|Scirocco|p. 274}}</ref>
Riga 303:
[[File:Napoli Castel Nuovo museo civico - ingresso di Garibaldi a Napoli - Wenzel bis.jpg|thumb|Ingresso di Garibaldi a Napoli il 7 settembre 1860 (Napoli, Museo civico di Castel Nuovo)]]
[[File:Garibaldi naples anniversary.jpg|thumb|Manifesto in dialetto napoletano celebrante l'anniversario dell'ingresso di Garibaldi a Napoli]]
Garibaldi tentò i primi attacchi alla penisola senza successo: l'8 agosto [[Benedetto Musolino]] attraversò lo [[Stretto di Messina|Stretto]] a capo di una spedizione di 250 uomini,<ref>{{cita libro|Nicola |Fano |Castrogiovanni, pag 134|2010|Baldini Castoldi Dalai||isbn = 978-88-6073-536-2}}</ref> ma l'assalto al [[forte di Altafiumara]] venne respinto e i garibaldini costretti a rifugiarsi sull'[[Aspromonte]], mentre la Tükory fallì l'arrembaggio al ''Monarca'' che si trovava ancorato al [[porto di Castellammare di Stabia]] il 13 agosto
Aggirarono e sconfissero i borbonici, comandati dal generale [[Carlo Gallotti]], nella [[battaglia di Piazza Duomo]] a [[Reggio Calabria]] il 21 agosto.<ref>Le condizioni della resa si leggono in: {{cita libro|Indro|Giuseppe | La Masa e Giuseppe Garibaldi |Alcuni fatti e documenti della rivoluzione dell'Italia meridionale del 1860 riguardanti i Siciliani e La Masa pp. 229-230|1861|S. Franco e figli|}}</ref> I due generali borbonici [[Fileno Briganti]] e [[Nicola Melendez]] forti di quasi {{formatnum:4000}} uomini, senza l'appoggio di [[Giuseppe de Ballesteros Ruiz]], si arresero a Garibaldi il 23 agosto 1860.<ref>{{Cita|Scirocco|pp. 285-286}}, si veda anche {{cita libro|Giuseppe |Ruiz de Ballestreros |Di taluni fatti militari negli ultimi rivolgimenti del reame delle Due Sicilie, p. 454|1868 |Tip. di L. Gargiulo|}}</ref> Briganti venne ucciso dai suoi stessi soldati.<ref>si veda {{Cita|Mino|p. 338}} e {{cita libro|Mario |Montanari |Politica e strategia in cento anni di guerre italiane: Il periodo risorgimentale (Volume 1), p. 454||Stato maggiore dell'esercito, Ufficio storico |}}</ref> Il 30 agosto ebbero la meglio sul generale [[Giuseppe Ghio]].<ref>Raggiunse le truppe che si stavano dirigendo al nord mentre gli insorti gli sbarrarono la strada. Il tutto si svolse nei pressi di [[Soveria]]. Si veda: {{Cita|Mino|p. 338}}</ref> Il 2 settembre l'[[Esercito meridionale]] arrivò in [[Basilicata]] a [[Rotonda (Italia)|Rotonda]] (la prima provincia continentale del regno a insorgere contro i Borboni),<ref>[[Tommaso Pedio]], ''La Basilicata nel Risorgimento politico italiano (1700-1870)'', Potenza, 1962, p. 109</ref> e cominciò una rapida marcia verso nord, che si concluse, il 7 settembre, con l'ingresso in [[Napoli]].<ref>{{Cita|Smith|p. 123}}.</ref>
Riga 309:
La capitale era stata abbandonata dal re [[Francesco II delle Due Sicilie|Francesco II]] il 5 settembre, mentre quasi tutta la sua flotta si era arresa.<ref>Partito sulla nave da guerra il ''Messaggero'', di tutta la sua flotta soltanto la ''Partenope'' restò fedele al re. Si veda: {{Cita|Possieri|p. 178}}, per approfondimenti {{cita libro|Raffaele|De Cesare|La fine di un regno, pag 928|1969|Longanesi|}}</ref> Garibaldi aveva scelto [[Caserta]] per dispiegare le sue forze; nel frattempo, in una sua breve assenza, il 19 settembre 1860 Turr inviò trecento uomini a [[Caiazzo]]; il dittatore, tornando, decise di rinforzare il presidio con altri 600 uomini,<ref>{{cita libro|Piero|Pieri|Storia militare del Risorgimento, seconda edizione, pp 702|1962|Einaudi|Torino}}</ref> contro i {{formatnum:7000}} soldati borbonici che attaccarono il 21 settembre; non saranno sufficienti: le perdite ammonteranno fra morti, feriti e prigionieri a circa 250. Il generale [[Giosuè Ritucci]] prese il comando delle truppe borboniche. Utilizzerà circa {{formatnum:28000}} soldati nell'attacco sferrato il 1º ottobre<ref>Ritardò la data che era fissata in precedenza il 28 settembre, come da {{Cita|Scirocco|p. 295}}</ref>. Il nizzardo nella battaglia utilizzò strategicamente la ferrovia: viaggiava in carrozza e quando il veicolo venne attaccato lui continuò a piedi per dare ordini alle truppe. [[Luca Von Mechel]], ora generale, che doveva appoggiare con le sue truppe quelle di Ritucci, venne fermato da Bixio, e si ritirarono, mentre le truppe di Giuseppe Ruiz fermarono la loro avanzata. Garibaldi decise di richiamare circa {{formatnum:3000}} soldati stanziati a Caserta<ref>Lasciando praticamente senza difese la città, si veda {{Cita|Scirocco|p. 296}}</ref> e divise gli uomini inviandone una metà a Sant'Angelo attaccando i borbonici alle spalle comandati da [[Carlo Afan de Rivera]], respingendo l'assalto. La [[battaglia del Volturno]]<ref>A dispetto del nome dato il fiume non divideva mai i due schieramenti, si veda {{Cita|Mino|p. 349}}</ref> vide perdite maggiori fra le file dei garibaldini: quasi {{formatnum:1900}} contro i {{formatnum:1300}},<ref>{{formatnum:1600}} fra morti e feriti a cui si aggiunsero 250 prigionieri, per i borbonici si contarono {{formatnum:1220}} fra morti e feriti a cui si aggiunsero 74 prigionieri. Si contarono {{formatnum:2089}} prigionieri borbonici il giorno dopo, si veda per resoconti {{cita libro|Piero |Pieri |Storia militare del Risorgimento, seconda edizione, pp 711-726|1962 |Einaudi|Torino}}</ref> ma il giorno dopo vennero catturati poco più di {{formatnum:2000}} soldati borbonici, disorientati, non avendo ricevuto nuove istruzioni.
Dopo le votazioni per il [[Plebisciti risorgimentali|plebiscito]] che si tennero il 21 ottobre,<ref>I sì furono {{formatnum:1302064}} e i no {{formatnum:10312}}, nella Sicilia {{formatnum:432053}} i sì contro 677. Si veda {{cita libro|Romeo|Rosario |Vita di Cavour, pag 483|1984 |Laterza||isbn = 978-88-420-2523-8}}</ref> Garibaldi approfittò della vittoria di [[Enrico Cialdini]] sul generale borbonico [[Luigi Scotti Douglas|Scotti Douglas]] per superare il [[Volturno]] il 25 ottobre; incontrò Vittorio Emanuele II il 26 ottobre
Desideroso di presentare il progetto di istituzione di una guardia nazionale mobile, dove sarebbero confluiti i volontari dai 18 ai 35 anni, si recò nella capitale. Il 18 aprile
=== Guerra di secessione americana ===
Riga 317:
Nella primavera del 1861, mentre le truppe unioniste collezionavano una serie di pesanti insuccessi nei confronti delle truppe confederate, il colonnello [[Candido Augusto Vecchi]] scrisse al giornalista statunitense [[Henry Theodore Tuckerman]]<ref>In seguito al suo articolo apparso nel gennaio sul ''[[North American Review]]'', si veda {{Cita|Scirocco|p. 311}}</ref> ipotizzando una partecipazione del generale alla guerra civile americana. Il 2 maggio era apparsa sul ''[[New York Daily Tribune]]'' una lettera scritta in argomento dal Nizzardo. Il console statunitense ad [[Anversa]], [[James W. Quiggle]],<ref>{{cita libro|Alfredo|de Donno|L'Italia dal 1870 al 1944: cronistoria commentata (Volume 1) pag 127|1945|Libreria politica moderna|}}</ref> l'8 giugno scrisse a Garibaldi, offrendogli un posto di comando nell'esercito nordista. L'[[ambasciatore]] [[Stati Uniti d'America|statunitense]] [[Henry Shelton Sanford]] volle accertarsi delle vere intenzioni del generale, che intanto aveva scritto su tale questione a [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele]].
Le richieste avanzate dal Nizzardo riguardavano un impegno deciso per l'emancipazione degli schiavi e l'essere nominato comandante in capo di tutto l'esercito:<ref>Gli fu offerto il comando di una divisione, si veda {{cita libro|Giuseppe |Guerzoni|Garibaldi (seconda edizione), pag 626|1882|G. Barbèra|Firenze}} in quanto il capo dell'esercito era il presidente stesso. per questo la condizione posta era inaccettabile, si veda {{Cita|Mino|p. 376}}</ref> con queste premesse, la trattativa si arenò. Nell'autunno del
=== Mancata liberazione di Roma ===
Riga 325:
[[File:Marco Monaco.jpg|miniatura|Pisa, Piazza Garibaldi, dettaglio dell'arrivo a Pisa dopo il ferimento sull'Aspromonte]]
[[File:Marco Monaco1.jpg|miniatura|La lapide sul lungarno Pacinotti di Pisa]]
Per l'intera esistenza Garibaldi colse ogni occasione per liberare [[Roma]] dal [[potere temporale]]; grazie al successo passato, nel
Prese due navi, la ''Dispaccio'' e la ''Generale Abbatucci'', partendo di sera, costeggiando gli scogli, eluse le navi di [[Giovanni Battista Albini]]. Il 25 agosto 1862, alle 4 del mattino, sbarcava in Calabria, fra [[Melito di Porto Salvo]] e [[capo dell'Armi]].<ref>{{Cita|Montanelli|p. 456}}.</ref> Con duemila uomini, continuò la marcia, non seguendo la costa per via del fuoco di una nave; si inoltrarono quindi per il massiccio dell'[[Aspromonte]]. La sera del 28 agosto si contarono {{formatnum:1500}} uomini; il
I [[bersaglieri]] aprirono il fuoco, ma Garibaldi ordinò di non rispondere: tuttavia alcuni dei suoi uomini gli disubbidirono, al che il nizzardo, per far cessare il fuoco, si alzò e venne ferito due volte:<ref>A ferirlo fu un tenente dei bersaglieri, [[Luigi Ferrari (militare)|Luigi Ferrari]], un trisavolo dello storico [[Arrigo Petacco]]. {{cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/2000/febbraio/09/VERA_STORIA_LUIGI_FERRARI_BERSAGLIERE_co_0_0002096852.shtml|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2000/febbraio/09/VERA_STORIA_LUIGI_FERRARI_BERSAGLIERE_co_0_0002096852.shtml|titolo = Archivio Corsera|accesso = 25 aprile 2010}}</ref> nella coscia sinistra e al collo del piede destro,<ref>{{Cita|Scirocco|p. 323}}.</ref> nel [[malleolo]].<ref>{{Cita|Montanelli|p. 464}}.</ref> L'episodio della sua ferita sarà ricordato in una celebre ballata popolare su un ritmo di una marcia dei bersaglieri.<ref>Alcuni versi della celebre ballata in ricordo della [[giornata dell'Aspromonte]]: {{Citazione|''Garibaldi fu ferito, fu ferito ad una gamba, Garibaldi che comanda, che comanda il battagliòn.''}}</ref>
Riga 336:
La cosiddetta [[giornata dell'Aspromonte]] fruttò al generale l'arresto. Venne imbarcato sulla pirofregata ''[[Duca di Genova (pirofregata)|Duca di Genova]]'', raggiungendo prima Scilla e poi il 2 settembre giunse a [[La Spezia]] venendo rinchiuso nel carcere militare del [[Varignano]].<ref>Venne alloggiato in un'ala della palazzina del comandante del carcere, contando altre cinque stanze per parenti e ufficiali che lo accompagnavano, si veda {{Cita|Scirocco|p. 324}}</ref>. Fu curato dai medici [[Di Negro]], [[Ferdinando Palasciano|Palasciano]] e [[Agostino Bertani|Bertani]], ma, in considerazione della sua notorietà, accorsero al suo capezzale [[Richard Partridge]] da [[Londra]], [[Nikolaj Ivanovič Pirogov]] dalla [[Russia]] e [[Auguste Nélaton]] dalla [[Francia]]<ref>M.Pia Spaggiari- Luoghi, Personaggi, Episodi del Risorgimento nella Provincia della Spezia - pag. 73 - Ambrosiana Arti grafiche -</ref>.
Vittorio Emanuele, per festeggiare il matrimonio nel 1862 della figlia Maria Pia con Luigi I [[re
Che il tentativo del
Nel 1864 Garibaldi diventa Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, principale ordine massonico italiano.
Garibaldi conobbe nel 1866 [[Petko Voyvoda|Petko Kiryakov Kaloyanov]], più noto come Capitano Petko Voyvoda, durante una sua visita in Italia. Diventarono ben presto amici e Petko fu ospite di Garibaldi per alcuni mesi. Garibaldi lo aiutò a organizzare il "Battaglione Garibaldi" nella rivolta di [[Creta]] del 1866-1869, costituito da 220 italiani e 67 bulgari, che eroicamente combatterono al comando di Petko Voyvoda nella coraggiosa difesa della causa ellenica.
Riga 347:
[[File:Giuseppe Garibaldi "Obbedisco".jpg|thumb|left|Cartolina che commemora la celebre risposta di Garibaldi "Obbedisco".]]
[[File:Stone of Respicio Olmeda in Bilancioni.JPG|thumb|Lapide commemorativa del telegramma inviato da Garibaldi.]]
Il 6 maggio
Ciò avrebbe lasciato agli Austriaci la sola via di [[Tarvisio]] per approvvigionare le proprie forze e fortezze fra Mantova e Udine. L'azione strategica principale era, invece, affidata ai due grandi eserciti di pianura, affidati a [[Alfonso La Marmora|La Marmora]] e a [[Enrico Cialdini|Cialdini]]. Garibaldi operò inizialmente a copertura di Brescia, dopo piccole vittorie del 24 giugno e quella del [[Battaglia di Ponte Caffaro|Ponte Caffaro]] il 25 giugno
Il 16 luglio respinse una manovra del generale nemico a [[Condino]]<ref>Fra i soldati di Garibaldi si contarono 28 morti e oltre 130 feriti, in {{Cita|Mino|p. 418}}</ref>; il 21 luglio gli austriaci presero [[Battaglia di Bezzecca|Bezzecca]]; Garibaldi, avendo notato che i suoi uomini stavano ritirandosi, diede nuove disposizioni riuscendo a respingere l'avanzata e a far ritirare il nemico. Si apriva la strada verso [[Riva del Garda]] e quindi l'imminente occupazione della città di Trento. Salvo essere fermato dalla firma dell'[[armistizio di Cormons]]. Il 3 agosto ricevette con telegramma di abbandonare il territorio occupato<ref>Il telegramma iniziava con «Considerazioni politiche esigono imperiosamente la conclusione dell'armistizio per il quale si richiede che tutte le nostre forze si ritirino dal Tirolo, d'ordine del Re», si veda {{cita libro|Giuseppe|Guerzoni|Garibaldi, (seconda edizione) pag 462|1882|G. Barbèra|}}</ref> rispose telegraficamente: «Ho ricevuto il dispaccio nº 1073. Obbedisco»<ref>Come in {{Cita|Mino|p. 421}}, per questa sua risposta venne poi definito «rivoluzionario disciplinato», si veda: {{Cita|Possieri|p. 210}}</ref> ''"[[Obbedisco]]"'', parola che successivamente divenne motto del Risorgimento italiano e simbolo della disciplina e dedizione di Garibaldi.
Il telegramma fu inviato dal garibaldino [[San Giovanni in Marignano|marignanese]] [[Respicio Olmeda in Bilancioni]] il 9 agosto
=== Seconda campagna per Roma ===
Riga 359:
Nel 1867, approfittando della popolarità derivatagli dalla [[Battaglia di Bezzecca|vittoria di Bezzecca]], Garibaldi stava ritentando l'impresa di invadere Roma. Promosse una raccolta che chiamò «Obolo della Libertà» contrapponendolo all'«Obolo di San Pietro», e si interessò al centro insurrezionale romano, formando un Centro dell'emigrazione con sede a Firenze.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 341}}.</ref> Partecipò al [[Congresso di Pace di Ginevra (1867)|Congresso internazionale della pace]], il 9 settembre 1867 a [[Ginevra]], dove venne eletto presidente onorario.<ref>Presentò una mozione in cui si leggeva: «Lo schiavo solo ha il diritto di far la guerra al tiranno. È il solo caso in cui la guerra sia permessa» {{Cita|Montanelli|pp. 513-514}}, testo completo (punto ''H'') in {{cita libro|Istituto per la storia del Risorgimento italiano|Rassegna storica del risorgimento, Volume 69 pag 166|1982|Instituto per la Storia Risorgimento Italiano|}}</ref>
Preparò un attacco contando sulla rivolta interna della città; dopo una serie di rimandi, senza l'appoggio dello stato, il 23 settembre partì da Firenze, ma il giorno dopo il 24 settembre
Organizzò una rocambolesca fuga utilizzando [[Luigi Gusmaroli]] come suo sosia. Mentre l'uomo sostituì Garibaldi, il nizzardo lasciò l'isola il 14 ottobre stendendosi su un vecchio beccaccino comprato anni prima e nascosto. Giunse all'isolotto di Giardinelli, e, dopo aver guadato, arrivò a [[La Maddalena (isola)|La Maddalena]] alloggiando dalla signora Collins. Con [[Pietro Susini]] e [[Giuseppe Cuneo]] giunsero in Sardegna, dopo essersi riposati ripartirono il 16 ottobre e dopo aver viaggiato a cavallo per 15 ore, il 17 si imbarca raggiungendo in seguito [[Firenze]] il 20.<ref>I dettagli della fuga si vedono in {{Cita|Scirocco|p. 345}}</ref> Partito da [[Terni]] raggiungendo [[Passo Corese]] il 23, contava fra i suoi uomini circa {{formatnum:8000}} volontari,<ref>{{Cita|Scirocco|p. 346}}.</ref> in quella che venne riconosciuta come "Campagna dell'Agro Romano per la liberazione di Roma". Dopo un primo attacco a [[Monterotondo]] il 25 ottobre prese il 26 ottobre
Giunse il 29 a [[Castel Giubileo]] e dopo a [[Casal de' Pazzi]], il 30 sino all'alba del 31 rimase in vista di Roma ma non ci fu la rivolta che attendeva e ritirò le sue truppe.<ref>{{Cita|Mino|p. 444}}.</ref> Garibaldi non sapeva del proclama del re che aveva sedato gli animi rivoltosi,<ref>Il proclama iniziava con «Schiere di volontari, eccitati e sedotti dall'opera di un partito, senza autorizzazione mia né del mio Governo, hanno violato le frontiere dello Stato» come in {{cita libro|Pieri |Piero |Storia militare del Risorgimento, seconda edizione pag 778|1962|Einaudi|}}</ref> malgrado il sacrificio dei [[fratelli Cairoli]] ([[Scontro di Villa Glori]]) e il sacrificio a Roma della [[Giuditta Tavani Arquati|Tavani Arquati]] e di [[Giuseppe Monti (rivoluzionario)|Monti]] e [[Gaetano Tognetti|Tognetti]] decapitati nel 1868.
Riga 367:
Decise di recarsi a Tivoli: la partenza era prevista il 3 novembre alle 3 di notte ma venne posticipata alle 11, erano circa in {{formatnum:4700}}<ref name="mino448">{{Cita|Mino|p. 448}}.</ref> giunti a Mentana incontrano i {{formatnum:3500}} pontifici guidati da [[Hermann Kanzler]]<ref name="mino448" />, ma riuscirono a farli retrocedere; sopraggiunsero quindi i {{formatnum:3000}} francesi guidati da [[Charles De Failly]]<ref name="mino448" />, dotati del fucile [[Chassepot]] a retrocarica in quella che verrà chiamata la [[battaglia di Mentana]]. Di fronte al fuoco Garibaldi continuò l'attacco<ref>«Venite a morire con me! Avete paura di venire a morire con me?» in {{Cita|Montanelli|p. 523}}</ref> ma a una successiva carica annunciata venne fermato da Canzio,<ref>«Per chi vuol farsi ammazzare, generale? Per chi?» disse afferrandogli le redini del cavallo, si veda: {{cita libro|Anton Giulio |Barrili |Con Garibaldi alle porte di Roma pag 523|2007|Gammarò||isbn = 978-88-95010-15-1}}</ref> decise quindi il ritiro delle truppe.
Partì con un
=== Campagne in Francia ===
{{vedi anche|battaglia di Digione}}
Durante la [[guerra franco-prussiana]] del
Nello stesso mese predispose una spedizione vittoriosa, compiuta da Ricciotti.<ref>Spedì il figlio con 800 uomini attaccando di sorpresa il nemico nella notte del 18 novembre sino al 19 novembre a [[Châtillon-Sur-Saône]] con gravi danni inflitti ai tedeschi, si veda per dettagli delle perdite nemiche: {{cita libro|Charles|de Saint-Cyr|Garibaldi. pag 245|1907 |F. Juven|}}</ref> [[Digione]] intanto era caduta in mani tedesche, comandate da [[Augusto Werder]], e poi era stata abbandonata per l'avanzata delle truppe francesi. Sentenziò la pena di morte al colonnello Chenet perché abbandonò la sua postazione durante il combattimento, ma graziato dagli stessi francesi, la condanna non venne eseguita.<ref>Avrà parole dure per Garibaldi, si veda {{Cita|Mino|p. 467}}</ref>
Riga 390:
=== Società protettrice degli animali ===
{{vedi anche|Società Reale per la Protezione degli Animali}}
{{approfondimento|allineamento=destra|larghezza=300px|titolo=Il cane di Garibaldi|contenuto=Durante la [[battaglia di San Antonio]] dell'8 febbraio
Garibaldi fu anche un difensore dei [[diritti degli animali]]. A seguito dell'acquisto da parte sua di metà dell'isola di [[Caprera]], avvenuto nel
Nel
=== Ultimi anni e morte a Caprera ===
Riga 406:
Intanto aveva scritto alcuni romanzi: nel 1870 uscirono ''Clelia'', ambientato nel 1849 a Mentana, e ''Cantoni il volontario'', dedicato ad [[Achille Cantoni]], il volontario forlivese che gli salvò la vita nel corso della [[Battaglia di Velletri (1849)|Battaglia di Velletri del 1849]]. Nel 1874 fu pubblicato ''I Mille'', la storia di una donna, Marzia, che, travestita da uomo, si univa ai volontari. Rivisitò le ''Memorie'' nel 1871-1872 giungendo nella rievocazione alla campagna dei Vosgi: rispetto alla versione precedente del testo inasprì i toni contro Mazzini e la Chiesa.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 384}}.</ref> Redasse in seguito ''Manlio'', un resoconto delle sue avventure in Sud America e del suo ritorno in Italia. I proventi dei libri diminuirono nel corso del tempo.<ref>{{formatnum:30000}} lire per Clelia, per Cantoni il volontario {{formatnum:1500}} lire nel 1870 e {{formatnum:1000}} nel 1874 {{Cita|Scirocco|p. 384}}</ref> Nella sua vita non si limitò a questi scritti, ma scrisse anche due inni militari, un poema autobiografico in endecasillabi, un Carme alla morte e vari sonetti e rime, poi raccolti e pubblicati.<ref>Si veda per i dettagli: {{cita libro|Mino |Milani |Giuseppe Garibaldi, seconda edizione pag 489|1982|Mursia|}}</ref>
Il 2 dicembre
Il 26 gennaio
[[File:La Maddalena, compendio garibaldino di Caprera (35).jpg|thumb|La tomba di Garibaldi, a Caprera]]
Riga 416:
== Cronologia ==
[[File:GaribaldiParlamento1861WP.jpg|thumb|[[Torino]], 18 aprile
[[File:Targa Garibaldi Tyneside.JPG|thumb|Targa commemorativa del viaggio in Inghilterra]]
[[File:Lapide Garibaldi.jpg|thumb|Lapide dedicata a Garibaldi, situata a [[Catania]]]]
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
**
**
*
**
**
*
*
*
*
== Personalità ==
Riga 461:
==== Garibaldi e Cavour ====
[[File:Garibaldiecavour.JPG|thumb|Garibaldi e Cavour intenti a costruire lo stivale (l'Italia) in una vignetta satirica del
Garibaldi non ebbe mai rapporti sereni con [[Camillo Benso, conte di Cavour|Cavour]]. Da un lato, semplicemente non aveva fiducia nel pragmatismo e nella ''[[realpolitik]]'' di Cavour, ma provava anche risentimento personale per aver ceduto la sua città natale di [[Nizza]] alla Francia, nel
{{Senza fonte|D'altro canto si sentiva attratto dal politico piemontese.}} Certo, scrivendo all'ambasciatore [[Regno di Sardegna|sardo]] in
==== La ''Lega della democrazia'' ====
Riga 477:
=== Garibaldi e l'unificazione italiana ===
{{citazione|Favorito dalla fortuna, io ebbi l'onore nei due mondi di combattere accanto ai primi soldati, ed ho potuto persuadermi che la ''pianta uomo nasce in Italia, non seconda a nessuno''; ho potuto persuadermi che quegli stessi soldati che noi combattemmo nell'[[Mezzogiorno (Italia)|Italia meridionale]], non indietreggeranno davanti ai più bellicosi, quando saranno raccolti sotto il glorioso vessillo emancipatore.<ref>Giuseppe Garibaldi, cit. in [[Martino Cellai]], ''Fasti militari della Guerra dell'Indipendenza d'Italia dal 1848 al 1862'', vol. 4, Tip. e litografia degli Ingegneri, 1867, [http://books.google.it/books?id=GwRAAAAAcAAJ&pg=PA471 p. 471] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150418084050/http://books.google.it/books?id=GwRAAAAAcAAJ&pg=PA471 |data=18 aprile 2015 }}.</ref>}}
La figura di Garibaldi è assolutamente centrale nel quadro del [[Risorgimento|Risorgimento italiano]], ed è stata oggetto di numerose analisi storiografiche, politiche e critiche. La popolarità di Garibaldi, la sua capacità di sollevare le folle e le sue vittorie militari diedero non solo un contributo determinante all'unificazione dello Stato italiano, ma anche lo premiarono con una popolarità enorme tra i contemporanei – solo a titolo di esempio si possono citare le trionfali elezioni (nel
Numerose furono, anche, le sconfitte. Fra le quali particolarmente brucianti furono quelle dell'[[Giornata dell'Aspromonte|Aspromonte]] e di [[battaglia di Mentana|Mentana]] in quanto lo opposero a una parte rilevante dell'opinione pubblica italiana, che, in tutti gli altri episodi della sua vita, lo aveva grandemente amato.
Riga 485:
=== Appartenenza massonica ===
La carriera di Garibaldi nella [[massoneria]] cominciò con la sua iniziazione nel
=== Interesse anglosassone per Garibaldi ===
Riga 493:
Secondo lo storico britannico [[George Macaulay Trevelyan|Trevelyan]] nell’Inghilterra del XIX secolo l’ammirazione per Garibaldi era originata dalle simpatie britanniche per la causa dell’indipendenza italiana, ma anche da alcune caratteristiche della personalità dell’Eroe dei due mondi, recepite particolarmente dagli anglosassoni, che vedevano in Lui il “rover”, l’errante di grandi spazi per terra e per mare, il combattente contro le avversità, il difensore degli oppressi, il patriota, l’uomo umano e generoso, tutte queste caratteristiche riunite in un solo uomo.
Il
[[File:Garibaldi visita Inghilterra 1864 Crystal Palace.JPG|thumb|upright=1.0|Garibaldi in Inghilterra nel 1864 a Londra Crystal Palace]]
Riga 515:
=== Cittadinanza onoraria ===
A Garibaldi è stata conferita la cittadinanza onoraria di [[San Marino]] il 24 aprile del
=== Impiego linguistico ===
Riga 528:
=== Impegno civile ===
Garibaldi, pur ritenendo lecita l'uccisione di nemici in battaglia e traditori in [[Legge marziale|tempo di guerra]], a partire dal
Come detto, il generale fu un grande amante della natura<ref>[http://www.winetaste.it/giuseppe-garibaldi-il-rivoluzionario-ambientalista/ ''Giuseppe Garibaldi, il rivoluzionario ambientalista''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160202070853/http://www.winetaste.it/giuseppe-garibaldi-il-rivoluzionario-ambientalista/ |data=2 febbraio 2016 }}</ref> e degli animali, dei quali si volle circondare anche nella sua residenza di Caprera; questo grande amore si palesò quando nel 1871, anno nel quale Giuseppe Garibaldi, su esplicito invito di una nobildonna inglese, lady Anna Winter, contessa di Southerland, incaricò il suo medico personale, il dottor [[Timoteo Riboli]], con studio in Torino, al n.2 dell'attuale via Lagrange, di costituire una Società per la Protezione degli Animali, annoverando la signora Winter e Garibaldi come soci fondatori e presidenti onorari; oggi la società è nota come [[Ente Nazionale Protezione Animali]] (ENPA). Attualmente l'ENPA è il più antico e importante ente di protezione e salvaguardia animale in Italia. In seguito a queste riflessioni e azioni [[Animalismo|animaliste]], Garibaldi divenne quasi vegetariano in tarda età e rinunciò alla [[caccia]], che era stata una sua grande passione fin da giovane, in nome del rispetto della vita degli animali.<ref name="smith5" /><ref name="mannucci" /><ref name="manco" />
Riga 537:
=== Reparti militari ===
*
*
*
*
*
=== Opere ===
*
*
*
*
*
*
=== Donne di Garibaldi ===
Dopo la morte di Anita, Garibaldi intesse relazioni sentimentali con diverse donne. Si accompagnò con la nobile inglese Emma Roberts fino al 1856 e a lei intitolò una delle sue navi.<ref>{{Cita|Smith|p. 71}}.</ref> Altra donna ricordata dal Garibaldi era la contessa [[Maria Martini della Torre]], conosciuta a Londra nel
La baronessa di origini inglesi [[Maria Esperance von Schwartz]], figlia di un [[Banca|banchiere]], [[Vedovanza|vedova]] del cugino del padre che si era suicidato,<ref>{{Cita|Montanelli|p. 277}}.</ref> vide per la prima volta il nizzardo nel 1849, poi nel 1857 giunse a Caprera e vi ritornò l'anno seguente, quando Garibaldi le chiese di diventare la madre dei suoi figli la donna volle rifletterci sopra.<ref>{{Cita|Montanelli|p. 283}}.</ref> In seguito i sentimenti si indebolirono, anche a causa di un'altra donna, Battistina Ravello, che serviva Garibaldi a Caprera. Da lei nel 1859 ebbe una figlia, chiamata Anita e battezzata con il nome di Anna Maria Imeni.
Altra donna importante nella vita di Garibaldi fu [[Giuseppina Raimondi]], la giovane ragazza colpì l'eroe per il coraggio dimostrato, i due si sposarono a [[Fino Mornasco]] il 24 gennaio
Dal 1865 avrà il conforto di [[Francesca Armosino]], sua terza moglie, con cui aveva parecchi anni di differenza. Era la balia dei figli di sua figlia Teresita. Da lei ebbe tre figli di cui uno morì a 18 mesi.
Riga 564:
[[File:Garib francesca armosino.jpg|thumb|Garibaldi con l'ultima moglie [[Francesca Armosino]]; nell'ultima parte della sua vita Garibaldi viene spesso fotografato da seduto, perché si trovava costretto a muoversi su una [[sedia a rotelle]]]]
Garibaldi, dalla prima moglie [[Anita Garibaldi|Anita]], morta nel 1849 presso [[Ravenna]], ebbe 4 figli<ref>Zeffiro Ciuffoletti, Arturo Colombo, Annita Garibaldi Jallet, ''I Garibaldi dopo Garibaldi: la tradizione famigliare e l'eredità politica'', P. Lacaita, 2005</ref>:
*
*
*
*
Dalla domestica Battistina Ravello, invece, Garibaldi ebbe:
*
Ebbe tre figli invece dalla terza moglie [[Francesca Armosino]]:
*
*
*
È possibile che Garibaldi abbia avuto una figlia naturale, Giannina Repubblica Fadigati (8 ottobre 1868 – 24 novembre 1954), ufficialmente figlia del nobile cremonese Paolo Fadigati, amico e seguace di Garibaldi. La nascita di Giannina Repubblica non sarebbe stata frutto di un tradimento, ma di un vero e proprio accordo tra Garibaldi e i coniugi Fadigati: Paolo Fadigati sarebbe stato infatti un ammiratore talmente fervente dell'Eroe dei Due Mondi da voler ''"allevare un figlio di sangue garibaldino"''.<ref>G. Ghelli, ''La Garibaldina. Repubblica, figlia di due padri'', Firenze, Mauro Pagliai Editore, 2010.</ref>
Riga 584:
=== Filatelia ===
Le emissioni filateliche realizzate in Italia, per onorare l'eroe dei due mondi, Giuseppe Garibaldi sono numerose.
L'effigie di Garibaldi compare sui primi francobolli commemorativi italiani emessi nel
Nel
Il volto di Garibaldi appare anche nella serie del
L'ultimo francobollo che gli è stato dedicato è stato emesso nel 2011 per celebrare i 150 dell'unità d'Italia.
Riga 594:
; Filatelica italiana
<gallery mode="packed" heights="150">
File:Garibaldi1910.jpg|
File:R090.jpg|
File:Garibaldi1932.jpg|Francobollo del
File:Garibaldi32.jpg|Francobollo del
File:Garibaldi324.jpg|Francobollo del
File:Garibaldi1957.jpg|Repubblica Italiana
File:Garibaldi1959.jpg|Repubblica Italiana
File:Garibaldi592.jpg|Repubblica Italiana
File:Garibaldi1960.jpg|Repubblica Italiana
File:Garibaldi1970.jpg|Repubblica Italiana
File:Garibaldi1982.jpg|Repubblica Italiana
File:Garibaldi2007.jpg|Repubblica Italiana
File:Garibaldi150unità.jpg|Repubblica Italiana
File:Garibaldi a sanmarino.jpg|Repubblica Italiana
</gallery>
; Filatelica mondiale
<gallery mode="packed" heights="150">
File:USSRgbldi.jpg|[[Unione Sovietica]]
File:Garibaldiusa1959.jpg|[[Stati Uniti d'America]]
File:Garibaldi russia.JPG|[[Unione Sovietica]]
File:Garibaldisanmarino.jpg|[[San Marino|Repubblica di San Marino]]
File:Garibaldimonaco.jpg|[[Principato di Monaco]]
File:Garibaldiuruguay.JPG|[[Uruguay]]
File:Garibaldiuruguay2.JPG|[[Uruguay]] 1882-1982
File:Garibaldiuruguay3.JPG|[[Uruguay]]
File:Garibaldiuruguay4.JPG|[[Uruguay]]
</gallery>
Riga 628:
Nel tempo molte sono le imbarcazioni a lui intitolate:
*
*
=== Monumenti a Garibaldi ===
Riga 661:
File:Roma-garibaldigianicolo01.jpg|[[Roma]]: [[Monumento a Giuseppe Garibaldi (Roma)|nell'omonimo piazzale]]
File:Ettore-Ferrari-Monumento-equestre-a-Garibaldi-Rovigo.JPG|[[Rovigo]]: nell'omonima piazza
File:Monumento Garibaldi.jpg|[[Sanremo]]: in corso Imperatrice, opera di [[Leonardo Bistolfi]] (
File:Monumento Giuseppe Garibaldi a Savona.JPG|[[Savona]]: in piazza Eroe dei due Mondi
File:Monumento a Garibaldi e monte dei Cappuccini - Torino.jpg|[[Torino]]: in corso Cairoli
File:Statua di Garibaldi a Trapani.jpg|[[Trapani]]: nell'omonima piazza
File:Piazza Garibaldi Tricesimo.jpg|[[Tricesimo]] (Udine): nell'omonima piazza
File:Venezia - Augusto Benvenuti (1833-1899) - Monumento a Garibaldi (1885) - 01 - Foto Giovanni Dall'Orto, 3-Aug-2007.jpg|[[Venezia]]: nel viale omonimo, opera di [[Augusto Benvenuti]] (
File:IMG 4906 - Intra - Monumento a Giuseppe Garibaldi - Foto Giovanni Dall'Orto - 3 febr 2007.jpg|[[Intra]] di [[Verbania]]: in piazza Don Minzoni
File:Statua di Giuseppe Garibaldi a Vicenza.jpg|[[Vicenza]]: [[Monumento a Garibaldi (Vicenza)|in piazza del Castello]], opera di [[Ettore Ferrari]] (1887)
Riga 774:
== Bibliografia ==
<div style="margin-bottom: 0.5em; border: 1px solid #ccc; padding: 4px; background: #F9F9F9; text-align: center; font-size: 95%;" id="mwDtA">''La lista completa delle fonti bibliografiche utilizzate per la stesura di questa e di altre voci su Giuseppe Garibaldi è disponibile alla pagina'' '''[[Bibliografia su Giuseppe Garibaldi]].''' [[File:Nuvola apps bookcase.svg|32x32px]]</div>
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
=== Scritti di Garibaldi ===
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
Nell{{'}}''Edizione nazionale degli scritti di Giuseppe Garibaldi'' sono stati pubblicati 6 volumi a Bologna dall'editore Cappelli negli anni 1932-1937. La pubblicazione è ripresa a cura dell'Istituto per la storia del Risorgimento italiano, che negli anni 1973-2009 ha pubblicato 14 volumi dell'''Epistolario'' (volumi 7-20 dell'edizione nazionale):
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
== Voci correlate ==
{{div col|cols=2|small=no}}
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
*
{{div col end}}
Riga 868:
== Collegamenti esterni ==
*
;Varie
*
*
*
*
*
*
*
*
*
;Bicentenario della nascita
*
*
*
*
{{Box successione
Riga 892:
|carica = [[Gran maestro]] del [[Grande Oriente d'Italia]]
|immagine = Square compasses.svg
|periodo = 24 maggio
|precedente = [[Celestino Peroglio]]
|successivo = [[Francesco De Luca (1811-1875)|Francesco De Luca]]
|